Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2012-03-12, n. 201201386

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2012-03-12, n. 201201386
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201201386
Data del deposito : 12 marzo 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 07485/2007 REG.RIC.

N. 01386/2012REG.PROV.COLL.

N. 07485/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7485 del 2007, integrato da motivi aggiunti, proposto da
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avvocati G P e E V P, elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in Roma, corso del Rinascimento, 11;

contro

Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca;
Università degli Studi di Bari, in persona dei legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

-OMISSIS-, -OMISSIS- non costituiti nel presente grado del giudizio;

per la riforma

Visti il ricorso in appello, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 febbraio 2012 il consigliere di Stato M M e uditi per le parti l’avvocato G P e l'avvocato dello Stato Marchini;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. La Prof. -OMISSIS- (in seguito “ricorrente”), con il ricorso n. 1254 del 2006 proposto al Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, ha chiesto l’annullamento: del decreto del Rettore dell’Università degli Studi di Bari n. 5030 del 17 maggio 2006, recante approvazione degli atti e contestuale dichiarazione degli idonei a conclusione della procedura di valutazione comparativa per la copertura, presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia della stessa Università, di un posto di professore universitario di ruolo di seconda fascia per il settore scientifico-disciplinare “MED/09 – Medicina interna”;
per quanto di interesse, delle presupposte determinazioni, valutazioni e giudizi espressi dalla Commissione giudicatrice della procedura valutativa predetta, così come contenuti nei verbali e nella “relazione riassuntiva” all’uopo redatti;
del presupposto decreto rettorale n. 4734 del 6 maggio 2005 con il quale è stata indetta la suddetta valutazione comparativa, per la parte in cui (art. 1, punto 4) ha limitato a venti il numero di pubblicazioni scientifiche che ogni candidato poteva produrre;
di ogni altro atto presupposto, conseguente o comunque connesso, se ed in quanto lesivo, ancorché non conosciuto.

2. Il Tribunale amministrativo, con la sentenza n. -OMISSIS- del 2007, ha respinto il ricorso compensando tra le parti le spese del giudizio.

3. Con l’appello in epigrafe è chiesto l’annullamento della sentenza di primo grado.

La ricorrente in data 24 novembre 2010 ha depositato memoria e motivi aggiunti, in data 27 dicembre 2011 ha depositato documenti.

4. All’udienza del 7 febbraio 2012 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. Nell’appello si censura la sentenza impugnata in quanto:

- la procedura di valutazione comparativa di cui si tratta vi è esaminata in modo parcellizzato e non unitariamente, come sarebbe stato necessario per una verifica non soltanto estrinseca della discrezionalità tecnica esercitata che avrebbe consentito di rilevare la contraddittorietà delle valutazioni espresse negativa per la ricorrente e positiva per i due idonei (dottori -OMISSIS-), pur a voler prescindere dalla rilevabile preordinazione della tipologia di impegno scientifico-didattico e di supporto assistenziale indicati nel bando rispetto a quelle specifiche dei due candidati suddetti e, in particolare, del dott. -OMISSIS-;

- ha errato nel respingere la censura dedotta avverso la previsione del bando con cui è stato ristretto a venti il numero delle pubblicazioni da presentare poiché, da un lato, l’ha qualificata come ex se lesiva, prospettando il dubbio dell’obbligo della sua immediata impugnazione, mentre essa è risultata tale soltanto in quanto ha condotto al giudizio di “ discontinuità ” della produzione scientifica della ricorrente e, dall’altro, ne ha asserito la legittimità in astratto, quale limitazione consentita dall’art. 2 (“ Bandi ”), comma 6, del d.P.R. 23 marzo 2000, n. 117 ( Regolamento sulle procedure per il reclutamento dei professori universitari di ruolo e dei ricercatori ), mentre essa è risultata incongrua in concreto a fronte di un settore articolato in più materie come è la Medicina interna , nonché punitiva dell’attività dei candidati più meritevoli poiché così obbiettivamente costretti alla presentazione di pubblicazioni “ discontinue ”;

