Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2011-02-23, n. 201101115

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2011-02-23, n. 201101115
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201101115
Data del deposito : 23 febbraio 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 10423/2005 REG.RIC.

N. 01115/2011REG.PROV.COLL.

N. 10423/2005 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10423 del 2005, proposto dai sigg.ri G R, A S ed I S, nella qualità di eredi di B S, rappresentati e difesi dagli avv.ti F F e F F, con domicilio eletto presso il secondo in Roma, via Paolo Emilio 34,

contro

il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, in persona del Ministro p.t., non costituitosi in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE III BIS n. 10589/2004, resa tra le parti, concernente RIGETTO ISTANZE CONCESSIONE DI PENSIONE PRIVILEGIATA E DI EQUO INDENNIZZO;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 14 dicembre 2010, il Cons. P B;

Udito l’avv. Girolami per delega dell'avvocato Francario;

Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1) - Con la sentenza n. 10589 del 10 ottobre 2004, il TAR del Lazio, sede di Roma, ha respinto il ricorso n. 11961/1995, con il quale il prof. B S, dante causa degli odierni appellanti, ha chiesto l’annullamento del decreto in data 5 luglio 1995, con il quale il Ministero della pubblica istruzione aveva respinto le domande in data 27 gennaio 1987 e 14 dicembre 1987 volte ad ottenere, rispettivamente, la concessione della pensione privilegiata e dell’equo indennizzo per l’infermità “cardiopatia ischemica” sviluppata in conseguenza del servizio svolto presso l’Istituto tecnico per Geometri “G. B. Amico” di Trapani.

Hanno osservato, tra l’altro, i primi giudici che l’Amministrazione, nell’aderire integralmente alla motivazione data dal comitato per le pensioni privilegiate ordinarie al responso negativo mostrava di averne recepito il giudizio di fatto contrastante con le affermazioni della commissione medica ospedaliera e che non rilevava la circostanza che la stessa Amministrazione aveva espresso giudizio positivo alla concessione dell’equo indennizzo dopo avere acquisito il parere della stessa commissione e prima di interpellare il comitato, tale giudizio rientrando istituzionalmente nel procedimento per la valutazione della dipendenza di malattie dal servizio ed essendo dotato di carattere provvisorio, ben potendo essere rivisto alla luce del giudizio tecnico del comitato per le pensioni privilegiate ordinarie;
donde la reiezione del ricorso attesa la logicità e la congruità del parere reso dal comitato e fatto proprio dall’Amministrazione in merito alla esclusione della dipendenza da causa di servizio della malattia diagnosticata.

2) – Ad avviso degli appellanti, aventi causa dell’originario richiedente, prof. B S, la sentenza sarebbe erronea e dovrebbe essere riformata, in quanto avrebbe omesso del tutto di considerare che gli impugnati pareri avrebbero trascurato l’evidente nesso eziologico che legherebbe il profondo stato di stress lavorativo al quale il docente sarebbe stato per numerosi anni esposto al manifestarsi dell’invalidità di natura cardio-ischemica e l’incidenza della particolare condizione lavorativa dello stesso nella patogenesi dell’anzidetta malattia;
per molti anni, in particolare, l’interessato avrebbe svolto l’incarico di vicepreside con un impegno giornaliero di servizio di 12 ore, in una situazione di intensa pressione connessa alle responsabilità dell’ufficio vicariale ricoperto;
e, come riconosciuto dalla commissione medica ospedaliera, il tipo di servizio svolto avrebbe agito da concausa predisponente e preponderante nel determinismo della malattia;
la stessa Amministrazione, del resto, con decreto del dirigente generale dell’Istruzione tecnica del 23 febbraio 1990 aveva, in un primo tempo, riconosciuto la dipendenza da causa di servizio dell’infermità predetta;
inoltre, il collegamento eziologico troverebbe conferma nel fatto che la crisi cardiaca ha colpito l’interessato proprio nel corso dell’esercizio dei compiti vicariali anzidetti e proprio il grave stress lavorativo avrebbe contribuito a creare le condizioni dell’infarto miocardico;
non sarebbe dato comprendere, quindi, sulla base di quali presupposti il comitato e l’Amministrazione, contrastando anche il motivato parere della commissione medica, abbiano, poi, potuto negare, superficialmente (e senza operare alcuna valutazione in ordine a ritmi, tempi di lavoro e concreti contenuti delle prestazioni lavorative e relativo stress per anni accumulato) che l’attività di servizio svolta dall’originario ricorrente possa avere influito come concausa efficiente e determinante nell’insorgenza della patologia.

