Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2012-06-27, n. 201203814

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2012-06-27, n. 201203814
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201203814
Data del deposito : 27 giugno 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00377/2009 REG.RIC.

N. 03814/2012REG.PROV.COLL.

N. 00377/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 377 del 2009, proposto da:
M A, rappresentato e difeso dall’Avv. P M M, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale delle Milizie, 38;

contro

Corte dei Conti, in persona del suo legale rappresentante pro tempore , costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Bufacchi Felice;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per il Lazio, Roma, Sez. I, n. 10976 dd. 7 novembre 2007 concernente corso-concorso a 150 posti per il passaggio dall’Area A all’Area B del personale amministrativo dipendente dalla Corte dei Conti, posizione economica C1.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Corte dei Conti;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 gennaio 2012 il Cons. Fulvio Rocco e uditi per l’appellante M A l’Avv. P M M e per la Corte dei Conti l’Avvocato dello Stato Federica Varrone;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.1. Con decreto del 23 aprile 2005, come modificato in data 29 aprile 2005, la Corte dei Conti ha indetto un corso-concorso per titoli ed esami a 150 posti per il passaggio dall’area B all’area C del proprio personale amministrativo, posizione economica C1.

L’attuale appellante, sig. Antonio M, pur appartenendo alla qualifica immediatamente inferiore a quella di C/1, non era peraltro all’epoca in possesso del requisito dei 5 anni di anzianità nella qualifica di esperienza professionale nella posizione di provenienza ex art. 13 CCNL – Comparto Ministeri – quadriennio normativo 1998/2002 e biennio economico 1998/1999, così come previsto dall’art. 8 del bando medesimo, nel quale, peraltro, non era prevista la valutazione dell’esperienza professionale acquisita durante il servizio militare.

1.2. Con ricorso proposto sub R.G. 6223 del 2005 innanzi al T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, il M ha chiesto pertanto l’annullamento degli artt. 2 e 8 del decreto – bando concorsuale predetto, deducendo l’illegittimità di tale provvedimento:

a) per contrasto con i principi costituzionali, posto che la materia dei concorsi pubblici sarebbe sottratta all’autonomia collettiva e, non potendo formare oggetto di regolamentazione ad opera dei contratti collettivi, questi ultimi sarebbero viziati da nullità per impossibilità giuridica dell’oggetto;

b) violazione e falsa applicazione dell’allora vigente art. 20 della L. 24 dicembre 1986 n. 958, posto che la Corte dei Conti, in violazione di tale articolo di legge, non avrebbe riconosciuto il servizio militare quale esperienza professionale di cui tenere conto ai fini della progressione in carriera riservata agli interni.

Inoltre, sempre ad avviso del M, era illegittimo l’art. 2 del bando nella parte in cui prevede che, per l’ammissione al percorso di qualificazione, i candidati debbono possedere i requisiti richiesti alla data di sottoscrizione dell’accordo relativo al percorso medesimo anziché alla data di scadenza dei termini per la presentazione della domanda di partecipazione.

1.3. Si è costituita in giudizio la Corte dei Conti, concludendo per la reiezione del ricorso.

1.4. Con sentenza n.10976 dd. 7 novembre 2007 la Sez. I dell’adito T.A.R. ha respinto il ricorso del M, compensando integralmente tra le parti le spese e gli onorari di tale grado di giudizio.

2.1. Con l’appello in epigrafe il M chiede ora la riforma di tale sentenza, riproponendo in buona sostanza il primo e il secondo ordine di censure già da lui dedotte in primo grado.

2.2. Si è costituita anche nel presente grado di giudizio la Corte dei Conti, concludendo per la reiezione dell’appello.

3. Alla pubblica udienza del 10 gennaio 2012 la causa è stata trattenuta per la decisione.

4.1. Tutto ciò premesso, l’appello va respinto.

4.2. Come detto innanzi, con il primo ordine di censure dedotto in primo grado il M aveva affermato che la materia dei concorsi pubblici sarebbe sottratta all’autonomia collettiva e, non potendo formare oggetto di regolamentazione ad opera dei contratti collettivi, questi ultimi laddove eventualmente disciplinino la materia anzidetta sarebbero pertanto al riguardo viziati da nullità per impossibilità giuridica dell’oggetto.