- ha errato nel confermare i giudizi negativi della Commissione giudicatrice sulla produzione scientifica della ricorrente, poiché la discontinuità asserita al suo riguardo non è più rilevante di quella riscontrabile in particolare per il dottor -OMISSIS-, avendo presentato la dottoressa -OMISSIS-, nel rispettare il limite delle venti pubblicazioni, quelle più attinenti all’impegno didattico-scientifico previsto dal bando ed essendo il vuoto temporale nelle sue pubblicazioni di otto anni (erroneamente indicato in dieci dal primo giudice) e perciò di poco superiore a quello dott. -OMISSIS- che è per sei anni (tre anni per il dott. -OMISSIS-);

- la sentenza è anche erronea per avere ritenuto la “ discontinuità temporale ” nei lavori della ricorrente indice di irrilevanza delle pubblicazioni prodotte nel periodo non coperto, trascurando che per un adeguato giudizio di continuità temporale si sarebbe dovuta valutare la trentennale produzione scientifica della candidata e che il parametro della continuità delle pubblicazioni deve essere rapportato alla loro congruità rispetto all’impegno scientifico richiesto attraverso la valutazione comparativa;

- il primo giudice ha poi ritenuto che il giudizio finale sulla ricorrente sia stato espresso dalla Commissione giudicatrice soprattutto per il difetto di “ originalità e innovatività della produzione scientifica e della sua rilevanza nel panorama della ricerca ” mentre ciò non risulta, avendo la Commissione richiamato il ben diverso parametro del “ non organico approfondimento ” dei temi trattati ed avendo perciò assunto specifica rilevanza il giudizio di “ discontinuità ” della produzione scientifica;
e ciò nel quadro di una palese contraddittorietà interna del giudizio a fronte della valutazione positiva del curriculum , della discussione dei titoli e della prova didattica della ricorrente espressa nei giudizi collegiali;

-la sentenza ha errato anche per avere affermato come attinente all’insindacabile merito tecnico del giudizio la censura di disparità di trattamento dedotta a fronte del rilievo che la asserita monotematicità della produzione scientifica della ricorrente risulta ancora maggiore per i candidati giudicati idonei e, in particolare, per il dott. -OMISSIS-, trattandosi, invece, di un dato oggettivamente riscontrabile;
così come non sono state adeguatamente considerate le censure proposte sulla valutazione dei lavori redatti in collaborazione con altri studiosi (con la attribuzione di un non provato ruolo di coordinamento da parte dell’ultimo firmatario), sulla mancata ponderazione dell’ impact factor e sulla inosservanza del criterio, che pure la Commissione si era dato, di valutare soltanto “ le pubblicazioni in extenso su riviste qualificate, dotate del peer review system ”, avendo il primo giudice valutato tali censure separatamente e non nella loro interazione atta a dimostrare l’oggettiva convergenza a favore del dott. -OMISSIS- dei criteri adottati;

- la sentenza, infine, ha omesso di pronunciare sul secondo motivo del ricorso di primo grado relativo alla mancata esplicitazione della motivazione dei diversi giudizi resi dalla Commissione a fronte delle differenze non significative riscontrate fra i candidati.

2. Nella memoria e motivi aggiunti, depositati il 24 novembre 2010, la ricorrente richiama che, nell’ambito di un procedimento penale in corso (allo stato dell’avvenuto rinvio a giudizio) per fatti concernenti la procedura valutativa di cui è causa, ha avuto accesso a documentazione atta a dimostrare l’orientamento pregiudiziale della Commissione giudicatrice a favore dei due candidati dichiarati idonei;
deduce, di conseguenza, la violazione dell’art. 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241 in relazione all’art. 97 della Costituzione, la nullità dei verbali della procedura concorsuale, con riferimento all’art. 479 Cod. pen. quanto alla valutazione dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche, ed eccesso di potere per sviamento, essendosi svolta la procedura di valutazione comparativa in violazione dei principi di imparzialità dell’azione amministrativa, essendo nulli e illegittimi i verbali delle operazioni concorsuali per la loro provata falsità ideologica ai sensi dell’art. 479 Cod. pen. e risultando illegittimo, perciò, l’impugnato decreto del Rettore n. 5030 del 17 maggio 2006. Tra i documenti depositati successivamente, il 27 dicembre 2011, è allegata copia del decreto del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari del 21 gennaio 2011 con cui si dispone il rinvio a giudizio dei componenti la Commissione giudicatrice della procedura di valutazione comparativa di cui è causa in quanto imputati di reati per comportamenti da cui si evince – secondo il decreto - “ che l’intera procedura è stata intenzionalmente preordinata alla dichiarazione di idoneità del candidati -OMISSIS- e -OMISSIS- [ ] ”.

