Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2019-10-30, n. 201907418
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Pubblicato il 30/10/2019
N. 07418/2019REG.PROV.COLL.
N. 01813/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 1813 del 2010, proposto da
G A, rappresentato e difeso dall’avvocato E S, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via degli Avignonesi 5;
contro
Comune di Napoli, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati G T e A P, con domicilio eletto presso lo studio Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II 18;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Quinta) n. 3558/2009, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Napoli;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 30 maggio 2019 il Cons. F D M e uditi per le parti gli avvocati Massimo su delega di Soprano, Pecorilla su delega di Ferrari, Pizza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ordine di servizio 5 maggio 1989 il direttore capo servizio della direzione annona, mercati e marchi del Comune di Napoli affidava a G A, dipendente con la qualifica di ufficiale amministrativo (VII livello retributivo), in servizio presso la medesima direzione, la responsabilità dell’unità operativa “ Mercatini rionali ”, ai sensi dell’art. 82 del Regolamento dell’organico comunale.
1.2. Con decreto 4 maggio 1990, n. 639 l’incarico di responsabile dell’unità operativa “ Mercatini rionali ” era confermato;con istanza presentata in pari data G A domandava l’attribuzione del compenso previsto dall’art. 154 del Regolamento comunale per l’esercizio delle funzioni di capo sezione amministrativo (VIII qualifica funzionale) a partire dal 5 luglio 1988.
2. Silente il Comune, G A proponeva ricorso al Tribunale amministrativo regionale per la Campania domandando che fosse accertato il proprio diritto ad ottenere la retribuzione corrispondente alle mansioni superiori svolte in forza dell’incarico affidatogli.
2.1. Il giudizio, in cui si costituiva la Regione Campania, era concluso dalla sentenza sez. V, 29 giugno 2009, n. 3558, di reiezione del ricorso e compensazione delle spese di lite.
Il giudice di primo grado, ricostruiti gli orientamenti giurisprudenziali in tema di riconoscimento di maggiore retribuzione al dipendente pubblico cui siano state affidate mansioni superiori, respingeva la domanda per aver il ricorrente richiesto il pagamento delle differenze retributive per lo svolgimento di mansioni superiore in un periodo antecedente al 22 novembre 1998, quando, dunque, non era ancora entrato in vigore il d.lgs. 29 ottobre 1998, n. 387, che aveva riconosciuto, con previsione innovativa (e, per questo, non estensibile a vicende lavorative precedenti la sua entrata in vigore), il diritto del dipendente pubblico che ne abbia svolto le funzioni al trattamento economico relativo alla qualifica immediatamente superiore.
3. Propone appello G A;con unico articolato motivo, contesta la sentenza di primo grado per non aver considerato che, anche prima dell’entrata in vigore del d.lgs. 29 ottobre 1998, n. 387, era riconosciuto il diritto del dipendente pubblico, incaricato dello svolgimento di mansioni superiori, ad ottenere la retribuzione corrispondente alla funzione effettivamente espletata purché, tuttavia, ricorressero le seguenti condizioni: a) lo svolgimento della mansioni superiori sia avvenuto sulla base di un formale incarico;b) le mansioni superiori siano state espletate in maniera continuativa;c) l’affidamento di mansioni superiori sia giustificata dall’esistenza di una vacanza di organico;d) le mansioni svolte corrispondano a quelle proprie della qualifica richiesta per il loro svolgimento.
L’appellante ribadisce, allora, il proprio diritto ad ottenere la retribuzione prevista per la qualifica superiore per essere presenti tutte le condizioni in precedenza elencate.
3.1. Si è costituito in giudizio il Comune di Napoli che ha concluso per il rigetto dell’appello. Le parti hanno presentato memorie. All’udienza del 30 maggio 2019 la causa è stata assunta in decisione.
4. L’appello è fondato.
4.1. Come esposto dall’appellante, e come ammette lo stesso Comune appellato, anche prima dell’entrata in vigore del d.lgs. 29 ottobre 1998, n. 387 (che modificando l’art. 56 d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 ha previsto il riconoscimento delle differenze retributive) la giurisprudenza riconosceva il diritto del dipendente pubblico ad ottenere la retribuzione corrispondente alla qualifica superiore della quale aveva svolto le funzioni in presenza di talune determinate condizioni.
L’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, nella decisione 18 novembre 1999, n. 22, pur specificando che “nessuna norma o principio generale desumibile dall’ordinamento consente la retribuibilità in via di principio delle mansioni superiori comunque svolte nel campo del pubblico impiego ”, faceva salvo il caso in cui la legge disponesse altrimenti.