Il T.A.R. ha per contro evidenziato che a’ sensi dell’art. 2, comma 1, lett. c) della L. 23 ottobre 1992 n. 421 sono regolate con legge, ovvero sulla base della legge o - nell’ambito dei principi dalla stessa posti - con atti normativi o amministrativi, i procedimenti di selezione per l’accesso al lavoro e di avviamento al lavoro presso le pubbliche amministrazioni e che, nel caso di specie, il corso-concorso per il passaggio dall’area B all’area C, posizione economica di destinazione C1, è stato disciplinato con atto amministrativo, vale a dire con decreto della Corte dei Conti del 23 aprile 2005, come modificato in data 29 aprile 2005, sulla base di norme di legge.

In conseguenza di ciò - ha quindi denotato lo stesso giudice di primo grado - sebbene gli atti del procedimento concorsuale facciano nella specie riferimento alla contrattazione collettiva nazionale ed in particolare al fatto che i passaggi tra le aree, secondo quanto previsto dall’art. 15, lett. a), del

CCNL

16 febbraio 1999, avvengono mediante procedure selettive volte all’accertamento dell’idoneità e professionalità richiesta previo superamento di corso-concorso, il bando impugnato non si pone in contrasto con la norma primaria;
e, d’altra parte, l’art. 52, comma 6, del D.L.vo 30 marzo 2001 n. 165 espressamente demanda alla contrattazione collettiva la disciplina degli ordinamenti professionali.

Il M, a sua volta, nel proprio atto introduttivo del presente giudizio di appello censura innanzitutto proprio tale ultima affermazione del giudice di primo grado, reputando a sua volta che gli “ordinamenti professionali” consisterebbero negli assetti delle carriere e nella previsione, in linea generale, delle modalità di passaggio tra un’area e l’altra del personale, nel mentre altra cosa sarebbero le modalità di effettuazione delle selezioni, le quali nulla avrebbero a che vedere con le organizzazioni delle carriere o simili, e risulterebbero – quindi – di stretta competenza del legislatore.

Né, comunque, ad avvisto dello stesso appellante, il giudice di primo grado avrebbe adeguatamente considerato che il decreto-bando emesso dalla Corte dei Conti e qui impugnato in parte qua non si configurerebbe quale provvedimento amministrativo, essendo il suo contenuto rigidamente vincolato dalla fonte contrattuale laddove quest’ultima individui in via diretta requisiti e titoli valutabili agli effetti dell’accesso al corso-concorso di cui trattasi.

In tal senso, perciò, il decreto-bando in questione si configurerebbe – semmai – ad avviso dello stesso M quale sostanziale atto di gestione del rapporto di lavoro: ma, se così è, allora si contraddirebbe proprio quella ben puntuale giurisprudenza della Corte di Cassazione che riconosce, sempre e comunque, per il concorso implicante per il candidato vincitore un mutamento d’area, la conseguenza di una nuova assunzione e, quindi, la giurisdizione del giudice amministrativo (cfr. sul punto, ad es., Cass., SS.UU., 15 ottobre 2003 n. 15403), la quale - a sua volta - non potrebbe esercitarsi su di una fonte contrattuale, ma su di provvedimenti amministrativi adottati secondo la legge.

Questo Collegio, per parte propria, rileva che l’argomento fondamentale addotto dal giudice di primo grado al fine di smentire la fondatezza della tesi dell’attuale appellante, intesa ad affermare nella specie la nullità della disciplina di fonte contrattuale dettata in materia di procedimento concorsuale, si identifica nella predetta e del tutto assorbente circostanza per cui, a’ sensi dell’anzidetto art. 2, comma 1, lett. c) della L. 421 del 1992, i procedimenti di selezione per l’accesso al lavoro e di avviamento al lavoro presso le pubbliche amministrazioni sono regolate con legge, ovvero sulla base della legge o - nell’ambito dei principi dalla stessa posti - con atti normativi o amministrativi.

