Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-07-12, n. 202105267

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-07-12, n. 202105267
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202105267
Data del deposito : 12 luglio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/07/2021

N. 05267/2021REG.PROV.COLL.

N. 08458/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8458 del 2019, proposto da
L S, rappresentato e difeso dagli avvocati F G, G R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio G R in Roma, via Panama n. 86;

contro

Comune di Lugnano in Teverina, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato P B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Umbria (Sezione Prima) n. 219/2019, resa tra le parti, avente ad oggetto richiesta di annullamento: (ricorso n.338/2012)

a) dell'ordinanza 19 marzo 2012 n,14 e prot. n. 1509, notificata il giorno 22 marzo 2012, con la quale è stato ingiunto a L S di rimuovere in quanto abusive le opere situate in località Torricello, su terreno distinto al catasto al foglio 11 particelle 519-520, costituite da un edificio a due piani, di cui uno interrato, a destinazione abitativa, di complessivi mq 196,06 e porticato di circa mq 20,34, asseritamente realizzato in difformità dalle concessioni edilizie 19 luglio 1999 n.39 e 29 luglio 2000 n.18;

di ogni altro atto presupposto, conseguente ovvero comunque connesso, e in particolare:

b) della nota 2 gennaio 2012 prot. n. 28;

c) della relazione di sopralluogo 23 gennaio 2012 dell’Ufficio tecnico comunale;

(ricorso n.150/2013)

d) della nota 15 gennaio 2013 prot. n. 255, notificata il giorno 29 gennaio 2013, di rigetto dell'istanza per permesso di costruire in sanatoria presentata dall'odierno ricorrente il 19 marzo 2012;

di ogni altro atto presupposto, conseguente ovvero connesso, e in particolare:

e) della nota 14 settembre 2012 prot. n. 4350 di parere negativo del Responsabile del procedimento;

f) del verbale 9 ottobre 2012 n. 335/3 di parere negativo della Commissione per la Qualità architettonica e paesaggio;

g) della nota 4 dicembre 2012 prot. n.5996, di avvio del procedimento di rigetto;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Lugnano in Teverina;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 luglio 2021 il Cons. Luigi Massimiliano Tarantino. L’udienza si svolge ai sensi dell’art. 4, comma 1, del decreto legge 30 aprile 2020, n. 28, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 2020, n. 70, e dell’art. 25 del decreto legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto dalla circolare del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa 13 marzo 2020, n. 6305.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con distinti ricorsi proposti dinanzi al TAR per l’Umbria l’odierno appellante invocava l’annullamento: a) della nota prot. n. 255 del 15.01.2013 del Comune di Lugnano in Teverina, notificata in data 29 gennaio 2013, con cui era stato comunicato al Sig. S il rigetto dell'istanza per permesso di costruire in sanatoria presentata dall'odierno ricorrente in data 19 marzo 2012;
b) della nota prot. n. 4350 del 14.09.2012 del responsabile del procedimento con cui era stato espresso parere negativo in ordine alla domanda di permesso di costruire in sanatoria presentata dall'odierno ricorrente in data 19 marzo 2012;
c) del verbale n. 335/3 del 9.10.2012 della Commissione per la Qualità Architettonica e Paesaggio, con cui era stato espresso parere negativo in ordine alla domanda di permesso di costruire in sanatoria presentata dall'odierno ricorrente in data 19 marzo 2012;
d) della nota del 4.12.2012 prot. n. 59'96 con cui era stato avviato il procedimento per il rigetto della predetta istanza;
e) dell'ordinanza di rimessa in pristino nr. 14/12 prot. n. 1509 del 19.3.2012, con la quale era stato ordinato al sig. S di rimuovere le opere (presuntivamente) eseguite in assenza e difformità ai titoli edilizi rilasciati all'odierno ricorrente ed ordinato il ripristino dello stato dei luoghi;
e) della nota del comune di Lugnano in Teverina, prot. n. 28 del 2 gennaio 2012;
f) della relazione di sopralluogo redatta in data 23.1.2012 dall'ufficio tecnico comunale.

2. Il giudice di prime cure, riuniti i ricorsi, dichiarava improcedibile il ricorso proposto avverso l’ordinanza di demolizione in ragione della presentazione dell’istanza di sanatoria, quindi respingeva il ricorso proposto avverso il diniego opposto dall’amministrazione resistente avverso la detta istanza, concludendo per la correttezza della ricostruzione operata dal Comune quanto alla difformità totale dell’immobile realizzato dal ricorrente rispetto al titolo edilizio.

