Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2015-04-21, n. 201502015
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Testo completo
N. 02015/2015REG.PROV.COLL.
N. 03169/2002 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3169 del 2002, proposto dal Comune di Venezia, in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati N P, G G, A I, N O e M B, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, Via Barnaba Tortolini, n. 34;
contro
C V, rappresentato e difeso dagli avvocati A P e M L, con domicilio eletto presso lo studio del secondo, in Roma, Via del Quirinale, n. 26;
nei confronti di
del Magistrato alle Acque di Venezia, in persona del titolare dell’Ufficio
pro tempore
, non costituito in giudizio;
Italia Nostra O.N.L.U.S., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Veneto – Venezia, Sezione II, n. 00977/2001, resa tra le parti.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del signor Vincenzo C;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti i decreti 31 luglio 2012, n. 2016 e 18 settembre 2012, n. 2619;
Viste le proprie ordinanze 4 novembre 2013 n. 5297 e 26 marzo 2014 n. 1465;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 febbraio 2015 il Cons. A A e uditi per le parti gli avvocati Alessio Petretti, su delega dell'avvocato N P, e A P;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1.- In data 19 ottobre 1983 la Regione Veneto ha rilasciato in via sperimentale, per il periodo di due anni e con decorrenza dal 1° settembre 1983, al signor Vincenzo C la concessione della Valle Cà Zane, estesa su circa 150 ettari nella laguna nord, al fine di esercitarvi la piscicoltura estensiva.
Detta concessione, che è stata successivamente rinnovata in via definitiva per la durata di dodici anni (dall'1 settembre 1985 al 31 agosto 1997) con disciplinare n. 2465/85 del 26 febbraio 1986, era corredata da un progetto per la vivificazione della valle, esaminato ed approvato dalla Commissione per la Salvaguardia di Venezia in data 13.1.1982 e in data 8.3.1985 che, in particolare, prevedeva che il concessionario, all’art. 2, dovesse " mantenere la destinazione della parte settentrionale della Valle di Cà Zane a pesca vagantiva.. ." e, a tal fine, all’art. 3, che dovesse "… mantenere i fondali d'acqua dei canali interni di vivificazione a quota m. 1,20 sotto il l.m.m. mediante periodici scavi manutentori, previa autorizzazione da richiedersi alla sezione di vigilanza lagunare del Magistrato alle Acque ".
La Regione Veneto, con deliberazione della Giunta regionale n. 4219 del 5 agosto 1986 e successivo decreto presidenziale n. 2188 dell’11 ottobre 1991, ha assentito la concessione e i diritti esclusivi di pesca sino alla scadenza della concessione demaniale a favore del signor C, che, in data 18 giugno 1992, ha presentato istanza al Magistrato alle Acque-Ufficio per la salvaguardia di Venezia, per l'esecuzione dei lavori manutentori di scavo dei canali e dei ‘ghebi’ della valle in questione.
E’ stata quindi rilasciata l'autorizzazione n. 5207 del 23 luglio 1992, con la quale, richiamato il disciplinare di concessione, sono stati autorizzati i lavori di manutenzione ordinaria nella Valle Cà Zane " riguardanti la ricalibratura di ghebi e canali collettori per la manutenzione e la vivificazione della valle stessa ", con la prescrizione che i materiali di risulta fossero " depositati all'interno del bacino vallivo stendendoli nelle aree barenose ovvero a ridosso degli argini per la loro ricalibratura ".
Successivamente il Sindaco di Venezia ha ordinato al signor C la sospensione dell'asserita, abusiva esecuzione delle opere di scavo con provvedimento n. 92/9093/395 del 18 agosto 1992, che è stato impugnato dall’interessato con ricorso R.G. n. 2569/1992 innanzi al T.A.R. Veneto;in seguito il citato Sindaco, preso atto dei precedenti sopralluoghi e della deliberazione consiliare n. 189 del 18 ottobre 1992 (che dichiarava le opere in questione contrastanti con rilevanti interessi urbanistici ed ambientali), ha ordinato la demolizione delle opere stesse con ordinanza n. 92/9093/395 del 24 ottobre 1992, che è stata pure impugnata dall’interessato con ricorso R.G. n. 216/1993 presso detto T.A.R..
In seguito, in data 30 settembre 1999, il Comune di Venezia ha contestato al signor C la realizzazione di opere abusive consistenti in " movimenti di terra finalizzati all'arginatura circondariale della Valle Cà Zane e alle arginature delle peschiere, con alterazione significativa dello stato iniziale dei luoghi ” e ha ordinato la sospensione dei lavori con provvedimento n. 99/14737/345 del 7 ottobre 1999, cui non ha fatto seguito alcun provvedimento definitivo nei termini previsti dall'art. 91, penultimo comma della l.r. n. 61 del 1985 e che è stato pure impugnato con ricorso R.G. n. 2721/1999 innanzi al ridetto T.A.R..