Nulla pertanto vieta alla fonte regolamentare, ovvero all’atto amministrativo generale, di normare i procedimenti concorsuali, poiché la disciplina di questi ultimi avvenga comunque “nell’ambito dei principi” posti al riguardo dalla sovrastante fonte legislativa: il che è avvenuto nel caso di specie.

Il fatto che la fonte contrattuale abbia a sua volta introdotto nel “sistema” , per quanto qui interessa, disposizioni disciplinanti il procedimento concorsuale poi materialmente attuate dall’Amministrazione mediante proprio decreto-bando non muta l’ordine delle cose, posto che le relative norme non risultano discostarsi dai principi che informano le disposizioni di legge e di regolamento che disciplinano i procedimenti concorsuali nelle pubbliche amministrazioni (tant’è che, in ordine ad un preteso scostamento dai principi stessi il M nulla ha dedotto) e che, in ogni caso, la loro necessaria recezione e attuazione in sede di decreto-bando, proprio perché a loro volta avvenute in modo del tutto conforme ai principi desunti dalla predetta disciplina legislativa e regolamentare dettata in materia, ha ricondotto il contenuto del decreto-bando medesimo alla propria competenza di fonte deputata a normare il procedimento concorsuale a’ sensi dell’anzidetta, generale previsione di cui all’art. 2, comma 1, lett. c) della L. 421 del 1992.

4.3. Il M, mediante il secondo motivo d’impugnativa da lui dedotto in primo grado, aveva dedotto la violazione dell’allora vigente art. 20 della L. 958 del 1986 in quanto l’Amministrazione non avrebbe riconosciuto il servizio militare quale esperienza professionale di cui tenere conto ai fini della progressione in carriera riservata agli interni.

Il T.A.R. ha innanzitutto evidenziato in proposito che l’art. 20 testè riferito stabiliva che il periodo di servizio militare è valido a tutti gli effetti per l’inquadramento economico e per la determinazione dell’anzianità lavorativa ai fini del trattamento previdenziale del settore pubblico e che, peraltro, l’art. 77, comma 7, dell’allora vigente D.P.R. 14 febbraio 1964 n. 237, recante la disciplina della leva e del reclutamento obbligatorio nell’Esercito, nella Marina Militare e nell’Aeronautica Militare disponeva, nel testo all’epoca sostituito dall’art. 22 della medesima L. 958 del 1986, nel senso che i periodi di effettivo servizio militare di leva, di richiamo alle armi, di ferma volontaria e di rafferma, prestati presso le Forze Armate e nell’Arma dei Carabinieri, sono valutati nei pubblici concorsi con lo stesso punteggio che le commissioni esaminatrici attribuiscono per i servizi prestati negli impieghi civili presso enti pubblici.

Il T.A.R. ha quindi reputato che il servizio militare di leva deve essere computato per l’accesso all’inquadramento superiore quando il passaggio avvenga per automatismo, nel senso che l’avanzamento dipende dalla mera anzianità di servizio, nel mentre esso non può assumere rilievo ove la progressione di carriera sia subordinata ad una procedura di selezione che richieda un’effettiva e continua prestazione del servizio: “ossia, in altri termini, nell’ipotesi in cui, come nel caso di specie, la procedura selettiva richieda per la partecipazione al concorso un’esperienza professionale almeno pari ad una determinata durata in una certa posizione economica, la effettiva prestazione del servizio non può essere surrogata da un’anzianità figurativa legata allo svolgimento del servizio militare di leva in un periodo in cui il rapporto di impiego neppure sussisteva. D’altra parte, la norma di legge impone il riconoscimento del servizio militare ai fini economici e previdenziali e non anche ai fini della progressione in carriera e la stessa norma di cui all’art. 22, comma 7, della L. 958 del 1986 attribuisce rilevanza al servizio militare ai soli fini dell’attribuzione di punteggio nei concorsi pubblici non anche ai fini della sussistenza del requisito di partecipazione, mentre il successivo comma 8, per l’ammissibilità e la valutazione dei titoli, fa riferimento al servizio militare svolto in pendenza del rapporto di lavoro. Di qui, l’infondatezza della relativa censura” (cfr. pag. 3 della sentenza impugnata).