Deducono, poi, gli appellanti che l’Amministrazione, in caso di discordanze tra i pareri della commissione medica ospedaliera e del comitato per le pensioni privilegiate ordinarie, dovrebbe puntualmente precisare le ragioni scientifiche che la inducano a privilegiarne uno rispetto all’altro;
ciò che, nella specie, avrebbe fatto del tutto difetto;
inoltre, sia il parere del comitato, sia quello dell’Ufficio medico legale del Ministero della sanità, avrebbero omesso completamente di esternare le ragioni fattuali (quali le condizioni dell’ambiente di lavoro, caratteristiche e tempi dell’azione lavorativa etc.) e scientifiche che avrebbero imposto di disattendere il parere favorevole della commissione medica;
donde l’erroneità, anche sotto tale profilo, della sentenza appellata per aver disatteso tale motivo di censura dell’operato dall’Amministrazione.

Non si è costituita in giudizio l’amministrazione appellata.

3) - L’appello risulta infondato.

3.1.) Giova premettere che, in materia di equo indennizzo, l'ordinamento non mette a disposizione dell'Amministrazione una serie di pareri pariordinati resi da organi consultivi diversi e dotati di identica competenza sui quali orientarsi, ma affida al comitato per le pensioni privilegiate ordinarie il compito di esprimere un giudizio conclusivo, anche sulla base di quello reso dalla commissione medica ospedaliera;
pertanto, in quanto momento di sintesi e di superiore valutazione dei giudizi espressi da altri organi precedentemente intervenuti, il parere del comitato s'impone all'Amministrazione, la quale è tenuta solo a verificare se l'organo in questione, nell'esprimere le proprie valutazioni, ha tenuto conto delle considerazioni svolte dagli altri organi e, in caso di disaccordo, se le ha confutate, con la conseguenza che un obbligo di motivazione in capo all'Amministrazione è ipotizzabile solo per l'ipotesi in cui essa, per gli elementi di cui dispone e che non sono stati vagliati dal comitato, ritenga di non poter aderire al suo parere, che è obbligatorio ma non vincolante (cfr., ex multis , Consiglio Stato, sez. IV, 14 aprile 2010, n. 2099;
sez. V, 16 agosto 2010, n. 5712;
sez. VI, 22 gennaio 2001 n. 183).

Il parere del comitato per le pensioni privilegiate ordinarie, anche per la variegata e qualificatissima estrazione tecnica dei suoi componenti, fornisce, a livello centrale, ogni auspicabile garanzia circa l'attendibilità della determinazione assunta in materia di equo indennizzo o di pensione privilegiata, mentre il parere espresso dalla competente commissione medica ospedaliera si considera definitivo solo ai fini del rimborso delle eventuali spese di cura, ricovero e protesi di vario genere, ma non per l'ottenimento dell'equo indennizzo (cfr. art. 5 bis, l. n. 472/1987);
ne consegue che la valutazione del comitato risulta di regola determinante.

D'altra parte, la p.a. non è tenuta ad annullare in sede di autotutela il diversificato parere della commissione medica, che conserva la sua definitiva operatività ai limitati fini di cui si è detto in precedenza, mentre la stessa amministrazione ben può disconoscere, invece, tale dipendenza d'infermità da causa di servizio in ossequio al parere del comitato, ove ritenuto decisivo, secondo quanto rilevato in precedenza;
e, del resto, l'Amministrazione ha l'onere di motivare non quando il provvedimento adottato sia conforme al parere del comitato, ma solo in caso di disaccordo;
con la conseguenza che un obbligo di motivazione in capo alla p.a. è ipotizzabile solo per l'ipotesi in cui essa, per gli elementi di cui dispone e che non sono stati vagliati dal comitato, ritenga di non poter aderire al suo parere, che è obbligatorio, ma non vincolante (cfr., tra le altre, sez. VI, 17 ottobre 2008, n. 5054).

3.2.) Fatte tali premesse, può osservarsi che, nel caso in esame, il parere del comitato segnalava che l’infermità cardiopatia ischemica (pregressa angina instabile) non poteva riconoscersi dipendente da fatti di servizio essendo di natura endogeno-involutiva, provocata da spasmi nervosi e biumorali dei vasi coronarici, sull’insorgenza e decorso della quale il servizio, reso nel campo dell’insegnamento e, per breve periodo, nell’attività didattica in genere, non può avere influito neanche come concausa efficiente e determinante.

Anche l’Ufficio medico legale del Ministero della sanità ha, poi, espresso (con nota 13 giugno 1995, n. 500/UML/88702) parere contrario al riconoscimento di cui trattasi, concordando sostanzialmente con le considerazioni espresse dal comitato, aggiungendo che “l’ischemia del miocardio si verifica quando viene a mancare l’apporto di sangue arterioso ad una parte del muscolo cardiaco e che gli eventi che possono determinare la riduzione (ischemia) o abolizione (infarto) dello stesso, in assenza di patologie congenite, sono legati al processo degenerativo delle arterie coronarie (arteriosclerosi) ed a diversi fattori costituzionali e/o acquisiti tra i quali l’età, il sesso (quello maschile maggiormente colpito), la familiarità per tale patologia, la costituzione individuale (obesità), il diabete, l’ipertensione ecc;
gli stress psico-fisici invocati dal richiedente, perché assumano carattere di elemento di rischio, devono, comunque essere associati al fattore degenerativo arteriosclerotico”;
e nel caso in esame, sempre ad avviso del predetto organo sanitario, non risultavano elementi relativi all’attività di servizio del prof Spezia atti a consentire di porre giudizio di interdipendenza tra questa e l’infermità ischemica cardiaca.

