Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2016-01-13, n. 201600072

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2016-01-13, n. 201600072
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201600072
Data del deposito : 13 gennaio 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02586/2015 REG.RIC.

N. 00072/2016REG.PROV.COLL.

N. 02586/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2586 del 2015, proposto dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio per legge in Roma, Via dei Portoghesi 12;

contro

B E e A s.n.c.;
E B;
A Barboni;
D M N;
Caldaroni A &
co. s.n.c.;
R Aico &
co. s.n.c.;
G R &
co. s.n.c.;
R L, rappresentati e difesi dagli avv. D C, A D V e A B, con domicilio eletto presso il primo in Roma, Via della Farnesina, 269;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. MARCHE - ANCONA: SEZIONE I n. 00019/2015, resa tra le parti, concernente condanna al risarcimento danni causati da provvedimenti relativi all’ esercizio di attività di pesca di molluschi bivalvi con draga idraulica


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio B E e A Snc e di E B e di A Barboni e di D M N e di Caldaroni A &
Co Snc e di R Aico % Co Snc e di G R &
Co e di R L;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 novembre 2015 il consigliere B R P e uditi per le parti gli avvocati D C e l'avvocato dello Stato Gianna Galluzzo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso proposto avanti al T.A.R. delle Marche, B E e A s.n.c., unitamente ad altri litisconsorti, formulavano nei confronti del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali domanda di risarcimento dei danni causati e causandi per effetto del D.M. 2 ottobre 2002, nonché di provvedimenti successivi (D.M. 19 marzo 2003, D.M. 28 aprile 2004, D.M. 1° luglio 2004, D.M. 26 luglio 2007, D.M. 19 dicembre 2007, D.M. 22 dicembre 2008), tutti emanati dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali in ordine all'esercizio dell'attività di pesca dei molluschi bivalvi con draga idraulica nei Compartimenti Marittimi di Ancona, Civitanova Marche e San Benedetto del Tronto ed oggetto di annullamento da parte del T.A.R. Marche con sentenza n. 855 del 5 agosto 2009.

In particolare, nel giudizio impugnatorio, i proprietari di 19 imbarcazioni stanziate nel porto di Civitanova Marche avevano censurato i decreti ministeriali sul presupposto che le misure adottate restringevano di molto il tratto di mare (sub settore area B) nel quale potevano in precedenza pescare (anche in ragione del fatto che questo tratto di mare ridotto doveva essere per di più condiviso con 25 imbarcazioni iscritte nel compartimento di San Benedetto del Tronto).

Oltre a contestare il merito della misura, i ricorrenti avevano dedotto il vizio di incompetenza dello Stato a disciplinare con provvedimenti di dettaglio una materia come la pesca, che, a seguito della riforma costituzionale del 2001, è stata demandata alla competenza legislativa concorrente con le Regioni.

Con sentenza n. 19 del 2015 il T.A.R. adito:

- respingeva l’eccezione di prescrizione della domanda risarcitoria (notificata il 10 novembre 2013) sul rilievo che, essendosi il giudizio impugnatorio conclusosi prima dell’ entrata in vigore del codice del processo amministrativo, per i termini ancora in corso, ai sensi dell’art. 2 dell’ allegato 3 al codice predetto, continua ad applicarsi la normativa previgente, e cioè il termine quinquennale ordinario di prescrizione dell’azione per illecito extracontrattuale, stabilito dall’art. 2947 cod. civ., con decorrenza dalla data di passaggio in giudicato della sentenza di annullamento dei provvedimenti cui è ricondotto il pregiudizio nella sfera patrimoniale (nella specie 5 agosto 2009);

- riconosceva l’esistenza degli estremi di responsabilità aquiliana (evidenza del vizio di competenza dell’ Autorità statale e pregiudizio nei confronti di posizioni di interesse legittimo oppositivo, con ingiusta compressione del bene della vita attinente ai diritti di pesca;
l’ insussistenza di ragioni di ordine pubblico - la cui tutela e demandata ad organi diversi - e di tutela della ricorsa ittica, essendo stato mantenuto fermo lo stock del pescato salva la diversa distribuzioni fra le imbarcazioni abilitate;
la sussistenza del nesso di causalità fra l’ azione amministrativa illegittima e la perdita patrimoniale;

- negava il rimborso delle spese processuali sostenute per il giudizio impugnatorio essendo la statuizione del giudice di merito coperta da giudicato.

