Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2024-01-26, n. 202400846

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2024-01-26, n. 202400846
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202400846
Data del deposito : 26 gennaio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 26/01/2024

N. 00846/2024REG.PROV.COLL.

N. 05199/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5199 del 2023, proposto da
V S s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato C S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di San Nicola Da Crissa, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato O D, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'ottemperanza

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Seconda) n. 609/2023, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di San Nicola da Crissa;

Visto l'art. 114 cod. proc. amm.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 9 novembre 2023 il Cons. A F e viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. V S s.r.l. ha proposto ricorso per ottemperanza dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Calabria al fine di ottenere l’esecuzione del giudicato formatosi nei confronti del Comune di San Nicola da Crissa in forza del decreto ingiuntivo n. 979 del 2007 del Tribunale di Catanzaro, ottenuto dalla cedente originaria SO.RI.CAL s.p.a., notificato da questa in data 20.11.2007, non opposto, munito della formula esecutiva in data 13.3.2008 e notificato in forma esecutiva alla debitrice in data 21.5.2008.

Con il decreto ingiuntivo, il Tribunale di Catanzaro ha ingiunto al Comune il pagamento dell’importo di euro 110.549,73, oltre interessi dalla data di fornitura di acqua per uso idropotabile fino al soddisfo, nonché delle spese e competenze di lite, liquidate in complessivi euro 2.166, 00, oltre alle spese generali nella misura del 12,5% CAP ed IVA come per legge.

2. La società, iscritta nell’elenco di società veicolo di cartolarizzazione, assume di aver acquisito la titolarità del credito agito in forza di alcuni atti di cessione, avendolo acquistato da Banca Sistema s.p.a., la quale, a sua volta, lo ha acquistato da SO.RI.CAL s.p.a. Riferisce, in particolare, che con contratto di cessione del 10.12.2019, notificato in data 17.12.2019, la SO.RI.CAL s.p.a. ha ceduto a Banca Sistema s.p.a. il credito e che, nell’allegato A del suddetto contratto, risulterebbe l’elenco dei crediti ceduti, tra cui le 6 fatture oggetto del decreto ingiuntivo con l’indicazione dei relativi importi. Con contratto quadro di cessione di crediti disciplinato dalla Legge n. 130/99, sottoscritto in data 29.6.2019, a sua volta, Banca Sistema s.p.a. ha ceduto i propri crediti ricompresi nel c.d. ‘Portafoglio iniziale’, alla ricorrente, e quindi quello portato nel decreto ingiuntivo n. 979 del 2007, impegnandosi a cederle, con separati e successivi contratti di cessione, ulteriori crediti.

3. Il Tribunale amministrativo regionale, con la sentenza n. 609 del 2023, ha respinto il ricorso per ottemperanza in ragione della difficoltà di verificare la corrispondenza tra i crediti ceduti e quelli definitivamente accertati nel decreto ingiuntivo azionato, e ciò dalla prima cessione da SO.RI.CAL s.p.a a Banca Sistema s.p.a. Il Collegio di prima istanza conclude affermando: “ Dunque, questo giudice amministrativo non è stato posto nelle condizioni di verificare la corrispondenza tra i crediti ceduti e quelli definitivamente accertati nel decreto ingiuntivo azionato in questa sede. In sostanza, come dedotto dal Comune intimato, V S s.r.l. non ha dato dimostrazione di essere titolare del credito in questione”.

4. Con ricorso in appello, notificato nei termini e nelle forme di rito, V S s.r.l. ha impugnato la suddetta pronuncia, chiedendone l’integrale riforma, denunciando: “ 1. Error in iudicando per travisamento dei fatti ed omessa ed insussistente motivazione su un punto decisivo per la controversia.

5. Il Comune di San Nicola da Crissa si è costituito in resistenza, chiedendo il rigetto dell’appello.

6. All’udienza del 9 novembre 2023, la causa è stata assunta in decisione.

DIRITTO

7. Con l’unico motivo di appello, l’appellante censura la sentenza impugnata, nella parte in cui si afferma che ‘ non è possibile, però, verificare se tra le fatture enumerate vi siano quelle su cui è fondato il decreto ingiuntivo;
infatti, né nel ricorso monitorio, né nel provvedimento di ingiunzione – entrambi prodotti in copia in questa sede – viene indicato il numero o la data di emissione, o l’importo delle fatture portanti il credito azionato. Sotto altro versante, il citato allegato A21 non indica se alcuna delle fatture enumerate sia stata oggetto del decreto ingiuntivo di cui si discorre. Dunque, questo giudice amministrativo non è stato posto nelle condizioni di verificare la corrispondenza tra i crediti ceduti e quelli definitivamente accertati nel decreto ingiuntivo azionato in questa sede. In sostanza, come dedotto dal Comune intimato, V S s.r.l. non ha dato dimostrazione di essere titolare del credito in questione
’.

L’appellante contesta la suddetta statuizione, deducendo che, se da un lato è pur vero quanto afferma il Tribunale di prime cure, ossia che nel testo del ricorso non vengono analiticamente riportate le fatture, tuttavia le suddette fatture sono state prodotte in giudizio, la cui somma corrisponderebbe esattamente all’esatto importo richiesto nella ingiunzione pari ad euro 110.549,73.