3. Avverso la pronuncia indicata in epigrafe propone appello l’originario ricorrente, lamentandone l’erroneità per le seguenti ragioni: a) la presentazione dell'istanza di sanatoria non determinerebbe l'improcedibilità, per sopravvenuta carenza d'interesse, dell'impugnazione proposta avverso l'ordinanza di demolizione. Di conseguenza l’appellante ripropone i motivi non esaminati dal giudice di prime cure;
b) il TAR avrebbe errato nel concludere nel senso che l’intervento eseguito sarebbe stato in totale difformità rispetto al titolo edilizio. La situazione di fatto risulterebbe essere differente da come valutata dal Tar Umbria. La presenza, infatti, di un portico di modeste dimensioni o il rifacimento della pavimentazione non rientrerebbero nelle “variazioni essenziali” definite dalla normativa ragionale;
né il “piano interrato” rappresenterebbe un manufatto calcolabile ai fini della volumetria. Nel calcolo della volumetria di un fabbricato sarebbe computabile esclusivamente il volume che superi il piano di campagna o quello che sopravanza lo sbancamento del livello zero e non sarebbe, invece, computabile la cubatura sottostante, ossia la volumetria del piano seminterrato. Secondo la giurisprudenza il porticato non rientrerebbe nel novero delle pertinenze, poiché questo sarebbe opera accessoria, mancando di autonomia ed individualità. Pertanto, come per il balcone, i portici non determinerebbero alterazione della tipologia di intervento ammesso;
né andrebbero a costituire una variazione essenziale del titolo originario. Il che escluderebbe l’applicabilità della demolizione. Quanto sopra esposto (non necessità del titolo edilizio), varrebbe anche per la pavimentazione antistante l’ingresso dell’immobile (mq 20,34 ca.). Non si potrebbe considerare quanto realizzato dall’appellante in totale difformità secondo quanto stabilito dall’art. 6, della l.r. Umbria, l.r. 21/2004. Da qui l’applicabilità della sanatoria ex art. 8, della citata l.r. n. 21/2004. Nel caso di specie, le difformità edilizie contestate non apparirebbero tali stravolgere la caratteristiche planovolumetriche di quanto assentito dall’Amministrazione comunale. La presenza del “piano interrato” non costituirebbe elemento sufficiente e necessario per considerare il manufatto realizzato dall’appellante organismo edilizio totalmente difforme da quello autorizzato con titolo edilizio n. 39/97 rilasciato dal Comune stesso. Parimenti errata sarebbe la sentenza laddove considera la tettoia e la pavimentazione come elementi essenziali per qualificare l’organismo edilizio “totalmente difforme”. Sarebbe, inoltre, applicabile alla fattispecie l’art. 10 della LR 21/04, il quale prevede che il mutamento di destinazione d’uso sia soggetto a sanzione e non al ripristino.

4. Costituitasi in giudizio, l’amministrazione comunale ne invoca il rigetto, evidenziando come l'edificio assentito con le concessioni edilizie rilasciate dal Comune di Lugnano, come risulterebbe in modo inequivoco dalla documentazione, sarebbe semplicemente un annesso agricolo, da realizzarsi con la consistenza e le finiture come da progetto presentato. Quanto realizzato, invece, nella realtà, come dimostrerebbe la documentazione tecnica e anche fotografica prodotta, sarebbe una pregevole dimora di campagna, di ben mq 318,96, tra coperto e scoperto, e accessoriata. Né sarebbe invocabile un affidamento in relazione al tempo di realizzazione dell’abuso e a quello di adozione dell’ordinanza di demolizione. In definitiva l’immobile realizzato sarebbe del tutto difforme dal titolo edilizio, quindi l’ordinanza di demolizione si atteggerebbe quale provvedimento interamente vincolato.

5. Nelle successive difese l’appellante chiede di rinviare la trattazione del merito in ragione della necessità di disporre attività di verificazione e della presentazione di istanza di permesso di costruire in sanatoria depositata il 25 giugno 2020.

6. L’amministrazione comunale dal canto suo si oppone alla richiesta verificazione, ma non a quello di rinvio.

7. L’odierno gravame giunge in decisione all’indomani dell’adozione da parte dell’amministrazione di provvedimento del 31 luglio 2020, motivo per il quale veniva disposto differimento dell’udienza del 9 luglio 2020 alla data attuale, di diniego della nuova istanza di permesso in sanatoria presentata dall’appellante.

8. Con successive memorie parte appellante chiede ulteriore rinvio, sostenendo che penderebbe dinanzi al Comune di Lugnano in Teverina un’istanza di variante urbanistica che interessa l’immobile di proprietà dell’appellante ed altre aree aventi medesime problematiche. In subordine, indica la necessità di disporre una verificazione tecnica finalizzata ad accertare la natura delle difformità contestate nel procedimento di demolizione di (eventuali) abusi edilizi.

9. Dal canto suo l’amministrazione comunale si oppone al rinvio e alla richiesta istruttoria, evidenziando che la natura dell’abuso realizzato dall’appellante imporrebbe in ogni caso la demolizione e che la verificazione tecnica richiesta sarebbe superflua, perché tesa all’accertamento di elementi la cui qualificazione giuridica spetterebbe in ogni caso al giudice.

