Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2017-10-31, n. 201705039
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Pubblicato il 31/10/2017
N. 05039/2017REG.PROV.COLL.
N. 08243/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8243 del 2016, proposto dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in persona del Ministro
pro tempore
, rappresentato e difeso
ex lege
dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
contro
Comune di Stalettì, in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dall’Avvocato R M, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Tacito, n. 41;
per la riforma
della sentenza n. 852 del 20 aprile 2016 del T.A.R. per la Calabria, sede di Catanzaro, sez. I, resa tra le parti, concernente il rigetto del contributo di stabilizzazione LSU – rimborso delle somme erogate
visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio dell’appellato Comune di Stalettì;
viste le memorie difensive;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 ottobre 2017 il Consigliere Massimiliano Noccelli e uditi per il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, appellante, l’Avvocato dello Stato Alberto Giua e per il Comune di Stalettì, appellato, l’Avvocato R M;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con la nota prot. n. 40/2015 del 3 febbraio 2015, trasmessa al Comune di Stalettì (CZ), il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, odierno appellante, ha comunicato, ai sensi dell’art. 10- bis della l. n. 241 del 1990, il preavviso di rigetto in ordine alla domanda del contributo per la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili, previsto dall’art. 1, comma 1156, lett. f) e f- bis ), della l. n. 296 del 2006, in relazione all’annualità 2014, e ha altresì contestualmente richiesto la restituzione del contributo erogato al Comune in relazione all’annualità 2013.
1.1. Il Ministero ha contestato al Comune di Stalettì il mancato rispetto dei vincoli alla spesa di personale, fissati dalla normativa applicabile a detto Comune a decorrere dal 1° gennaio 2013, sia in relazione all’annualità 2013 che in relazione all’annualità 2014.
1.2. Il Comune di Stalettì ha tuttavia replicato al preavviso, adducendo delle osservazioni, e ha richiesto al Ministero una rideterminazione in ordine al contenuto delle sue determinazioni.
1.3. Con la successiva nota prot. n. 40/6744 del 16 marzo 2015, però, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha rigettato in via definitiva la richiesta del contributo, per l’annualità 2014, e ha ribadito la contestuale richiesta di restituzione del contributo per l’annualità 2013.
2. Il Comune di Stalettì ha impugnato avanti al T.A.R. per la Calabria, sede di Catanzaro, tale provvedimento, deducendone l’illegittimità sotto due distinti profili, inerenti alla violazione della normativa in materia e ai principî sull’autotutela, e ne ha chiesto, previa sospensione, l’annullamento.
2.1. Si è costituito in resistenza il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
2.2. Con l’ordinanza n. 489 del 16 ottobre 2015 il primo giudice ha accolto la domanda cautelare del Comune ricorrente.
2.3. Infine, con la sentenza n. 852 del 20 aprile 2016 il T.A.R. per la Calabria, sede di Catanzaro, ha accolto anche nel merito il ricorso e ha annullato l’atto impugnato.
3. Avverso tale sentenza ha proposto appello il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e ne ha chiesto, previa sospensione, la riforma, con la conseguente reiezione del ricorso proposto in primo grado dal Comune di Stalettì.
3.1. Si è costituito il Comune di Stalettì per resistere all’appello, di cui ha chiesto la reiezione.
3.2. Con l’ordinanza n. 5734 del 21 dicembre 2016 la Sezione, in accoglimento della domanda cautelare proposta dal Ministero appellante, ha sospeso l’esecutività della sentenza impugnata.
3.3. Con la successiva ordinanza n. 2047 del 4 maggio 2017, ancora, la Sezione ha ritenuto necessario acquisire a fini istruttori una dettagliata relazione, a cura del Ministero e/o della Ragioneria Generale dello Stato, circa i vincoli di bilancio per l’assunzione del personale applicabili ai Comuni a decorrere dal 1° gennaio 2013 e, con particolare riferimento circa il Comune di Stalettì, circa l’eventuale superamento del limite di spesa previsto per anni 2013 e 2014 per l’assunzione del personale alle dipendenze di tale Comune.
