Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2015-02-23, n. 201500855
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Testo completo
N. 00855/2015REG.PROV.COLL.
N. 11799/2001 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 11799 del 2001, proposto da:
Coedilca S.C.A.R.L., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avvocato S L, con domicilio eletto presso Assunta Zampaglione in Roma, Circonvallazione Clodia, n. 120;
contro
Comune di Casoria, in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato S A V, con domicilio eletto presso Vincenzo Colacino in Roma, Via Nicola Ricciotti, n. 9;
Mosca Antonio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI, SEZIONE IV, n. 4035/2000, resa tra le parti, concernente concessione edilizia per costruzione alloggi per soci ambito piano di edilizia economica e popolare (p.e.e.p.).
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 febbraio 2015 il Cons. L M T e uditi per le parti gli avvocati S L e Colacino Vincenzo su delega dell'avvocato Aedo Sili Violante;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La pronuncia oggetto del presente gravame dichiarava improcedibile il ricorso proposto dall’odierna appellante, dopo aver rilevato l’inutilità dell’eventuale buon esito dell’iniziativa giurisdizionale in ragione dell’intervenuta decadenza delle convenzioni n. 142\1990 e n. 173\1991, che avevano costituito il presupposto essenziale della concessione edilizia n. 403 del 18 maggio 1994, revocata con ordinanza del sindaco di Casoria n. 250 del 24 giugno 1994 (provvedimento impugnato in primo grado).
2. Nell’appello in esame si sostiene l’erroneità della sentenza in questione, che non avrebbe potuto dichiarare il difetto di interesse al ricorso in quanto: a) non vi sarebbe un rapporto di presupposizione tra le citate convenzioni e la concessione edilizia. Inoltre, l’appellante avrebbe proposto ricorso avverso il silenzio rifiuto serbato dall’amministrazione sull’istanza tesa a riprendere il procedimento ablatorio e successivamente notificato atto di citazione dinanzi al giudice ordinario per il risarcimento dei danni subiti dalla condotta del comune;b) il primo giudice non avrebbe apprezzato adeguatamente l’interesse morale della ricorrente;c) del pari non sarebbe stato valutato l’interesse risarcitorio dell’odierna appellante;d) l’amministrazione sarebbe stata legittimata con l’adozione di nuovi provvedimenti a svuotare d’utilità l’iniziativa giurisdizionale dell’originario ricorrente e, peraltro, il ricorso sarebbe stato proposto anche avverso gli atti conseguenti, quindi anche avverso gli atti di decadenza dalle convenzioni.
Inoltre, con il gravame vengono riproposti i motivi non esaminati dal TAR.
3. Nelle successive difese l’appellante precisa le proprie conclusioni.
4. L’amministrazione comunale deposita memoria di replica in data 23 gennaio 2015.
5. Preliminarmente, occorre rilevare che la memoria di replica dell’amministrazione è tardiva perché prodotta in violazione del disposto di cui al comma 1 dell’art. 73 c.p.a., che fissa in venti giorni liberi prima dell’udienza il termine ultimo per il deposito delle memorie di replica, sicché non se ne può tenere conto.
6. L’appello è infondato e non può essere accolto, dovendo trovare conferma la pronuncia del giudice di prime cure.
7. Quanto alla prima doglianza, occorre rilevare che l’art. 4 della convenzione n. 173\1991 rappresenta il presupposto per il rilascio della concessione edilizia oggetto di revoca, circostanza quest’ultima che si evince chiaramente anche dalla disciplina contenuta nell’art. 35, l. n. 865/1971. Pertanto, l’intervento del provvedimento di decadenza delle citate convenzioni, che non risulta oggetto di impugnazione, rende inutile l'eventuale accoglimento del ricorso di primo grado a nulla rilevando il giudizio intrapreso avverso il silenzio rifiuto dell’amministrazione, che risulta essersi, peraltro, concluso con sentenza definitiva del TAR per la Campania, sede di Napoli, sez. II, n. 1095/2005, di inammissibilità.
Quanto alla seconda doglianza, occorre rammentare come per agire nel processo amministrativo è necessario non solo essere titolari di una situazione giuridica riconducibile a diritto soggettivo o interesse legittimo, ma anche di un interesse a ricorrere inteso, lungi che come idoneità astratta a conseguire un risultato utile, come interesse personale, concreto ed attuale al conseguimento di un vantaggio materiale o morale (cfr. da ultimo, Cons. St., Sez. III, 1 settembre 2014, n. 4449). Ma è anche necessario indicare quale possa essere il vantaggio morale che verrebbe conseguito, elemento quest’ultimo che nell’odierna controversia non si rinviene.
8. Stessa sorte merita la terza censura, dal momento che nel ricorso di primo grado non viene mai palesata la volontà del ricorrente di agire successivamente per ottenere il risarcimento del danno.
9. Anche l’ultimo motivo d’appello è infondato, poiché l’originaria ricorrente non può ricorrere avverso provvedimenti non esistenti all’atto della sua notifica, sicché la formula con la quale si impugnano gli atti conseguenti certo non può estendersi al provvedimento di decadenza delle convenzioni, che non era stato ancora adottato al momento della proposizione dell’originario ricorso. Incombeva, invece, in capo all’originaria ricorrente l’onere di proporre ricorso autonomo o ricorso per motivi aggiunti avverso i provvedimenti sopravvenuti, per mantenere in vita anche l’interesse alla coltivazione del giudizio concluso con la sentenza oggetto dell’odierno gravame.
10. Data la correttezza della dichiarazione di improcedibilità da parte del primo giudice, non vi è ragione per esaminare i motivi di illegittimità proposti avverso il provvedimento impugnato in primo grado.
11. L’appello, pertanto, deve essere respinto. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.