Il M, nella presente sede di appello, afferma a sua volta che l’interpretazione data dal T.A.R. ai predetti artt. 20 e 22 confliggerebbe con la stessa “ratio” che complessivamente informa le disposizioni in essi contenute, non avendo – a suo dire – alcun senso distinguere tra progressioni automatiche e accesso a selezioni, come per l’appunto fatto dal T.A.R. mediante la propria interpretazione data all’anzidetto art. 20 della L. 958 del 1986: e ciò in quanto il legislatore avrebbe nella specie utilizzato una dizione del tutto generica che, in una con le finalità predette, consentirebbe di concludere nel senso che non sussista una razionale differenziazione tra le varie modalità di carriera.

A conforto della propria tesi il M invoca, tra l’altro, la pronuncia del Tribunale ordinario di Bolzano dd. 26 novembre 2004, secondo la quale “per effetto del principio sancito dall’art. 52, comma 2, Cost., alla cui stregua l’adempimento del servizio militare non deve pregiudicare la posizione di lavoro del cittadino, la norma (art. 77 comma 7, D.P.R. 14 febbraio 1964 n. 237, come modificato dall’art. 22 della L. 24 dicembre 1986 n. 958) secondo cui “i periodi di effettivo servizio militare di leva, di richiamo alle armi, di ferma volontaria e di rafferma, prestati presso le Forze Armate e nell’Arma dei Carabinieri, sono valutati nei pubblici concorsi con lo stesso punteggio che le commissioni esaminatrici attribuiscono per i servizi prestati negli impieghi civili presso enti pubblici” deve essere interpretata nel senso di richiedere che il periodo di servizio militare venga computato, nei concorsi interni che contemplano tra i criteri di valutazione l’anzianità di servizio nella P.A., anche qualora detto periodo si sia compiuto non in pendenza di un rapporto di lavoro” .

Il M pertanto conclude nel senso che l’assunto del giudice di primo grado, secondo il quale il servizio militare prestato non potrebbe assumere rilievo ove la progressione di carriera sia subordinata ad una procedura di selezione che richieda un’effettiva e continua prestazione del servizio, risulterebbe in realtà configgere con la stessa disciplina contenuta nel D.L.vo 165 del 2001, entrata in vigore in epoca susseguente alla L. 958 del 1986 e in forza della quale le modalità di avanzamento sono invero modulate diversamente a seconda che si tratti di progressione c.d. “ orizzontale” (ossia interna all’area) ovvero di progressione c.d. “verticale” (esterna all’area), implicando comunque entrambe anche un miglioramento economico ed essendo, quindi, intrinsecamente incomprensibile la ragione per cui un servizio che il legislatore reputa espressamente utile ai fini generici delle progressioni possa poi valere soltanto per qualcuna di esse.

Il Collegio, per parte propria, evidenzia che l’art. 20 della L. 958 del 1986 disponeva che “il periodo di servizio militare è valido a tutti gli effetti per l’inquadramento economico e per la determinazione della anzianità lavorativa ai fini del trattamento previdenziale del settore pubblico” .

Tale disposizione è stata abrogata per effetto dell’art. 2268 del D.L.vo 15 marzo 2010 n. 66, recante Codice dell’ordinamento militare, ma puntualmente riprodotta al comma 1 dell’art. 2052 di tale decreto legislativo;
al comma 2, prima parte, dello stesso articolo si precisa, comunque, che “il servizio militare valutabile ai sensi del comma 1 è esclusivamente quello in corso alla data di entrata in vigore della L. 24 dicembre 1986, n. 958, nonché quello prestato successivamente” .

