Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-04-07, n. 202303614

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-04-07, n. 202303614
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202303614
Data del deposito : 7 aprile 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/04/2023

N. 03614/2023REG.PROV.COLL.

N. 04733/2022 REG.RIC.

N. 05343/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4733 del 2022, proposto da
Comune di Napoli, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati A A e A C, con domicilio digitale come da registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato L L in Roma, alla via Appennini, n. 46;

contro

Consorzio Edilpartenope, in liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati A A, B C e F C, con domicilio digitale come da registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Luca Savini in Roma, alla via Sabotino, n. 12;



sul ricorso numero di registro generale 5343 del 2022, proposto da
Consorzio Edilpartenope, in liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati A A, B C e F C, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Luca Savini in Roma, alla via Sabotino, n. 12;

contro

Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;
Commissario straordinario di Governo ex art. 3 OPCM n. 218/95, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12
Sindaco del Comune di Napoli, nella qualità di Commissario straordinario di Governo ex art. 3 OPCM n. 218/95, non costituito in giudizio;
Comune di Napoli, non costituito in giudizio;

per la riforma

dell'ordinanza collegiale del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania – Napoli, sez. I, n. 1908/2022, resa tra le parti


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Consorzio Edilpartenope, in liquidazione, della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Commissario straordinario di Governo ex art. 3 Ordinanza Pcm n. 218 del 26 Giugno 1995;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 16 febbraio 2023 il Cons. Giovanni Grasso e dato atto della richiesta di passaggio in decisione, senza la preventiva discussione, formalizzata dagli avvocati Cuomo e Cimadomo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue


FATTO

1.- Con ricorso proposto dinanzi al TAR per la Campania, il Consorzio Edilpartenope, in liquidazione, sollecitava, nei confronti del Sindaco di Napoli – nella qualità di Commissario delegato, in forza dell’art. 3 della l. 9 agosto 1004, n. 496 ed ai sensi dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 26 giugno 1995, n. 218, alla realizzazione delle opere di edilizia scolastica relative al Comune capoluogo – l’ottemperanza del provvedimento monitorio n. 4889 del 4 settembre 2020, munito di formula esecutiva in data 17 dicembre 2020, con il quale il Tribunale di Napoli aveva ingiunto il pagamento della somma di € 101.648,87, oltre accessori.

Nella resistenza del Comune di Napoli, con ordinanza n. 1908 del 22 marzo 2022 il TAR – acclarata la perdurante pendenza della procedura di riformulazione del piano di riequilibrio finanziario pluriennale, ex art. 1, commi 888 ss. della l. n. 205/2017 – disponeva, ai sensi dell’art. 243 bis del d. lgs. n. 267/2000 e dell’art. 79 c.p.a., la sospensione del giudizio sino alla data della approvazione (o della mancata approvazione) del piano da parte della Corte dei Conti.

2.- Con atto di appello, notificato nei tempi e nelle forme di rito, il Comune di Napoli impugnava la ridetta ordinanza, nella parte in cui – pur avendo recepito, per quanto di ragione, la propria istanza intesa alla sospensione del giudizio, peraltro formulata in via dichiaratamente gradata – aveva nondimeno omesso l’esame della propria preliminare eccezione di difetto di legittimazione passiva, argomentata in ragione della estraneità dell’Amministrazione comunale all’operato del Sindaco, investito nella qualità di Commissario governativo.

In ragione del denunziato errore di fatto e di diritto – emergente ictu oculi dal rilievo che la decisione impugnata aveva imputato la costituzione in giudizio e l’attività difensiva dispiegata al Comune di Napoli in proprio e non al Sindaco, nella ridetta qualità, che per parte sua non si era, in realtà, neppure costituito – la stessa aveva, implicitamente ed in guisa anche solo prospetticamente lesiva, finito per implicitamente imputare al bilancio comunale la responsabilità per l’adempimento del debito in contestazione.

3.- Si costituiva in giudizio, in resistenza, il Consorzio Edilpartenope, il quale proponeva, con la comparsa, appello incidentale autonomo, con il quale sposava integralmente l’impostazione censoria del Comune, convergendo nell’istanza di annullamento dell’ordinanza appellata, “ con ogni conseguenza di legge ”.