3.5. Tale relazione, corredata di analitica documentazione, è stata depositata dal Ministero il 14 settembre 2017.
3.6. Infine, nella pubblica udienza del 19 ottobre 2017, il Collegio, uditi i difensori delle parti, ha trattenuto la causa in decisione.
4. L’appello è fondato e va accolto.
4.1. Si controverte in ordine al rigetto della domanda volta ad ottenere il contributo per la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili (LSU), richiesto dal Comune di Stalettì (CZ) per l’annualità 2014, e alla richiesta di restituzione del contributo già erogato per l’annualità 2013, perché il medesimo Comune, come meglio si dirà, si è discostato dagli inderogabili parametri fissati dalla normativa applicabile a decorrere dal 1° gennaio 2013 al Comune quanto alla spesa per il personale.
4.2. La tesi in diritto seguita dal T.A.R. per la Calabria, sede di Catanzaro, nella sentenza n. 852 del 20 aprile 2016 qui impugnata, che ha annullato il provvedimento ministeriale, non appare al Collegio convincente.
5. La questione che pone l’odierno giudizio è, infatti, quella di stabilire se il rispetto del limite di spesa per il personale, introdotto dal Ministero e sicuramente necessario per ammettere l’erogazione del contributo per la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili ai sensi dell’art. 1, comma 1156, lett. f) e f- bis ) della l. n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007) per il primo anno, permanga quale condizione essenziale anche per ottenere l’erogazione del contributo negli anni successivi.
5.1. L’art. 1, comma 1156, della legge n. 296 del 2006 così espressamente stabilisce:
« A carico del Fondo per l’occupazione di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, si provvede ai seguenti interventi, nei limiti degli importi rispettivamente indicati, da stabilire in via definitiva con il decreto di cui al comma 1159 del presente articolo: […]
f) in deroga a quanto disposto dall’articolo 12, comma 4, del decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468, e limitatamente all’anno 2007, i comuni con meno di 5.000 abitanti che hanno vuoti in organico possono, relativamente alle qualifiche di cui all’articolo 16 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, e successive modificazioni, procedere ad assunzioni di soggetti collocati in attività socialmente utili nel limite massimo complessivo di 2.450 unità. Alle misure di cui alla presente lettera è esteso l’incentivo di cui all’articolo 7, comma 6, del decreto legislativo 28 febbraio 2000, n. 81. Agli oneri relativi, nel limite di 23 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2007, si provvede a valere sul Fondo per l’occupazione di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, che a tal fine è integrato del predetto importo ».
5.2. A giudizio dal T.A.R. per la Calabria, sede di Catanzaro, il rispetto del limite di spesa previsto dal decreto direttoriale del 1° aprile 2008 – che approva la graduatoria dei Comuni annessi all’erogazione del contributo – per l’assunzione del personale varrebbe solo per il primo anno.
5.3. Secondo il primo giudice, infatti, « trattandosi di misura funzionalmente diretta a contribuire alle spese per un lavoratore assunto a tempo indeterminato, deve ritenersi che il rispetto del tetto di spese del personale sia richiesto solo per l’anno in cui è richiesta l’assunzione del dipendente, mentre per gli anni successivi l’osservanza del parametro in questione non è necessaria » (p. 5 della sentenza impugnata).
5.4. Una simile interpretazione, tuttavia, non appare coerente con la ratio della normativa in materia, ben colta dalla circolare del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale del 17 ottobre 2017 e, poi, anche dal decreto direttoriale.
5.5. Invano la ricorrente in primo grado ha contestato, infatti, la legittimità della condizione restrittiva introdotta dal Ministero, coerente, come si dirà, con la ratio del contributo.