In ordine alle modalità di stima del danno il T.A.R. - disattese alcune prospettazioni dei ricorrenti fondate su perizie dagli stessi prodotte - in applicazione del disposto di cui all’art. 34, comma 4, c.p.a., dettava al Ministero convenuto (nella persona del Direttore generale p.t. del settore che aveva a suo tempo curato l’istruttoria propedeutica all’adozione degli atti poi annullati con la sentenza n. 855 del 2009) dettagliati criteri in base ai quali formulare l’offerta a ciascuno dei ricorrenti di una somma a titolo di risarcimento del danno.

Appella il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali che, a confutazione delle statuizioni del T.A.R., ha dedotto:

- che, ai fini del computo del termine di prescrizione, deve farsi riferimento all’art. 252 c.p.c., cui rinvia l’art. 32 c.p.a., con la conseguenza che il termine più breve di prescrizione (120 giorni) deve trovare applicazione anche all’esercizio dei diritti sorti anteriormente al regime di prescrizioni in corso;

- l’assenza di un danno iniura datum, perché in prosieguo è intervenuta la regolamentazione regionale del tutto sovrapponibile, quanto agli ambiti di pesca, a quella annullata dal giudice amministrativo in base al solo vizio formale di competenza;

- la quantificazione del pregiudizio patito va, in ogni caso, determinata con integrazione dei criteri del danno all’ecosistema, in presenza di attività di pesca senza limitazioni, e della natura aleatoria dell’attività di pesca, con al conseguenza che non necessariamente il minore guadagno si deve imputare all’esercizio di un’attività in area meno redditizia.

Resistono la s.n.c. B E e A e gli altri litisconsorti convenuti in giudizio, che hanno contraddetto in memoria i motivi di impugnativa e chiesto al conferma della sentenza impugnata.

All’udienza del 5 novembre 2015 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

2. L’appello è infondato.

2.1. Non va condiviso il primo mezzo di impugnativa con il quale, in contrario alle conclusioni del T.A.R., si rinnova l’eccezione di prescrizione della domanda risarcitoria avanzata dagli odierni esponenti, per essere stata il ricorso proposto in data 19 novembre 2013, una volta consumatosi il termine di 120 giorni, introdotto dall’art. 30 c.p.a., che aveva iniziato a decorrere dall’entrata in vigore del codice medesimo (16 settembre 2010).

Osserva il collegio che l’art. 2 dell’allegato 3 al d.lgs. n. 104 del 2010 di approvazione del codice del processo amministrativo ha previsto che “ per i termini ancora in corso alla data di entrata in vigore del codice continuano ad applicarsi le norma previgenti ”.

Si tratta di disposizione ad ampio spettro che prende in considerazioni tutte le ipotesi in cui l’esercizio dell’azione e le cadenze del processo restino condizionati al decorso di termini non esauriti al momento di entrata in vigore del nuovo codice ed oggetto di diversa disciplina in base al diritto previgente.

Con riguardo al termine di decadenza di 120 giorni - previsto dall'art. 30 c.p.a. per la proposizione della domanda risarcitoria nei casi in cui il danno si colleghi a posizioni di interesse legittimo - questa Sezione con sentenza n. 297 del 22 gennaio 2014 si è pronunziata nel senso che il nuovo termine non è applicabile a cause nelle quali la domanda assume a suo presupposto vicende e sentenze di annullamento anteriori all'entrata in vigore del nuovo codice e inizialmente soggette al solo termine di prescrizione quinquennale

Il collegio non ravvisa ragioni di doversi discostare dalla predetta conclusione

Invero - secondo l’orientamento interpretativo della giurisprudenza delle Corte di Cassazione Sezioni Unite - alla data di entrata in vigore del codice del processo amministrativo (16 settembre 2010) l’azione risarcitoria, proponibile anche separatamente o successivamente rispetto a quella di annullamento del provvedimento amministrativo, era soggetta al solo termine quinquennale di prescrizione decorrente, nel caso di specie, dall’accertata illegittimità del provvedimento causativo del danno e, quindi, dalla data del 5 agosto 2009 di pubblicazione della sentenza del T.A.R.