Si tratta, invero, di pareri tecnico-sanitari tra loro pienamente concordanti e fatti propri, a suo tempo, dal Ministero della pubblica istruzione, che chiariscono, sul piano scientifico, le ragioni che hanno indotto il comitato e l’Ufficio medico legale del Ministero della sanità ad escludere la dipendenza da causa di servizio dell’infermità patita come pure il carattere concausale efficiente e determinante, su di essa, dell’attività di servizio;
pareri che non palesano alcun manifesto vizio logico, né indici patenti di erroneità sul piano tecnico.

Gli stessi precisano, inoltre, sia pure sinteticamente, che anche le modalità di prestazione del servizio nel tempo sono state prese in considerazione, ma che le stesse non hanno potuto assumere rilievo tale da produrre o concorrere a produrre l’infermità in parola.

Anche sotto tale profilo, invero, i pareri in questione non manifestano evidenti vizi logici o di difetto istruttorio, dal momento che:

- l’incarico di vice-preside costituisce una ordinaria modalità di prestazione del servizio sostitutiva del preside se e quando assente dal servizio;

- nella domanda in data 27 gennaio 1987 con la quale l’interessato, a seguito di ricovero ospedaliero intervenuto il 3 dicembre 1986 in conseguenza del malore avvertito mentre prestava servizio nella scuola, ha chiesto che le infermità dal medesimo patite (“cardiopatia ischemica angina instabile in soggetto con ernia iatale”) fossero riconosciute come dipendenti da causa di servizio e gli dessero titolo a pensione privilegiata, viene precisato che l’asserito periodo di acuto stress lavorativo correlato all’insegnamento ed alla detta attività vicaria del preside era riferibile al periodo corrente “dal 18/11/1986 al 3/12/1986”, pari, dunque, ad appena due settimane;

che nella richiesta di equo indennizzo in data 14 dicembre 1987 il richiedente si è limitato a richiamare l’anzidetta nota del 27 gennaio 1987, senza riferimento alcuno ad eventuali più gravose di modalità di prestazione del servizio negli anni precedenti;

- che, nella nota inviata dal preside dell’ITC di appartenenza dell’originario ricorrente al Provveditore agli studi di Trapani, viene, altresì, precisato che la sua assenza dal servizio si era protratta solo dal 22 al 26 novembre 1986 e che solo per tale periodo il prof. Spezia aveva svolto funzioni vicarie, in quanto, per il rimanente periodo, poiché gli esami di Stato per l’abilitazione all’esercizio del professione di geometra (la cui commissione valutatrice era dallo stesso preside presieduta e che avevano occasionato il conferimento temporaneo dei compiti vicari anzidetti) si svolgevano presso lo stesso ITC, il preside medesimo, “ha continuato a dirigere l’istituto per l’ordinaria amministrazione anche nelle ore pomeridiane, ma ha di fatto delegato il collaboratore vicario a seguire personalmente l’attività organizzativa interna della scuola.

Ebbene, da tutto quanto precede non emergono elementi tali da far ritenere che il giudizio reso dai predetti organi sanitari centrali circa l’irrilevanza delle modalità di prestazione del servizio sull’insorgere dell’infermità possa ritenersi affetto da manifesta illogicità o incompletezza istruttoria, la documentazione ora richiamata lasciando chiaramente emergere quali fossero – giusta le medesime istanze avanzate dall’interessato – i circoscritti ambiti temporali e operativi che hanno caratterizzato la prestazione del servizio vicario, mentre neppure vengono addotti episodi particolari e, per così dire, extra ordinem , che possano avere occasionato particolari quanto eccezionali stati emotivi, tali da aver potuto comportare l’insorgere repentino dell’infermità di cui si tratta, la cui ordinaria patogenesi è stata, del resto, chiaramente delineata dagli organi sanitari stessi.

Anche la seconda delle censure in esame non risulta fondata.

Va infatti richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale di questo Consiglio che esclude l’esigenza, per l’Amministrazione, di motivare le proprie definitive scelte allorché le stesse – come nel caso in esame – si conformino al parere reso dal comitato per le pensioni privilegiate ordinarie.

4) – Per tali motivi l’appello in epigrafe appare infondato e va respinto.

Nulla per le spese del secondo grado, non essendosi costituita in giudizio l’Amministrazione appellata.

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