2.- Con sentenza della Sezione II, n. 977/2001 il citato T.A.R., riuniti detti ricorsi, ha stabilito che l'ordinanza sindacale n. 99/14737/345 del 7 ottobre 1999, di sospensione dei lavori, impugnata con il ricorso R.G. n. 2721/1999, era decaduta, ai sensi della medesima disposizione, non essendo stata seguita da alcun provvedimento definitivo nel termine perentorio stabilito dall'art. 91, penultimo comma, della l.r. n. 61 del 1985;ha quindi dichiarato improcedibile il gravame non sussistendo più alcun interesse alla sua decisione. Il T.A.R. ha inoltre accolto i ricorsi n. 2569/1992 e n. 216/1993, avendo ritenuto fondata l’assorbente censura di incompetenza del Sindaco, ai sensi del combinato disposto dell'art. 77, II comma, della l.r. n. 61 del 1985 e dell’art. 81 del d.P.R. n. 616 del 1977, ad assentire e, comunque, ad intervenire nei confronti di opere da realizzare su aree appartenenti al demanio statale.
3.- Con il ricorso in appello in esame il Comune di Venezia ha chiesto la riforma di detta sentenza deducendo i seguenti motivi:
1) Con riguardo alle competenze spettanti, in ordine all'esecuzione di opere in ambito demaniale, rispettivamente al Magistrato alle Acque e agli Enti Locali: violazione dell’art. 14 della l. n. 47 del 1985.
Detta norma stabilisce un sistema sanzionatorio speciale con riguardo alla fattispecie ivi contemplata, non prevedendo l’acquisizione gratuita al patrimonio del Comune, trattandosi di aree di proprietà del demanio o di altri Enti pubblici, ma affidando al Comune il regime sanzionatorio delle opere eseguite su beni demaniali soggette a concessione edilizia. L’art. 81 del d.P.R. n. 616 del 1977 sarebbe stato quindi erroneamente applicato al caso di specie dal momento che si riferisce alle opere da eseguirsi da parte di Amministrazioni statali.
2) Erronea pronuncia di decadenza dell’ordinanza di sospensione delle opere abusive n. 99/14737/345 del 7 ottobre 1999 e di improcedibilità del ricorso con il quale è stata impugnata.
Con l’impugnata sentenza è stato ritenuto scaduto un termine la cui decorrenza era stata invece sospesa con una ordinanza cautelare del T.A.R..
3) E’ stata quindi contestata la fondatezza dei seguenti ulteriori motivi posti dal ricorrente a base dei ricorsi formulati in prime cure:
a) Violazione di legge;violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 94 della l.r. Veneto n. 61 del 1985 in relazione all'art. 76 della stessa legge;eccesso di potere per difetto di presupposto.
b) Eccesso di potere per illogicità, perplessità e vizio della funzione.
c) Violazione di legge;violazione e falsa applicazione dell'art. 95 della l.r. Veneto n. 61 del 1985. Eccesso di potere per difetto del presupposto.
d) Violazione di legge;violazione dell’art. 94 della l.r. Veneto n. 61 del 1985.
e) Eccesso di potere per difetto di motivazione, illogicità, e contraddittorietà, anche in relazione al disposto dell’art. 4 della l. n. 360 del 1991.
f) Violazione del legge;violazione dell’art. 21 della l. n. 1034 del 1971 in relazione all’ordinanza del T.A.R. Veneto, Sezione II, n. 659 del 1992. Eccesso di potere per difetto del presupposto.
4.- Con atto depositato il 22 maggio 2002 si è costituito in giudizio il signor Vincenzo C, che ha riproposto in appello i motivi non esaminati nella sentenza appellata, in particolare il secondo ed il terzo motivo dei ricorsi n. 2569 del 1992 e 216 del 1993, il quarto il quinto ed il sesto motivo del ricorso n. 216 del 1993, nonché il primo, il secondo ed il terzo motivo del ricorso n. 2721 del 1999;inoltre ha chiesto che l’appello sia dichiarato improcedibile, inammissibile ed infondato.
5.- Con decreto 31 luglio 2012, n. 2016 il ricorso in appello è stato dichiarato perento.
6.- Con decreto 18 settembre 2012, n. 2619 detto decreto è stato revocato ed è stata disposta la reiscrizione del ricorso sul ruolo di merito.
7.- Con memoria depositata il 30 luglio 2013 il costituito signor C ha dedotto l’infondatezza dei motivi posti a base dell’appello ed ha ribadito la fondatezza dei motivi posti a base dei ricorsi di primo grado e non esaminati in sentenza.