10. Preliminarmente, deve essere respinta la richiesta di rinvio avanzata dall’appellante, dal momento che l’istanza di variante urbanistica non obbliga l’amministrazione comunale ad attivare il relativo procedimento e che risulta pertanto un evento del tutto incerto in relazione al presunto soddisfacimento delle pretese dell’appellante, non solo nel quomodo ma anche nell’an della sua attivazione.

11. Stessa sorte merita anche la richiesta di verificazione avanzata dall’appellante, che risulta meramente dilatoria non ravvisandosi attraverso l’esame della documentazione prodotta in giudizio una situazione di incertezza fattuale che necessiti di essere superata mercé l’incombente istruttorio richiesto.

12. Nel merito l’appello è infondato e non può essere accolto.

12.1. Quanto al primo motivo di gravame deve rammentarsi come la giurisprudenza assolutamente prevalente di questo Consiglio ( ex plurimis , Cons. St., Sez. VI, 3 marzo 2020, n. 1540) ritenga che la proposizione di istanza permesso a costruire in sanatoria in relazione ad opere abusive oggetto di ordinanza di demolizione fa venire meno l'interesse alla decisione del gravame proposto avverso al predetto provvedimento demolitorio, atteso che la presentazione dell'istanza di sanatoria, sia essa di accertamento di conformità sia essa di condono, produce l'effetto di rendere inefficace il provvedimento sanzionatorio dell'ingiunzione di demolizione e, quindi, improcedibile l'impugnazione per sopravvenuta carenza di interesse.

12.2. Del pari risulta non condivisibile il secondo motivo di appello, l’art. 31, d.P.R. n. 380/2001, stabilisce, infatti, al comma 1 che: “ Sono interventi eseguiti in totale difformità dal permesso di costruire quelli che comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, plano-volumetriche o di utilizzazione da quello oggetto del permesso stesso, ovvero l'esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile ”. Nella fattispecie in esame si evince che la concessione edilizia rilasciata dall’amministrazione appellata aveva ad oggetto la costruzione di un annesso agricolo il cu allegato progetto presenta le seguenti caratteristiche edificio 8,00x6,25 m. con altezza alla gronda di 3,50 m. destinato alla rimessa di attrezzi agricoli. L’accertamento posto in essere dall’amministrazione comunale ha consentito di verificare la realizzazione di un immobile destinato a civile abitazione costituito da due piani: piano terra e piano interrato per complessivi mq. 196,06, descritto analiticamente nell’ordinanza di rimessa in pristino impugnata in prime cure.

Tanto premesso le censure avanzate dall’appellante sono del tutto errate, cercando inutilmente di parcellizzare l’analisi dei vari abusi realizzati, invocando per ogni singolo intervento l’applicazione di una disciplina di favore, ma così andando di contrario avviso rispetto alla necessaria valutazione complessiva e non atomistica che deve riguardare l’abuso. Non è dato, infatti, scomporre l’abuso in più parti, al fine di negarne l'assoggettabilità alla sanzione demolitoria, in quanto il pregiudizio arrecato al regolare assetto del territorio deriva non da ciascun intervento a sé stante bensì dall'insieme delle opere nel loro contestuale impatto edilizio e nelle reciproche interazioni. L'opera edilizia abusiva va identificata con riferimento all'immobile o al complesso immobiliare, essendo irrilevante il frazionamento dei singoli interventi avulsi dalla loro incidenza sul contesto immobiliare unitariamente considerato. La totale difformità risulta, peraltro, evidente dal momento che in materia di abusi edilizi il concetto di parziale difformità presuppone che un determinato intervento costruttivo, pur se contemplato dal titolo autorizzatorio rilasciato dall'autorità amministrativa, venga realizzato secondo modalità diverse da quelle previste e autorizzate a livello progettuale, quando le modificazioni incidano su elementi particolari e non essenziali della costruzione e si concretizzino in divergenze qualitative e quantitative non incidenti sulle strutture essenziali dell'opera;
mentre si è in presenza di difformità totale del manufatto o di variazioni essenziali, sanzionabili con la demolizione, quando i lavori riguardino un'opera diversa da quella prevista dall'atto di concessione per conformazione, strutturazione, destinazione, ubicazione. Nella fattispecie ricorrono tutte e quattro le predette condizioni, sicché si è in presenza di un caso di scuola di totale difformità tra quanto autorizzato e quanto realizzato. Di conseguenza in mancanza della doppia conformità è evidente che l’istanza di concessione in sanatoria non poteva essere accolta e in ragione della natura dell’abuso è del pari legittima l’adozione dell’ordinanza demolitoria, non potendo al riguardo invocarsi alcun valido affidamento, non potendo ammettersi l'esistenza di un affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare.

13. L’appello risulta in definitiva infondato. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

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