Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-07-09, n. 202004404

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-07-09, n. 202004404
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202004404
Data del deposito : 9 luglio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/07/2020

N. 04404/2020REG.PROV.COLL.

N. 04394/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4394 del 2018, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato V M R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Caio Mario, n. 7, Scala B, Int. 1;

contro

Ministero dell'interno, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con domicilio ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione Prima- quater ) n. -OMISSIS-, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti l'atto di costituzione in giudizio e l’appello incidentale del Ministero dell'interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Viste le note di udienza depositate in data 19 giugno 2020 dall’appellante;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 giugno 2020 il Cons. Alessandro Verrico e udito l'avvocato V M R ai sensi e per gli effetti dell'art. 4 d.l. n. 28 del 2020;

Visto il d.l. n. 28 del 2020;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Ai fini di una migliore comprensione della vicenda oggetto del presente giudizio in fatto si precisa quanto segue:

i ) il ricorrente, arruolato nella Polizia di Stato nel 1983, con verbale della Commissione medico ospedaliera (C.M.O.) di Roma dell’11 novembre 1997, veniva giudicato “ non idoneo in modo assoluto al servizio di Istituto nella Polizia di Stato nonché a quello dei ruoli tecnici ”, ma idoneo nelle altre Amministrazioni civili dello Stato in ruoli che non comportano l’uso dell’arma;

ii ) il ricorrente, in data 12 novembre 1997, presentava domanda di trasferimento in altre Amministrazioni, ai sensi del d.P.R. n. 339/1982;

iii ) la domanda veniva respinta con provvedimento del 19 gennaio 1998, cui ha fatto seguito il decreto del 4 giugno 1998 di dispensa dal servizio per fisica inabilità;

iv ) tali provvedimenti (il rigetto della domanda di trasferimento, l’atto di determinazione del trattamento provvisorio di pensione ed il decreto di dispensa) venivano annullati con la sentenza del T.a.r. Lazio n.-OMISSIS-, in seguito passata in giudicato;

v ) con successiva sentenza n. -OMISSIS-, il T.a.r. Lazio, in accoglimento del ricorso per ottemperanza, ordinava l’esecuzione del dictum giudiziale precedentemente emesso, disponendo che il Ministero dell’interno attivasse il procedimento volto a verificare, ora per allora, la sussistenza dei presupposti del proprio passaggio ad altra amministrazione, in coerenza con la richiesta a suo tempo presentata, e lo concludesse con il provvedimento finale;

vi ) conseguentemente, con decreto del Ministero dell’interno – Dipartimento della pubblica sicurezza – Direzione centrale per le risorse umane del 13 giugno 2002 veniva annullato il decreto di dispensa dal servizio del 4 giugno 1998;

vii ) il decreto del 13 giugno 2002 veniva impugnato con altro ricorso (R.G. n. -OMISSIS-), nella parte in cui non disponeva l’immediata riassunzione in servizio;
tale ricorso è stato in seguito dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse con sentenza del T.a.r. Lazio, sede di Roma, sezione prima- ter , n. -OMISSIS-;

vii ) con decreto del Ministero dell’interno - Dipartimento della pubblica sicurezza - Direzione centrale per le risorse umane del 7 novembre 2002 il ricorrente veniva “ collocato nella posizione di aspettativa ex art. 8, ultimo comma, del d.P.R. n. 339/1982, a decorrere dal 21 novembre 1997 e sino alla definizione della procedura di passaggio ... con il trattamento economico goduto all’atto del giudizio di non idoneità ”;

ix ) con telegramma del 15 aprile 2003 il ricorrente accettava la destinazione presso il Ministero dell’interno, nei ruoli del personale dell’Amministrazione civile dell’interno;

x ) con verbale del 26 gennaio 2006 la C.M.O. del Centro militare di Medicina legale di Roma lo giudicava “ permanentemente non idoneo al servizio di istituto e al proficuo lavoro ” e, sulla base di tale giudizio medico, con provvedimento del 3 marzo 2006 veniva conclusa negativamente la procedura di passaggio nei ruoli dell’Amministrazione civile dell’interno;

xi ) con nota del 6 aprile 2007 la Commissione medica di II istanza lo giudicava idoneo a svolgere le mansioni del profilo professionale di operatore amministrativo contabile;