Peraltro, per mero disguido, l’appello de quo , proposto in via incidentale, veniva incardinato (anche) come ricorso autonomo, rubricato con distinto numero di ruolo generale (RG n. 5343/2022).

4.- Alla camera di consiglio del 16 febbraio 2023, le cause – sulle reiterate conclusioni dei difensori delle parti costituite, affidate ad istanza di passaggio in decisione senza discussione – venivano chiamate congiuntamente e riservate a sentenza.

DIRITTO

1.- In via preliminare, occorre disporre la riunione dei ricorsi, sia in ragione dell’erronea iscrizione “ a ruolo ”, come autonomo e distinto gravame, del ricorso proposto, in realtà, solo in via incidentale dal Consorzio Edilpartenope, sia in ragione del fatto che gli stessi risultano, in ogni caso, indirizzati avverso la medesima decisione (cfr. art. 96, comma 1 c.p.a.).

Importa, invero, osservare che – per quanto il meccanismo della iscrizione nel “ registro generale dei ricorsi ” delle cause proposte dinanzi al giudice amministrativo presenti, alla luce dell’art. 1 delle norme di attuazione del c.p.a., evidenti tratti differenziali rispetto a quello prefigurato, in base agli art. 168 c.p.c. e 71 ss. delle relative disp. att., per il rito civile (cfr. Cons. Stato, sez. V, 17 aprile 2002, n. 2024, che argomenta dalla “ differente struttura del processo ” e dalla “ autonoma ” previsione dell'articolo 18 del regio decreto 17 agosto 1906, n. 642, oggi trasfusa, senza modifiche di rilievo, nell’art. 1, comma 2 cit.) – deve ritenersi che, le quante volte sia stata erroneamente reduplicata l’iscrizione a ruolo della medesima causa, il rimedio processuale consista in ogni caso nella riunione dei due procedimenti, chiamati ad una trattazione congiunta (cfr. art. 273, comma 1 c.p.c., applicabile anche al rito processuale amministrativo in virtù del rinvio esterno ex art. 39 c.p.a., trattandosi di un “ principio generale ” che non trova ostacolo in ragioni di specifica incompatibilità): in tal senso, tra le molte, Cass., sez. III, [ord.] 9 novembre 2020, n. 24974;
Id., sez. III, 4 luglio 2007, n. 15123;
Id., sez. I, 24 maggio 2007, n. 12161;
Id., sez. I, 9 novembre 2004, n. 21349;
Id., sez. III, 23 dicembre 2003, n. 19775.

Vero è in effetti, con più lungo discorso:

a ) che nel processo amministrativo l’inserimento della causa nel “registro generale dei ricorsi ” (e la pedissequa attribuzione di un numero d’ordine, identificativo della “ causa ”, ai fini della formazione, secondo “ le disposizioni del presidente ”, dei successivi “ ruoli ”: cfr. art. 2, comma 4 disp. att.) non procede (a differenza del rito civile) dall’impulso di parte, ma è attività integralmente rimessa agli uffici di “ segretariato ”: non è, con ciò, prevista una formale attività di “ iscrizione […] a ruolo ” – che è atto della “ parte ” e che postula, per tal via, la “ presentazione ” di apposita “ nota ” in funzione propulsiva (cfr. art. 168 c.p.c. e 71 disp. att. cit.) – ma solo una automatica “ iscrizione ”, secondo un ordine cronologico, dei “ ricorsi ” proposti e depositati (cfr. art. 1, comma 2 disp. att. c.p.a.) ed una correlata “ annotazione ” dei successivi atti processuali relativi alla medesima controversia (cfr. comma 1);

b ) che, per tal via, quando un appello proposto in via incidentale sia stato ritualmente “ annotato ” in relazione ad una causa già incardinata, la sua distinta ed erronea “ iscrizione ” come gravame autonomo non prefigura la (fisiologica: cfr. art. 96, comma 1 c.p.a.) vicenda delle “ impugnazioni proposte separatamente ”, che sollecitano un “ solo processo ”, ma una (patologica) duplicazione della “ stessa causa ”: e nondimeno, nella impossibilità di procedere ad una cancellazione officiosa dal registro (che, di là da ogni altro rilievo, postula una diversità di giudicanti e sollecita un correlativo e formale esito in rito, in ragione della accertata litispendenza: cfr. art. 39, comma 1 c.p.c.), il rimedio resta pur sempre quello della riunione (in ogni caso officiosa e necessaria) dei giudizi ( arg. ex art. 273 c.p.c. e, a contrario , ex art. 96, ult. cpv. c.p.a., per il quale l’esclusione della sanzione di improcedibilità in caso di “ mancata riunione ” postula “ impugnazioni ritualmente proposte ”, che nella specie non sussistono);

c ) che, del resto, la soluzione si impone anche a salvaguardia del diritto di difesa delle parti che – come, nella specie, occorso per la Presidenza del Consiglio dei Ministri – abbiano optato per la costituzione solo in uno dei due giudizi incardinati (e che sarebbero perciò inammissibilmente pregiudicate da una declaratoria di improcedibilità della relativa causa, quando fosse stata iscritta per seconda).

2.- Ancora in via preliminare, occorre saggiare l’appellabilità dell’ordinanza con la quale – ai sensi dell’art. 79 c.p.a., in combinato disposto con l’art. 243 bis d. lgs. n. 267/2000 – è stata disposta la sospensione del giudizio di primo grado.

2.1.- Il problema si pone, in quanto:

a ) sul piano positivo, l’art. 79, comma 3 c.p.a. dichiara appellabili solo “ le ordinanze di sospensione emesse ai sensi dell’articolo 295 del codice di procedura civile ” (vale a dire, in caso di pregiudizialità , correlata alla necessità di previa definizione di “ una controversia ” da cui dipenda “ la definizione della causa ”);

b ) la disposizione si giustifica, come è noto, in ragione del rilievo che, in tal caso, la vicenda anomala del processo fonda su ragioni di ordine propriamente e tecnicamente competenziale (in quanto la cognizione della “ causa ” pregiudiziale spetti un giudice diverso da quello della “ causa ” dipendente e risulti impossibile il simultaneus processus : arg. ex art. 34 c.p.c.): sicché l’introduzione, nel rito processuale civile, del rimedio del regolamento di competenza (cfr. art. 42 c.p.c.) ha imposto l’introduzione, a favore delle parti, di uno strumento impugnatorio (segnatamente, individuato nell’appello) anche nel giudizio amministrativo, atteso che un indebito ed ingiustificato arresto del processo può compromettere l’interesse ad una sollecita definizione della controversia ed impattare, più a monte, sul principio di ragionevole durata delle liti;

c ) per analogo ordine di ragioni, sono, sotto un profilo sistematico, ordinariamente impugnabili le ordinanze aventi natura a vario titolo decisoria (cfr. art. 62, che prevede l’appello avverso le “ ordinanze cautelari ”;
l’art. 15, comma 5, relativamente all’ordinanza che pronunzia “ sulla competenza ” ovvero “ sulla competenza e sulla domanda cautelare ”;
l’art. 116, comma 2, in relazione alla pronunzia resa sulla istanza ostensiva incidentale, per la quale l’appellabilità, non positivamente scolpita, è stata da ultimo sistematicamente desunta ed argomentata da Cons. Stato, ad. plen. 24 gennaio 2023, n. 4;
l’ordinanza con cui il giudice “ provvede ” a disporre “ l’esecuzione di un’ordinanza ”, avente valore decisorio: art. 114, comma 5);

d ) per contro, sono ordinariamente non impugnabili, in assenza di espressa previsione positiva, le ordinanze propriamente “ interlocutorie ” (cfr. art. 33, comma 1, lett. b ), in correlazione all’art. 36, che le individua, in termini generali, come quelle non idonee a definire, “ nemmeno in parte ”, il giudizio): in quanto insuscettibili di “ pregiudicare la decisione della causa ”, esse sono, ordinariamente assoggettate ad uno statuto di “ revocabilità ” e “ modificabilità ” da parte del “ giudice che le ha pronunciate ” (cfr. art. 177 c.p.c., applicabile in quanto compatibile ex art. 39 c.p.a.).

2.2. - Ciò posto, non è dubbio che – con la evidenziata (e, in realtà, solo apparente) eccezione della sospensione “ necessaria ” – le ordinanze che dispongono, a vario titolo, la sospensione del processo ex art. 79 rientrino (come, per altro verso, quelle che dispongono o dichiarano l’interruzione, non a caso disciplinate in unitario contesto) nel novero di quelle interlocutorie, nei termini di una vicenda (c.d. anomala) della formale dinamica procedimentale ( processus ) e non della sostanziale elaborazione della decisione ( judicium ). Si spiega, perciò, che il loro regime rientri nel dominio esclusivo del giudice della relativa fase processuale (che, anche in via officiosa, può disporne, secondo i presupposti, la modifica parziale o l’integrale ritiro), senza possibilità di gravame.

Né è dubbio che in tali fattispecie rientri anche la sospensione prevista dall’art. 243 bis del d.lgs. n. 267/2000 in caso di attivazione, da parte degli enti locali, della procedura di riequilibrio finanziario pluriennale (c.d. predissesto).

Nondimeno, deve ritenersi, ad avviso del Collegio, che, in tal caso, l’ordinanza sia suscettibile di essere impugnata con l’appello.

2.3.- Militano in tal senso plurime considerazioni.

2.3.1.- Va, in premessa, osservato che la procedura in questione è preordinata ad evitare che gli enti locali, che versino in una situazione di squilibrio strutturale del bilancio, subiscano le conseguenze, gravi ed impattanti, del dissesto finanziario: la deliberazione di un piano di riequilibrio – rimesso alla approvazione e al controllo della Corte dei conti ex art. 243 quater d. lgs. cit. – è invero finalizzata a responsabilizzare gli organi dell’ente territoriale ai fini della definizione e della assunzione di ogni iniziativa utile al risanamento, così da evitare il ricorso alla gestione commissariale

L'istituto è destinato ad operare nei casi in cui in cui gli strumenti ordinari di riequilibrio, di cui agli articoli 193 (deliberazione di “ salvaguardia degli equilibri di bilancio ”) e 194 (“ riconoscimento di legittimità dei debiti fuori bilancio ”) del d. lgs. n. 267 cit. non siano sufficienti a superare le condizioni di squilibrio, correlato alla incapacità di adempiere alle proprie obbligazioni esigibili a causa della mancanza di risorse effettive a copertura delle spese e, solitamente, della correlata mancanza o grave carenza di liquidità disponibile;
squilibrio che assume connotazione “ strutturale ” quando il deficit – da disavanzo di amministrazione o da debiti fuori bilancio – esorbita le ordinarie capacità di bilancio e di ripristino degli equilibri e richiede mezzi ulteriori, extra ordinem (in termini di fonti di finanziamento, dilazione passività, ecc.).

La procedura di riequilibrio – che può essere avviata fino a quando non siano stati assegnati dalla Corte dei conti i termini per l'adozione delle misure correttive, con cui ha inizio il dissesto guidato, di cui all'articolo 6, comma 2, del d. lgs. n. 149 del 2011 – prevede che la relativa deliberazione sia trasmessa, entro cinque giorni, alla competente sezione regionale della Corte dei conti e al Ministero dell'interno (art. 243 bis , comma 2 cit.).

Dalla data di esecutività della deliberazione (e fino alla data di approvazione o di diniego di approvazione del piano da parte della sezione regionale per il controllo della Corte dei Conti), sono sospese ( ex lege ) le “ procedure esecutive ” intraprese nei confronti dell'ente (art. 243 bis , comma 4).

2.3.2.- Per consolidato intendimento, nel novero delle “ procedure esecutive ” assoggettate al regime di sospensione rientra anche il giudizio di ottemperanza, in quanto risulti attivato ai fini della esecuzione “ delle sentenze passate o degli altri provvedimenti ad esse equiparati del giudice ordinario ” (cfr. art. 112, comma 2 lett. c ) c.p.a.).