Era dunque affermato il principio per il quale: “ l’amministrazione (è) tenuta ad erogare la retribuzione corrispondente alle mansioni superiori solo quando una norma speciale consenta tale assegnazione e la maggiorazione retributiva ”.
Medesimi principi erano ribaditi dall’Adunanza plenaria, nella decisione 28 gennaio 2000, n. 10.
Prima di ogni altra condizione, dunque, era necessario per il riconoscimento delle differenze retributive dovute allo svolgimento di funzioni proprie di una qualifica superiore, l’esistenza di una previsione normativa che a tanto consentisse.
4.2. Nel caso in esame, la norma attributiva della retribuzione corrispondente alle mansioni superiori è indicata nell’art. 82 del Regolamento organico del personale del Comune di Napoli in vigore al momento di conferimento dell’incarico.
La disposizione così recitava: “ Quando un impiegato rimanga assente dall’ufficio spetta al capo della direzione provvedere opportunamente a mezzo di altro impiegato a che sia garantita la regolarità del servizio. Se l’assenza si prolunghi oltre i 4 mesi e le necessità del servizio lo richiedono, il Podestà, sentito il segretario generale, dispone, con ordinanza, circa la sostituzione e gli eventuali compensi all’incaricato ”.
Lo stesso Comune di Napoli (cfr. nota 22 aprile 1991 a firma del Direttore Capo Servizio della Direzione annona, mercati e macello) riteneva la norma applicabile in generale a tutte i casi di svolgimento di mansioni superiori e, dunque, anche a situazione diverse da quelle della sola “assenza” dal servizio del titolare dell’ufficio.
Riconosciuta l’esistenza di una previsione normativa attributiva delle differenze retributive per le superiori mansioni svolte, l’effettiva spettanza dipende dalla ricorrenza delle altre condizioni individuate dalla giurisprudenza amministrativa ossia: a) un preventivo provvedimento di incarico b) la disponibilità del relativo posto in organico;c) l’attribuzione delle mansioni proprie della qualifica immediatamente superiore (cfr. Cons. Stato, sez. V, 13 dicembre 2006, n. 7348 e le pronunce ivi richiamate).
4.3. Quanto al preventivo provvedimento di incarico – nel caso di specie, il decreto sindacale 4 maggio 1990 prot. n. 639 e non gli ordini di servizio adottati nell’ambito della medesima direzione di appartenenza del dipendente – il Comune di Napoli ne contesta l’idoneità perché firmato dall’assessore e non dal sindaco, come, invece, richiesto dal regolamento comunale citato.
Aggiunge il Comune che la sottoscrizione assessorile non era giustificata da espressi motivi indicati in atto, né da una precedente delega – che, seppure fosse esistita, sarebbe dovuta considerarsi nulla non potendosi delegare all’assessore la competenza nell’attribuzione di mansioni superiori, espressamente riservata al sindaco dai regolamenti comunali – tanto da poter rubricare il provvedimento ad iniziativa personale dell’assessore.
4.4. Il Collegio ritiene il provvedimento del 4 maggio 1990 valido atto di conferimento dell’incarico. Esso, come evidenziato dal Comune appellante, è sottoscritto dall’ “ Assessore all’Annona ” ma – ed è questo il dato decisivo – “ per il Sindaco ”.
La dicitura “ per il Sindaco ” va intesa nel senso che l’Assessore ha conferito l’incarico nell’esercizio di una “ delega di firma ” e non di una “ delegazione amministrativa ”, senza alterare, pertanto, il riparto di competenze previsto dalla disposizione regolamentare che rimetteva al Sindaco la sostituzione.
4.4.1. La delega di firma, infatti, realizza un mero decentramento burocratico, poiché il delegato non esercita in modo autonomo e con assunzione di responsabilità poteri che rientrano nelle competenze amministrative riservate al delegante, ma agisce come sua longa manus ossia quale mero sostituto materiale del soggetto persona fisica titolare dell’organo cui è attribuita la competenza (cfr. ampiamente sulle differenze con la delegazione amministrativa, Cass. civ. sez. 5, 19 aprile 2019, n. 11013).
Ne segue che un atto sottoscritto dal delegato alla firma è valido e produttivo di effetti – anche, come normalmente avviene, in mancanza di espresso conferimento di delega per la firma di quello specifico provvedimento – se il delegato sia interno al livello burocratico del quale il delegante è titolare, non potendosi immaginare una delega di firma conferita a persona di settore amministrativo diverso da quello del delegante.