x ) veniva inviata comunicazione del 5 agosto 2008 di assunzione nel profilo professionale di operatore amministrativo-contabile dei ruoli dell’Amministrazione civile dell’interno, posizione economica B2, con assunzione in servizio per il 25 agosto 2008 e, conseguentemente, in data 28 agosto 2008 veniva stipulato contratto individuale di lavoro a tempo indeterminato nel profilo professionale di operatore amministrativo-contabile, area funzionale B, posizione economica B2, assegnazione alla Questura di Roma;

xi ) con decreto del Ministero dell’interno - Dipartimento della pubblica sicurezza - Direzione centrale per le risorse umane del 13 ottobre 2008 veniva revocato a tutti gli effetti, a decorrere dal 28 agosto 2008, il provvedimento del 7 novembre 2002 con cui il ricorrente era stato collocato nella speciale posizione di aspettativa;

xii ) con decreto della medesima Amministrazione del 27 novembre 2008 veniva stabilita la cessazione di appartenenza del ricorrente al ruolo degli operatori e collaboratori tecnici della Polizia di Stato, a decorrere, agli effetti giuridici, dal 25 agosto 2008, e agli effetti economici, dal 28 agosto 2008.

2. Con ricorso dinanzi al T.a.r. Lazio (R.G. n. -OMISSIS-), l’odierno appellante ha chiesto l’accertamento del diritto alla restitutio in integrum ai fini giuridici ed economici, con conseguente inquadramento ai sensi dei contratti collettivi del comparto Ministeri (nella specie ruolo civile dell’interno) e del corrispondente diritto alle differenze stipendiali, alle relative contribuzioni previdenziali oltre alla quota differenziale a titolo di T.F.R., nonché interessi legali e/o rivalutazione monetaria, fino al 24 agosto 2008.

2.1. In via gradata, il ricorrente ha insistito per la condanna al risarcimento del danno derivante:

- dal mancato pagamento degli emolumenti e relativi annessi che sarebbero maturati ove egli fosse stato trasferito nei termini di legge nei ruoli civili del Ministero dell’interno;

- dalla lesione della propria professionalità;

- dalla lesione della sfera esistenziale e dal danno biologico permanente.

2.2. Peraltro, con memoria del 3 aprile 2013 il ricorrente, con riferimento alla richiesta risarcitoria, forniva per la prima volta ulteriori richieste avuto riguardo alle voci di danno derivanti dal ritardo, in particolare relative alla impossibilità di partecipare alle procedure interne di riqualificazione per il passaggio nell’Area terza e alla procedura selettiva interna di riqualificazione di cui al d.m. 3 maggio 2004 ed al fatto che, partecipando alla procedura per il passaggio alla posizione economica superiore, risultava solo idoneo a causa del punteggio conseguito per l’anzianità di servizio posseduto.

3. Il T.a.r., rilevata la mancata costituzione in giudizio del Ministero dell’interno, con la sentenza n. -OMISSIS-, ha accolto parzialmente il ricorso e ha compensato le spese di giudizio tra le parti. Secondo il Tribunale, in particolare:

a) non è fondata la domanda di riconoscimento, ora per allora, della posizione giuridica ed economica acquisita, a far data dal mese di aprile 1998 (data di presentazione della domanda di transito ex d.P.R. n. 339/1982), con conseguente corresponsione delle differenze retributive, previdenziali e di fine rapporto, oltre interessi di legge, atteso che:

a.1) il passaggio del personale non idoneo all'espletamento dei servizi di polizia, ad altri ruoli dell'Amministrazione della pubblica sicurezza o di altre amministrazioni dello Stato, contemplato dall’art. 8 del d.P.R. n. 339/1982, non consegue automaticamente alla mera presentazione della domanda dell’interessato, ma discende da un procedimento, articolato in successive fasi, in cui sono coinvolti diversi organi delle amministrazioni interessate, che in conclusione culmina con un provvedimento con effetti costitutivi innovativi del rapporto di lavoro;

a.2) peraltro, il ricorrente, fintanto che non ha ottenuto l’accoglimento della domanda, ha comunque conservato lo status originariamente posseduto e lo ha potuto modificare, avendo riportato un giudizio di non idoneità assoluta al servizio di P.S., solo all’esito del complesso iter descritto dalla legge, né, d’altro canto, il ricorrente risulta aver prestato attività lavorativa in tale periodo;