5.6. La condizione posta dal decreto direttoriale del 1° aprile 2008 – la capacità da parte del Comune, cioè, di sostenere il peso economico di ulteriori assunzioni mediante il rispetto del limite di spesa vigente per il personale – deve sussistere anche negli anni successivi a quello nel quale l’assunzione del lavoratore socialmente utile avviene, poiché, diversamente, i Comuni potrebbero attendere l’anno nel quale risultano in linea con il limite di spesa per ottenere in tale anno il finanziamento ed effettuare l’assunzione di tale tipologia di lavoratori, non preoccupandosi, per gli anni successivi, del superamento dello stesso limite di spesa per il personale, nella convinzione e con la certezza ormai di poter, comunque, contare sull’erogazione del contributo ministeriale anche senza una oculata gestione del proprio personale.
5.7. La ratio del contributo, indubbiamente, è quella di incentivare la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili con la stipulazione di contratti a tempo indeterminato, ma sempre nella prospettiva, e nel limite, di una oculata gestione del personale, già assunto.
5.8. I Comuni che assumono tali lavoratori possono beneficiare di un contributo ministeriale con lo scopo di alleggerire il peso economico del rapporto di lavoro, ma una parte della contribuzione, detratto l’importo del contributo, resta evidentemente a carico dell’ente locale.
6. Del tutto comprensibile e ragionevole, allora, appare la ragione per la quale il Ministero del Lavoro, con la circolare e con il successivo decreto direttoriale, abbia richiesto al Comune, odierno appellato, come anche a tutti gli altri Comuni, beneficiari del contributo, di essere in regola con i limiti di spesa del personale fissati dalla legislazione vigente.
6.1. Un Comune che non è in grado di rispettare il limite di spesa del personale già assunto non può aggravare ulteriormente la sua situazione economica e corrispondere, sia pure in parte, la retribuzione ai lavoratori socialmente utili.
6.2. Quanto precede impone, dunque, la riforma della sentenza impugnata, che si fonda su di una interpretazione della normativa in materia non coerente con la sua ratio , finalizzata, sì, a consentire l’assunzione dei lavoratori socialmente utili nei Comuni aventi vuoti di organico, ma pur sempre improntata ad una oculata gestione della spesa del personale già assunto entro limiti stringenti, fissati dal limite di spesa vigente per il personale in ragione del Patto di stabilità interno, senza aggravare la spesa pubblica con il ricorso ad ulteriori assunzioni da parte di enti locali “non virtuosi” che facciano affidamento sui contributi statali.
7. In punto di fatto, e nel caso di specie, il Comune appellato sostiene, anche con la documentazione depositata il 19 dicembre 2016 e, da ultimo, nella memoria del 15 settembre 2017, di non avere superato il limite di cui all’art. 1, comma 562, della l. n. 296 del 2006.
7.1. Ciò pare contrastare, tuttavia, con quanto ammesso e documentato dallo stesso Comune di Stalettì nella nota prot. n. 5511 del 4 settembre 2014, indirizzata al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (all. 6 fasc. Amministrazione appellante), ove invece si dichiara che vi è stato il superamento dei limiti di spesa perché, come si ammette in tale nota, con l’assoggettamento dei Comuni con più di mille abitanti, a far data dal 1° gennaio 2013, al Patto di stabilità interno, il riferimento normativo per i limiti di spesa del personale gravanti per tali Comuni non è più il comma 562, ma il comma 557 dell’art. 1 della l. n. 296 del 2006, che prevede limiti più stringenti.
7.2. Lo sforamento del tetto di spesa, ammesso dal Comune in tale nota con valenza confessoria, comporta che anche in fatto il recupero del contributo si fondi sull’effettivo superamento del limite di spesa per il personale, essendo irrilevanti le ragioni per le quali il Comune deduce, in questa sede, di non aver potuto rispettare il nuovo e più stringente limite di spesa.
