Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-08-28, n. 202005288

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-08-28, n. 202005288
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202005288
Data del deposito : 28 agosto 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/08/2020

N. 05288/2020REG.PROV.COLL.

N. 06069/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6069 del 2010, proposto dalla Società -OMISSIS-., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati L R e P R, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato M P D in Roma, via Velletri, n. 24,

contro

la signora -OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avvocati A C Fi e P Rferza, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via Enrico Accinni, n.63,
il Comune di Colonnella, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato T C, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato F Lnzi in Roma, via Giovanni Pierluigi da Palestrina, n. 47, nonché, a seguito di rinuncia al mandato da parte dello stesso, dall’avvocato Andrea Sortino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Federico Dinelli in Roma, via Dandolo, n. 19/A,
la Regione Abruzzo, in persona del Presidente pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12,

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo (Sezione Prima) n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente permesso di costruire in sanatoria e variante in corso d’opera.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della signora -OMISSIS-, del Comune di Colonnella e della Regione Abruzzo;

Vista l’ordinanza n. -OMISSIS-della sez. IV di questo Consiglio di Stato;

Vista la richiesta di rimessione in termini versata in atti dal Comune di Colonnella in data 9 maggio 2020, mai revocata;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 28 luglio 2020 tenutasi con le modalità di cui alla normativa emergenziale di cui all’art. 84, commi 5 e 6, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito in legge con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, come modificato dall’art. 4, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, convertito in legge con modificazioni dall’art. 1, comma 1, della legge 25 giugno 2020, n. 70, il Cons. A M e dati per presenti, ai sensi dell’art. 84, comma 5, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, i difensori delle parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con l’appello in esame la Società -OMISSIS-. (d’ora in avanti, per comodità, solo la Società), proprietaria di un terreno alla contrada “-OMISSIS-” nel Comune di Colonnella sul quale ha edificato un complesso immobiliare giusta permesso di costruire n. -OMISSIS-, ha impugnato la sentenza del T.A.R. per l’Abruzzo, n. 572 del 16 dicembre 2009, con la quale è stato accolto il ricorso presentato dalla controinteressata, signora -OMISSIS-, per l’annullamento del provvedimento del 2 maggio 2006, concernente contestuale sanatoria e variante in corso d’opera relativi ad interventi sullo stesso.

2. La sentenza appellata ha evidenziato da un lato la insanabilità delle opere, realizzate su sedime non di proprietà, tanto che la sanatoria aveva un’efficacia espressamente condizionata alla demolizione di parte di esse;
dall’altro, l’impossibilità di agire in variante rispetto ad una progettualità non assentita, in quanto difforme da quella di cui al permesso edilizio originario, che teneva conto di indici di edificabilità calcolati in base ad una superficie complessiva, poi riscontrata non corrispondente al vero ( mq. 3.052, laddove quella effettiva era pari a mq. 2.669). Da qui, la configurazione di un’ipotesi di “variazione essenziale”, necessitante in quanto tale di autonomo permesso di costruire.