3. Il Collegio esamina in via preliminare i motivi aggiunti proposti dalla ricorrente perché fondati su atti formati nell’ambito del procedimento penale sopra citato e perciò tali da richiamare la pregiudiziale questione del rapporto tra giudizio penale e giudizio amministrativo e, in questo ambito, dell’eventuale sospensione del presente giudizio ai sensi degli articoli 79 Cod. proc. amm. e 295 Cod. proc. civ..

3.1. Al riguardo il Collegio osserva:

- la Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha di recente riesaminato a fondo la questione dell’assetto e del rapporto reciproco fra le giurisdizioni in relazione al giudizio penale (nella specie più specificamente in rapporto al giudizio civile;
ma a fortiori questo vale per il giudizio amministrativo, che è di legittimità e non sul fatto) ed ha enunciato, in sintesi, i seguenti principi: a) con il Codice di procedura penale del 1988 è stato introdotto il nuovo principio della parità ed originarietà dei diversi ordini giurisdizionali e della sostanziale autonomia e separazione dei giudizi, come dimostrato anche dall’eliminazione (ad opera dell’art. 35 della legge 26 novembre 1990, n. 353 Provvedimenti per il processo civile ) dal testo dell’art. 295 Cod. proc. civ. ( sospensione necessaria ) di ogni riferimento alla c.d. pregiudiziale penale (“ il caso previsto dall’art. 3 del codice di procedura penale ” del 1930, che prevedeva – nel rapporto tra giurisdizioni allora recepito – l’obbligo della sospensione del processo civile e (terzo comma) “ dei giudizi davanti alle giurisdizioni amministrative ”): perciò, rispetto al rapporto prima previsto tra i giudizi, “ il quadro cambia radicalmente con l’entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, il quale elimina la cd. pregiudiziale penale (già sancita dall’art. 3 del codice del 1930) ”; b) questo nuovo principio generale è attenuato dal riconoscimento al giudicato penale di valore preclusivo negli altri giudizi in specifiche e limitate ipotesi, disciplinate dagli articoli 651 [ efficacia della sentenza penale di condanna nel giudizio civile o amministrativo di danno ], 652 [ efficacia della sentenza penale di assoluzione nel giudizio civile o amministrativo di danno ], 653 [ efficacia della sentenza penale nel giudizio disciplinare ] e 654 [ efficacia della sentenza penale di condanna o di assoluzione in altri giudizi civili o amministrativi ] Cod. proc. pen.; c) in relazione a queste ipotesi l’efficacia del vincolo è attribuibile alle sole sentenze penali irrevocabili ivi previste, perché sono soggette a interpretazione restrittiva e non possono perciò essere applicate in via analogica dato che costituiscono eccezione al principio dell’autonomia e della separazione dei giudizi (Cass., SS.UU., 26 gennaio 2011, n. 1768);