Si è, infatti, chiarito che in tal caso il giudice amministrativo deve svolgere un’attività di “ pura esecuzione ”, senza possibilità di integrare sotto alcun profilo la sentenza (cfr., da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 22 marzo 2023, n. 2932;
nonché, tra le molte, Cons. Stato, sez. V, 20 dicembre 2018, n. 7182, che richiama il risalente e consolidato insegnamento di Cons. Stato, ad. plen. 9 marzo 1973, n. 1 e Id., ad. plen., 24 giugno 1998, n. 4), dovendosi, in sostanza, limitare all’accertamento dell’esistenza di un comportamento in tutto o in parte omissivo e all’attuazione del disposto della pronuncia del giudice civile.

Per questo rispetto, l’applicazione dell’art. 243 bis , comma 2 cit. al giudizio di ottemperanza deve riguardarsi quale frutto di una opzione esegetica semplicemente estensiva, e dunque di ordine strettamente letterale, prima che propriamente analogica.

2.3.3.- Peraltro – a fronte della sospensione di ogni iniziativa esecutiva in danno dell’Amministrazione – non sussiste concordia di opinioni sulla sorte del giudizio di ottemperanza, atteso che: a ) una parte della giurisprudenza (in tal senso, da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, 9 febbraio 2022, n. 920) ne prefigura (escludendo una misura di ordine soprassessorio, cioè a dire di una improcedibilità temporea , destinata ad essere superata con la riassunzione del giudizio) un autonomo esito decisorio in rito, nel senso della inammissibilità ovvero della improcedibilità (secondo che l’attivazione della procedura di riequilibrio sia temporalmente antecedente o successiva alla lite), ferma beninteso la riproponibilità della domanda a valle della approvazione del piano di riequilibrio: e ciò in ragione del rilievo che la sospensione del processo esecutivo dinanzi al giudice ordinario si giustifichi nella prospettiva della salvezza degli atti esecutivi già compiuti (tipicamente, il pignoramento effettuato, che rimane fermo anche nella pendenza della causa), laddove una simile esigenza non ricorre nel giudizio di ottemperanza, la cui sospensione “ servirebbe solo a mantenere pendente un processo privo di contenuto ”; b ) in diversa prospettiva (cfr., ancora di recente, CGARS, 13 febbraio 2023, n. 127 e, nello stesso senso, Id., 15 febbraio 2022, n. 202, con riferimento alla possibilità di interinale designazione di organo commissariale ad acta , peraltro con limitato compito di “ vigilare in ordine all’adempimento del debito […] rispetto alle vicende che poss [a] no seguire l’approvazione o il diniego del piano di riequilibrio autonomamente elaborato ”) si è ritenuta operante una causa di automatica sospensione del giudizio di ottemperanza, a disporsi anche (e direttamente) in fase di gravame, ove non sia accaduto in prime cure.

2.3.4.- Nella presente controversia, la questione non assume, peraltro, immediato rilievo, in quanto le parti appellanti hanno contestato l’ordinanza impugnata sollecitandone l’annullamento nella convergente prospettiva della riattivazione del processo sospeso, con rinvio prosecutorio della lite al primo giudice: sicché il principio dispositivo preclude, in ogni caso, al Collegio il percorso di una potenziale definizione della lite in mero rito, potendo solo accogliersi o respingersi la domanda, nei termini in cui risulta formulata.

Nondimeno, la ricostruzione che precede serve comunque a far chiaro che la sospensione de qua (che rientra nelle ipotesi di sospensione del processo esecutivo, di cui agli artt. 623 ss. c.p.c.) non obbedisce ad una logica meramente interna al processo, ma postula in ogni caso una puntuale indagine di ordine sostanziale in ordine allo stato dell’autonomo procedimento amministrativo di riequilibrio, che coagula, come tale, una questione preliminare di merito idonea ad incidere sul tenore della decisione (cfr. art. 76, ult. cpv. c.p.a., in relazione all’art. 276, comma 2 c.p.c.).

