Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2020-01-20, n. 202000442
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
Pubblicato il 20/01/2020
N. 00442/2020REG.PROV.COLL.
N. 02036/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 2036 del 2016, proposto da
F C, P V, D P A, T E, G G, T E, M A, M E, T R, F G, B I, D P D, D G D, E M s.r.l., in persona del legale rappresentante
pro tempore
,
Tdicine Alfiero, Cats s.n.c. di Tucci Giampaolo e F M, in persona del legale rappresentante
pro tempore
,
M E, M O, A G, M D, C D, rappresentati e difesi dagli avvocati O C e A C, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato A C in Roma, via Principessa Clotilde, 2;
contro
Roma Capitale, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall’avvocato Sergio Siracusa, con domicilio eletto presso gli uffici della propria avvocatura in Roma, via del Tempio di Giove, 21;
Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Regione Lazio, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall’avvocato Rosa Maria Privitera, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per il Comune di Roma, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio - Roma, Sezione II- ter , n. 13654/2015, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Roma Capitale, del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo e della Regione Lazio;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 novembre 2019 il Cons. A U e uditi i difensori delle parti come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Gli appellanti in epigrafe sono titolari o gestori di piccole aziende per il commercio su aree pubbliche esercitate tramite mezzo mobile con posteggio in vari punti del centro storico di Roma (posteggi “a rotazione” per somministrazione di alimenti e bevande, cd. “bibite e sorbetti”). Con il ricorso in primo grado essi hanno impugnato i provvedimenti con i quali Roma Capitale ha ricollocato le loro postazioni in punti della città diversi da quelli precedentemente concessi in uso, dopo avere formulato ai sensi dell’art. 52 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42) un giudizio d’incompatibilità di tale forma di commercio con le esigenze di tutela culturale delle aree in cui tali concessioni erano state rilasciate.
2. I provvedimenti sono stati emessi sulla base delle risultanze del tavolo tecnico tra Roma Capitale e il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, istituito ai sensi della direttiva (cd. “sul decoro”) del Ministro del 10 ottobre 2012 (concernente l’esercizio di attività commerciali e artigianali su aree pubbliche in forma ambulante o su posteggio, nonché di qualsiasi altra attività non compatibile con le esigenze di tutela del patrimonio culturale, finalizzata a “ contrastare, nelle aree pubbliche aventi particolare valore archeologico, storico, artistico e paesaggistico, l’esercizio di attività commerciali e artigianali in forma ambulante o su posteggio, nonché di qualsiasi altra attività non compatibile con le esigenze di tutela del patrimonio culturale, con particolare riferimento alla necessità di assicurare il decoro dei complessi monumentali e degli altri immobili del demanio culturale interessati da flussi turistici particolarmente rilevanti nonché delle aree a essi contermini ”: cfr. il relativo art. 1).
In particolare, il tavolo tecnico (istituito da Roma Capitale con delibera di Giunta n. 96 del 9 aprile 2014, che ha dato luogo all’Accordo di collaborazione ex art. 15 l. n. 241 del 1990 del 17 aprile 2014) ha giudicato incompatibili ai sensi del citato art. 52 le seguenti aree di Roma: Area archeologica centrale, Circo Massimo - Tridente;Piazza Navona - Piazza della Rotonda/Pantheon ( i.e. , aree territoriali n. 1 e 2). Le risultanze del tavolo sono poi state fatte proprie dai due enti pubblici partecipanti con accordo ex art. 15 l. 7 agosto 1990, n. 241 stipulato in data 4 agosto 2014.
3. Preso atto di tali risultanze, Roma Capitale ha individuato nuovi punti per il commercio su aree pubbliche (deliberazione di Giunta n. 233 del 30 luglio 2014 e determinazione dirigenziale n. 1927 del 17 settembre 2014).
4. I provvedimenti venivano impugnati dai titolari ed esercenti in epigrafe con unico ricorsi davanti al Tribunale amministrativo regionale del Lazio - sede di Roma.
Sono stati così impugnati la deliberazione di Giunta capitolina n. 233 del 30 luglio 2014 di presa d’atto delle determinazioni del tavolo tecnico “del decoro” istituito ai sensi della delibera capitolina n. 96 del 2014 e di approvazione del relativo schema di accordo interistituzionale tra Roma Capitale e il Ministero per beni e le attività culturali e per il turismo ex art. 52 d.lgs. n. 42 del 2004;la d.d. di Roma Capitale n. 1927 del 17 settembre 2014;la deliberazione di Giunta Capitolina n. 96 del 9 aprile 2014;gli accordi ex art. 15 l. n. 241 del 1990;i verbali del tavolo tecnico del 22 maggio 2014, 10 giugno 2014, 19 giugno 2014, 26 giugno 2014, 1 luglio 2014 e 30 maggio 2015;ove occorra la direttiva ministeriale “sul decoro” del 10 ottobre 2012 e il d.m. 17 settembre 2013 del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo di vincolo degli spazi pubblici del “Tridente” del centro storico di Roma.