3. La decisione è contestata con una pluralità di articolati motivi. L’errore di fatto sotteso all’intera impostazione della stessa, in particolare, sarebbe da rinvenire nella allocazione dei singoli interventi effettuati sul complesso nella sua interezza alla sanatoria, piuttosto che alla variante, con ciò disconoscendone indebitamente la assentibilità. Quanto alla variante, poi, la sua natura “pura”, anziché “essenziale”, riveniente dalla sostanziale omogeneità dell’intervento rispetto alla progettualità originaria, renderebbe da una parte inammissibile il ricorso di primo grado, per mancata impugnativa a tempo debito del permesso di costruire del 2004;
dall’altra, del tutto legittima la scelta di avallo perpetrata dal Comune procedente. Ciò sia alla luce della normativa nazionale (art. 32 del T.U. sull’edilizia) che regionale (art. 5 della l.r. 13 luglio 1989, n.52). In conclusione, le variazioni al progetto originario, compresa la rettifica della superficie del lotto, le conseguenti riduzioni delle superfici edificabili e le modeste modifiche della sagoma dell’edificio, considerate sia singolarmente, sia nel risultato complessivo dell’organismo edilizio, dovevano qualificarsi varianti comuni, e, perciò, in parziale difformità al progetto ed al permesso originari, sia nel profilo oggettivo ed ontologico, sia nel profilo ed agli effetti giuridici. Quanto all’asserito debordamento del muro di recinzione rispetto al confine della proprietà, ferma restando la preventivata demolizione in variante, e non in sanatoria, si tratterebbe di una pertinenza, e non di una porzione dell’edificio, al pari delle scale esterne e degli ingressi pedonali e carrabili. D’altro canto, la strutturazione complessa del provvedimento risponderebbe ad esigenze di economia procedimentale, da ultimo consacrate negli artt. 21 octies e 21 nonies della l. n. 241/1990, che avrebbero imposto di salvare gli effetti dell’atto, anziché pregiudicare anche economicamente il costruttore, dando applicazione sostanziale, seppure in forma sintetica, alla funzione dell’istituto della sanatoria e della vigilanza sull’attività edilizia in genere, in relazione ad un organismo edilizio (il progetto ridotto) che, in sé, il Comune avrebbe potuto assentire ab origine . Non esisterebbe, infine, alcun vincolo di natura idrogeologica la cui tutela sia affidata alla Provincia, né violazioni del coefficiente di impermeabilizzazione, né, in genere, del Regolamento edilizio e delle disposizioni urbanistiche vigenti.

In data 27 aprile 2020 la Società versava altresì in atti la determina n. -OMISSIS-con la quale il responsabile dell’ufficio tecnico del Comune di Colonnella, preso atto dell’avvenuta reiezione della propria domanda di sospensione dell’efficacia della sentenza, presentata in via incidentale (ordinanza n. -OMISSIS-della sez. IV di questo Consiglio di Stato, citata in epigrafe), demandava all’Agenzia del territorio la stima delle opere, al fine di quantificare la sanzione pecuniaria dovuta ai sensi dell’art. 38 del d.P.R. n. 380/2001.

4. Si è costituita in giudizio l’originaria ricorrente in primo grado, per contestare la prospettazione di parte e riproporre i motivi di doglianza non valutati dal T.A.R. perché assorbiti negli altri, senza peraltro presentare allo scopo apposito appello incidentale. In particolare, nel ribadire la correttezza della sentenza impugnata, ha tuttavia evocato il contrasto dell’intervento conseguente alla demolizione del muro di contenimento con le N.T.A vigenti, avendo essa comportato una radicale modifica progettuale, avuto riguardo agli accessi ai garage, realizzati in dispregio delle regole sulla pendenza massima, nonché alle scalinate pedonali, incompatibili con la normativa sulla eliminazione delle barriere architettoniche. Di ciò sarebbe ampio riscontro documentale nella d.i.a. successivamente presentata dalla Società (19 giugno 2006) per “ottemperare” alle indicazioni previste nell’atto impugnato, nonché nella consulenza tecnica d’ufficio disposta nell’ambito di un procedimento penale scaturito con riferimento alla medesima fattispecie, proprio in relazione alle dichiarazioni apparentemente non veritiere contenute nelle istanze di parte. Risulterebbe infine confermata la mancanza del nulla osta idrogeologico, avendo l’Ispettorato Ripartimentale delle Foreste di Teramo, il cui provvedimento prot. n. -OMISSIS-era stato erroneamente equiparato, nel permesso rilasciato, alla prescritta autorizzazione idrogeologica, chiarito con nota del -OMISSIS-, trasmessa all’ ufficio tecnico comunale, di non aver rilasciato alcun nulla osta, ma solo indicato “ mere modalità di esecuzione dei lavori ai sensi dell’art. 20 comma 3 del r.d. 16 maggio 1926, n. 1126 ” e “ nei soli riguardi tecnico forestali, fatto salvo ogni eventuale diritto di terzi ed autorizzazione di competenza ”.