Si intende, allora, che – sia in ragione di tale implicito accertamento incidentale , relativo alle modalità, alla ritualità ed alla scansione temporale della deliberazione del riequilibrio, sia in concorrente ragione della necessità (ben avvertita, in termini generali, dal codice di rito civile, che appronta alle parti e, segnatamente, al creditore, secondo le circostanze, strumenti impugnatori sotto la alternativa specie del reclamo cautelare o della residuale opposizione agli atti esecutivi: cfr. paradigmaticamente art. 624 c.p.c., a fronte dell’art. 617) – l’ordinanza di sospensione deve ritenersi suscettibile di contestazione: qui, con il rimedio dell’appello, in applicazione analogica della regola dettata dall’art. 79, ult. cpv..

3.- È in tale, complessiva prospettiva che deve essere altresì vagliata – ancora e preliminarmente in rito e, segnatamente, sotto il profilo della sussistenza delle condizioni dell’azione – la posizione del Comune di Napoli.

In via di principio, infatti, non è revocabile in dubbio che l’interesse ad impugnare l’ordinanza che disponga la sospensione del processo di ottemperanza connoti la posizione processuale del ricorrente di prime cure, il quale riveste la posizione sostanziale di creditore esecutante, pregiudicato dal temporaneo arresto procedimentale. Per contro, il debitore esecutato non ha, di regola, interesse a sollecitare la riattivazione della procedura sospesa, trattandosi di agere contra se .

Nel caso in esame, tuttavia, il Comune – avendo vanamente eccepito di non essere effettivo debitore della pretesa azionata, gravante sul Sindaco nella qualità di organo statale – allega il proprio interesse a che venga accertata la correlativa insussistenza delle condizioni per disporre la sospensione dell’ottemperanza ex art. 243 bis d. lgs. n. 267/2000, che postula, nei sensi diffusamente chiariti, l’implicito accertamento della rilevanza della procedura di riequilibrio finanziario che ha interessato i bilanci dell’ente locale.

Si tratta, con ciò, di una tipica situazione di c.d. soccombenza teorica (o su questione) – prefigurata dal rilievo che l’eccezione di sospensione del processo era stata bensì formalizzata dallo stesso Comune (che se la è vista accogliere, risultando, sul punto, formalmente vittorioso), ma solo (e dichiaratamente) in via subordinata, in quanto connotata di minore grado di satisfattività rispetto alla pretesa che venisse dichiarato il proprio pregiudiziale difetto di legittimazione passiva.

In tale prospettiva, ed in correlazione all’ordine di esame delle questioni assoggettato al principio dispositivo (cfr. Cons. Stato, ad. plen. 27 aprile 2015, n. 5), l’appello, inerente a questione rimasta assorbita, è senz’altro proponibile (cfr., tra le molte, Cass. sez. V, [ord.] 15 luglio 2021, n. 20315;
Id., sez. II, 10 novembre 2021, n. 33109 e, da ultimo, Cass., sez. III, [ord.] 14 marzo 2022, n. 8096).

4.- Alla luce delle esposte considerazioni, gli appelli devono ritenersi proponibili ed ammissibili.

Essi sono, peraltro, nei sensi delle considerazioni che seguono, infondati.

Importa, invero, premettere, avuto riguardo al regime delle competenze in materia di edilizia scolastica e di allocazione delle relative risorse finanziarie (anche nei contesti in cui, come in quello in esame, sono state attivate misure straordinarie di commissariamento degli enti locali), che, nell’articolo 117 della Costituzione, l’” edilizia scolastica ” non è menzionata come autonoma materia. Peraltro, la Corte costituzionale ha reiteratamente evidenziato che, nella relativa disciplina, “ si intersecano più materie, quali il ‘governo del territorio’, ‘l'energia’ e la ‘protezione civile’, tutte rientranti nella competenza concorrente ” (cfr. Corte cost. nn. 62/2013, 284/2016 e 71/2018).

Con riferimento alla realizzazione, fornitura e manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici scolastici, la l. 23/1996 (all’art. 3) ha stabilito che la relativa competenza spetti ai Comuni, per quelli da destinare a sede di scuole dell'infanzia, primaria e secondaria di primo grado, e alle Province, per quelli da destinare a sede di scuole di istruzione secondaria di secondo grado. Peraltro, come è noto, la l. 56/2014 ha previsto, fra l'altro, l'istituzione e la disciplina delle Città metropolitane e la ridefinizione del sistema delle Province: le funzioni fondamentali di queste ultime sono state, in particolari, attribuite alle Città metropolitane.

