Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-05-18, n. 201803002

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-05-18, n. 201803002
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201803002
Data del deposito : 18 maggio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 18/05/2018

N. 03002/2018REG.PROV.COLL.

N. 09234/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9234 del 2008, proposto dal signor A D P, nella qualità di amministratore e legale rappresentante della Snc “Impresa Costruzioni Di Pasquale Domenico e figli”, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato V E R, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. G L in Roma, via Costabella n. 23;

contro

Comune di Atessa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato S D S, con domicilio eletto presso lo studio del dott. A P in Roma, via Monti di Creta, 85;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per l’Abruzzo, Sezione staccata di Pescara, n. 818 del 18 ottobre 2007.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Atessa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 aprile 2018 il Cons. R C e udito per la parte appellante l’avvocato Russo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. Il T.a.r. per l’Abruzzo, Sezione staccata di Pescara, con sentenza 18 ottobre 2007, n. 818, ha respinto il ricorso proposto dal signor Arnaldo Di Pasquale, nella qualità di legale rappresentante della società in n.c. “Impresa Di Pasquale Domenico e figli”, per l’annullamento del provvedimento in data 9 marzo 1998 con il quale il Comune di Atessa ha respinto la richiesta di concessione edilizia di variante al progetto planivolumetrico di dettaglio “Costa di Serra 2”.

1.1. L’Impresa interessata ha gravato tale sentenza, articolando i seguenti motivi di appello:

Violazione ed erronea applicazione di norma del vigente strumento urbanistico. Erroneità dei presupposti.

L’efficacia temporale di dieci anni del piano di lottizzazione non era scaduta al momento della presentazione della prima richiesta e, al momento della seconda richiesta, sebbene la convenzione originaria fosse in parte decaduta per decorso del termine decennale, non sarebbe venuto meno il potere comunale di pianificazione del territorio, caratterizzato da ampia discrezionalità e, quindi, anche dalla possibilità di addivenire ad una nuova lottizzazione con alcuni degli originari lottizzanti.

Sarebbe illegittimo per eccesso di potere il provvedimento con cui il Comune non adotta una congrua motivazione, ma si limita a prendere atto della intervenuta decadenza del termine di vigenza della convenzione di lottizzazione.

La scadenza del termine di esecuzione di un piano attuativo, se determina la sua inefficacia, non per ciò solo determina l’irrilevanza del piano medesimo sotto il profilo della specifica qualificazione dell’interesse di colui che sottoscrisse la convenzione a vedere mantenuta la destinazione urbanistica data dal piano regolatore all’area ed alla corrispondente cura dell’amministrazione a non compromettere quell’interesse senza la sua ponderazione con l’interesse pubblico.

In definitiva, la scadenza del termine di validità di un piano di lottizzazione non consentirebbe all’amministrazione di procedere sic et simpliciter alla declaratoria di intervenuta perdita di efficacia dello stesso, dovendo la stessa dare conto delle ragioni sottese alla necessità di rendere inoperanti le relative previsioni rimaste inattuate, dando altresì conto delle valutazioni effettuate circa il rapporto tra le opere ultimate e quelle non ancora eseguite.

Illogicità ed erronea interpretazione ed applicazione della normativa dello strumento urbanistico sotto altro profilo. Disparità di trattamento rispetto ad altri costruttori.

La variante al planovolumetrico, che consente la realizzazione del 5° livello (piano seminterrato) da destinare ad autorimessa e cantina, non contrasterebbe in alcun modo con i parametri edilizi ed urbanistici vigenti nel piano planovolumetrico in discorso, quali l’altezza massima, il volume, la superficie edificata e la superficie destinata ad autorimessa e garage e ciò sarebbe dimostrato per tabulas dal fatto che quanto richiesto dalla Impresa appellante è stato regolarmente concesso ad altri lottizzanti del medesimo planovolumetrico.

L’amministrazione, pertanto, non avrebbe avuto un comportamento univoco, atteso che altri costruttori avrebbero ottenuto quanto negato alla Impresa Di Pasquale.

