Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2013-04-15, n. 201302058
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N. 02058/2013REG.PROV.COLL.
N. 06951/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6951 del 2012, proposto da B s.p.s., rappresentata e difesa dagli avv. P C, A S ed E P, con domicilio eletto presso il primo in Roma, viale Regina Margherita n. 290;
contro
- U.T.G. - Prefettura di Reggio Emilia, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, con domicilio per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
- Iniziative Ambientali s.r.l., non costituitasi in giudizio;
nei confronti di
- Provincia di Reggio Emilia, rappresentata e difesa dagli avv. Salvatore Alberto Romano ed Elena Pontiroli, con domicilio eletto presso l’avv. Salvatore Alberto Romano in Roma, viale XXI Aprile, 11;
- Turchi Cesare s.r.l.;f.lli Baraldi s.p.a. non costituitisi in giudizio;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA - SEZ. STACCATA DI PARMA: SEZIONE I n. 00173/2012, resa tra le parti, concernente revoca aggiudicazione lavori per la costruzione del terzo stralcio della tangenziale di Novellara - informativa antimafia
Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di dell’ U.T.G. - Prefettura di Reggio Emilia e della Provincia di Reggio Emilia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 febbraio 2013 il consigliere B R P e uditi per le parti gli avvocati Poscio, Carbone, Romano e l’avvocato dello Stato Lumetti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso proposto avanti al T.A.R. per l’ Emilia Romagna, Sezione staccata di Parma, la s.p.a. B – già affidataria dei lavori di realizzazione del terzo stralcio della tangenziale di Novellara - si gravava avverso i seguenti provvedimenti, assumendone l’illegittimità per violazione la violazione dell’art. 10 del d.P.R. 3 giugno 1998, n. 252;dell’art. 4 del d.lgs. 8 agosto 1994, n. 490 e perché viziati da eccesso di potere in diverse figure sintomatiche:
- nota della Prefettura di Reggio Emilia n. 8029/A.02/AM/Area 1 del 4 agosto 2011, avente ad oggetto informazioni antimafia nei confronti della B s.p.a.;
- provvedimento n. 41/mc del 5 agosto 2011, con il quale Iniziative Ambientali s.r.l. aveva sospeso l'aggiudicazione dei lavori;
- provvedimento n. 46820/2008 del 25 agosto 2011, con il quale la Provincia di Reggio Emilia comunicava alla Turchi Cesare s.r.l., mandataria dell'associazione temporanea costituita con B S.p.A., e ad altre società e appaltatrici del contratto dei lavori di ordinaria e straordinaria manutenzione delle strade provinciale del Reparto Nord, la sussistenza della predetta informativa prefettizia ed disponeva la revoca del proprio precedente atto n. 45541 del 11 agosto 2011 con il quale aveva autorizzato la ricostituzione dell'originario raggruppamento di imprese con la B s.p.a.;
- di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale.
Con sentenza n. 173 del 2012 il T.A.R. adito respingeva il ricorso.
Avverso detta sentenza la soc. B ha proposto atto di appello.
La società appellante - dopo aver riassunto in punto di fatto le vicende antecedenti all’adozione dei provvedimenti da ultimo gravati, con specifico richiamo alla sentenza del T.A.R. Parma n. 276 del 2011, che aveva annullato un primo provvedimento prefettizio di interdittiva antimafia in data 5 aprile 2011, con effetto sulla prosecuzione dei lavori in affidamento - ha contrastato, con diffuso ordine argomentativo, le conclusioni del primo giudice, insistendo, anche in sede di note conclusive, per la riforma della sentenza del T.A.R. e per l’annullamento dei provvedimenti oggetto di impugnativa
Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’Interno e la Provincia di Reggio Emilia opponendosi, con le rispettiva memorie, all’accoglimento del ricorso.