L’art. 22 della medesima L. 958 del 1986 aveva viceversa sostituito l’originario testo dell’art. 77 del D.P.R. 14 febbraio 1964 n. 237.

Per quanto qui segnatamente interessa, il comma 7 dell’art. 77 testè riferito, così come risultante da tale novella, disponeva nel senso che “i periodi di effettivo servizio militare di leva prestato presso le Forze Armate sono valutati nei pubblici concorsi con lo stesso punteggio che le commissioni esaminatrici attribuiscono per i servizi prestati negli impieghi civili presso enti pubblici” .

Il susseguente comma 8, sempre nel testo risultante dalla novella medesima, disponeva che “ai fini dell’ammissibilità e della valutazione dei titoli nei concorsi banditi dalle pubbliche amministrazioni è da considerarsi a tutti gli effetti il periodo di tempo trascorso come militare di leva o richiamato, in pendenza di rapporto di lavoro” .

Il comma 9, da ultimo, sempre nel testo novellato, disponeva nel senso che “le norme del presente articolo sono applicabili ai concorsi banditi dalle amministrazioni dello Stato, comprese le aziende autonome, e dagli altri enti pubblici, regionali, provinciali e comunali per l’assunzione e l’immissione di personale esterno in tutte le qualifiche, carriere, fasce o categorie funzionali previste dai rispettivi ordinamenti organici” .

Anche l’art. 77 del D.P.R. 237 del 1964, così come novellato dall’art. 22 della L. 968 del 1986, è stato abrogato per effetto dell’anzidetto art. 2268 del D.L.vo 66 del 2010, e i tre commi testè riportati sono stati peraltro fedelmente e rispettivamente riprodotti nei commi 1, 2 e 3 dell’art. 2050 del medesimo D.L.vo 66 del 2010.

Chiarito ciò, risulta ben evidente che la norma rilevante per il caso di specie va segnatamente reperita nel testo all’epoca vigente del comma 9 del D.P.R. 237 del 1964, corrispondente all’attuale art. 2050, comma 3, del D.L.vo 66 del 2010, in forza del quale il riconoscimento del periodo del servizio militare prestato è “applicabile ai concorsi banditi dalle amministrazioni dello Stato, comprese le aziende autonome, e dagli altri enti pubblici, regionali, provinciali e comunali per l’assunzione e l’immissione di personale esterno in tutte le qualifiche, carriere, fasce o categorie funzionali previste dai rispettivi ordinamenti organici” .

Se così è, quindi, il servizio militare prestato è valutabile con lo stesso punteggio attribuito per i servizi prestati negli impieghi civili soltanto nel caso di concorsi banditi dalle pubbliche amministrazioni “per l’assunzione e l'immissione di personale esterno” : e tale, per l’appunto, non è il caso del M, già dipendente nei ruoli del personale amministrativo della Corte dei Conti che, in quanto tale, aspira a transitare dall’area B all’area C del personale medesimo mediante un procedimento concorsuale al quale non può partecipare il personale esterno, ma solo il personale che – come per l’appunto nel suo caso – è già vincolato da un rapporto di servizio con la Corte medesima.

Tale notazione risulta del tutto assorbente sul punto, e – allo stesso tempo – rende del tutto inconferente ogni notazione del M circa la disciplina di cui all’art. 20 della L. 958 del 1986, oggi corrispondente all’art. 2052 del D.L.vo 66 del 2010 e che attiene invece al ben diverso profilo del riconoscimento del servizio militare in sede di inquadramento economico.

Discende, dunque, da tutto ciò che la Corte dei Conti ha correttamente escluso di valutare il servizio militare prestato dal M al fine del requisito di accesso del medesimo alla procedura concorsuale per cui è causa, vertendosi – come detto innanzi - non già in tema di concorso bandito per l’accesso dall’esterno nei ruoli di cui alla categoria C, ma di una procedura di selezione riservata al personale interno inquadrato nella categoria B.