Il Comune di Atessa ha prima negato la concessione per una mera carenza formale dell’istanza e, poi, sanata detta carenza, ha adottato un nuovo diniego motivato dall’intervenuta decadenza della convenzione.

La sentenza impugnata non farebbe menzione del comportamento omissivo tenuto dall’amministrazione che, a sua volta, non avrebbe tenuto in alcun conto l’ordinanza n. 267 del 1998 del Tribunale pescarese che aveva accolto ai fini del riesame la domanda cautelare e la sentenza interlocutoria n. 76 del 2007.

L’appellante ha altresì chiesto la condanna del Comune appellato al risarcimento dei danni.

1.2. Costituitosi in giudizio, il Comune di Atessa ha contestato la fondatezza di quanto dedotto dalla parte appellante, evidenziando, tra l’altro, che, in sede di ricorso di primo grado, non è stata proposta alcuna domanda risarcitoria, ed ha concluso per il rigetto del gravame.

1.3. All’udienza pubblica del 19 aprile 2018, la causa è stata trattenuta per la decisione.

2. L’appello è infondato e va di conseguenza respinto.

2.1 Il Comune di Atessa, con delibera del Consiglio Comunale n. 504 del 25 novembre 1985, ha approvato, ai sensi degli artt. 6 e 7 delle NTA del PRG, il progetto plano-volumetrico urbanistico di dettaglio per la zona di espansione Costa di Serra e, in data 24 maggio 1986, ha stipulato con i proprietari delle aree la relativa convenzione di lottizzazione.

L’appellante ha rappresentato che l’Impresa Di Pasquale, al pari di altri costruttori che stavano edificando nella zona, ha presentato istanza, in data 26 aprile 1994, per ottenere la variante del progetto planivolumetrico di dettaglio Costa di Serra 2, consistente nel rendere utilizzabile parte del piano seminterrato del costruendo fabbricato, lasciando inalterata la volumetria, l’altezza massima e tutti gli altri indici urbanistici e che la variante è stata negata dal Comune in quanto la domanda doveva essere sottoscritta da tutti i proprietari del comparto (art. 81 del regolamento edilizio).

Ha soggiunto di avere inoltrato una ulteriore domanda di concessione edilizia in data 17 dicembre 1997, dopo avere acquisito anche l’ultima firma tramite il curatore fallimentare di uno dei proprietari nelle more dichiarato fallito, e che il Comune di Atessa, con il contestato provvedimento del 9 marzo 1998, ha nuovamente negato il rilascio del titolo in quanto la domanda è stata presentata oltre i termini di scadenza della concessione della lottizzazione, così come da parere della Commissione edilizia.

2.2 Il T.a.r. per l’Abruzzo, Sezione staccata di Pescara, ha così motivato la reiezione del ricorso proposto in primo grado:

Da quanto sopra esposto, sembra evidente che alla data di presentazione della nuova istanza (17 dicembre 1997) era certamente decorso il predetto termine decennale di validità della predetta convenzione di lottizzazione (che era stata approvata con deliberazione del consiglio comunale di Atessa 25 novembre 1985, n. 504, ed era stata stipulata con i proprietari delle aree il 24 maggio 1986).

Ciò posto, poiché era scaduto il predetto termine di validità, l’Amministrazione non avrebbe potuto accogliere la richiesta di variante al progetto planovolumetrico di dettaglio;
né può ritenersi che il fallimento di uno dei proprietari delle aree incluse nella predetta zona di espansione abbia prodotto la sospensione del predetto termine decennale.

Tale motivazione posta a base dell’atto impugnato, in definitiva, sembra immune dalle censure dedotte, in quanto risultano essere state indicate in modo sufficientemente chiaro le ragioni giuridiche poste a base del diniego.