b) è fondata la domanda introdotta in via gradata, da riqualificare come risarcimento del danno da attività amministrativa illegittima, ed il danno risarcibile può essere quantificato equitativamente, in applicazione del combinato disposto degli artt. 2056, commi 1 e 2, e 1226 c.c., in una somma pari al 50 % delle retribuzioni, che sarebbero state corrisposte al ricorrente nel periodo intercorrente tra la data entro cui il procedimento per il transito avrebbe dovuto essere conclusa positivamente (che si ritiene correttamente individuata dal ricorrente nell’aprile 1998) e quella dell'effettiva immissione nei ruoli civili dell’Amministrazione dell’interno, con esclusione della parte variabile della retribuzione relativa alle funzioni in concreto espletabili e con esclusione di quanto, a qualsiasi titolo, percepito dall'interessato nel medesimo periodo, con l'obbligo per la amministrazione di regolarizzazione della posizione contributiva e previdenziale nei suddetti limiti. Le somme così determinate andranno incrementate per rivalutazione monetaria e interessi compensativi al tasso legale, questi ultimi nella misura eccedente il danno da svalutazione, da calcolarsi a partire dalla data di pubblicazione della sentenza;

c) è inammissibile perché tardiva la domanda di risarcimento di ulteriori voci di danno introdotta con la memoria del 2013;

d) è infondata la domanda di risarcimento del danno esistenziale, in ragione del difetto di prova della relazione tra l’affezione lamentata e le lungaggini procedimentali.

4. L’originario ricorrente ha proposto appello, per ottenere la riforma della sentenza impugnata e il conseguente accoglimento integrale del ricorso di primo grado. In particolare, l’appellante ha articolato i seguenti cinque motivi in tal modo rubricate:

i ) “ Error in iudicando et in procedendo, violazione e falsa applicazione del d.p.r. 339/1982, dei principii giuridici nella materia de qua, in ordine al diritto alla restitutio in integrum ai fini giuridici ed economici (aprile 1998 – agosto 2008) ”;

ii ) “ In alternativa e/o in via subordinata, error in iudicando e violazione dei principii giuridici, in ordine al diritto al risarcimento del danno patrimoniale pari all’intera retribuzione, come calcolata nei conteggi già depositati in primo grado ”;

iii ) “ Error in iudicando et in procedendo, vizio motivazionale della sentenza impugnata relativamente al diritto ad ottenere, in ogni caso, il risarcimento del danno alla professionalità considerato anche sub specie di danno esistenziale ”;

iv ) “ Error in iudicando et in procedendo;
vizio motivazionale (artt. 2 e 3 c.p.a. in relazione all’art. 111 della costituzione ), violazione di legge ( artt. 115 e 116 c.p.c.;
art. 2697 c.c.;
artt. 63 e 64 c.p.a.);
carenza assoluta e vizio di motivazione in relazione ad omessa pronuncia su una richiesta istruttoria decisiva ;
carenza di istruttoria;
illogicità;
il tutto in ordine al diritto al risarcimento del danno biologico permanente (danno non patrimoniale)
”;

v ) “ Error in iudicando, violazione di legge (art. 26 c.p.a. ;
art. 92 c.p.c. ) in ordine alle spese di lite in favore del ricorrente
”.

Ha infine chiesto il risarcimento del conseguente danno esistenziale, oltre al riconoscimento delle spese di lite.

4.1. Si è costituito in giudizio il Ministero dell’interno, il quale da un lato ha chiesto l’integrale rigetto del gravame del privato e dall’altro ha proposto appello incidentale avverso la statuizione con la quale il giudice di prime cure ha ritenuto che i tempi occorsi per il completamento della procedura finalizzata a garantire all’appellante principale il passaggio nei ruoli del personale civile sono dipesi da suo fatto e colpa considerando, pertanto, illecita la sua condotta.