L’esponente riferisce che a sostegno dell’assunto deporrebbe la Deliberazione del 5.12.2012, n. 48, prodotta a seguito dell’eccezione di prescrizione sollevata dal Comune, con cui è stata approvata la convenzione d’utenza con la SO.RI.CAL e, al tempo stesso, si è provveduto a regolare le modalità di pagamento dei debiti pregressi. In particolare, l’art. 7 della suddetta Convenzione riconoscerebbe esplicitamente l’esistenza del debito di cui al decreto ingiuntivo n. 979 del 2007 e chiarirebbe che lo stesso sarebbe stato ottenuto per il periodo di fornitura erogata dalla SO.RI.CAL s.p.a. dal terzo trimestre 2005 al quarto trimestre 2006, per un totale di euro 110.549,73.

Inoltre, ciascuna fattura prodotta sarebbe riferibile al periodo di fatturazione, ossia la fascia temporale che va dal terzo trimestre 2005 al quarto trimestre 2006.

8. L’appello non può trovare accoglimento.

La società V S s.r.l. ha chiesto l’esecuzione del giudicato formatosi a seguito del decreto ingiuntivo n. 979 del 2007 del Tribunale di Catanzaro, che assume non opposto e munito di formula esecutiva in data 13.3.2008, chiedendo, per l’effetto, di ordinare al Comune di San Nicola da Crissa il pagamento di complessivi euro 229.413,29, oltre interessi moratori dalle singole scadenze al soddisfo, secondo le modalità previste dal titolo esecutivo, e in caso di perdurante inadempimento, la nomina di un Commissario ad acta perché provveda in via sostitutiva.

8.1. Esaminando le eccezioni sollevate dal Comune di San Nicola da Crissa, il Collegio ritiene meritevole di accoglimento la denuncia di difetto di prova del passaggio in giudicato della decisione di cui è stata chiesta l’esecuzione, ai sensi dell’art. 114, comma, c.p.a..

Il Comune ha dedotto, nel corso del giudizio di primo grado, che la società ricorrente ha prodotto una copia del suddetto decreto, munita dell’attestazione di conformità resa dal suo difensore, ma che risulta all’evidenza privo del decreto di esecutorietà reso dal giudice ai sensi dell’art. 647 c.p.c.

La ricorrente allega, invece, che il decreto ingiuntivo è munito del decreto di esecutorietà che è stato pronunciato dal Giudice in data 13.3.2008, ma omette di produrlo. Riferisce che il fascicolo d’ufficio del ricorso per D.I. è risalente al 2007 e che, quindi, è stato redatto in forma cartacea e ad oggi risulterebbe mandato al macero, tuttavia non esibisce alcuna certificazione della cancelleria del Tribunale per provare che il decreto di esecutorietà non può essere rinvenuto.

Ai fini della prova della sussistenza del decreto di esecutorietà, la società deposita la copia della schermata telematica della ‘ giustizia civile ’, da cui risulta che alla data del 6.2.2008 sarebbe stata concessa l’esecutorietà ex art. 647 c.p.c.

Il Collegio rileva che tale allegazione documentale non è idonea a provare che il suddetto decreto ingiuntivo sia munito di formula esecutiva.

Secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza di questa Sezione (Cons. Stato, sez. V, n. 4987 del 2017), dal quale non vi sono ragioni per discostarsi, “ condizione essenziale perché il ricorso di cui all’art. 37 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, possa essere proposto anche per l’ottemperanza al decreto ingiuntivo non opposto, di cui agli articoli 633 e ss. c.p.c., è che lo stesso sia dichiarato esecutivo ai sensi dell’art. 647 c.p.c. (v. anche Cons. Stato, sez. IV, n. 1713 del 2006).

Il principio è stato ribadito anche dalla giurisprudenza di legittimità (Corte di Cassazione, sez. I, 27 gennaio 2014, n. 1650) che ha precisato come: “ il giudicato sostanziale (cui si riferisce l’autorità del giudicato da decreto ingiuntivo), attenga all’oggetto e ai soggetti del rapporto giuridico che non può essere posto in discussione in altro successivo giudizio, con ogni conseguenza…”, evidenziando che nell’ambito del procedimento monitorio, il codice di rito contempla la dichiarazione di esecutività ai sensi dell’art. 647 c.p.c.. La rubrica dell’articolo parla di ‘esecutorietà’ del decreto, che in ambito processualcivilistico è equivalente a quello di ‘esecutività’;
i termini, infatti, sono usati, in giurisprudenza, come sinonimi (Corte di Cass. n. 12731 del 2007). In virtù della coincidenza tra giudicato formale (ex art. 324 c.p.c.) e quello sostanziale (art. 2909 c.c.), il giudicato sul decreto ingiuntivo si forma nel momento in cui il giudice, dopo averne controllato la notificazione, lo dichiara esecutivo, ai sensi dell’art. 647 c.p.c.. E’ stato anche chiarito che “ il decreto di esecutorietà si distingue dalla mera attestazione di cancelleria, cui non può certamente reputarsi equivalente, sia sotto il profilo dell’organo emanante, sia sotto quello del contenuto del controllo, limitato il primo al fatto storico della mancato opposizione decorso il termine perentorio ed il secondo esteso all’accertamento della regolarità della notificazione (art. 643 c.p.c.)“. Ciò in quanto l’art. 647 c.p.c. prevede che, nel caso in cui non sia stata fatta opposizione nel termine, il giudice debba ordinare la rinnovazione della notificazione, quando risulta o appare probabile che l’intimato non abbia avuto conoscenza del decreto, con la conseguenza che “ l’eventuale rinnovazione della notificazione consente perciò all’ingiunto di proporre, nei termini decorrenti dalla nuova notificazione, opposizione che va qualificata come ordinaria, ai sensi dell’art. 645 c.p.c., e non già tardiva ai sensi dell’art. 650 c.p.c.;
il che conferma che alla scadenza dei termini per proporre opposizione non si forma la cosa giudicata formale e che questa si forma solo dopo il controllo del giudice dell’esecuzione”.