Né può ritenersi che l’istanza presentata dal ricorrente il 17 dicembre 1997 debba essere intesa come un’integrazione della precedente istanza del 26 aprile 1994;
il procedimento iniziato con tale precedente istanza, infatti, si era da tempo concluso con un atto non impugnato, in quanto tale richiesta, come già detto, era stata respinta dal Sindaco del Comune con atto … notificato il 22 agosto 1994 ….
”.

2.3 I motivi di appello formulati dalla Impresa Di Pasquale non sono persuasivi, per cui la sentenza appellata merita di essere confermata.

2.3.1 Il primo diniego di variante, con cui l’amministrazione comunale ha concluso il procedimento avviato con l’istanza del 26 aprile 1994, non è stato impugnato e non può sussistere dubbio che la seconda domanda, in data 17 dicembre 1997, non ha costituito un’integrazione della precedente, ma ha avviato un nuovo ed autonomo procedimento.

L’istanza del 17 dicembre 1997 è stata presentata oltre dieci anni dopo la stipulazione della convenzione di lottizzazione, sicché è stata legittimamente ( rectius : doverosamente) respinta dal Comune.

L’art. 16, comma 5, della legge urbanistica n. 1150 del 1942, infatti, stabilisce in dieci anni il termine entro il quale il piano particolareggiato dovrà essere attuato e la giurisprudenza ha già avuto modo di chiarire che il termine decennale di efficacia dei piani particolareggiati è applicabile anche ai piani di lottizzazione (cfr. Cons. Stato, IV, 10 agosto 2011, n. 4761, che richiama Cons. Stato, VI, 20 gennaio 2003, n. 200).

La giurisprudenza di questa Sezione (cfr. Cons. Stato, IV, n. 4036 del 2017;
V, n. 6823 del 2013;
IV, 6 aprile 2012, n. 2045) ha altresì avuto modo di chiarire, giungendo a conclusioni dalle quali questo Collegio non ha ragioni per discostarsi, in relazione all’obiezione che il termine decennale di efficacia dei piani particolareggiati non potrebbe essere applicato in via di analogia alle lottizzazioni, in quanto sarebbe stabilito per i primi (piani particolareggiati) sol perché impongono vincoli espropriativi ai proprietari dei suoli, quanto segue:

- la legge urbanistica stabilisce espressamente la durata degli altri strumenti urbanistici che disciplina: di quelli generali (il piano territoriale di coordinamento ed il piano regolatore generale, in vigore a tempo indeterminato ex artt. 6 e 11 della legge urbanistica) e del piano particolareggiato, avente la durata di dieci anni per espressa previsione dell’art. 17 della stessa legge;

- la durata massima dei piani di lottizzazione, se ad essi non fosse applicabile il termine decennale di efficacia dei piani particolareggiati, sarebbe quella, indeterminata, degli strumenti urbanistici generali, invece di quella decennale dello strumento urbanistico attuativo, il che costituirebbe di per sé motivo di incoerenza;

- non giova, inoltre, rilevare che l’art. 28 della legge n. 1150 del 1942, come modificato dall’art. 8 della l. 6 agosto 1967 n. 765, preveda un termine decennale soltanto per l’esecuzione delle opere di urbanizzazione e non per l’edificazione dei singoli lotti, tenuto conto che la fissazione di un termine risponde ad un preminente interesse pubblico, non soltanto per l’esecuzione delle opere di urbanizzazione, ma anche per l’edificazione dei lotti;

- il disegno di fissazione di un termine di decadenza per le licenze prima, poi per le concessioni edilizie e poi, ancora, per i permessi di costruire, diretto ad assicurare l’effettività e l’attualità delle nuove previsioni urbanistiche, sarebbe incompleto alla fonte se, prima del rilascio del titolo abilitativo, le lottizzazioni convenzionate avessero l’efficacia di condizionare a tempo indeterminato, con l’affidamento dei suoi titolari, la pianificazione urbanistica futura;

- alla scadenza del piano di lottizzazione sopravvivono, esclusivamente, la destinazione di zona, la destinazione ad uso pubblico di un bene privato, gli allineamenti, le prescrizioni di ordine generale e quant’altro attenga all’armonico assetto del territorio, trattandosi di misure che devono rimanere inalterate fino all’intervento di una nuova pianificazione, non essendo la stessa condizionata all’eventuale scadenza di vincoli espropriativi o di altra natura ma tutti caratterizzati dall’avere contenuto specifico e puntuale.