5. Va da ultimo precisato che, contrariamente sostenuto dal M nella sua ultima memoria defensionale, dalla circostanza che egli sia stato comunque cautelativamente ammesso a partecipare con riserva al corso-concorso per prudenziale determinazione autonomamente assunta dall’Amministrazione qui appellata e che egli si sia collocato all’esito di tale procedura in graduatoria utile (ma a tutt’oggi non assunto in servizio nella nuova qualifica) non può conseguire in suo favore l’applicazione della disciplina eccezionale di sanatoria contenuta nell’art. 4, comma 2-bis, del D.L. 30 giugno 2005 n. 115 convertito con modificazioni in L. 17 agosto 2005 n. 168, in quanto quest’ultima concerne in via esclusiva gli esami di idoneità per l’accesso a libere professioni, e non già le procedure concorsuali per l’accesso a pubblici impieghi (cfr. sul punto, ad es., Cons. Stato, Sez. VI, 8 luglio 2011 n. 4100, nonché Sez. IV, 21 novembre 2006 n. 6807), ancorchè – come nel caso di specie – riservate al personale già in servizio presso la medesima Amministrazione che ha indetto il concorso.

A tale proposito il Collegio evidenzia che tale ultima questione proposta dall’appellante deve essere esaminata facendo coerente applicazione del principio secondo cui le leggi eccezionali, ovvero quelle che recano deroga ad altre disposizioni di legge, non possono trovare applicazione oltre i casi e i tempi ivi espressamente contemplati (art. 14 disp. prel. cod. civ.).

Riconducendo tale fondamentale principio alle vicende del presente giudizio, il Collegio osserva che non può essere condivisa la tesi che postula l’estensione del precitato citato art. 4, comma 2 bis, oltre i casi e le ipotesi ivi espressamente menzionate per ragione di materia.

Infatti, dall’esame del complessivo intervento normativo del 2005 (e della particolare declinazione offertane nell’ambito del relativo articolo 4) emerge che esso fosse limitato in parte qua alle sole ipotesi di “abilitazione professionali” e di acquisizione di specifici titoli riferibili alle professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi o elenchi, previo superamento di specifiche prove abilitative (art. 2229 cod. civ.).

Il necessitato riferimento delle disposizioni di cui al richiamato art. 4 alle sole ipotesi richiamate al precedente capoverso risulta - oltretutto - confermato dalla rubrica dell’articolo medesimo, il quale risulta espressamente ed inequivocabilmente intestato alla disciplina delle “elezioni degli organi professionali” , nonché in “materia di abilitazione e di titolo professionale” .

Pertanto, in dipendenza del carattere di ius singulare delle disposizioni da ultimo richiamate, discende la non condivisibilità dell’argomento con cui si propone di estendere le norme ivi desumibili anche alla diversa ipotesi delle procedure finalizzate all’acquisizione da parte del dipendente di altro status all’interno della pubblica amministrazione.

6. La soluzione del problema dell’attuale appellante, che innegabilmente ha comprovato mediante il superamento del corso-concorso di cui trattasi il possesso di indubbi e pregevoli requisiti di professionalità utili all’Amministrazione non può, pertanto, che ricondursi all’eventualità di una nuova disciplina di fonte contrattuale decentrata che, mediante una disciplina ad hoc , sani la situazione consentendo l’inquadramento nella qualifica superiore del M e delle altre persone eventualmente ricadenti nelle medesime condizioni dell’avvenuto superamento del corso-concorso sulla base dell’avvenuta maturazione, medio tempore , del requisito dell’anzianità di servizio, ovviamente con effetto ex nunc e, quindi, senza corresponsione di arretrati.

7. Come nel primo grado di giudizio, evidenti motivi di equità inducono a disporre tra le parti l’integrale compensazione delle spese e degli onorari del giudizio.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi