Consiglio di Stato, sez. P, sentenza 2021-12-09, n. 202100022
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Testo completo
Pubblicato il 09/12/2021
N. 00022/2021REG.PROV.COLL.
N. 00017/2021 REG.RIC.A.P.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 17 di A.P. del 2021, proposto da
TO RA e CE RA, rappresentati e difesi dagli avvocati Giancarlo Greco e Fabio Petrantoni, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, e domicilio eletto presso lo studio Giancarlo Greco in Palermo, via Francesco Ferrara, 8;
contro
Comune di Palermo, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato PE Natale, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
TO OD, rappresentato e difeso dagli avvocati Giovanni Immordino e PE Immordino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, e domicilio eletto presso lo studio PE Immordino in Palermo, viale Libertà, 171;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Seconda) n. 663/2014, resa tra le parti, concernente l’annullamento di concessione edilizia per realizzazione di villetta residenziale
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Palermo e di TO OD;
Vista la sentenza non definitiva n. 759/2021 del CGA;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 novembre 2021 il Cons. Hadrian Simonetti, uditi per le parti gli avvocati Giancarlo Greco, anche in sostituzione Fabio Pierantoni, e PE Immordino;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Il Comune di Palermo rilasciò ai signori SA e LÌ (in seguito G e C) la concessione edilizia 8 marzo 2011, n. 81 per la realizzazione di una villetta residenziale bifamiliare sul terreno sito in via Lanza di Scalea n. 2213, contraddistinto in catasto con il foglio di mappa 8, particelle n. 2156 e 2176, come risultanti da un (duplice) frazionamento autorizzato dal Comune di Palermo che aveva riguardato quota parte della particella originaria 419, già di proprietà di PE Lanza di Scalea.
Tale concessione di lì a breve fu volturata in favore del sig. TO OD (in seguito O), divenuto acquirente e nuovo proprietario del bene immobile contraddistinto dalle particelle 2156 e 2176 in forza di atto di compravendita del 29 luglio 2011.
I signori G e C rimasero proprietari dell’immobile, già edificato, iscritto al foglio 8, (quota residuale della) particella 419.
Tutti e tre questi immobili sono inseriti nel residence denominato “Oasi verde”.
2. Avverso la concessione n. 81 del 2011, e prima ancora avverso il frazionamento che l’aveva preceduta, proposero ricorso, chiedendone l’annullamento, i signori TO e CE Brambile (in seguito B), proprietari di un immobile sempre sito alla via Lanza di Scalea n. 2213, iscritto al fg. 8, particella 501, deducendo una serie di vizi concernenti il mancato rispetto delle distanze, sia nei confronti delle costruzioni vicine che rispetto al confine con le altre proprietà, lamentando nell’insieme la violazione dell’art. 30 del d.p.r. 380/2001, degli artt. 2, 3 e 56 del regolamento edilizio del Comune di Palermo, degli artt. 873 e 878 del codice civile, dell’art. 9 del d.m. 1444/1968.
3. Con sentenza 6 marzo 2012, n. 663 il Tar dichiarò il ricorso in parte inammissibile e in altra parte infondato.
Per quanto più rileva in questa sede, il Tar ritenne che la violazione delle distanze tra le proprietà O e G/C non arrecasse nessun pregiudizio alla parte ricorrente, rilevando inoltre come tra i primi fosse intervenuto un accordo negoziale in forza del quale i signori G e C avevano rinunciato al rispetto della distanza nei confronti del signor O.
4. Proposto appello avverso la sentenza di primo grado, il Consiglio di giustizia ha disposto una verificazione volta ad accertare la corretta rappresentazione dei luoghi per cui è causa e il reale posizionamento degli edifici di proprietà, rispettivamente, dei signori G e C, del signor O, dei signori B.
L’esito della verificazione, rinnovata in corso di causa affidandola, la seconda volta, al direttore del Dipartimento di ingegneria civile ed architettura dell’Università degli studi di Catania, ha condotto il giudice dell’appello a respingere tutti i motivi del ricorso, oltre alla domanda di risarcimento del danno, ad eccezione del settimo, il solo per il quale la causa è stata rimessa all’Adunanza plenaria.
Questo settimo motivo dell’appello concerne la censura riferita alla violazione della distanza tra la costruzione di proprietà del signor O e quella di proprietà dei signori G e C, in ordine alla quale il verificatore ha accertato che sebbene sia rispettata la distanza minima di cinque metri dal confine, non è rispettata invece la distanza minima di dieci metri tra i fronti dei due fabbricati, entrambi provvisti di finestra.