- la V Sezione di questo Consiglio di Stato, riguardo a un caso di sospensione del processo amministrativo ai sensi dell’art. 295 Cod. proc. civ., ha recentemente affermato che: a) la sospensione necessaria di cui a quell’articolo richiede comunque che tra le due statuizioni emanande, nel giudizio amministrativo e in quello penale, non vi sia soltanto un mero collegamento ma un vincolo di consequenzialità tale per cui la seconda investa una questione di carattere pregiudiziale, cioè un antecedente logico-giuridico la cui soluzione sia determinante per l’esito della causa da sospendere in quanto lo pregiudichi in tutto o in parte; b) Siffatta nozione di dipendenza trova conferma, sia nella soppressione nel nuovo testo dell'art. 295 c.p.c. del riferimento all'art. 3 dell'abrogato c.p.p. (il quale prevedeva la sospensione per effetto della sola influenza dell'indagine sui fatti affidata al giudice penale), sia nella previsione dell'art. 211 delle disposizioni di attuazione dell'attuale c.p.p., il quale, al di fuori del caso regolato dall'art. 75 dello stesso codice (giudizio civile promosso per le restituzioni od il risarcimento del danno dipendenti da reato), contempla la sospensione della causa civile soltanto qualora la futura sentenza penale possa assumere nella causa medesima autorità di giudicato, cioè se, ai sensi dell'art. 654 c.p.p. il diritto conteso in sede civile dipenda dall'accertamento inerente al reat o” (Cons. Stato, IV, 28 gennaio 2011, n. 693);

- la sospensione necessaria del giudizio amministrativo in ragione della pendenza di un giudizio penale – che di suo deroga al principio fondamentale introdotto con il nuovo processo penale della reciproca autonomia e del parallelismo dei due accertamenti giurisdizionali, i quali operano in ambiti diversi e con finalità differenti, ricordato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione – può essere, al limite, possibile soltanto se la definizione del giudizio amministrativo ineliminabilmente “ dipenda ” (come dispone l’art. 295 Cod. proc. civ.) da quella del giudizio penale, in quanto ne sia vincolata in modo esclusivo, diretto e consequenziale, e comunque deve essere disposta sulla base di una accezione restrittiva dei presupposti su cui si fonda proprio perché la sospensione rappresenta un’eccezione al principio generale dell’autonomia dei giudizi che ormai informa l’intera giurisdizione;

- un siffatto parametro per ravvisare una tale stretta dipendenza, comunque da applicare con le consapevolezze e le cautele ora dette, è posto con l’art. 654 Cod. proc. pen., per il quale vi è efficacia di giudicato della sentenza penale irrevocabile di condanna o di assoluzione, pronunciata in seguito a dibattimento, nel giudizio amministrativo – cioè un’efficacia extrapenale della sentenza penale - “ quando in questo si controverte intorno a un diritto o a un interesse legittimo il cui riconoscimento dipende dall’accertamento degli stessi fatti materiali che furono oggetto del giudizio penale ”;

- al riguardo è stato affermato, con assunto rapportabile, nei limiti dell’accertamento proprio di questa giurisdizione, al giudizio amministrativo di legittimità, che “ a rendere dipendente la decisione civile dalla definizione del giudizio penale ” non è sufficiente una semplice comunanza di fatti, poiché “ non basta che nei due processi rilevino gli stessi fatti, ma occorre che l'effetto giuridico dedotto nel processo civile sia collegato normativamente alla commissione del reato, che è oggetto di imputazione nel giudizio penale ” (Cass. civ., III, 3 luglio 2009, n. 15641).

Questo Consiglio di Stato ha, analogamente, rammentato che “ va ribadito il costante orientamento per cui la sentenza penale di assoluzione va fa stato nel giudizio amministrativo esclusivamente quanto ai fatti materiali che vi si affermano avvenuti o non avvenuti e che sono stati oggetto del giudizio penale, ai sensi dell'art. 654 c.p.p. (Cons. Stato, VI, 2 ottobre 1991, n. 600, Cass. civ., III 2 agosto 2004, n. 14770), e non già quanto alla qualificazione dell'antigiuridicità, evidentemente operata ai soli effetti della sussistenza del reato imputato, rispetto alla quale il giudice amministrativo non è condizionato dalla pronuncia penale resa sugli stessi fatti material i” (Cons. Stato, V, 2 agosto 2010, n. 5085).