Il ricorso per l’ottemperanza al decreto ingiuntivo in questione, in accoglimento dell’eccezione riproposta in questo giudizio dal Comune di San Nicola da Crissa, deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, atteso che non vi è prova dell’apposizione del decreto di esecutorietà.

8.2. In disparte l’inammissibilità del ricorso, lo stesso è infondato.

Nel merito, invero, vanno condivise le conclusioni a cui giunge il Collegio di prima istanza, il quale ha rilevato l’impossibilità di verificare la corrispondenza tra i crediti ceduti e quelli definitivamente accertati nel decreto ingiuntivo azionato.

Ciò in ragione dei rilievi di seguito enunciati.

Va premesso che la società ricorrente ammette “ nel testo del ricorso non vengono analiticamente riportate le fatture” poste a sostegno del provvedimento di cui ha chiesto l’adempimento. Tuttavia, ritiene di fondare la propria pretesa producendo in giudizio ciascuna di esse, e specificando che l’esatto importo scaturito dalla somma corrisponderebbe ad euro 110.549,73 richiesto con l’ingiunzione.

L’assunto difensivo non è confortato dalle emergenze processuali.

In primo luogo, va evidenziato che nel contratto di cessione del 10.12.019 dei crediti da SO.RI.CAL s.p.a a Banca sistema s.p.a., non si rinviene il credito nei confronti del Comune di San Nicola da Crissa portato dal decreto ingiuntivo n. 979 del 2007.

Nell’allegato A della stessa sono indicate delle fatture ma non emerge la corrispondenza degli importi.

Inoltre, nel contratto quadro di cessione di crediti del 29.6.2019 e nell’atto di cessione del 18.12.2019 non è chiaro il riferimento alle somme portate nel decreto ingiuntivo azionato.

Ad esempio, la fattura n. SI – 1499 del 5.10.2005, il cui importo nel ricorso in ottemperanza viene indicato in euro 16.350,05, nell’atto di cessione del 10.12.2019 viene riportato in euro 15.177,56;
nella fattura SI-261 del 18.1.2006 che nel ricorso in ottemperanza viene indicato in euro 16.893,83, nell’atto di cessione viene indicato 15.681,91 ecc.

Nella successiva documentazione, quale ad esempio il modello di proposta di atto di cessione del 18 dicembre 2019 e relativa accettazione, vi sono degli omissis e non è possibile rinvenire una corrispondenza degli importi alle fatture riferite al decreto ingiuntivo.

Sebbene nel corso del giudizio di primo grado, la società V S s.r.l. ha allegato che la differenza di importo tra le fatture è scaturita a fronte di pagamenti ricevuti nelle more dalla cedente originaria, tale circostanza è rimasta priva di riscontro probatorio, atteso che sarebbe stato utile, per comprendere la ragione dei diversi importi, allegare gli avvenuti parziali pagamenti.

In sostanza, a seguito della chiara contestazione effettuata dal Comune resistente, il ricorrente in ottemperanza non ha allegato documentazione idonea a consentire di individuare con chiarezza la certezza del credito, omettendo di fornire la prova della titolarità delle somme di cui al decreto ingiuntivo n. 979 del 2007, sicchè, come precisato dal Tribunale di prima istanza, “ Non è possibile, però, verificare se tra le fatture enumerate vi siano quelle su cui è fondato il decreto ingiuntivo;
infatti, né nel ricorso monitorio, né nel provvedimento di ingiunzione – entrambi prodotti in copia in questa sede – viene indicato il numero o la data di emissione, o l’importo delle fatture portanti il credito azionato. Sotto altro versante, il citato A21 non indica se alcune delle fatture enumerate sia stata oggetto del decreto ingiuntivo di cui si discorre”.

9. In definitiva, l’appello va respinto ed ogni altra questione proposta dalle parti deve ritenersi assorbita, tenuto conto che l’esame della stessa non determinerebbe una soluzione di segno contrario.

10. Le ragioni della decisione e la risalenza nel tempo dei fatti oggetto di causa, giustificano la compensazione integrale delle spese di lite del grado tra le parti.

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