8.- Con memoria depositata il 30 luglio 2013 il Comune appellante ha ribadito la fondatezza dell’appello.
9.- Con memoria depositata il 24 settembre 2013 il signor C ha replicato alle avverse difese.
10.- Con memoria depositata il 24 settembre 2013 il Comune di Venezia ha affermato la persistenza del proprio interesse al ricorso ed ha contestato le tesi di controparte.
11.- Con ordinanza 4 novembre 2013 n. 5297 la Sezione ha disposto una verificazione, nominando per l’incombente il Direttore della Direzione Geologia e Georisorse della Regione Veneto o un suo delegato, cui sono stati posti i seguenti quesiti: “ Accerti l’organismo verificatore se dall’esame della documentazione in atti relativa alla situazione esistente al momento dell’adozione degli atti impugnati e dalla rilevazione attuale dello stato dei luoghi le opere realizzate rispettino quanto statuito con l'autorizzazione 23.7.1992 n. 5207, rilasciata dal Magistrato alle Acque-Ufficio per la salvaguardia di Venezia nella quale, richiamato il disciplinare di concessione, si autorizzavano i lavori di manutenzione ordinaria nella Valle Cà Zane "riguardanti la ricalibratura di ghebi e canali collettori per la manutenzione e la vivificazione della valle stessa" e si prescriveva, peraltro, che i materiali di risulta fossero "depositati all'interno del bacino vallivo stendendoli nelle aree barenose ovvero a ridosso degli argini per la loro ricalibratura".
Accerti l’organismo verificatore se dall’esame della documentazione in atti relativa alla situazione esistente al momento dell’adozione degli atti impugnati e dalla rilevazione attuale dello stato dei luoghi le opere realizzate si siano tradotte in movimenti di terra finalizzati all'arginatura circondariale della Valle Cà Zane e alle arginature delle peschiere, con alterazione significativa dello stato iniziale dei luoghi non compatibili con i lavori di manutenzione ordinaria autorizzati.
Accerti l’organismo verificatore se dall’esame della documentazione in atti relativa alla situazione esistente al momento dell’adozione degli atti impugnati e dalla rilevazione attuale dello stato dei luoghi vi sia traccia di semina di colture e se, eventualmente, la stessa sia stata resa possibile dalle opere di movimento terra realizzate ”.
12.- Con ordinanza 26 marzo 2014 n. 1465 sono state accolte le istanze di proroga presentate dal verificatore.
13.- In data 20 ottobre 2014 il verificatore ha depositato in giudizio l’effettuata relazione di verifica.
14.- Con memoria depositata l’8 gennaio 2015 si sono costituiti in giudizio ulteriori difensori per il Comune di Venezia, che hanno ribadito la fondatezza dell’appello anche a seguito della relazione depositata dal verificatore, di cui è stata dedotta la superficialità e la sommarietà.
15.- Con memoria depositata il 9 gennaio 2015 il signor C ha dedotto l’infondatezza dell’appello alla luce degli esiti della disposta verificazione ed ha ribadito tesi e richieste.
16.- Con memorie depositate il 20 gennaio 2015 il signor C ed il Comune hanno replicato alle rispettive avverse difese.
17.- Alla pubblica udienza del 10 febbraio 2015 il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti, come da verbale di causa agli atti del giudizio.
18.- Con il primo motivo d’appello il Comune ha censurato il capo della sentenza con il quale è stata sostenuta la competenza, in ordine all'esecuzione di opere in ambito demaniale, del Magistrato alle Acque, per violazione dell’art. 14 della l. n. 47 del 1985, che stabilirebbe un sistema sanzionatorio speciale con riguardo alla fattispecie ivi contemplata, dal momento che non prevede l’acquisizione gratuita al patrimonio del Comune, trattandosi di aree di proprietà del demanio o di altri Enti pubblici, ma affida al Comune il regime sanzionatorio delle opere eseguite da privati o da soggetti diversi dalle amministrazioni statali su beni demaniali, perché esse sono soggette a concessione edilizia.
Ciò in quanto l’art. 31, comma 3, della l. n. 1150 del 1942, vigente all’epoca, dispone che per le opere da costruirsi da privati su aree demaniali deve essere sempre richiesta la licenza del Sindaco;detta norma sarebbe coerente con il sistema normativo in materia, atteso che l’art. 9, comma 2, della l. n. 10 del 1977 ha ridotto il relativo contributo concessorio alla sola quota inerente alle opere di urbanizzazione.