- a tutto dunque concedere alla deroga al principio generale dell’autonomia e separazione dei giudizi, l’incidenza dei fatti materiali oggetto del giudizio penale sul giudizio amministrativo di legittimità - comunque necessaria perché si possa avere l’evento eccezionale della sospensione del primo - deve perciò prospettarsi ex ante come necessariamente e univocamente determinante le condizioni della legittimità dell’azione amministrativa manifestata dall’atto oggetto del giudizio amministrativo, secondo uno stretto nesso di causalità, tale che, in assenza della definizione di quei fatti con un giudicato penale, il giudizio amministrativo non potrebbe avere oggetto autonomo a causa dell’impossibilità di procedere ad alcun accertamento sulla legittimità medesima;
e, del pari, laddove emerga con oggettiva evidenza logica che, in assenza di quei fatti (e dunque del loro accertamento in sede penale), la scelta amministrativa espressa dal provvedimento impugnato sarebbe stata diversa da quella che storicamente è stata (cioè che senza quei comportamenti non si sarebbero avuti questi risultati, ma risultati opposti).

3.2. Fermo il dato che il procedimento penale di cui qui si tratta è ancora allo stato del rinvio a giudizio e che dunque non vi è intervenuto alcun accertamento e alcun giudizio di merito - e ferma ovviamente l’autonomia di giudizio del giudice penale nella sfera propria della sua giurisdizione - l’applicazione di questi principi alla questione pregiudiziale sul caso in esame impone di vagliare la legittimità del procedimento amministrativo per cui è causa valutando, sulla base degli atti dello stesso procedimento acquisiti in giudizio, se gli atti impugnati risultino legittimi (rispetto alle censure loro mosse dalla ricorrente) indipendentemente dai comportamenti addebitati con l’azione penale (lasciando impregiudicato l’apprezzamento dei detti comportamenti non formalizzati o rilevanti nel procedimento amministrativo secondo i criteri sopra richiamati), ovvero se ne emerga una complessiva irrazionalità tale da manifestare inequivocamente un inscindibile collegamento causale con i fatti oggetto dell’accertamento penale. Solo in tal modo, infatti, si può apprezzare se davvero è ipotizzabile la “dipendenza” di cui ripetutamente si è detto e dare eccezionalmente luogo alla sospensione pregiudiziale di questo processo.

4. Si procede a tale fine anzitutto all’esame dei motivi di appello per verificarne la fondatezza e quindi vagliare la legittimità della procedura valutativa come con essi contestata.

4.1. Con un primo motivo è stata dedotta, come sopra visto, l’illegittimità della clausola del bando di limitazione a venti del numero delle pubblicazioni scientifiche ammesse a valutazione;
illegittimità che è stata asserita in sé, poiché incongrua rispetto alla multidisciplinarietà propria della medicina interna, e in quanto specificamente lesiva per la ricorrente poiché determinante il giudizio di “ discontinuità ” della sua produzione scientifica, peraltro sussistente anche per gli altri due candidati.

Il motivo non può essere accolto.

Infatti:

- la facoltà di limitare il numero di pubblicazioni da presentare era prevista dall’art. 2, comma 6, del ricordato d.P.R. n. 117 del 2000 (“ Il bando può inoltre prevedere limitazioni al numero di pubblicazioni scientifiche da presentare, a scelta del candidato, per la partecipazione a ciascuna procedura. L'inosservanza del limite comporta l'esclusione del candidato dalla procedura. La limitazione non deve comunque impedire l’adeguata valutazione dei candidati ”): l’inserzione di una tale clausola nel bando di cui si tratta risulta perciò di suo del tutto legittima per il profilo della conformità alla normativa vigente all’atto del bando stesso, in quanto espressione di una facoltà prevista testualmente dall’ordinamento all’evidente scopo della speditezza dei giudizi (cfr. Cons. Stato, VI, 1 ottobre 2008, n. 4749);
il numero prescelto non è in sé irragionevole, apparendo congruo per dare al candidato l’opportunità di offrire una rappresentazione sufficiente del proprio profilo scientifico e di ricerca;
l’additato carattere di multidisciplinarietà del settore della Medicina interna non rende poi la limitazione illegittima, non solo perché la norma non prevede una deroga a detta facoltà per siffatte materie (ammesso che per le altre il sapere incontri limitazioni di latitudine), ma anche perché nulla dimostra che nell’arco di venti pubblicazioni non sia possibile rappresentare da parte di chi l’abbia svolta una attività scientifica significativa in campi diversi;