7.3. In ogni caso, come ha osservato il Ministero appellante (p. 6 del ricorso), va qui considerato che il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in presenza di dichiarazioni contrastanti da parte dello stesso Comune, svolge una attività di carattere istruttorio, richiedendo alla Ragioneria Generale dello Stato di trasmettere i dati ufficiali in relazione al personale assunto e alla spesa sostenuta e, solo all’esito di questa attività, qualora siano confermati i calcoli del Comune, adotta l’eventuale provvedimento di ammissione al beneficio.
7.4. Con l’ordinanza istruttoria n. 2047 del 4 maggio 2017 questa Sezione ha disposto ulteriori approfondimenti al fine di verificare se il Comune di Stalettì avesse rispettato, anche negli anni successivi all’ammissione al finanziamento (il 2013 e il 2014), i limiti di spesa previsti dall’art. 1, comma 557, della l. n. 296 del 2006 e, cioè, il valore medio della spesa per il personale nel triennio precedente.
7.5. La documentazione depositata dal Ministero appellante e, in particolare, la relazione della Ragioneria Generale dello Stato (all. 9 alla relazione depositata il 14 settembre 2017) ha comprovato, incontestabilmente, quanto era già emerso nell’istruttoria che aveva preceduto l’emissione del provvedimento qui contestato e, cioè, che il limite di spesa di personale, ai sensi dell’art. 1, comma 557, della l. n. 296 del 2006, pari ad € 530.492,00, è stato superato dal Comune di Stalettì sia nel 2013, con una spesa di personale di poco superiore, pari ad € 533.039,00, sia nel 2014, con una spesa di personale pari ad € 532.083,00, diversamente da quanto, peraltro, ha ritenuto la sentenza impugnata con riferimento a tale ultima annualità.
7.6. Si tratta di valori che, per quanto di poco superiori al consentito (per un ammontare, circa, di € 3.000,00 nel 2013 e di € 2.000,00 nel 2012), confermano lo sforamento rispetto al limite inderogabile, di cui all’art. 1, comma 557, della l. n. 296 del 2006, con la conseguenza che appare, anche all’esito dell’istruttoria disposta nel presente grado del giudizio, del tutto legittima sia la richiesta di restituzione del contributo indebitamente erogato in relazione all’annualità 2013 che il rigetto della domanda presentata allo stesso titolo in relazione all’annualità 2014.
7.7. Né le contestazioni sollevate dal Comune di Stalettì, da ultimo nella memoria difensiva del 15 settembre 2017, appaiono idonee a sovvertire le risultanze dell’istruttoria, quali emerse, in particolare, dalla dettagliata relazione della Ragioneria Generale dello Stato (all. 9 alla relazione depositata il 14 settembre 2017 dal Ministero dell’Interno), non potendo seguire la tesi dell’appellato nemmeno quando sostiene che l’art. 1, comma 557, della l. n. 296 del 2006, inserito dal d.l. n. 90 del 2014, conv. in l. n. 114 del 2014, abbia avuto applicazione retroattiva, in considerazione dell’obbligo di durata che, per le ragioni sopra dette, incombe al Comune per tutte le annualità in cui usufruisce del beneficio e non solo in quella di iniziale erogazione, obbligo di durata soggetto alle variazioni della legge finanziaria ratione temporis applicabile.
8. Ne discende, per tutte le ragioni in fatto e in diritto esposte, che l’appello del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali debba essere accolto, sicché, in riforma della sentenza impugnata, occorre respingere, in entrambi i motivi, il ricorso proposto in primo grado dal Comune di Stalettì.
9. Le spese del doppio grado del giudizio, attesa, comunque, la novità delle questioni esaminate e la complessità dell’accertamento istruttorio richiesto nel presente contenzioso, possono essere interamente compensate tra le parti.
9.1. Rimane definitivamente a carico del Comune di Stalettì, per la sua soccombenza, il contributo unificato richiesto per la proposizione del ricorso in primo grado, mentre lo stesso Comune deve essere condannato a versare il contributo unificato richiesto per la proposizione dell’appello.