5. Con motivi aggiunti gli stessi ricorrenti impugnavano il provvedimento con il quale era disposta la ricollocazione temporanea delle loro attività, per una durata di diciotto mesi, nelle nuove ubicazioni (determinazione n. 1365 del 16 giugno 2015), nonché gli atti presupposti e correlati (inclusa la determinazione n. 1257 del 28 maggio 2015 di destinazione all’esercizio del commercio su aree pubbliche delle aree individuate nella conferenza di servizi svolta fra Roma Capitale e il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, nonché il verbale del 9 marzo 2015 della conferenza, in cui venivano esaminate le osservazioni presentate a seguito dell’avvio del procedimento giusta d.d. n. 1927 del 2014).
6. Dopo la pronuncia di parziale incostituzionalità del citato art. 52 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, nella parte in cui tale disposizione non prevede l’intesa con la Regione (Corte costituzionale, sentenza 9 luglio 2015, n. 140), i ricorrenti proponevano ulteriori motivi aggiunti contro gli atti già impugnati.
7. Con un terzo atto di motivi aggiunti venivano impugnati anche il protocollo d’intesa tra la Regione Lazio, Roma Capitale e il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo recante l’intesa interistituzionale sul nuovo regime di tutela delle aree di valore archeologico, storico e artistico di Roma Capitale, siglato in riferimento alla citata pronuncia di incostituzionalità, e la presupposta delibera di Giunta regionale di approvazione del relativo schema (protocollo di intesa in data 21 luglio 2015 e delibera di Giunta regionale n. 365 in pari data).
8. Con la sentenza in epigrafe il Tribunale amministrativo adìto, nella resistenza di Roma Capitale, del Ministero e della Regione, ha respinto il ricorso e i motivi aggiunti.
9. A tale pronuncia ha fatto seguito l’appello degli originari ricorrenti, contenente la riproposizione delle censure respinte in primo grado, e al quale resistono le amministrazioni parimenti epigrafate.
10. Sulla discussione delle parti all’udienza pubblica del 14 novembre 2019, come da verbale, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Preliminarmente va posto in risalto come le questioni sottoposte al Collegio abbiano formato oggetto d’esame di diversi precedenti di questa Sezione, il primo dei quali - pressoché in termini - risale alla decisione n. 3681 del 23 agosto 2016, dai cui principi non v’è ragione di discostarsi, salve le precisazioni e integrazioni di seguito indicate.
2. Con il primo motivo d’appello gli esercenti sostengono che le amministrazioni partecipanti al tavolo tecnico Roma Capitale - Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo non sarebbero pervenute a un giudizio definitivo e compiuto di incompatibilità del commercio su area pubblica con le esigenze di tutela culturale del centro storico di Roma, non essendo stati i lavori del tavolo ancora completati;sarebbe stata l’amministrazione comunale, per converso, ad avviare autonomamente la rilocalizzazione prima che i lavori del tavolo fossero chiusi, avocando nella sostanza a sé poteri che avrebbero dovuto essere esercitati d’intesa con il Ministero, e inoltre senza rispettare le formalità per la revoca del titolo commerciale previste dall’art. 52, comma 1- ter , del Codice dei beni culturali e del paesaggio e dall’art. 44, comma 3- bis , l.r. Lazio 18 novembre 1999, n. 33 ( Disciplina relativa al settore commercio , legge oggi abrogata dall’art. 107, comma 1, lett. d, l.r. 6 novembre 2019, n. 22), oltreché dall’art. 23 del regolamento comunale di cui del. C.c. n. 35 del 2006. Secondo gli appellanti, la rilocalizzazione temporanea adottata da Roma Capitale, in assenza di presupposti di urgenza, non troverebbe fondamento nelle disposizioni citate. Con un siffatto provvedimento - si deduce ulteriormente - l’amministrazione civica si sarebbe sottratta agli obblighi previsti dalle dette disposizioni di reperire una collocazione alternativa « potenzialmente equivalente » per gli esercenti o, in caso di impossibilità, di corrispondere l’indennizzo.
Così operando Roma Capitale sarebbe incorsa complessivamente in uno sviamento di potere, approfittando dell’istituzione del tavolo interistituzionale - la cui funzione era ben più ampia rispetto alla mera rilocalizzazione degli esercizi - per dar luogo autonomamente all’illegittimo spostamento delle postazioni controverse.
3. Il motivo non è fondato.
Innanzitutto, muovendo dalla lettura dei verbali del tavolo tecnico - i cui esiti sono poi confluiti nell’accordo del 4 agosto 2014 - emerge una chiara valutazione d’incompatibilità del commercio attraverso postazioni (quali quelle “a rotazione”, qui controverse) collocate nei luoghi d’interesse culturale del centro storico di Roma (luoghi dichiarati beni culturali dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo - Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Lazio il 17 settembre 2013 ai sensi dell’art. 10, comma 4, lettera g, del Codice dei beni culturali e del paesaggio, in quanto pubbliche piazze, vie, strade e altri spazi aperti urbani di interesse artistico o storico;per i verbali del tavolo, in relazione alle diverse zone e ai vari esercizi coinvolti, cfr. i doc.