- l’applicazione a tutti i candidati di questa limitazione ha consentito paritariamente l’autonoma selezione, da parte di ciascuno, delle pubblicazioni da lui individualmente e responsabilmente stimate migliori e comunque era tale da rendere paritario l’asserito rischio di una valutazione di discontinuità in ragione della limitazione quantitativa medesima: il bando stabiliva tra i criteri di giudizio delle pubblicazioni quello della continuità temporale (art. 6, comma 2, lett. d) );

- nel giudizio complessivo sulla candidatura della ricorrente si afferma che la sua produzione scientifica si presenta “ in parte discontinua ”, venendo con ciò ripreso quanto già indicato nel giudizio collegiale e, prima, in giudizi individuali in cui si precisa tale discontinuità nell’assenza di pubblicazioni nel periodo 1986 – 1995 (cioè per otto anni, periodo non indifferente in un arco di vita scientifica);

- per tale aspetto specifico questo giudice osserva che: in fatto, sulla base del parametro di computo degli anni mancanti di pubblicazioni applicato nell’appello per la comparazione tra i tre candidati (comprendente periodi continuativi e anni singoli), risulta in atti che nell’elenco presentato dalla ricorrente non figurano pubblicazioni in ben undici anni (il 1983, il 1985, dal 1986 al 1995 e nel 2002), in quello del dott. -OMISSIS- in sei anni (1988, 1989, 1990, 1992, 1998 e 2000) e in quello del dott. -OMISSIS- in tre (1993, 1994 e 1996);
ne consegue, da un lato, che nella produzione della ricorrente si riscontra oggettivamente una discontinuità rimarchevole e comunque notevolmente maggiore di quella individuata per gli altri due candidati, sia per il più rilevante numero di anni senza pubblicazioni, sia per la lunghezza del periodo continuo in cui ciò altresì emerge (otto anni) e, dall’altro, che la limitazione delle pubblicazioni a venti non obbliga ad una selezione tale da comportare l’effetto necessario di una loro penalizzante presentazione con discontinuità elevata, come del resto risulta dimostrato anche dalla minore discontinuità presente nell’elenco offerto dai due suddetti candidati;

- non risulta fondata, inoltre, la censura per cui il giudizio sulla produzione scientifica avrebbe dovuto riguardare per la ricorrente, come per ogni candidato, l’intera produzione: una siffatta estensione della valutazione avrebbe infatti privato, introducendo una contraddittorietà insanabile, di ogni utile rilevanza la limitazione quantitativa legittimamente già adottata, con un evidente e concreto rischio di lesione della par condicio fra i candidati in ragione del gran numero di pubblicazioni da considerare e di una conseguente eccessiva dilatazione dei criteri di giudizio in chiave soggettiva;
né depone in tal senso l’ulteriore disposizione del ricordato art. 2, comma 6, del detto d.P.R. n. 117, per cui la limitazione del numero delle pubblicazioni “ non deve comunque impedire l’adeguata valutazione dei candidati ”, da intendere come volta a far sì che le pubblicazioni presentate, proprio perché di numero limitato, siano valutate con il massimo di approfondimento possibile ma non a determinare l’abbandono del criterio limitativo in concreto adottato;

- l’indicazione della, parziale, discontinuità della produzione scientifica della ricorrente non ha costituito peraltro la sola, e quindi determinante, componente del giudizio complessivo non positivo espresso dalla Commissione giudicatrice, né come tale è stata considerata dal primo giudice, essendo stata accompagnata da quella del non “ organico approfondimento dei temi affrontati non superando talvolta il livello di brevi ed isolate comunicazioni ”;