L’art. 81 del d.P.R. n. 616 del 1977 sarebbe stato quindi erroneamente applicato al caso di specie dal T.A.R., atteso che esso si riferirebbe alle opere da eseguirsi da parte di Amministrazioni statali, come confermato da giurisprudenza in materia, e troverebbe riscontro nell’art. 5 della l. n. 47 del 1985, rubricato “ opere di amministrazioni statali ”.
18.1.- Osserva in proposito il collegio che, secondo un principio generale ora fissato nell’art. 101, comma 1, del c.p.a., il ricorso in appello deve contenere specifiche censure contro i capi della sentenza gravata.
Nel giudizio amministrativo costituisce specifico onere dell'appellante formulare una critica puntuale della motivazione della sentenza impugnata, posto che l'oggetto di tale giudizio è costituito da quest'ultima e non dal provvedimento gravato in primo grado;il suo assolvimento esige quindi la deduzione di specifici motivi di contestazione della correttezza del percorso argomentativo che ha fondato la decisione appellata, con la conseguenza che il mancato assolvimento di tale onere, con le modalità appena precisate, implica l'inammissibilità della censura relativa al capo della decisione che è rimasto estraneo alle critiche svolte nell'atto d'appello (Consiglio di Stato sez. IV 13 dicembre 2013 n. 6005), con conseguente reiezione del gravame se detto autonomo capo della sentenza è idoneo a sorreggere di per sé la decisione assunta. Dal principio di cui all'art. 329 comma 2, c.p.c., applicabile anche al processo amministrativo, discende infatti che risultano estranei al thema decidendum i capi della decisione non oggetto di specifica contestazione (Consiglio di Stato, sez. VI, 31 ottobre 2011, n. 5820).
Nel caso di specie l’impugnata sentenza è fondata sull’essenziale assunto che l’art. 77, comma 2, della l.r. Veneto n. 61 del 1985 stabilisce che, per le opere insistenti su aree del demanio statale, si applicano le disposizioni dell’art. 81 del d.P.R. n. 616 del 1977, il cui comma 2 (che è stato ritenuto costituisca norma di carattere speciale) stabilisce che per le opere insistenti su dette aree l’accertamento della conformità alle prescrizioni delle norme e dei piani urbanistici edilizi è fatto dallo Stato, d’intesa con la Regione interessata. Da tale complesso normativo il T.A.R. ha fatto derivare la conseguenza che le opere di cui trattasi, realizzate sul demanio marittimo, erano sottratte al procedimento autorizzatorio e concessorio di competenza del Comune, con inapplicabilità dell’art. 14 della l. n. 47 del 1985, che, ripreso dalla l.r. n. 61 del 1985, prevede l’intervento del Sindaco in caso di opere realizzate in assenza o in difformità dalla concessione, ma non in caso di quelle per le quali essa è sostituita ex lege dall’intesa Stato - Regione.
L’appello in esame, pur dando atto, in punto di fatto, che il T.A.R. ha ritenuto applicabile al caso di specie la disciplina dell’art. 81 del d.P.R. n. 616 del 1977, espressamente richiamata, per le opere insistenti sul demanio statale, dall’art. 77, comma 2, della l.r. Veneto n. 61 del 1985, non contiene in punto di diritto alcuna censura riguardante la circostanza che l’art. 81 suddetto è stato ritenuto applicabile al caso di specie proprio in base al disposto dell’art. 77, comma 2, di detta l.r. n. 61 del 1985.
Come in precedenza evidenziato, infatti, il Comune di Venezia si è limitato a sostenere, in sintesi, che la decisione del T.A.R. sarebbe stata assunta in violazione dell’art. 14 della l. n. 47 del 1985, che stabilirebbe un sistema sanzionatorio speciale di competenza del Sindaco per le opere eseguite su suoli demaniali da soggetti diversi dalle Amministrazioni statali in assenza di assenza o di difformità dalla concessione, inoltre che l’art. 31, comma 3, della l. n. 1150 del 1942, stabiliva che per le opere da costruirsi da privati su aree demaniali deve essere sempre richiesta la licenza del Sindaco e poi che l’art. 81 del d.P.R. n. 616 del 1977 sarebbe stato erroneamente applicato al caso di specie perché riferito alle opere da eseguirsi “ da parte delle Amministrazioni statali ”, come confermato da giurisprudenza in materia e dal contenuto dell’art. 5 della l. n. 47 del 1985.
L’appello non contiene quindi alcuna censura sull’essenziale circostanza posta a fondamento dell’impugnata sentenza, che l’art. 81 del d.P.R. n. 616 del 1977 è stato ritenuto applicabile al caso di specie sulla base, non di principi generali, ma della specifica disposizione di cui all’art. 77, comma 2, della l.r. Veneto n. 61 del 1985.