A tal fine ha sollevato la censura in tal modo rubricata: “ violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 del codice civile insufficiente motivazione su di un punto decisivo della controversia ”, nella quale ha dedotto le difficoltà da parte dell’Amministrazione nel gestire il transito di un appartenente ai ruoli tecnici della Polizia di Stato verso altre Amministrazioni dello Stato, stante la non diretta applicabilità della normativa in materia allora vigente, in quanto il vuoto normativo veniva colmato solo con l’entrata in vigore del d.lgs. 28 febbraio 2001 n. 53. Stante la non colpevolezza della condotta dell’Amministrazione, ad avviso dell’appellante incidentale, risulterebbe impossibile ricondurre la stessa alla fattispecie risarcitoria di cui all’art. 2043 c.c. Il Ministero, infine, sostiene che, a tutto concedere, la condotta ministeriale avrebbe potuto essere qualificata come illecita solo a partire dal momento in cui fu ingiustificatamente ritardata l’esecuzione della sentenza n. -OMISSIS-del T.a.r. Lazio, con la conseguenza che la quantificazione del risarcimento del danno avrebbe potuto essere effettuata esclusivamente avendo riferimento all’importo della retribuzione che l’appellante avrebbe avuto diritto a percepire a partire dal 2002.

4.2. Con nota depositata in data 13 dicembre 2019 l’avvocato -OMISSIS-ha rinunciato al mandato a lui in precedenza conferito dall’appellante principale.

4.3. Con successiva memoria depositata in data 12 maggio 2020 l’appellante principale ha eccepito l’insussistenza dell’incertezza interpretativa della normativa da applicare al caso di specie, in quanto già all’epoca dell’istanza di transito (anno 1997) risultavano applicabili, per tutti i servizi di polizia, le previsioni di cui al d.P.R. n. 339/1982. Ad ogni modo, il Ministero dell’interno avrebbe adottato reiteratamente provvedimenti illegittimi e un comportamento inerte gravemente colpevole che ha ritardato, del tutto ingiustificatamente, la procedura di transito.

4.4. Con ulteriori memorie le parti hanno rispettivamente insistito nelle proprie difese e conclusioni. In particolare, l’appellante principale (con memoria depositata in data 1 giugno 2020, cui non ha replicato il Ministero), ha dato atto che, con decreto adottato in data 16 aprile 2020 dal Ministero dell’interno (prot. n. 17841, in atti), l’Amministrazione ha eseguito spontaneamente - e senza far salvo un diverso esito dell’appello - la sentenza del T.a.r. Lazio, sede di Roma, n. -OMISSIS-, disponendo la liquidazione, per il periodo che va dal 1° aprile 1998 al 27 agosto 2008, a titolo di risarcimento del danno, della somma di € 11.648,96, in favore del ricorrente, utilizzando il criterio di calcolo del 50% della retribuzione medesima.

5. All’udienza del 25 giugno 2020 svoltasi in video conferenza ai sensi degli artt. 84 del d.l. n. 18/2020 e 4 del d.l. n. 28/2020 la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.

6. Il Collegio in via preliminare rileva l’improcedibilità dell’appello incidentale del Ministero dell’interno in quanto:

a) effettivamente l’Amministrazione, con il decreto del 16 aprile 2020 (prot. n. 17841, in atti), ha disposto, in esecuzione della sentenza del T.a.r. Lazio, sede di Roma, n. -OMISSIS-, il pagamento della sorte capitale liquidata dalla pronuncia di primo grado senza apporre alcuna riserva (nel decreto e nella nota di comunicazione di pari data) relativa all’esito del giudizio di appello;

b) la pertinente eccezione sollevata dalla difesa del privato nella memoria di replica del 1° giugno 2020 è rimasta senza risposta di tal che può ritenersi ammessa la circostanza ivi dedotta ovvero che l’Amministrazione abbia pagato sua sponte .

6.1. Pertanto, l’appello incidentale deve essere dichiarato improcedibile per sopraggiunta carenza di interesse.

7. Con riferimento all’appello principale, il Collegio ne rileva l’infondatezza.

8. Con il primo motivo l’appellante principale lamenta l’insussistenza di qualsivoglia effetto novativo dal punto di vista soggettivo ed oggettivo del rapporto di lavoro, in quanto l’art. 10, comma 2, del d.P.R. n. 339/1982 (che disciplina il procedimento di transito dai ruoli della Polizia di Stato in quelli civili) stabilisce che “ il personale trasferito è inquadrato in soprannumero … conservando l’anzianità nella qualifica ricoperta, l’anzianità complessivamente maturata e la posizione economica acquisita ”. Ad avviso dell’appellante, sarebbe inoltre errata la statuizione in ordine all’assenza di sinallagmaticità in quanto sarebbe stato il comportamento illegittimo della Pubblica Amministrazione ad impedire al ricorrente l’effettiva esplicazione dell’attività lavorativa e la naturale evoluzione di un rapporto giuridico già costituito e consolidato.