- a questo riguardo non è fondata la censura per cui il giudizio di non organico approfondimento sarebbe incongruo rispetto al prioritario parametro di valutazione della “ originalità e innovatività della produzione scientifica e rigore metodologico ”, posto dall’art. 4, comma 2, lett. a) , del d.P.R. n. 117 del 2000;
ciò in quanto l’organicità dell’approfondimento è di certo la condizione perché un lavoro scientifico sia originale e innovativo, non potendo essere fondatamente tale un lavoro disorganico e non approfondito poiché, in tal caso, non risulta idoneo a provare l’effettiva innovatività e originalità della ricerca, come confermato dall’accostamento con il requisito del “ rigore metodologico ” contestualmente previsto dalla disposizione citata;
nella specie il giudizio complessivo si è razionalmente basato su giudizi individuali e collegiale recanti valutazioni riferite a parametri congrui e significativi di un non elevato grado di originalità e innovatività della produzione scientifica della ricorrente, ritenuta di non “ rilevante impatto nello sviluppo delle conoscenze fisiopatologiche e cliniche negli ambiti talvolta specialistici presi in esame ”, non tale da far emergere “ una evoluzione maturativa verso un ruolo di coordinamento nell’impianto sperimentale e organizzativo dei piani di ricerca ”, o, “ pur essendo riscontrabili spunti di originalità e innovatività ”, per la presenza di una eccessiva monotematicità, ovvero distinta spesso da un ruolo propositivo ma limitata “ dall’aver privilegiato gli aspetti metodologici, piuttosto che l’organico approfondimento di problematiche cliniche ” nonché “ solo parzialmente rispondente agli interessi multidisciplinari della Medicina interna ”.

4.2. Neppure sono fondati gli ulteriori motivi, relativi alla disparità di trattamento rispetto al giudizio di monotematicità della produzione scientifica della ricorrente, alle modalità di valutazione dei lavori del dott. -OMISSIS- ed alla mancata esplicitazione della ragione della diversità dei giudizi resi.

Infatti:

- quello della interdisciplinarietà è il primo tra i criteri di valutazione delle pubblicazioni indicato nel bando (art. 6, comma 2, lett. a )) ed è quindi corretto che sia stato applicato nella procedura per cui è causa, fermo restando che con ciò è stato espresso un apprezzamento tecnico che, secondo costante giurisprudenza, è di certo sindacabile dal giudice in via intrinseca potendosi però soltanto censurare, come anche chiarito, la sola valutazione che si ponga al di fuori dell’ambito dell’opinabilità (Cons. Stato: V, 5 marzo 2010, n. 1274;
VI, 6 febbraio 2009, n. 694;
4 settembre 2007, n. 4635;
IV, 13 ottobre 2003, n. 6201).

- in questo quadro l’avvenuto riscontro di una maggiore multidisciplinarietà, o minore monotematicità, delle pubblicazioni, in particolare, del dott. -OMISSIS-, non risulta viziato essendo oggettivamente trattati nelle sue pubblicazioni argomenti ulteriori rispetto agli studi di allergologia in senso stretto che hanno condotto alla valutazione di cui si discute, in riferimento, come è stato specificamente richiamato in giudizi individuali, a ricerche “ nei campi della biologia molecolare e cellulare, come la biochimica dei lucotrieni e degli altri derivati biologicamente attivi dell’acido arachidonico, l’espressione dei geni della ciclossigenasi 1 e 2 nella placenta umana ed in vari tipi tessutali e cellulari e Ciclossigenasi-2 e cancro (in particolare carcinoma della mammella e del cavo orale) ”, le quali “ sono state svolte con continuità, rigore metodologico e sempre nel contesto culturale multidisciplinare della Medicina Interna ”. A questo dato faceva fronte un arco di pubblicazioni della ricorrente oggettivamente non altrettanto diversificato e comunque tale da non far ritenere al di fuori della opinabilità il giudizio reso su quelle del dott. -OMISSIS-;