Alla luce di tale esito istruttorio la sezione rileva come sarebbe violato l’art. 9 del d.m. 1444/1968 che tale distanza prescrive in termini inderogabili ed assoluti, il che comporterebbe l’annullamento della concessione, ma che debba esaminarsi preliminarmente l’eccezione in rito sollevata sia dalla parte appellata che dall’amministrazione comunale in ordine alla carenza di interesse delle parti appellanti a far valere una violazione riguardante la distanza tra la costruzione del proprio vicino e (anziché la propria) quella di un altro proprietario non direttamente confinante.
Al cospetto di tale situazione la sezione si interroga se, per impugnare i titoli edilizi altrui, il requisito della IN , inteso quale stabile collegamento tra il ricorrente e l’area dove si trova il bene oggetto del titolo in contestazione, sia sufficiente a fondare insieme la legittimazione ad agire e l’interesse al ricorso, quali condizioni dell’azione di annullamento.
Ha dunque sollevato i seguenti articolati quesiti:
a) se la IN , sulla base dell’orientamento maggioritario sopra illustrato, è di per sé idonea non solo a legittimare l’impugnazione di singoli titoli edilizi, ma a evidenziare il profilo dell’interesse all’impugnazione;
b) se, viceversa, la IN è idonea a dimostrare la sola condizione della legittimazione a ricorrere, e per l’effetto è necessario che il ricorrente dimostri lo specifico pregiudizio che l’iniziativa edilizia (posta in essere in violazione delle regole di settore) gli provoca;
c) in questo secondo caso (ai fini di un completo discernimento della questione), se tale dimostrazione deve essere sempre resa o solo nell’evenienza che la IN non renda evidente lo specifico vulnus patito dal ricorrente;
d) nel caso in cui l’Adunanza plenaria aderisca all’impostazione di cui ai punti b) o c) come si debba apprezzare l’interesse ad agire nelle cause in cui si lamenta una violazione delle distanze (fra costruzioni) imposte dalla legge urbanistica:
- se il solo interesse deducibile sia la lesione della distanza tra l’immobile del ricorrente e quello confinante, o anche la lesione della distanza tra l’immobile confinante e una terza costruzione, non confinate con quella del ricorrente, o, in termini più generali, se rilevino anche le distanze fra due immobili di cui nessuno confinante ma comunque nel raggio visivo del ricorrente legittimato ad agire sulla base del requisito della IN ;
- se, a tal fine, rilevi la conseguenza evincibile di detta violazione, in termini di demolizione dell’intera opera del vicino, indipendentemente dal luogo interessato dalla violazione dedotta .
Le difese, in vista della discussione, hanno depositato ulteriori memorie.
La difesa di parte appellante a sostegno della tesi favorevole a riconoscere la IN a prescindere dalla dimostrazione di uno specifico pregiudizio, quelle del Comune e del signor O favorevoli invece alla tesi contraria. La difesa di parte appellante ha comunque sostenuto come nel caso di specie sia evidente il pregiudizio che la costruzione della villa del signor O, in forza della concessione di cui si chiede l’annullamento, ha arrecato loro.
DIRITTO
1. Le numerose questioni sollevate dal Consiglio di giustizia sottopongono all’esame dell’Adunanza plenaria il tema della tutela del terzo a fronte di atti ampliativi della sfera di altri soggetti, nel caso di specie al cospetto di un titolo edilizio espresso che, nella legislazione della Regione Siciliana, ancora recava alla data del 2011, vigente la l.r. 71/1978, la “vecchia” denominazione di concessione edilizia mutuata dalla “storica” legge (statale) 10/1977.
Quello dell’interesse, oppositivo, ad impedire o comunque a contrastare un atto ampliativo della sfera di altri soggetti costituisce una delle tre principali figure più comunemente discusse nello studio della legittimazione al ricorso nel processo amministrativo, per differenziare la posizione dei soggetti legittimati da quella della generalità dei consociati.
Limitando il discorso alla tutela dell’interesse legittimo e data in premessa la distinzione tra interessi oppositivi e interessi pretensivi, le altre due figure corrispondono, come noto, all’interesse, oppositivo, ad impedire un atto restrittivo nella propria sfera giuridica (esempio paradigmatico quello dei provvedimenti ablatori) e all’interesse, in questo caso pretensivo, a contestare il diniego ovvero il rifiuto di un atto ampliativo della propria sfera vanamente richiesto dallo stesso interessato (ad esempio il rifiuto di un’autorizzazione o di una concessione).
Nella seconda e nella terza figura l’individuazione di un interesse differenziato, e con essa il riconoscimento della legittimazione a ricorrere, è certamente agevolata dall’essere il soggetto “legittimato” destinatario di un provvedimento che – privandolo di un bene che prima aveva o negandogli un bene che non aveva e che aveva richiesto - lo lede direttamente e, prima ancora, parte necessaria del procedimento