Né è stata dedotta con l’appello alcuna censura relativa alla inapplicabilità di detta legge regionale al caso di specie o alla prevalenza della normativa di cui all’art. 14 della l. n. 47 del 1985 rispetto alla norma regionale.
I rilievi formulati dall’appellante circa l’applicabilità dell’art. 81 del d.P.R. n. 616 del 1977 alle opere da eseguirsi “ da parte delle Amministrazioni statali ” e non a quelle realizzate da privati, che permarrebbero sotto il controllo comunale, non sono pertinenti al caso di specie, in cui è stata la (non in alcun modo censurata) l.r. n. 61 del 1985, all’art. 77, al comma 2, a prevedere l’applicabilità di detto art. 81 anche alle opere comunque “ insistenti su aree del demanio statale ”, come ritenuto con l’impugnata sentenza.
Né il rilievo formulato dalla parte appellante circa il carattere di specialità della norma di cui all’art. 14 della l. n. 47 del 1985, che prevede la competenza del Sindaco per le opere eseguite su suoli demaniali da soggetti diversi dalle Amministrazioni statali in assenza o difformità dalla concessione, è di per sé automaticamente idoneo ad escludere l’applicabilità alla fattispecie in esame della normativa speciale di cui all’art. 77, comma 2, della l. r. Veneto n. 61 del 1985, in base alla quale, solo per le opere realizzate nell’ambito regionale, vige incontestatamente il principio che anche per le opere eseguite da privati su aree demaniali è applicabile l’art. 81 del d.P.R. n. 616 del 1977 (il cui secondo comma stabilisce che per le opere insistenti su aree del demanio statale l’accertamento della conformità alle prescrizioni delle norme e dei piani urbanistici è fatta dallo Stato, d’intesa con la Regione interessata, e non quindi dai Sindaci).
Peraltro sull’applicabilità di detto art. 77, comma 2, della l. r. Veneto n. 61 del 1985, non solo alle opere eseguite dalle amministrazioni statali, ma anche a quelle comunque insistenti sulle aree demaniali, quindi anche realizzate da privati, non sussiste alcun dubbio, stante il tenore letterale della norma, i cui commi 2 e 3 di seguito si riportano: “ Per le opere da eseguirsi da amministrazioni statali o comunque insistenti su aree del demanio statale si applicano le disposizioni dell' art. 81 del DPR 24 luglio 1977, n. 616, e spetta al Presidente della Giunta regionale l' esercizio delle competenze di cui al secondo, terzo e quarto comma di detto articolo.
Per gli immobili di proprietà dello Stato sono date altresì concessioni e autorizzazioni a coloro che siano muniti di titolo al godimento del bene rilasciato dai competenti organi dell' amministrazion e”.
Aggiungasi che l’art. 14 della l. n. 47 del 1985 prevede la competenza del Sindaco a sanzionare l’esecuzione di opere da parte di soggetti diversi dalle Amministrazioni statali su suoli demaniali “ in assenza di concessione ad edificare, ovvero in totale o parziale difformità dalla medesima ”.
Nel caso di specie la concessione edilizia (in virtù dell’applicabilità dell’art. 81, comma 2, della l. n. 616 del 1977, in base al disposto dell’art. 77, comma 2, della l.r Veneto n. 61 del 1985) è stata legittimamente sostituita dall’autorizzazione del Magistrato alle Acque n. 5207 del 23 luglio 1992, con la quale, richiamato il disciplinare di concessione, erano stati autorizzati i lavori di manutenzione ordinaria nella Valle Cà Zane.
Né può ritenersi che le opere poste in essere dal signor C fossero state realizzate in difformità di essa.
Invero la verificazione disposta dalla Sezione al riguardo si è conclusa con relazione datata 17 giugno 2014 e depositata il 20 ottobre 2014 dell’ing. M P, che ha fornito ai quesiti in precedenza evidenziati le seguenti risposte: “ Quesito n. 1: I lavori che, si può supporre, siano stati eseguiti dal signor C V, sono coerenti con l’autorizzazione n. 5207/92 che prevedeva lo scavo ed espurgo di alcuni canali e che i conseguenti materiali di risulta dovessero essere depositati all’interno del bacino vallivo, stendendoli nelle aree barenose, ovvero a ridosso degli argini per la loro ricalibratura. Quesito n. 2 le opere realizzate dal signor C V si sono tradotte in movimenti di terra finalizzati all’arginatura circondariale della Valle Cà Zane, ma senza alterazione significativa dello stato iniziale dei luoghi, coerenti con la motivazione della concessione dell’area e comnque secondo i lavori di manutenzione autorizzati, come certificato dal Magistrato alle Acque in data 18.03.1996. Quesito n. 3 non vi è stata semina di colture connessa con le opere di movimentazione terra realizzate ”.
Con riguardo alle osservazioni formulate dal dott. Marco Favaro e dall’ing. Marco Feratti, per conto del Comune di Venezia, e dall’avv. P per conto del signor Vincenzo C, il verificatore, premesso che la relazione di verifica si è attenuta strettamente ai quesiti posti dalla Sezione e non riguarda valutazioni inerenti la legittimità e competenza degli atti oggetto dei ricorsi o inerenti i lavori eseguiti a seguito di autorizzazioni successive alla n. 5207 del 1992, ha fornito le seguenti valutazioni, datate 6 ottobre 2014: “ A quest’ultimo riguardo si vuole evidenziare come anche nelle osservazioni presentate dal dott. Marco Favaro e dall’ing. Marco Ferrati si indichi che successivamente al periodo 1992-1997 di validità dell’autorizzazione n. 5207, siano stati eseguiti ulteriori lavori nell’area della valle di Ca’ Zane e in particolare sulle arginature che avrebbero portato l'opera ad assumere “tutte le caratteristiche di opera di urbanizzazione primaria".
Lavori che non sono oggetto del ricorso in argomento e che hanno, evidentemente, modificato lo stato dei luoghi.
Ciò conferma, ulteriormente, il fatto che si possono svolgere valutazioni sulle opere realizzate in forza dell’autorizzazione del 1992, e quindi nel periodo 1992 – 1997, solo per via presuntiva.
Si ritiene, poi, di evidenziare come le osservazioni presentate dal dott. Marco Favaro e quelle presentate dall’avv. P, si basano entrambe sull’esame e comparazione delle foto aeree della zona, della cartografia e delle tavole progettuali, ma giungono a valutazioni e conclusioni opposte.
Secondo il dott. F “è possibile affermare che alla data del 31.08.99 sono presenti nuove arginature non rilevabili nei fotogrammi dei precedenti voli, sia di delimitazione e separazione di bacini interni alla concessione, sia lungo il perimetro esterno della concessione stessa”.
Secondo l’avv. P “Dalla lettura delle su allegate foto aeree si traggono le seguenti considerazioni: ... l) Non sono stati introdotti elementi di suddivisione morfologica che potessero alterare i caratteri originari dei luoghi” e anche: “Le foto evidenziano la presenza di un tracciato di contenimento e di limitazione tra l'area barenicola e la laguna aperta”.
Dall’esame delle documentazioni di cui sopra si evidenziano alcuni tratti dei canali che presentano, nel tempo, una configurazione costante e in alcuni punti anche pressoché rettilinea. Ciò porterebbe a far ritenere che la valle, già precedentemente all’autorizzazione in argomento, fosse stata oggetto di interventi.
Come indicato nella relazione di verifica, il fatto poi che nella stessa autorizzazione 23.07.1992 n. 5207 e nella documentazione a suo tempo prodotta da sig. C si faccia riferimento ad argini o arginelli, porta a supporre che, pur non potendo averne precisa conoscenza dell’ubicazione, estensione e consistenza, nella valle fossero già presenti alcune arginature.
Come già detto nella relazione di verifica, la documentazione allegata all’istanza del Sig. C non presenta un grado di dettaglio tale da consentire di conoscere con precisione lo stato dei luoghi precedente all’inizio dei lavori né quello che dovrebbe essere stato lo stato finale degli stessi.
Ulteriori lavori, eseguiti in forza di successive autorizzazioni hanno poi ancor più
modificato, aumentandola, la consistenza di detti argini, talché possono essere oggi percorse, ancorché occasionalmente, anche con automezzi.
In questa condizione di scarsità di conoscenza oggettiva, appare assai importante
il fatto che lo stesso soggetto che ha rilasciato l’autorizzazione, ovvero il Magistrato alle Acque, attesti, nel 1996, anche la conformità dei lavori eseguiti.
Come indicato nella relazione di verifica, le opere realizzate in forza dell’autorizzazione n. 5207 del 23.07.1992 hanno quindi comportato movimenti di terra utilizzati anche per il consolidamento dell’arginatura circondariale della Valle Cà Zane coerentemente con la motivazione della concessione dell’area e comunque secondo i lavori di manutenzione autorizzati, ma non paiono aver provocato un’alterazione significativa dello stato iniziale dei luoghi.
Per quanto attiene la semina di colture connessa con le opere di movimentazione terra realizzate, l’area segnalata dal dott. Favaro ricade nel territorio del Comune di Quarto d’Altino e pertanto non è interessata dal ricorso oggetto della presente verificazione.