La norma transitoria dettata dall’art. 2 dell’allegato 3 al d.lgs. n. 104 del 2010 esprime la chiara voluntas legis di non pregiudicare, nel mutato quadro normativo, le posizioni soggettive il cui regime di tutela era maturato in affidamento di una diversa incidenza del fattore tempo quanto ai limiti e alle modalità di tutela.

L’ultrattività della disciplina dei termini iniziati a decorrere prima dell’entrata in vigore del c.p.a. va riferita - sia in base alla lettera dell’art. 2, comma 2, dell’allegato 3, che non distingue fra termini strettamente processuali e termini di decadenza per l’esercizio dell’azione, sia alla ratio di non modificare in peius e retroattivamente una meno restrittiva disciplina sostanziale applicabile a situazioni non esauritesi alla data di entrata in vigore del c.p.a. – anche al termine quinquennale per l’azione risarcitoria stabilito dall’art. 2947 cod. civ.

Il carattere speciale della disposizione di cui al richiamato art. 2, comma 2, dell’allegato 3 - chiamata ad operare all’interno del processo amministrativo - esclude che in luogo di essa possa trovare applicazione l’art. 252 delle disposizioni di attuazione del codice civile, cui fa richiamo la difesa erariale, che con norma di diritto intertemporale regola la decorrenza dei termini prescrizionali di più breve durata rispetto a disposizioni di legge anteriori con diversa portata estintiva dei diritti.

2.1. Passando all’esame del merito non va condiviso il motivo teso a negare l’assenza degli estremi di un danno ingiusto nella sfera dei ricorrenti, suscettibile di risarcimento, per avere il Ministero convenuto solo anticipato – ancorché incorrendo nel vizio di competenza – la disciplina sui limiti di pesca poi introdotta, con prescrizioni sostanzialmente analoghe, con atti della Regione Marche.

La difesa degli odierni appellati ha sottolineato, in punto di fatto, che non sussiste sostanziale identità fra le misure ministeriali di articolazione delle aree di pesca, ove si consideri che la disciplina regionale ha previsto un restringimento del tratto di mare riservato alle imbarcazioni stanziate nel porto di Ancona, nel quale è stato ammesso il naviglio di Civitanova Marche, mentre sono stati previsti due distinti tratti di mare riservati alle imbarcazioni di S. Benedetto del Tronto divise in due gruppi.

Ma - indipendentemente dal raffronto contenutistico fra le due normative statuale e regionale - ciò che rileva, come del resto posto in rilievo dal T.A.R., è il dato temporale in cui è intervenuta la prima normativa, comportando una deminutio dei diritti di pesca delle imbarcazioni con stanza in Civitanova Marche in relazione al tratto di mare in cui potevano in precedenza pescare, con privazione di prerogative e di iniziative di impresa che gli operatori interessati avevano titolo a conservare quantomeno fino a quando l’ autorità competente fosse intervenuta per stabilire nuove e diverse modalità di esercizio dell’attività di pesca..

2.2. Con un secondo ordine di considerazioni il Ministero appellante invoca una integrazione dei criteri di quantificazione del danno patito sulla base dei parametri del danno all’ecosistema, che sarebbe stato sicuramente inferto per il prosieguo della pesca in assenza dei limiti ministeriali annullati dal T.A.R., nonché tenendo conto dell’aleatorità dell’attività di pesca.

Quanto al primo degli invocati criteri la disciplina ministeriale non ha introdotto un contingentamento dello stock di pescato, ma solo una un diversa distribuzione delle imbarcazioni nel tratto di mare preso in considerazione, che è restato quindi esposto alla stessa incidenza dell’attività di pesca sulle risorse marine.

Quanto al secondo criterio il T.A.R. ha coerentemente previsto un abbattimento nella misura del 20 % della somma determinata a ristoro del danno sofferto proprio sulla base delle frequenti variazioni cicliche del pescabile.

All’infondatezza dei motivi segue il rigetto dell’appello.

Spese e onorari del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in euro 3.000,00 (tremila/00), oltre i.v.a. e c.a., in favore di ricorrenti.

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