Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-01-29, n. 202000714

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-01-29, n. 202000714
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202000714
Data del deposito : 29 gennaio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 29/01/2020

N. 00714/2020REG.PROV.COLL.

N. 00684/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 684 del 2014, proposto da
V C S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato G A F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Placidi in Roma, via Cosseria, n. 2;

contro

Comune di Bologna, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati F C, A L e G C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato F C in Roma, via Antonio Bertoloni n.35;

nei confronti

Dirigente. pro tempore del Settore Progr. Urbanistici-Edilizi del Comune di Bologna non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del TAR Emilia Romagna, sede di Bologna, sezione II 18 luglio 2013 n.550, che ha respinto i ricorsi riuniti nn°563/2005 e 524/2007 R.G. proposti per l’annullamento dei seguenti atti del Comune di Bologna:

(ricorso n.563/2005 R.G.)

a) del diniego di permesso costruire di cui al provvedimento comunale del 17 marzo 2005 prot. n.235721;

(ricorso n.524/2007 R.G.)

b) dell’ordine di ripristino di cui al provvedimento comunale del 23 marzo 2007 prot. n.72354;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Bologna;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 dicembre 2019 il Cons. Francesco De Luca e uditi per le parti gli avvocati G A F e F C;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. La società odierna appellante, V C SrL, risulta proprietaria di una porzione di immobile sito in Bologna, Via San Donato n. 51, con accesso da via Galeotti, n. 6, originariamente costituita da due unità immobiliari, una delle quali ad uso officina a doppio volume e l’altra ad uso laboratorio.

La predetta società ha presentato al Comune di Bologna, con atto 11 dicembre 2002 prot. n.202671, una denuncia di inizio attività – DIA, avente come oggetto lo spostamento al piano terra della superficie destinata a magazzino e la creazione di una nuova superficie accessoria destinata ad autorimessa nel fabbricato sito in Via San Donato, 51: in particolare, la società intendeva realizzare un solaio intermedio, destinando il piano interrato a garage pertinenziale alla residenza e lasciando il nuovo piano a magazzino.

Con successiva istanza 19 febbraio 2003, accolta con il rilascio del permesso di costruire 16 maggio 2003 prot. n.29930, la proprietaria ha ottenuto il titolo per una variante in corso d’opera alla denuncia di inizio attività P.G. 202671/2002, consistente nel cambio di destinazione d’uso con opere dell’unità ad uso magazzino, per la realizzazione di n. 5 unità ad uso residenziale e ampliamento fuori sagoma, con creazione di un cortile per illuminare le relative unità.

La Società, con riferimento al laboratorio adiacente all’officina già interessata dal prefato permesso di costruire, ha presentato una DIA 2 aprile 2004 prot. n.68154, avente ad oggetto il cambio d’uso da laboratorio a residenza e la trasformazione da garage ad appartamenti dei locali al piano interrato del medesimo fabbricato: includendo parte della superficie che intendeva precedentemente trasformare in autorimesse, la Società ha inteso realizzare altri tre monolocali, un appartamento, due cantine e un locale caldaia, mentre i garage venivano ridotti a quattro.

L’Amministrazione con nota del 15.10.2004, ha comunicato che la denuncia di inizio attività n. 68154 del 2.4.2004 non costituiva titolo idoneo alla realizzazione delle opere, segnalando inoltre che la variante in corso d’opera proposta prevedeva, oltre al cambio di destinazione d’uso dichiarato, un intervento di aumento di superficie utile entro sagoma e di nuova costruzione con aumento di Su fuori sagoma;
nonché precisando che, nel caso la presentazione di nuova soluzione progettuale avesse previsto interventi di nuova costruzione, il titolo da presentare sarebbe stato il permesso di costruire;
in ogni caso, l’Amministrazione ha rilevato che avrebbe dovuto essere dimostrata l’ammissibilità degli interventi di RE4 e di NC.

La Società, pertanto, con istanza 11 novembre 2004 prot. n.235721, ha richiesto il rilascio del permesso di costruire per un intervento analogo a quello oggetto della precedente DIA, con la differenza che in luogo di tre monolocali ed un appartamento, prevedeva di realizzare tre monolocali e quattro cantine.

Con atto 17 marzo 2005 n. p.g. 235721/2004 il Comune ha negato quanto richiesto, ravvisando un contrasto normativo “con i requisiti cogenti [R.C.] di cui all’allegato A delle norme di dettaglio del vigente R [egolamento] E[dilizio]”, e in particolare:

- R.C.

3.6. Illuminamento naturale e artificiale – per le unità immobiliari nn. 6-7-8 non era dimostrato che trattavasi di un affaccio su cortile principale e inoltre per le unità immobiliari nn. 6 e 7 non era garantita la distanza di m 6 da ciascuna finestra al muro opposto;

- R.C.

7.2 Dotazione, dimensionamento e organizzazione distributiva degli spazi – per l’u.i. n. 8 la distribuzione interna dei locali (con bagno centrale) non configurava l’alloggio come monostanza ed inoltre non era dimostrato per tutto l’alloggio il fattore medio di luce diurna minimo dell’1% (con calcolo);

- R.C.

7.2. Dotazione, dimensionamento e organizzazione distributiva degli spazi. Riutilizzo dei locali seminterrati lettera g) – Trattandosi di locali seminterrati risultavano utilizzabili a fini residenziali solo se collegati a unità immobiliari del piano superiore attraverso scala interna.

2. La Società V C SrL ha proposto ricorso contro tale atto di diniego, rubricato al n.563/2005 R.G. del TAR Emilia-Romagna, Bologna, ritenendo che gli interventi progettati fossero conformi alla pertinente normativa edilizia.

In particolare, con un unico complesso motivo la società ha denunciato l’illegittimità del diniego di permesso di costruire, ritenendo la piena conformità tra gli interventi progettati e quelli assentiti dalla normativa di riferimento.

Difatti, secondo l’assunto del ricorrente:

- con riferimento al contrasto con il Regolamento Edilizio Norma di Dettaglio, requisito cogente 3.6 in tema di illuminamento naturale e artificiale, le unità immobiliari non si sarebbero affacciate su un cortile principale, bensì su uno stradello privato che a sua volta sfociava sulla pubblica via (con conseguente inapplicabilità della distanza minima da ciascuna finestra al muro opposto di 6 metri);
in ogni caso, le unità 6-7 avrebbero avuto una distanza di oltre 10 mt dal fabbricato antistante e le rispettive proprietà sarebbero separate da un muro di confine avente le caratteristiche di semplice recinzione, rispetto al quale le pareti finestrate delle relative unità immobiliari si sarebbero trovate ad una distanza pari a 1,5 volte l’altezza del muro;

- con riferimento al contrasto con il Regolamento Edilizio Norma di Dettaglio, requisito cogente 7.2 in tema di dotazione, dimensionamento e organizzazione distributiva degli spazi, l’alloggio n. 8 avrebbe dovuto essere considerato come monostanza, il requisito dell’illuminazione naturale sarebbe stato garantito dal rispetto della soluzione conforme che prevede una superficie illuminata pari ad almeno 1/16 della superficie del vano e comunque la presenza di un lucernaio nella zona dietro il bagno avrebbe permesso di garantire anche la percentuale dell’1% contestata dall’Amministrazione;

- con riferimento al denunciato contrasto con il Regolamento Edilizio Norma di Dettaglio, requisito cogente 7.2, lett. g) in tema di dotazione, dimensionamento e organizzazione distributiva degli spazi, la contestazione svolta dall’Amministrazione assumeva l’erroneo presupposto della natura seminterrata degli alloggi de quibus , in violazione della definizione di piano fuori terra contenuta nell’art. 27 delle Norme di Principio del Regolamento Edilizio;
gli alloggi si sarebbero trovati, infatti, ad una quota media inferiore a 0,30 ml rispetto al terreno circostante.

Il Comune resistente si è costituito in giudizio, al fine di resistere al ricorso proposto.

In corso di giudizio, con verbale n. 224/2006, PG n. 245463/2006 del 7.11.2006 la Polizia municipale con due distinti sopralluoghi nei giorni 28 ottobre 2006 e 12 gennaio 2007 ha accertato l’esistenza di opere edili realizzate (successivamente al verbale di accertamento di violazione urbanistico edilizia n. 122 del 29.6.2005) in difformità rispetto al permesso di costruire P.G. n. 29930/03, rappresentate da:

- cambio di destinazione ed uso con opere, al piano interrato, mediante il frazionamento e la trasformazione di due laboratori in tre monolocali ad uso abitativo, rispettivamente di mq 28,00 circa, mq 29,50 circa, mq 43,00 circa ed in un bilocale ad uso abitativo di mq 45,00 circa con realizzazione di pozzo luce;

- ampliamento di volume fuori sagoma, al piano interrato, con conseguente aumento di mq 4,00 circa di superficie utile.

Sulla base di detto verbale il Comune ha emesso l’ordinanza 23 marzo 2007 n. 72354/2007, con cui ordinava il ripristino dello stato legittimo dei luoghi, rimuovendo o demolendo gli interventi edilizi eseguiti in difformità dal permesso di costruire 29930/03, consistenti in:

- 1. cambio di destinazione associato al frazionamento di due laboratori posti al piano interrato, dando luogo a tre monolocali ad uso abitativo e a un bilocale ad uso abitativo;
interventi qualificati come ristrutturazione edilizia ai sensi dell’allegato lett. f) L.R. n. 31/02, avendo determinato, tramite un insieme sistematico di opere, la realizzazione di un organismo sensibilmente diverso rispetto al preesistente;

- 2. ampliamento fuori sagoma dei locali con aumento di superficie pari a mq 4 circa;
intervento qualificato come nuova costruzione ai sensi dell’allegato lett. g) L.R. n. 31/02, trattandosi di ampliamento di un manufatto esistente.

La Società V C SrL ha proposto ricorso avverso l’ordinanza n. 11243/07 cit., rubricato al n.524/2007 R.G. sempre dinnanzi al TAR Emilia Romagna, Bologna.

In particolare, con un primo motivo di ricorso, sul presupposto che le opere edilizie oggetto dell’ordinanza n. 11243/07 fossero le stesse già oggetto del permesso di costruire denegato dall’Amministrazione con provvedimento n. 235721/04 impugnato nell’ambito del giudizio n.r.g. 563/05, la società ha denunciato sia l’illegittimità dell’ordinanza di demolizione derivata dall’illegittimità del provvedimento di diniego n. 235721/04, sia comunque la sussistenza dei medesimi vizi censurati con ricorso n.r.g. 563/05.

Con il secondo motivo, il ricorrente ha contestato un difetto di istruttoria, tenuto conto che, con riferimento alla contestata ristrutturazione edilizia, non sarebbe stata riscontrabile nella specie alcuna modifica di destinazione d’uso da laboratorio artigianale ad abitazione “posto che nessuno dei tre monolocali, privi di cucina e di arredamento ad uso abitativo, è stato destinato a residenza, Ed altrettanto dicasi per gli altri due locali al piano terra … oltre tutto sforniti di servizi igienici, erroneamente qualificati come bilocali ad uso abitativo” (pag. 9 ricorso in primo grado);
si sarebbe trattato, quindi, di mero frazionamento non incompatibile con la destinazione a laboratorio;
con riferimento alla contestata nuova costruzione, sarebbe stato contraddittorio denunciare un ampliamento fuori sagoma per locali (ad avviso dell’Amministrazione) interrati.

Con il terzo motivo il ricorrente ha contestato che in ogni caso gli interventi non avrebbero potuto essere sanzionati con l’ordine di rispristino in ragione della ritenuta applicabilità dell’art. 19 L.R. n. 31/02, che subordina a denuncia di inizio attività le variazioni in corso d’opera all’intervento previsto dal titolo abilitativo, qualora comportino mutamento di destinazione d’uso senza aumento del carico urbanistico o scostamenti e aumenti di cubatura e di superficie (fino a dati limiti), a condizione che siano conformi agli strumenti di pianificazione e alla normativa urbanistica ed edilizia;
tutti presupposti nella specie ritenuti integrati;
pertanto, potendo la dia essere presentata prima della comunicazione di ultimazione dei lavori (Art. 19, comma 2, L.R. n. 31/02), non si sarebbe fatta questione di opere abusive.

Con un ultimo motivo di ricorso il ricorrente ha contestato l’erronea qualificazione delle opere come ristrutturazione edilizia e come intervento di nuova costruzione: sotto il primo profilo, l’intervento avrebbe interessato soltanto una porzione dell’intero complesso e non la realizzazione di un organismo edilizio diverso dal precedente;
sotto il secondo profilo, l’intervento fuori sagoma risultava limitato a 4 mq e, quindi, non integrava gli estremi di un manufatto edilizio autonomamente utilizzabile. Si sarebbe trattato, quindi, di interventi soggetti a DIA, non sanzionabili ai sensi dell’art. 15 della L.R. n. 23/04.

Il Comune intimato si è costituito in giudizio, resistendo al ricorso.

3. Il T, riuniti i ricorsi n.r.g. 563/05 e 524/07, li rigettava, ritenendo, alla stregua delle relazioni tecniche e degli elaborati grafici in atti, che

trattasi di locali seminterrati in quanto l’accesso è possibile soltanto attraverso un cortile collegato alla strada da una rampa destinata a colmare il dislivello esistente tra i due diversi piani: stradale e seminterrato. Ne discende che nella specie il progetto non aveva considerato la prescrizione della distanza minima di mt. 6 delle finestre dal muro di contenimento posto di fronte ai locali in questione, né da parte della ricorrente erano stati forniti, così come prescritto dal Regolamento Edilizio, i dati relativi al rapporto d’illuminazione, cioè al rapporto tra superficie del vano architettonico e superficie del pavimento. Infine in base al medesimo Regolamento i locali seminterrati di cui si tratta potevano essere riutilizzati a fini residenziali soltanto se essi si fossero posti al servizio di unità immobiliari del piano superiore attraverso scale interne e dotate di tutte le funzioni previste per le attività principali delle abitazioni. Non sembra inficiare tale impostazione il rilievo espresso nei ricorsi secondo cui si tratterebbe di una ricostruzione insufficiente ed incompleta e quindi carente sotto il profilo dell’istruttoria, poiché gli elementi acquisiti, seppure contenuti, appaiono idonei a giustificare l’adozione del contestato diniego. Venendo al contenuto del secondo ricorso occorre anzitutto rilevare che per quanto attiene il rilievo d’illegittimità derivata dall’impugnato provvedimento di diniego del permesso di costruire, occorre riportarsi alle considerazioni più sopra svolte che qui devono ritenersi integralmente richiamate. Passando all’esame degli ulteriori profili si osserva che essi – 2° e 3° e 4°motivo - , pur riportando titolazioni nuove, in realtà ripercorrono nel loro contenuto tutte le argomentazioni sviluppate con il primo ricorso, sicché anche per questi ultimi occorre necessariamente richiamarsi alle argomentazioni in quella sede sviluppate. Ciò posto deve concludersi che l’impugnato provvedimento appare per le ragioni su espresse sufficientemente motivato in relazione non solo al ripristino della legalità violata ed in particolare delle disposizioni edilizie sopra ricordate, ma pure all’interesse pubblico sotteso alla misura adottata ”.

4. La Società V C SrL ha proposto appello avverso la sentenza di primo grado, affidato a due articolati motivi di impugnazione.

Con il primo motivo di appello, viene censurata la decisione del T, in ordine alla violazione degli artt.

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