All’udienza del 1° febbraio 2013 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
2. L’appello è infondato e la sentenza impugnata merita conferma.
2.1. Il T.A.R. ha, invero, correttamente tratteggiato il quadro normativo e giurisprudenziale in cui si colloca, ai fini della più efficace azione di contrasto della criminalità organizzata, il peculiare potere di informativa del Prefetto - che rinviene dall’art. 4, comma 4, del d.lgs. n. 490 del 1994 e dall’art. 10, comma 7, del D.P.R. n. 252 del 1998 - volto a prevenire il pericolo di tentativi di infiltrazione mafiosa per condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese oggetto di vaglio.
Sono al riguardo concordi gli arresti della giurisprudenza amministrativa in base ai quali:
- l’atto di informativa configura una tipica misura cautelare di polizia, preventiva ed interdittiva, che si aggiunge alle misure di prevenzione antimafia di natura giurisdizionale e che prescinde dall’accertamento in sede penale di uno o più reati connessi all’associazione di tipo mafioso;non occorre inoltre né la prova di fatti di reato, né la prova dell’effettiva infiltrazione mafiosa nell’impresa, né la prova del reale condizionamento delle scelte dell’impresa da parte di associazioni o soggetti mafiosi;
- è sufficiente un compiuto quadro fattuale ed indiziario di un “ tentativo di infiltrazione ” avente lo scopo di condizionare le scelte dell’impresa, anche se tale scopo non si è in concreto realizzato (cfr. ex multis Consiglio di Stato, Sez. IV, 30 maggio 2005, n. 2796;13 ottobre 2003, n. 6187);
- siffatta scelta è coerente con le caratteristiche fattuali e sociologiche del fenomeno mafioso, che non necessariamente si concreta in fatti univocamente illeciti, potendo fermarsi alla soglia dell’intimidazione, dell’influenza e del condizionamento latente di attività economiche formalmente lecite;
- la formulazione generica, più sociologica che giuridica, del tentativo di infiltrazione mafiosa rilevante ai fini del diritto comporta l’attribuzione al Prefetto di un ampio margine di accertamento e di apprezzamento;
- il Prefetto, anziché limitarsi a riscontrare la sussistenza di specifici elementi (come avviene per gli accertamenti eseguiti ai sensi dell’art. 10, comma 7, lettere a) e b), del d.P.R. n. 252/1998), può effettuare la propria valutazione sulla scorta di uno specifico quadro indiziario, ove assumono rilievo preponderante i fattori induttivi della non manifesta infondatezza in ordine a comportamenti e scelte dell’imprenditore che possano rappresentare un veicolo di infiltrazione delle organizzazioni criminali nelle funzioni della pubblica amministrazione;si può, pertanto, ravvisare l’emergenza di tentativi di infiltrazione mafiosa in fatti in sé e per sé privi dell’assoluta certezza – quali il coinvolgimento in un’indagine penale, una condanna non irrevocabile, collegamenti parentali, cointeressenze societarie e/o frequentazioni con soggetti malavitosi, dichiarazioni di pentiti – ma che, nel loro insieme, siano tali da fondare un giudizio di possibilità che l’attività d’impresa possa, anche in maniera indiretta, agevolare le attività criminali o esserne in qualche modo condizionata per la potenziale ingerenza di soggetti legati ad organizzazioni mafiose (cfr. C.G.A. Sicilia, 24 novembre 2009 n. 1129;Consiglio di Stato, Sez. VI, 2 agosto 2006 n. 4737;Consiglio di Stato, Sez. V, 3 ottobre 2005 n. 5247).
- la norma introduttiva dell’informativa prefettizia esprime, quindi, la ratio di anticipare la soglia di difesa sociale ai fini di una tutela avanzata nel campo del contrasto della criminalità organizzata, in guisa da prescindere dal livello di rilevanza probatorie tipiche del diritto penale, per cercare di cogliere l’affidabilità dell’impresa affidataria dei lavori complessivamente intesa, con la conseguenza che le cautele antimafia non obbediscono a finalità di accertamento di responsabilità, bensì di massima anticipazione dell’azione di prevenzione, rispetto alla quale sono per legge rilevanti fatti e vicende anche solo sintomatici ed indiziari, al di là dell’individuazione di responsabilità penali (così Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 2867 del 2006 cit.).
- stante l’ampia discrezionalità di apprezzamento riservata al Prefetto a tutela delle condizioni di sicurezza ed ordine pubblico nel delicato settore degli appalti pubblici e del trasferimento di risorse economiche in favore delle imprese, le valutazioni effettuate in merito sono suscettibili di sindacato in sede giurisdizionale nei soli imiti di manifesti vizi di eccesso di potere nei profili della manifesta illogicità e dell’erronea e travisata valutazione dei presupposti del provvedere ( ex multis cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 286 del /2006 e n. 1979 del 2003).
2.2. Alla stregua del su riferito quadro normativo e giurisprudenziale le conclusioni cui è pervenuto in Prefetto circa la sussistenza dei presupposti per l’applicazione della misura di cui all’art. 4 del d.lgs. n. 490 del 1994, a seguito di un attento e approfondito esame dell’attività di impresa della società B, resistono alle articolate doglianze formulate dalla ricorrente.
L’istruttoria effettuata dagli organi di polizia si configura esaustiva e capillare.
La motivazione posta a sostegno del provvedimento di rigore si presenta congrua, esauriente e dettagliata e dà atto dei diversi elementi presi in considerazione agli effetti dell’adozione dell’informativa, riferiti alle pregresse attività societarie, alle qualità soggettive di soci ed amministratori, alla condotta di vita di taluni di essi, nonché alla posizione di taluni dipendenti o soggetti in rapporto con la società interessata.
La validità del complessivo quadro indiziario non va considerato atomisticamente - secondo la tecnica demolitoria della società appellante su cui si è già soffermato il giudice di prime cure - ma nel suo complesso, e cioè come insieme di elementi e circostanze, che pur non dovendo necessariamente assurgere a livello di prova, sono tali da formare un mosaico di condotte, intrecci interferenze e contiguità cui possa ricondursi il pericolo di tentativo di infiltrazione mafiosa,
Del complesso degli elementi su cui si sofferma la valutazione prefettizia taluni di essi - se singolarmente presi in considerazione – potrebbero essere relegati in un quadro di marginalità ed occasionalità. Tuttavia essi - nel ripetersi nel tempo e nel denominatore comune di essere espressione di un rapporto di contiguità diretta o indiretta con esponenti di organizzazione malavitose assumono, per sommatoria, valenza determinante agli effetti delle conclusioni cui è pervenuto i Prefetto e corroborano i rilievi che, più da vicino, hanno investito i rapporti della soc. B con società a loro volta colpite da provvedimento interdittivo per la loro contiguità e/o possibile ingerenza nell’attività aziendale di associazioni mafiose
In tale quadro non si configura irragionevole, né arbitrario il rilievo dato nell’informativa prefettizia alla figura di B Lorenzo, fratello del titolare della società prevenuta, in presenza di accertati rapporti conviviali con tale G D – riconosciuto come affiliato ad organizzazione malavitose – ed alla qualità assunta dallo stesso, in tempi successivi, di locatore di unità immobiliare in favore del pregiudicato F Aurelio, in domicilio coatto nel Comune di Boretto, nonché ai rapporti contrattuali intessuti con la ditta di trasporti di titolarità del predetto F. Non può accedersi ad una dequotazione del rapporto del B Lorenzo con l’omonima impresa, sia perché titolare di quote azionarie della B s.p.a., sia perché, come prima detto, in stretto rapporto parentale con il titolare della ditta prevenuta.
E’ accertato, inoltre, il pregresso conferimento da parte della ditta B di servizi di trasporto inerti a ditte qualificate come appartenenti a cosa nostra (Prisinzano Angelo) o alla ndrangheta (Gaetano La Rose). Ancora si dà riscontro della vendita di materiali a tale Mattace Marisella di Cutro, in rapporto parentale con noti malavitosi. E’ altresì stigmatizzata la presenza nel cantiere di realizzazione della tangenziale nord di Novellara di tale Floro Vito Giuliano - già detenuto per delitto di usura e ritenuto in organico alla famiglia di ndrangheta operativa in Cutro - assunto su input dell’impresa Tre Emme costruzioni operante nei cantieri medesimi (in prosieguo destinataria di interdittiva antimafia).
Si ricostruisce, quindi, un quadro indiziario multiforme e ripetuto nel tempo, che si caratterizza per intrecci, contiguità ed interferenze della società appellante con appartenenti alla criminalità organizzata, che si qualifica inquietante nel suo complesso e che è espressione di comportamenti ed affinità elettive della società ricorrente, che rendono indenne da profili di irragionevolezza e di non proporzionalità al fine perseguito il giudizio del Prefetto di permeabilità ed esposizione ad infiltrazione delle organizzazioni criminali agli effetti del controllo degli appalti delle pubbliche amministrazioni.
Ma ciò che maggiormente corrobora è dà sostegno alla misura interdittiva – di cui costituisce il nucleo motivazionale più pregnante, investendo in via diretta le scelte di impresa della ditta B - sono i rapporti in sub appalto con società tutte in prosieguo colpite da interdittiva anti mafia,
Detti riscontri riguardano in primo luogo i contratti conclusi con la CGA Alfano Vincenzo per lavori eseguiti nel 2005. In tempi più recenti vengono in rilievo i contratti in sub appalto con le ditte Tre Emme Costruzioni e Consorzio Edile M2, entrambe in prosieguo colpite da misura interdittiva.
Non assume valore dirimente, con riguardo alle ultime due imprese, il diffuso ordine argomentativo dell’appellante sull’insussistenza delle condizioni di un indebito frazionamento dei lavori in sub appalto, legati da identità di oggetto e da indifferenziato utilizzo delle maestranze, onde eludere l’obbligo di acquisire le informazioni previste dall’art. 10 del d.P.R. n. 252 del 1998, né la circostanza che all’ epoca delle stipula dei contratti non era ancora intervenuta alcuna misura di prevenzione.
Ciò che assume rilievo è il dato fattuale del ripetersi dell’interferenza delle scelte imprenditoriali della soc. B con imprese nei cui confronti sia stato accertato il collegamento o possibile condizionamento da parte delle organizzazioni mafiose. Sul punto la difesa erariale ha correttamente posto in rilievo che il condizionamento può operare, oltre che in via diretta, anche in via indiretta (c.d. veicolo indiretto ), e cioè nei casi in cui l’impresa o soggetti di essa esponenziali intrattengano rapporti di affari con soggetti a loro volta appartenenti, collegati o collusi con sodalizi mafiosi (cfr. Cons. St., Sez. VI, n. 7777 del 19 novembre 2009;n. 4737 del 2 agosto 2006).
Analoghe considerazioni valgono per il contratto di subappalto dei lavori di realizzazione della strada provinciale 467 Pedemontana, nel Comune di Sassuolo, stipulato con la ditta Baraldi s.p.a., anch’essa colpita da interdittiva antimafia emessa dal Prefetto di Modena il 6 giugno 2011.
Non può accedersi alla tesi sviluppata in ricorso - mutuata da non condivisibili conclusioni cui il T.A.R. Parma è pervenuto con la sentenza n, 276 del 2011 nel disporre l’annullamento della prima informativa prefettizia del 5 aprile 2011 – secondo le quali ogni singolo contratto di appalto non può essere di per sé indice di permeabilità mafiosa in assenza di ulteriori elementi probatori e qualificante. E’, invece, il complessivo quadro indiziario risultante dall’articolata ed approfondita istruttoria che ha preceduto l’adozione del provvedimento impugnato che mette in risalato come la B s.p.a., inserita nel settore degli appalti pubblici, abbia ripetutamente e intrattenuto rapporti di affari con imprese prevalentemente gestite da calabresi e siciliani, poi puntualmente colpite da provvedimenti di prevenzione che ne rivelano al contiguità ad esponenti della malavita organizzata.
In delineato quadro indiziario e sintomatico del pericolo di condizionamento mafioso offre di per sé esaustivo ed idoneo fondamento alla misura di rigore adottata e rende irrilevante la disanima delle ulteriori deduzioni della società ricorrente che riguardano i precedenti penali di taluni dipendenti della società B e le vicende giudiziarie che hanno coinvolto amministratori o soci della società stessa.
Nei limiti del sindacato esterno del giudice di legittimità dell’azione amministrativa la misura interdittiva – nel prudente bilanciamento fra la libertà di iniziativa di impresa e la sua conformità ai valori della sicurezza e dell’ordine pubblico - non ha innalzato la soglia di tutela oltre un ragionevole limite e trae fondamento nel concorso di una pluralità di elementi, tutti oggettivamente accertati, che denotavano, sul piano oggettivo, il pericolo di condizionamento da parte della criminalità della soc. B
2.3. Con ulteriore ordine argomentativo la soc. B richiama un complesso di azioni positive dirette ad eliminare tutte le circostanze ritenute potenziale veicolo di infiltrazione (risoluzione dei contratti di lavoro con dipendenti a rischio, interruzione della locazione tra B Lorenzo e la famiglia F, adozione di un codice etico e di un modello organizzativo ai sensi del d.lgs. 231 del 2001) e lamenta il permanere degli effetti ablatori dell’iniziativa di impresa nei rapporti con le pubbliche amministrazioni, anche in raffronto alla temporaneità delle misure interdittive dell’attività aziendale che possono essere irrogate ai sensi del d.lgs. n. 231 del 2001 a sanzione di illeciti amministrativi dipendenti da reato
Si osserva al riguardo che la disciplina dettata dagli artt. 4, comma 4, del d.lgs. n. 490 del 1994 e dall’art. 10, comma 7, del D.P.R. n. 252 del 1998 - ora tradotta negli artt. 84 e segg. nel codice antimafia approvato con d.lgs. n. 159 del 2011 - assolve funzione di generale prevenzione del condizionamento esterno delle organizzazione mafiose nella gestione delle risorse pubbliche, diversamente dalla misure sanzionatorie tipizzate per le ipotesi di illecito prese in considerazione dal d.lgs. n. 23 del 2001, con la conseguenza che queste ultime non possono essere assunte a termine di comparazione agli effetti di un lamentato trattamento discriminatorio. Inoltre le invocate sopravvenienze, in base alla disciplina di settore, non determinano con effetto di automatismo la perdita di efficacia della misura di prevenzione adottata né, in base al principio tempus regit actum , possono mettere in discussione, con effetto sanante, la legittimità del provvedimento a suo tempo adottato.
Dalla natura temporanea sul piano dell’efficacia dell’informativa acquisita dagli enti obbligati, secondo quanto previsto dall’art. 86 del d.lgs. n. 159 del 2011, si desume tuttavia che il pericolo di infiltrazione e condizionamento mafioso va accertato con carattere di attualità;ciò implica che, in prosieguo di tempo, l’impresa possa essere sottoposta a nuovo monitoraggio quanto alla possibilità di accedere ai pubblici appalti ed al trasferimento di risorse a carico del bilancio dello Stato o di altri enti, assumendo a riferimento ogni mutato quadro societario o misura adottata a tutela della legalità dell’iniziativa economica.
Non ha pregio, infine, il richiamo alla lesione dei diritti di proprietà e di libera iniziativa di impresa, sanciti livello costituzionale e di normativa comunitaria, la cui tutela non ha carattere assoluto, ma deve coordinarsi ed, eventualmente, recedere in presenza di concorrenti interessi di rilievo pubblico, fra i quali quelli inerenti alla salvaguardia dell’ordine e della sicurezza pubblica.
Per le considerazioni che precedono l’appello va respinto.
In relazione ai profili della controversia spese ed onorarti del giudizio possono essere compensati fra le parti.