Pertanto, occorre ribadire che il piano di lottizzazione ha una durata decennale e che, decorso il relativo termine, esso, in linea generale e con le precisazioni sopra illustrate, perde efficacia e non può più costituire valido presupposto per il rilascio di qualsivoglia titolo abilitativo alla edificazione di manufatti.

Ne consegue, nel caso in esame, che, essendo ampiamente scaduto alla data di presentazione dell’istanza (17 dicembre 1997) il termine decennale di efficacia della lottizzazione convenzionata in questione, siccome stipulata il 24 maggio 1986, il diniego è stato legittimamente ( rectius : doverosamente) adottato.

2.3.2 Sulla base delle esposte considerazioni, non può sussistere alcuna disparità di trattamento rispetto ad altri costruttori che, eventualmente, abbiano ottenuto il titolo abilitativo richiesto avendo presentato la domanda nel termine di dieci anni.

2.3.3 La domanda risarcitoria - in base al divieto di jus novorum , per cui non è possibile in appello procedere ad alcun ampliamento della domanda - è inammissibile in quanto ritualmente proposta per la prima volta in sede di appello.

La stessa, comunque, non potrebbe essere accolta per l’insussistenza dell’elemento costitutivo fondamentale della responsabilità aquiliana della amministrazione pubblica, vale a dire l’illegittimità dei provvedimenti causativi del danno.

Inoltre, l’amministrazione comunale, nella propria memoria, ha sottolineato che, nel corso degli anni, l’appellante (che aspirava al mutamento di parte del piano seminterrato da cantina in garage) ha di fatto cambiato la destinazione d’uso a fini abitativi, ottenendo la concessione in sanatoria in data 15 gennaio 2007.

2.3.4 Va da sé, infine, che, anche in base al richiamato divieto di jus novorum , le considerazioni sul comportamento omissivo dell’amministrazione a seguito dell’ordinanza del TAR Pescara n. 267 del 1998, di accoglimento dell’istanza cautelare ai fini del riesame e della sentenza interlocutoria n. 76 del 2007, non possono assumere alcun rilievo ai fini del presente giudizio.

3. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e liquidate complessivamente in euro 4.000,00, oltre accessori di legge, sono poste a carico dell’appellante ed a favore del Comune di Atessa tenuto conto dei parametri di cui al d.m. n. 55 del 2014 e dell’art. 26, co. 1, c.p.a., di cui ricorrono i presupposti applicativi, secondo l’interpretazione che ne è stata data dalla giurisprudenza di questo Consiglio, sostanzialmente recepita, sul punto in esame, dalla novella recata dal decreto-legge n. 90 del 2014 [cfr. sez. IV, n. 1119 del 2018;
sez. V, 9 luglio 2015, n. 3462;
sez. V, 21 novembre 2014, n. 5757;
sez. V, 11 giugno 2013, n. 3210;
sez. V, 26 marzo 2012, n. 1733;
sez. V, 31 maggio 2011, n. 3252, cui si rinvia ai sensi degli artt. 74 e 88, co. 2, lett. d), c.p.a. anche in ordine alle modalità applicative e alla determinazione della misura indennitaria, conformemente, peraltro, ai principi elaborati dalla Corte di Cassazione (cfr. da ultimo sez. VI, n. 11939 del 2017 e n. 22150 del 2016)].

4. La condanna dell’appellante ai sensi dell’art. 26 c.p.a. rileva, eventualmente, anche agli effetti di cui all’art. 2, comma 2 quinquies, lett. a) e d), della legge 24 marzo 2001, n. 89, come da ultimo modificato dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208.

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