8.1. La censura non è fondata.

8.2. Il Collegio rileva al riguardo che:

a) in generale, l’istituto della ricostruzione della carriera (sotto il profilo economico e giuridico) è per giurisprudenza costante applicabile solo nei casi di illegittima sospensione od interruzione di un rapporto di impiego già in corso: in tali ipotesi, qualora l’atto di sospensione od interruzione venga dichiarato illegittimo, l’interessato ha diritto a che la propria carriera, indebitamente arrestata o tout court troncata, venga ricostruita come se l’episodio sospensivo od interruttivo non vi sia mai stato (cfr., ex plurimis , Cons. Stato, Sez. IV, n. 2114 del 2018;
n. 1095 del 2018;
4 luglio 2017, n. 3254;
Sez. III, 11 settembre 2014, n. 4651;
Sez. III, 4 giugno 2013, n. 3049);

b) peraltro, mentre la ricostruzione della carriera presuppone la costituzione del rapporto effettivo presso l’Amministrazione, nel caso all’esame l’Amministrazione risulta essere variata in quanto il ricorrente è passato dai ruoli della Polizia di Stato a quelli civili del Ministero dell’interno;

c) ad ogni modo, ai sensi dell’art. 1 d.P.R. n. 339 del 1982, il transito nei ruoli civili non configura un diritto soggettivo del dipendente stesso, posto che tale disposizione usa l’espressione “ può essere trasferito ”, a cui è sottesa un’implicita potestas valutandi in capo all’Amministrazione, ed aggiunge che il transito è subordinato alla compatibilità tra l’accertata infermità ed il nuovo impiego (Cons. Stato, sez. IV, n. 3622 del 2020);

d) il transito nei ruoli civili, essendo testualmente riservato al solo dipendente “ giudicato assolutamente inidoneo per motivi di salute ” è subordinato alla valutazione medico legale effettuata dalla Commissione medico ospedaliera (composta esclusivamente da personale sanitario), in ordine alla idoneità del soggetto al servizio nei ruoli civili, competente ai sensi dell’art. 4 d.P.R. citato;

e) il provvedimento con cui si dispone il transito nei ruoli civili presenta pertanto natura costitutiva con effetti innovativi del rapporto di lavoro instaurato nei ruoli civili dell’Amministrazione dell’interno rispetto a quello intrattenuto dal dipendente, in precedenza, nella Polizia di Stato.

9. Con il secondo motivo l’appellante lamenta l’erroneità dell’impugnata sentenza nella parte in cui ha parzialmente riconosciuto il risarcimento del danno parametrato soltanto ad “ una somma pari al 50% delle retribuzioni che sarebbero state corrisposte al ricorrente… ”, inquadrandolo in modo erroneo nel “ danno per ritardata assunzione ”, fattispecie, quest’ultima, che riguarda i diversi casi di vincitori di concorsi pubblici. Al contrario, secondo l’appellante, il parametro da utilizzare per il calcolo del risarcimento del danno subìto dovrebbe essere ragguagliato all’intera retribuzione che avrebbe percepito il ricorrente, con detrazione di quanto dallo stesso percepito a titolo di aspettativa speciale, nel medesimo periodo.

9.1. La censura non è fondata, dovendo rilevare la legittimità del criterio equitativo applicato dal primo giudice, il cui utilizzo, peraltro, non risulta neppure specificamente contestato dalla parte appellante.

Inoltre, la scelta della misura del 50% è congrua ed in linea con le precedenti pronunce della Sezione nella materia (Cons. Stato, sez. IV, n. 3622 del 2020;
n. 2114 del 2018;
n. 1095 del 2018;
n. 3254 del 2017), in quanto, in primo luogo, per giurisprudenza consolidata non compete alcuna corresponsione di somme a titolo stipendiale senza che sia stata prestata attività di servizio, alla luce della natura sinallagmatica della retribuzione (così Cons. Stato, Sez. IV, 4 luglio 2017, n. 3254 e 5 luglio 2017, n. 3282;
v. anche Sez. III, 4 giugno 2013, n. 3049 e 30 luglio 2013, n. 4020) e di norma, il danno risarcibile, in ipotesi quale quella di specie, viene quantificato equitativamente in “ una somma pari al 50 % delle retribuzioni che sarebbero state corrisposte al ricorrente nel periodo decorrente dalla data della mancata assunzione a quella dell’effettivo collocamento in servizio, con esclusione della parte variabile della retribuzione relativa alle funzioni ” (così la richiamata Cons. Stato, Sez. III, 30 luglio 2013, n. 4020).

