Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2012-04-18, n. 201202216

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2012-04-18, n. 201202216
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201202216
Data del deposito : 18 aprile 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02066/2008 REG.RIC.

N. 02216/2012REG.PROV.COLL.

N. 02066/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2066 del 2008, proposto da:
Comune di Capestrano, in persona del sindaco e legale rappresentante, rappresentato e difeso dall'avvocato S R T, con domicilio eletto presso Monica Scongiaforno in Roma, via Postumia, 3;

contro

Nuccitelli G. &
A. s.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato P C P, con domicilio eletto presso P C P in Roma, via Grazioli Lante 9;
Direzione Regionale per i beni culturali e paesaggistici delll’Abruzzo - Aquila;

nei confronti di

Ministero per i beni e le attività culturali, Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici dell’ Abruzzo - Aquila;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. ABRUZZO - L'AQUILA n. 150/2007, resa tra le parti, concernente AUTORIZZAZIONE NULLA OSTA PER LAVORI DI SISTEMAZIONE CAVA


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 marzo 2012 il consigliere di Stato G C S e uditi per le parti gli avvocati Pucci e l'avvocato dello Stato Figliolia ;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Il Comune di Capestrano impugna la sentenza del Tribunale amministrativo regionale dell’Abruzzo (L’Aquila) 14 dicembre 2005, n. 150 che ha dichiarato improcedibile il ricorso della Nuccitelli G. &
A. s.n.c.” esercente una cava nel territorio comunale di Capestrano, avverso la delibera di quel Consiglio comunale n. 8 del 21 giugno 2001 in base alla quale il Comune stesso aveva chiesto alla Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici di tutelare ai sensi dell’art. 49 del d.lgs. 29 ottobre 1999, 490 (all’epoca vigente) i terreni contermini al colle di S. Giovanni, in quanto pertinenza del prestigioso complesso monastico di S.Giovanni da Capestrano.

A base della sentenza di improcedibilità il giudice di primo grado ha posto la dichiarazione di difetto sopravvenuto di interesse dimessa dal difensore della società ricorrente, e fondata sul rilievo dell’intervenuto rilascio, in favore della medesima società, del nulla-osta paesaggistico in relazione ad un intervento di sistemazione della predetta cava.

Deduce il Comune appellante che il successivo annullamento del predetto nulla-osta paesaggistico, in un primo momento rilasciato dalla Soprintendenza, farebbe rivivere, in capo alla odierna società appellata, l’interesse al ricorso di primo grado, di guisa che erroneamente il Tribunale amministrativo regionale avrebbe adottato l’impugnata sentenza di improcedibilità, pur essendo all’atto della sua adozione già stato annullato il richiamato nulla-osta soprintendentizio.

Si è costituita in giudizio la società appellata per resistere al ricorso e per chiederne la reiezione.

All’udienza del 27 marzo 2012 la causa è stata trattenuta per la sentenza.

L’appello è infondato e va respinto.

Anzitutto va osservato, in via assorbente, che la parte che propone la domanda processuale può dichiarare successivamente la sopravvenuta carenza di interesse al ricorso e tale dichiarazione, facendo venir meno una delle condizioni dell’azione processuale (riguardante la sussistenza di un interesse attuale e concreto alla definizione del ricorso), non può essere efficacemente contrastata dalla parte resistente, salvo che la stessa non abbia prodotto un ricorso incidentale (ed abbia quindi un autonomo interesse alla definizione della lite).

In altri termini, nel processo amministrativo vige il principio della piena disponibilità dell’interesse al ricorso, nel senso che la parte che propone la domanda processuale può dichiarare successivamente, anche per insindacabili ragioni di carattere personale, di non avere interesse alla decisione, in tal modo provocando la presa d’atto da parte del giudicante della sopravvenuta carenza di una delle condizioni dell’azioni e la conseguente declaratoria di improcedibilità del ricorso (salvo comunque l’onere di provvedere alla regolazione delle spese di lite).

In ogni caso, nella fattispecie di cui alla presente controversia, a formare oggetto dell’impugnazione di primo grado era la delibera consiliare di proposta a vincolo paesaggistico dell’area comunale, ove appunto insiste la cava esercita dalla società ricorrente.

Poiché risulta, e di tale circostanza dà atto la stessa amministrazione appellante, che a quella proposta comunale ha fatto seguito il decreto soprintendentizio di vincolo (decreto del 27 agosto 2002), soccorre un altro motivo ostativo al riconoscimento, in capo all’odierna appellante amministrazione, di un autonomo interesse a contestare la sentenza di improcedibilità adottata dal giudice di primo grado.

Infatti il ricorso di primo grado, in mancanza di impugnazione del definitivo decreto di vincolo, sarebbe divenuto improcedibile per un’altra causa, in quanto si rivolgeva avverso un atto preparatorio (la proposta di vincolo) destinato a restare assorbito nel provvedimento terminale della sequela procedimentale.

Tale circostanza, inerente la definitiva apposizione del vincolo paesaggistico sull’area, parrebbe peraltro concorrere a soddisfare l’interesse del Comune di Capestrano alla conservazione, nei limiti dell’interesse fatto valere in questa sede,dell’integrità territoriale dell’area, nella misura in cui le vicende del giudizio avverso l’annullamento del nulla-osta paesaggistico non risultano pregiudicate, quantomeno con riguardo alla posizione processuale del Comune, dalle sorti del presente giudizio.

La declaratoria di improcedibilità del ricorso di primo grado, d’altra parte, riverbera effetti neutri sulla questione originariamente controversa tra le parti, afferente la legittimità dell’apposizione del vincolo paesaggistico. Invece effetti pregiudizievoli potrebbero derivare al Comune da una sentenza di accoglimento nel merito dell’originario ricorso.

Consegue da quanto detto che l’appello va respinto perché infondato.

Ricorrono tuttavia giusti motivi, avuto riguardo alla particolarità della vicenda trattata,per compensare tra le parti le spese di lite.

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