Inoltre l’imbonimento dell’area sarebbe avvenuto tra il 2005 e il 2010 e quindi successivamente al periodo di esecuzione dei lavori oggetto dell’autorizzazione n. 5207 del 23.07.1992 ”.
Le considerazioni al riguardo svolte dal verificatore sono ad avviso del collegio condivisibili e va ritenuto che non siano idonee a scalfire le conclusioni cui esso è pervenuto - tenuto conto delle deduzioni contenute nelle memorie del signor C depositate in giudizio in data 9 gennaio 2015 e in data 20 gennaio 2015 (che si condividono e cui si rinvia per esigenze di sinteticità, come richiesto dagli artt. 3, comma 2, e 88 del c.p.a.) - le deduzioni contenute nella memoria del Comune di Venezia depositate in giudizio in data 8 gennaio 2015, integrata dalla memoria di replica depositata in data 20 gennaio 2015 (con cui la risposta al primo quesito posto dalla Sezione è stata censurata perché assuntamente imprecisa e redatta senza lo studio delle fonti documentali attestanti lo stato dell’area de qua precedentemente all’autorizzazione di cui trattasi e contraddittoria laddove ritiene coerenti i lavori posti in essere e riconosce che gli argini attuali sono stati abbozzati a partire dai lavori realizzati nell’anno 1992, ammettendo che con i lavori in quel periodo hanno iniziato a prendere forma gli argini ora presenti);ciò considerato che con sentenza di questa Sezione 19 febbraio 1997, n. 173 è stato affermato che sono soggetti a concessione i movimenti di terra che sconvolgono la natura dei luoghi, il che nel caso di specie non è stato adeguatamente provato che sia avvenuto.
Inoltre la risposta al secondo quesito è stata criticata con riguardo alla impossibilità dedotta dal verificatore di accertare se la delimitazione della valle di pesca di cui trattasi prima dell’anno 1992 fosse stata effettuata con strutture di legno o con argini in terra, che sarebbe in contraddizione con precedenti assunti del verificatore stesso, come da rilievi dei consulenti del Comune, secondo i quali, in sostanza la realizzazione degli argini in terra non sarebbe stata un percorso quasi obbligato e comunque legittimo;al riguardo ritiene la Sezione che siano sufficienti le controdeduzioni formulate dal verificatore alle osservazioni presentate dai consulenti di parte del Comune per dimostrare l’incondivisibilità delle critiche suddette.
Infine è stata criticata la risposta al terzo quesito (che l’area situata nel territorio del Comune di Quarto d’Altino non è interessata dal contenzioso in questione) in quanto il quesito avrebbe chiesto comunque di dare atto dello stato attuale dei luoghi;il rilievo è, ad avviso del collegio, ultroneo, atteso che è comunque ininfluente ai fini che qui interessano quanto avvenuto in un territorio non interessato dai provvedimenti del Comune di Venezia impugnati con i ricorsi introduttivi del presente giudizio.
Il motivo d’appello in esame non è quindi suscettibile di accoglimento.
19.- Con il secondo motivo di gravame il Comune ha censurato anche la pronuncia, contenuta nell’impugnata sentenza, di decadenza dell’ordinanza di sospensione delle opere abusive n. 99/14737/345 del 7 ottobre 1999 e di improcedibilità del ricorso con il quale è stata impugnata, sostenendo che, anche se l’art. 91 della l. r. n. 61 del 1985 dispone che l’ordinanza di sospensione decade qualora il Sindaco non adotti un provvedimento entro sessanta giorni, gli effetti di detta ordinanza erano stati sospesi dal T.A.R. Veneto con ordinanza cautelare n. 1417 del 1999, che ha paralizzato, allo stato e fino alla definitiva pronuncia di merito, gli effetti del provvedimento;quindi poiché l’atto sospeso sarebbe stato inidoneo a produrre effetti e a valere come presupposto per ulteriori provvedimenti, erroneamente l’impugnata sentenza avrebbe ritenuto scaduto un termine la cui decorrenza era stata invece sospesa.
19.1.- Anche detta censura è, ad avviso del collegio, incondivisibile.
Osserva la Sezione che l’istituto della decadenza ha carattere oggettivo, fondandosi sul mero decorso del tempo previsto.
Per essere ritenute ammissibili le ipotesi di sospensione o proroga — connesse a factum principis o a forza maggiore — del relativo termine debbono, tuttavia, risultare non riferibili alla condotta del titolare della concessione o comunque della situazione di vantaggio. L'evento interruttivo è, infatti, imputabile al titolare del diritto nelle ipotesi in cui non si è di fronte a fatti che sfuggono, con carattere di non eludibilità, al suo controllo.
Nel caso che occupa l’art. 91, comma 6, della l.r. Veneto n. 61 del 1985 stabilisce che “ L'ordinanza di sospensione decade qualora il Sindaco non adotti un provvedimento entro 60 giorni ”.
L’ordinanza cautelare del T.A.R. Veneto del 1° dicembre 1999, n. 1417 che ha sospeso l’ordinanza di sospensione dei lavori del 7 ottobre 1999, n. 99/14737/345, è comunque riferibile alla condotta del Comune che è stata con essa censurata (essendo motivata con riferimento all’irrilevanza sotto il profilo edilizio le opere oggetto di controversia e alla possibilità di tutela di eventuali interessi di carattere ambientale con l’adozione degli specifici provvedimenti previsti in materia dall’ordinamento) e quindi, per le considerazioni in precedenza espresse, non può aver determinato la sospensione della decorrenza del sopra indicato termine di decadenza.
20.- L’appello deve essere conclusivamente respinto e deve essere confermata la prima decisione. Tanto esime il collegio dall’esaminare la fondatezza dei motivi posti a base dei ricorsi di primo grado n. 2569 del 1992, n. 216 del 1993 e n. 2721 del 1999, riproposti tuzioristicamente in appello dal signor Vincenzo C con memoria depositata il 22 maggio 2002, essendo al riguardo sopravvenuta la carenza di interesse a seguito della conferma delle determinazioni favorevoli al ricorrente suddetto al riguardo assunte dal T.A.R..
21.- Nella complessità e parziale novità delle questioni trattate il collegio ravvisa eccezionali ragioni per compensare, ai sensi degli artt. 26, comma 1, del c.p.a. e 92, comma 2, del c.p.c., le spese del presente grado di giudizio.
22.- Deve essere infine dato riscontro alla nota prot. n. 427513 del 13 ottobre 2014, con la quale l’ing. M P, Direttore della Direzione Geologia e Georisorse della Regione Veneto, incaricato con ordinanza n. 5297 del 2013 della verificazione cui in precedenza è stato fatto riferimento, ha evidenziato che l’incarico è stato ad esso conferito in qualità di dirigente della Direzione regionale, e svolto nell’ambito del normale lavoro d’ufficio, sicché il relativo compenso deve essere versato direttamente all’Amministrazione regionale.
Con detta nota gli oneri di verificazione, calcolati ai sensi dell’art. 11 del d.m. n. 182 del 2002 (che prevede che per la perizia o la consulenza tecnica spetta un onorario a percentuale calcolato a scaglioni) sono stati calcolati mediante quantificazione in € 200.000,00 del valore delle opere oggetto di verificazione e, utilizzando per ogni scaglione l’aliquota media, è stata quantificata la somma spettante a titolo di onorario in € 5.651,76, da versare alla Regione Veneto, Tesoriere provinciale di Venezia della Banca d’Italia, mediante girofondi sul conto 0030522, riportando la causale “ Compenso per verifica Valle Ca Zane ”.
Osserva la Sezione che l’art. 66, comma 4, del c.p.a. stabilisce che per la liquidazione del compenso al verificatore si applicano le tariffe stabilite dalle disposizioni in materia di spese di giustizia, ovvero, se inferiori, quelle eventualmente stabilite per i servizi resi dall’organismo verificatore.
In proposito va rilevato che attualmente la liquidazione del compenso in favore degli ausiliari del G.A. avviene mediante l’utilizzo del sistema dei parametri introdotto dal d.m. n. 140 del 2012 e non più in base al sistema tariffario di cui al d.P.R. n. 352 del 1988 e al d.m. 30 maggio 2002, a seguito dell’adozione del d.l. n. 1 del 2012 che ha abrogato il sistema delle tariffe professionali e tutte le disposizioni che ad esse rinviavano, fornendo la base normativa per l’emanazione di detto d.m. n. 140 del 2012.
Tuttavia, secondo condivisa giurisprudenza, il sistema dei parametri non è vincolante per il giudice ed assume solo un valore orientativo, essendo imperniato su criteri soggettivi, oggettivi e funzionali.
Nel caso che occupa, tenuto conto della non vincolatività di detto sistema e della circostanza che gli artt. 33-39 di detto d.m. n. 140 del 2012 impongono di dare particolare rilievo alla difficoltà della prestazione svolta dall’ausiliario del giudice, nel caso di specie obiettivamente sussistente data la particolarità dei quesiti ad esso formulati, deve ritenersi che la somma di € 5.651,76, incontestatamente quantificata a titolo di onorario dal verificatore nominato dalla Sezione, sia del tutto congrua e che debba essere posta a carico del Comune di Venezia soccombente, che provvederà ad effettuare il relativo pagamento secondo le modalità indicate in detta nota prot. n. 427513 del 13 ottobre 2014 dell’ing. M P.