- non è poi da condividere la censura per cui il primo giudice non avrebbe considerato in modo integrato le dedotte carenze delle modalità di giudizio sulle pubblicazioni del dott. -OMISSIS-, poiché la valutazione di insussistenza di tali asserite carenze non può che implicare la valutazione di insussistenza, altresì, di un loro effetto di insieme;
né risulta censurabile quanto affermato al riguardo nella sentenza impugnata, essendo oggettivamente corrette le valutazioni: sulla rilevanza non decisiva data nella procedura in questione alla collocazione dell’ultimo firmatario dei lavori, come provato dal più positivo giudizio espresso sui lavori del dott. -OMISSIS-, pur firmatario dei lavori in posizione quasi identica a quella della ricorrente;
sulla rilevanza altresì non decisiva dell’ impact factor in conformità alla previsione del bando (che lo richiama quale criterio da applicare “ ove possibile ”) ed alla giurisprudenza in materia;
sul rilievo marginale dato ai due lavori del dott. -OMISSIS- non dotati di peer review .

4.3. Da quanto considerato la ragione della diversità dei giudizi resi sui tre candidati di cui si tratta si individua, infine, nella continuità del giudizio meno positivo dato sull’attività scientifica della ricorrente e, pur nell’apprezzamento degli altri elementi di valutazione a lei riferiti (discussione dei titoli, prova didattica e attività didattica e assistenziale), nell’indicazione di un profilo di minore validità nella discussione dei titoli a motivo di “ qualche limite nell’approccio metodologico e nell’analisi critica dei risultati ” indicato nel relativo giudizio collegiale, venendo tali rilievi poi assunti nel giudizio complessivo, a fronte della continuità di giudizio positivo emergente per gli altri due candidati riguardo a tutte le fasi valutative del procedimento.

5. Alla luce dell’esame sinora svolto si tratta ora di considerare se, pur in assenza dei comportamenti e fatti materiali alla base dell’imputazione più sopra richiamata, la procedura valutativa presenti comunque elementi oggettivi di per sé idonei e autonomamente sufficienti ad escludere le illegittimità lamentate.

Il Collegio ritiene di riscontrare la sussistenza di siffatti elementi che, per il loro carattere oggettivo, conducono ad un giudizio sui candidati che non appare avrebbe potuto essere diverso e opposto. Il Collegio quindi valuta come non illegittimo, rispetto alle ragioni della domanda giudiziale, il procedimento in questione alla stregua dell’autonomia di oggetto e parametri propri, rispettivamente, del giudizio amministrativo e di quello penale.

Tali elementi consistono: nella legittimità della limitazione a venti del numero delle pubblicazioni da presentare, nell’obbiettiva maggiore discontinuità della produzione scientifica della ricorrente, nella non incongruità della valutazione comparativa di un più elevato grado di monotematicità delle sue ricerche, nella confermata infondatezza delle singole censure dedotte avverso specifiche modalità tecniche di valutazione della produzione scientifica di uno dei due candidati idonei.

Da ultimo e sempre alla stregua dei canoni e dei limiti propri del giudizio amministrativo, non risulta oggettivamente concludente l’asserito vizio di preordinazione nella formulazione del bando, poiché la scelta da parte di ciascuna Università della tipologia di impegno didattico e scientifico da integrare nella struttura rientra nell’ambito del merito delle scelte discrezionali a ciascun ateneo spettante in relazione all’indirizzo didattico e scientifico che così presceglie e non è di per sé sindacabile, salvo profili certi e manifesti di irragionevolezza, che qui non è dato riscontrare;
potendo d'altro lato corrispondere al profilo didattico e scientifico delineato nella specie quello di altri eventuali candidati, oltre quello di chi abbia poi partecipato in concreto alla procedura in questione.

6. Per le ragioni che precedono, a conclusione e nei limiti del giudizio spettante a questo giudice, non sussistono le ipotizzate ragioni di “ dipendenza ” dall’accertamento penale e, quanto al merito di questo giudizio, l’appello deve essere dichiarato infondato ed è perciò respinto.

La particolare articolazione dei profili giuridici esaminati giustifica la compensazione tra le parti delle spese del presente grado del giudizio.

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