Inoltre, con d.l.1/2020, convertito dalla l. n. 12/2020) – che ha istituito il Ministero

dell'istruzione (oggi Ministero dell'istruzione e del merito) e il Ministero dell'università e della ricerca, sopprimendo il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca – le attività connesse alla sicurezza delle scuole e all'edilizia scolastica rientrano nelle aree funzionali del Ministero dell'istruzione.

In tale contesto, l’accertamento di numerosi e significativi ritardi maturati nell’adeguamento e nella rinnovazione delle strutture esistenti ha visto l’adozione di numerosi interventi di commissariamento, in via straordinaria, di taluni enti locali.

In particolare, per quanto concerne la vicenda in esame, la legge 8 agosto 1994, n. 496, di conversione, con modificazioni, del d.l. n. 370/94, recante interventi urgenti in materia di prevenzione e rimozione dei fenomeni di dispersione scolastica, ha dettato disposizioni urgenti dirette, tra l'altro, a consentire l'attuazione di opere di edilizia scolastica nel Comune e nella Provincia di Napoli.

In particolare: a ) l'art. 3, comma 5 qualificava di “ preminente interesse nazionale ” e di “ somma urgenza ” le opere di edilizia scolastica da effettuarsi nel territorio interessato; b ) l'art. 3, comma 6, prevedeva che il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della pubblica istruzione, sentiti il Presidente della giunta della Regione Campania, il Sindaco di Napoli ed il Presidente della Provincia di Napoli, provvedesse agli interventi “anche in deroga alle vigenti disposizioni, ivi comprese quelle sulla contabilità generale dello Stato, nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento e delle norme comunitarie, avvalendosi di commissari delegati.

Sulla base della ridetta normativa, con ordinanza n. 218 del 26 giugno 1995, oggetto di successive proroghe, il Presidente del Consiglio dei Ministri individuava il Sindaco di Napoli quale commissario delegato alla attuazione degli interventi.

Nondimeno, la strumentale erogazione delle relative risorse economiche – a valere anzitutto sul Fondo unico per l'edilizia scolastica istituito dal d.l. 179/2012, convertito dalla l. n.221/2012, destinato a recepire le risorse iscritte nel bilancio dello Stato comunque destinate a finanziare interventi di edilizia scolastica – non subiva modificazioni di rilievo, nel senso che i finanziamenti previsti erano destinati a refluire sui bilanci comunali, per essere all’uopo destinati alla attuazione degli interventi programmati.

Tale circostanza appare decisiva ai fini della controversia in esame. Nella quale, trattandosi di garantire l’esatta ottemperanza al provvedimento monitorio azionato, non viene tanto in considerazione un profilo di attribuzione competenziale (fermo restando che la posizione debitoria è indubbiamente assunta non dal Comune di Napoli in proprio, ma dal Sindaco, nella qualità di organo commissariale straordinario, dovendosi sotto questo limitato profilo emendare il tenore del provvedimento impugnato), quanto l’individuazione delle risorse suscettibili di aggressione sotto il profilo esecutivo.

Ne discende che – trattandosi di risorse economiche comunque refluite, nel senso chiarito, nel bilancio del Comune di Napoli, interessato dalla complessiva procedura di riequilibrio finanziario – correttamente il primo giudice ha ritenuto di fare applicazione dell’art. 243 bis , comma 4 del d. lgs. n. 267/2000, che preclude temporaneamente la prosecuzione di iniziative esecutive, disponendo la sospensione del procedimento.

5.- Alla luce delle esposte considerazioni, sia l’appello del Comune di Napoli, sia il convergente appello incidentale del Consorzio Edilpartenope devono ritenersi infondati e vanno, conseguentemente, respinti.

La obiettiva peculiarità della controversia, emergente dalla esposta motivazione, giustifica, ad avviso del Collegio, l’integrale compensazione, tra le parti costituite, delle spese e delle competenze di lite.

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