10. Parimenti infondato è il terzo mezzo di gravame principale volto ad affermare che il ricorrente ha diritto ad ottenere, in ogni caso, il risarcimento del danno alla sua professionalità, globalmente ed in senso lato considerato, anche sub specie di danno esistenziale, sostenendo che la memoria depositata in data 3 aprile 2013 non avrebbe introdotto in parte qua una domanda nuova, ma avrebbe solo illustrato ulteriormente la domanda risarcitoria dei danni alla professionalità.

10.1. La censura è inaccoglibile in quanto:

a) come correttamente rilevato dal T.a.r. tale richiesta è stata introdotta in primo grado soltanto con una memoria avente come noto funzione meramente illustrativa (cfr., ex multis , Cons. Stato, Sez IV, n. 1827 del 2017;
C.G.A., 21 luglio 2015 n. 567;
e, prima del c.p.a., cfr. Cons. Stato, Sez. VI, n. 805/2001 e n. 2556/2006);

b) ad ogni modo, le aspettative di carriera e le voci non fisse, in relazione alle quali manca comunque una prova certa, non possono rientrare neppure a livello equitativo nella posta risarcitoria anche perché non vengono riconosciute neppure in sede di ricostruzione di carriera presupponendo la concreta prestazione del servizio (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, n. 1095 del 2018).

11. Con un quarto motivo, l’appellante si lamenta della pronuncia in punto di danno biologico, ritenendo che essa sia affetta da un gravissimo errore di giudizio e da travisamento dei fatti e degli atti depositati in primo grado (perizia medico – legale del dott. -OMISSIS-, asseverata con giuramento;
certificato medico-specialistico del dott. -OMISSIS- del 10 dicembre 2008).

11.1. Anche tale censura risulta infondata, atteso il persistente difetto di prova in ordine al fatto che il danno -OMISSIS-lamentato sia causalmente collegato all’illegittimo esercizio della funzione pubblica individuato dal giudicato di cui alla sentenza del T.a.r. Lazio n.-OMISSIS-, con cui venivano annullati il rigetto della domanda di trasferimento, l’atto di determinazione del trattamento provvisorio di pensione ed il decreto di dispensa.

Per converso, rileva in senso contrario il certificato dell’ASL di Latina del 19 maggio 2018 depositato nel presente grado dall’appellante - che il Collegio ritiene ammissibile in ragione della indispensabilità di esso ai fini della decisione della causa ex art. 104, comma 2, c.p.a. - dal quale risulta che lo stesso è stato ed è in cura presso la medesima struttura dall’anno 1996. Emerge, pertanto, che il disturbo -OMISSIS-preesisteva al giudizio di inidoneità risalente all’anno 1997.

12. Parimenti infondata è l’ultimo mezzo con cui si contesta, alla luce del parziale accoglimento del ricorso di primo grado, la compensazione delle spese del relativo giudizio.

12.1. Invero:

a) per costante giurisprudenza ( ex multis , Cons. Stato, sez. IV, n. 7224 del 2018), la regolazione delle spese costituisce esercizio di potere discrezionale del Giudice nel quadro di quanto prescritto dagli artt. 91 ss. c.p.c. - non censurabile in sede di impugnazione se non in presenza di evidenti abnormità (cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 5400 del 2015) – fermo restando che la compensazione delle medesime è da ritenersi derogatoria di una regola generale di segno contrario (cfr. Corte cost. n. 77 del 2018;
successivamente Cons. Stato, sez. III, n. 4275 del 2018);

b) nella specie la compensazione delle spese tra le parti risulta ampiamente giustificata dalla peculiarità della vicenda, dalla novità delle questioni e dalla parziale reciproca soccombenza.

13. In conclusione, in ragione di quanto esposto, l’appello deve essere respinto.

14. In ragione del peculiare andamento del giudizio in grado di appello e della novità delle questioni in fatto devono essere compensate tra le parti le spese del grado di appello.

15. Ai fini del pagamento del contributo unificato, deve ritenersi soccombente per entrambi i gradi di giudizio il Ministero dell’interno.

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