La delega di firma, insomma, opera nell’ambito dell’organizzazione interna dell’ufficio per esigenze di buon andamento e di efficacia dell’azione amministrativa, che rischierebbe di essere meno spedita se ogni atto o provvedimento dovesse essere sottoposto alla firma del titolare dell’organo di vertice.
4.4.2. Nella specie, la sottoscrizione era apposta dall’assessore all’annona per il sindaco per delega di firma perché l’assessore, per essere parte della giunta comunale guidata dal sindaco, era membro dello stesso organo, con competenze specifiche in un determinato settore dell’attività dell’ente;anche prima dell’entrata in vigore della l. 142 del 8 giugno 1990, n. 142, che sanciva la collaborazione della giunta con il sindaco, era implicito nell’atto di preposizione dell’Assessore ad un certo settore dell’amministrazione comunale, la delega alla firma per atti di competenza del sindaco.
4.5. Il Comune di Napoli esclude, poi, la sussistenza della seconda condizione richiesta dalla giurisprudenza amministrativa, quale la necessità che le mansioni conferite siano proprie di qualifica “ immediatamente ” superiore a quella posseduta;riferisce, infatti, che G A, come ufficiale amministrativo, apparteneva alla VI e non alla VII qualifica, come allegato in sede di ricorso, e per questo non poteva ambire al trattamento retributivo proprio di “ Capo Sezione amministrativa ” figura riconducibile alla VIII qualifica funzionale.
Sul punto il Collegio ritiene opportuno compiere una breve precisazione: la regola enunciata dalla giurisprudenza amministrativa in via generale per ogni vicenda attributiva di mansioni superiori, che queste corrispondano alla qualifica immediatamente superiore a quella posseduta trae origine dall’indicazione contenuta nell’art. 72 ( Affidamento di funzioni di qualifica funzionale superiore ) d.P.R. 13 maggio 1987, n. 268 ( Norme risultanti dalla disciplina prevista dall'accordo sindacale, per il triennio 1985-1987, relativo al comparto del personale degli enti locali ) a mente del quale per il conferimento del posto di responsabile delle massime strutture organizzative dell'ente le funzioni di qualifica superiore possono essere transitoriamente assegnate “ a dipendente di qualifica immediatamente inferiore ”.
Si tratta di regola di immediata comprensione: si vuole far in modo che la scelta di colui al quale conferire mansioni proprie del responsabile della struttura ricada sul dipendente, con qualifica inferiore, di più elevata professionalità.
Vero questo, allora, si può affermare che la scelta del dipendente cui conferire le mansioni superiori è legittima se avviene tra i dipendenti di qualifica inferiore comparativamente più elevata nell’ambito della medesima struttura organizzativa.
Così meglio specificata la condizione imposta dalla giurisprudenza, essa è rispettata nel caso dell’Armerio e ciò risulta dal provvedimento di conferimento dell’incarico, laddove è dato atto che questi al momento del conferimento dell’incarico era l’ “ impiegato più in alto in grado e con maggiore anzianità nell’Ufficio ”.
4.6. Infine, quanto alla condizione dell’esistenza di una vacanza in organico, fermo quanto già precedentemente esposto circa la corretta lettura della disposizione regolamentare, la contestazione del Comune appellato sull’assenza di vacatio nei profili professionali di capo sezione amministrativo si pone in contrasto con la motivazione del conferimento dell’incarico all’Armerio contenute nel provvedimento del 4 maggio 1990, in cui si dà espressamente conto della “ grave carenza di personale delle qualifiche superiori ”.
5. In conclusione, l’appello va accolto e, in riforma della sentenza di primo grado, riconosciuto il diritto di G A il diritto all’attribuzione del trattamento retributivo proprio delle mansioni superiori nei limiti ed alle condizioni previste dal Regolamento organico del Comune di Napoli con conseguente condanna dell’amministrazione comunale al pagamento della differenza tra quanto corrisposto effettivamente e quanto dovuto, con interessi fino al soddisfo.
Sono dovuti, altresì, interessi e rivalutazione in quanto il divieto di cumulo posto dall’art. 36 l. 23 dicembre 1994, n. 724 opera solo per i crediti da lavoro maturati dopo il 31 dicembre 1994
6. Le spese del giudizio, per la peculiarità della vicenda, vanno compensate.