5. Si è costituito altresì il Comune di Colonnella, con atto di stile. Con successiva memoria in controdeduzione, in difesa dell’operato dei propri uffici, ha sostanzialmente avallato la prospettazione della Società appellante. Ha pertanto riproposto anch’esso l’eccezione di inammissibilità del ricorso originario in quanto il permesso di costruire in variante e sanatoria del 2006 oggetto del processo non avrebbe dovuto essere considerato un provvedimento nuovo ed autonomo rispetto a quello del 2004. Quanto alle altre violazioni, ha ricordato come non si porrebbero più problemi di distanza dalla sede stradale, giusta l’avvenuta decadenza del relativo vincolo, sostanzialmente espropriativo, per decorrenza del termine;
non sussisterebbe alcun vincolo idrogeologico, in quanto quello riveniente dal Piano territoriale paesaggistico (P.T.P.) della Provincia di Teramo costituirebbe indicazione per il Comune nella redazione del P.R.E., non disposizione di diretta applicazione per i singoli lotti, come chiarito dal dirigente del V Settore della Provincia di Teramo con propria nota n. -OMISSIS-;
la percentuale di impermeabilizzazione del terreno sarebbe infine ampiamente rispettata.

Si è costituita infine la Regione Abruzzo, esclusivamente con atto di stile.

In vista dell’odierna udienza, differita su istanza del Comune medesimo, come da verbalizzazione alla precedente del 9 giugno 2020, sono stati versati in atti ulteriori documenti, ovvero prodotte note, al precipuo scopo di evidenziare la delicatezza della vicenda, che vede le unità immobiliari di cui si compone il complesso di cui è causa ormai alienate a singoli proprietari.

La Società a sua volta ha versato in atti la sentenza del Tribunale di Teramo, sezione staccata di Giulianova, n. -OMISSIS-, con la quale sono stati assolti tutti i dichiaranti la situazione di fatto sottesa alla richiesta di sanatoria e variante perché il fatto non costituisce reato ovvero per non averlo commesso. Da ultimo, ha ribadito la propria prospettazione nella memoria del 23 giugno 2020 e versato in atti note sostitutive di discussione in data 27 luglio 2020.

6. Alla pubblica udienza del 28 luglio 2020, la causa è stata trattenuta in decisione con le modalità di cui all’art. 84, comma 5, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18.

DIRITTO

7. Il Collegio ritiene l’appello infondato, e come tale da respingere.

8. Preliminarmente si rende necessaria una breve ricostruzione della fattispecie, che interseca plurime problematiche in fatto e in diritto in ragione della stratificazione delle istanze di parte per la realizzazione del medesimo complesso immobiliare e delle risposte, tutt’affatto chiare e coerenti tra di loro, del Comune di Colonnella (si pensi, a mero titolo di esempio, all’originaria reiezione delle istanze di “variante” o “sanatoria” -anche in tale circostanza non ne era chiaro il contenuto- presentate in data 30 agosto 2005 e 8 settembre 2005, di cui non è più traccia nell’atto impugnato, neanche allo scopo di evidenziare gli accorgimenti posti in essere dalla parte per superare le ravvisate criticità). Occorre altresì precisare che gli articolati motivi di appello, se si eccettuano singole questioni di vincolo (idrogeologico) ovvero di rispetto di specifiche disposizioni urbanistiche (percentuale di impermeabilizzazione imposta, pendenza delle rampe di accesso, scalinate, peraltro non scrutinate espressamente dal primo giudice) possono essere esaminati congiuntamente, una volta individuata correttamente la cornice giuridica di riferimento. In sintesi, la ipertrofica e spesso non del tutto chiara ricostruzione di parte, riproduce l’altrettanto ambiguo contenuto delle istanze originarie, connotate dalla mancata distinzione dei singoli interventi, così da rimettere all’Amministrazione prima, al giudice poi, la loro corretta sistematizzazione. Manca, cioè, in atti, quella chiara linea di demarcazione non tanto e non solo tra ciò che è stato sanato e ciò di cui si è assentita la variazione;
bensì, più a monte, tra ciò che si è chiesto di sanare e ciò che, invece, si voleva variare, che la Società pretenderebbe dal giudice. Al contrario, rileva la Sezione, l’onere di esplicitare il contenuto delle proprie istanze, sì da renderle intellegibili, a maggior ragione in ambito urbanistico-edilizio, governato da regole certe funzionali allo sviluppo armonico del territorio, non può che gravare sul richiedente. Le specificazioni progettuali, cui corrispondono distinte tipologie definitorie, si palesano necessarie, non essendo ammesso alcun pressapochismo descrittivo, siccome viceversa emergente da tutti gli atti di causa, nonché, da ultimo, dalla formulazione dell’appello, che in singoli passaggi diversifica ciascun intervento, salvo in altri perpetrare nuovamente la commistione tra gli stessi, enfatizzando la natura unitaria dell’ “organismo” finale, quale manufatto comunque rispettoso della disciplina urbanistica del territorio. Come risulterà meglio chiarito nel prosieguo, l’apparente certezza della linea di demarcazione tra ciò che si voleva sanare e ciò che si voleva variare, riepilogata in una sorta di quadro sinottico a pag. 23 dell’appello, in chiave critica rispetto alla diversa ricostruzione effettuata dal giudice di primo grado, finisce per svanire nello sviluppo successivo del gravame, ove la necessità di dequotare la affermata “variazione essenziale” a variante semplice impinge necessariamente nella descrizione complessiva dell’intervento, riduttivo delle dimensioni originarie, conformativo alle effettive potenzialità edificatorie del terreno, adeguato al contesto riconfigurato con riferimento alla cornice territoriale e agli elementi architettonici qualificanti e dunque proprio per questo completamente diverso da quello assentito con il permesso di costruire originario.

La finalità correttiva che ha ispirato l’intera modifica, non potendo la riduzione della superficie edificabile e la necessità di arretrare il muro di recinzione/contenimento dalla sede stradale non implicare un riassetto complessivo dell’intervento emerge in particolare proprio con riferimento alle demolizione di quest’ultimo, non menzionata nella ridetta tabella riepilogativa, ma della quale si contesta comunque l’avvenuta riconduzione all’istanza di sanatoria da parte del primo giudice;
salvo poi proporne un vero e proprio stralcio dall’intervento complessivo, in quanto riferita a mera pertinenza, inidonea ad incidere sul regime di sanabilità delle altre opere. Il tutto peraltro senza chiarire in che modo l’intervento sarebbe poi stato regolarizzato, al pari del resto degli altri adeguamenti effettuati sull’edificio (balconi, scale), per minimizzare l’inserimento nel contesto dei quali egualmente si tenta di segmentarne la portata, separandoli dall’opera complessiva. Né ridetta regolarizzazione può individuarsi nella d.i.a. successivamente presentata “in ottemperanza” alla variante/sanatoria, pur avendo la stessa ad oggetto la “ ricostruzione del muro di contenimento sul lato nord con la definizione dei nuovi accessi, le nuove rampe di scale e le recinzioni ”, non essendo ipotizzabile che un titolo edilizio, quale che ne sia la natura, necessiti, per avere piena efficacia, di un ulteriore titolo edilizio, salvo quest’ultimo si riferisca a diversi interventi estranei ed eterogenei rispetto al contenuto del primo.

Ad avviso del Collegio, l’intera ricostruzione dell’appellante appare dunque viziata dal tentativo di sfruttare l’unicità del contenitore, improvvidamente utilizzato dal Comune di Colonnella per assecondarne le richieste senza farsi carico di individuare i presupposti di ciascuno degli atti rilasciati, per duplicarne la funzione in maniera osmotica, sì da sanare o variare l’intervento, in singole parti e nella sua globalità, contestualmente e promiscuamente, in dispregio dei limiti concettuali e dogmatici rivenienti dall’esatto inquadramento di ciascuno dei due istituti invocati.

9. La Società appellante, dunque, ha realizzato un complesso immobiliare in località “Contrada -OMISSIS-” in forza del permesso di costruire n. -OMISSIS-. La superficie edificabile assentita veniva calcolata in mq. 1.523,40 sulla base di quella catastale dichiarata, pari a mq.

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