Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2014-02-25, n. 201400885

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2014-02-25, n. 201400885
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201400885
Data del deposito : 25 febbraio 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00896/2002 REG.RIC.

N. 00885/2014REG.PROV.COLL.

N. 00896/2002 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 896 del 2002, proposto da:
So.Fi. Coop. S.p.A., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati M S e S C, con domicilio eletto presso lo studio avvocati Luponio - Como in Roma, via M. Mercati, 51;

contro

Comune di S. Anastasia, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avv. G M, con domicilio eletto presso l’avv. L. Napolitano in Roma, via Sicilia, 50;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Campania – Napoli, Sezione IV n. 785/2001;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 gennaio 2014 il Consigliere Doris Durante;

Uditi per le parti gli avvocati M S e G M;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.- Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, con sentenza n. 785/2001 del 20 febbraio 2001, pronunciandosi sui ricorsi n. 455/96, 6615/96 e 11158/98 proposti dalla da So.Fi. Coop. s.p.a., li riuniva;
respingeva perché infondati i ricorsi n. 455/96 e n. 11158/98;
dichiarava inammissibile il ricorso n. 6615/96.

Con il ricorso n. 455/96, la società So.Fi.Coop. aveva chiesto l’annullamento della nota del Sindaco del Comune di S. Anastasia con cui si comunicava il parere sfavorevole al rilascio della concessione edilizia di cui alla domanda del 26 aprile 1994, essendo scaduto lo strumento urbanistico di riferimento (PEEP).

Con il ricorso n. 6615/96 la società aveva chiesto l’annullamento della nota del Sindaco del Comune di S. Anastasia con la quale si attestava che la convenzione stipulata da So.Fi.Coop. con il Comune era da ritenersi decaduta per effetto della sopravvenuta inefficacia del piano di zona approvato il 9 marzo 1976.

Con il ricorso n. 11158/98 la società aveva impugnato la nota del Sindaco del 9 luglio 1998, con la quale si comunicava che non potevano essere accolte le istanze di sanatoria presentate in relazione al cambio di destinazione di alcuni locali non sussistendo i requisiti per la sanatoria.

1.1- In ordine al primo ricorso n. 455/96, il TAR rilevava che, alla data del 24 aprile 1994, cui risaliva la domanda di rilascio della concessione edilizia, il piano di zona interessato dall’intervento era scaduto, atteso che la variante di ampliamento del piano di zona era stata approvata con decreto del Presidente della Giunta regionale del 9 marzo 1976 e che non rileverebbe che la durata del PEEP opererebbe limitatamente agli effetti espropriativi e che sarebbe stata presentata nel settembre 1993 istanza di proroga della precedente concessione edilizia.

Quanto alla omessa comunicazione di avvio del procedimento, il TAR la riteneva infondata, trattandosi di procedimento avviato su istanza di parte.

1.2- Il TAR dichiarava inammissibile il ricorso n. 6615 del 1996, in quanto la nota del Sindaco impugnata, recante l’attestazione che la convenzione stipulata da So.Fi.Coop. con il Comune era da ritenersi decaduta per effetto della sopravvenuta inefficacia della convenzione, non sarebbe autonomamente lesiva, avendo natura meramente ricognitiva dell’effetto riflesso della sopravvenuta inefficacia del PEEP, di cui la convenzione sarebbe atto accessivo, esaurendosi nell’inefficacia del piano di zona tutta la capacità lesiva della fattispecie.

1.3- Il TAR respingeva il ricorso n. 11158 del 1998, perché il mutamento di destinazione dei locali ad uso deposito in locali commerciali, alla data di presentazione delle istanze (28 febbraio 1995) non si era verificato, essendo i locali incompleti e non utilizzati. Precisava il TAR che la sanatoria straordinaria presuppone che il soggetto faccia un uso dell’immobile non conforme a quello autorizzato con la concessione edilizia, situazione che non potrebbe nemmeno ipotizzarsi nel caso in cui l’immobile non sia ultimato. Quanto alle apportate modifiche strutturali in limine potrebbero essere rivelatrici di una generica intenzione di destinare il locale ad un uso difforme dalla originaria destinazione, ma non ad integrare presupposto per chiedere ed ottenere il condono.

2.- Con ricorso in appello notificato il 28 gennaio 2002, la So.Fi..Coop. s.p.a. chiedeva l’annullamento o la riforma della suddetta sentenza del TAR Campania n. 785/2001 di cui assumeva l’erroneità per error in iudicando e in procedendo , alla stregua dei seguenti motivi:

1) violazione dell’art. 21 della l. n. 1034 del 1971;
violazione dell’art. 42, comma 3, della Costituzione;
violazione ed errata applicazione della l. n. 167 del 1962 e degli articoli 9 e 35 della l. n. 2359 del 1865, in quanto il termine di scadenza del PEEP non decorrerebbe dal 9 marzo 1976, ma dal 28 febbraio 2008, data di approvazione da parte della Giunta regionale di un nuovo plano - volumetrico di adeguamento alle prescrizioni formulate nei pareri della Soprintendenza ai monumenti della Campania e dalla Sezione urbanistica regionale (Decreto presidenziale n. 1622 del 12 giugno 1978).

Quanto alla concessione edilizia n. 148 del 1990, essa ricorrente rappresentava che la società aveva chiesto la proroga in data 12 novembre 1993 e in data 26 aprile 1994, facendo presente che il ritardo nell’esecuzione dei lavori era imputabile a cause esterne alla sua volontà (ritardo nell’espletamento del bando di concorso regionale per le agevolazioni ex l. n. 457 del 1978;
la necessità di variare le fondamenta;
liti giudiziarie e sequestro penale per fatto del Comune che non aveva inviato alla Soprintendenza l’autorizzazione sindacale che assentiva le costruzioni), sicché il Comune che avrebbe il potere di prorogare la durata del PEEP avrebbe ben potuto accogliere la richiesta di proroga dei termini della suddetta concessione edilizia, respinta invece in data 24 ottobre 1995 con riferimento all’avvenuta scadenza del PEEP.

Per le stesse ragioni lamentava l’erroneità della sentenza che dichiarava l’inammissibilità del ricorso n. 455 del 1996.

Quanto al rigetto del ricorso n. 1158 del 1998, deduceva violazione degli articoli 34 e 35 della l. n. 47 del 1985 e dell’art. 39 della l. n. 729 del 1994 e difetto di motivazione, non avendo il giudice di primo grado considerato che la costruzione era stata realizzata in modo rispondente alla diversa destinazione d’uso.

Il Comune di S’Anastasia si costituiva in giudizio e chiedeva il rigetto dell’appello.

Le parti depositavano memorie difensive e, alla pubblica udienza del 16 gennaio 2014, il giudizio veniva assunto in decisione.

DIRITTO

3.- L’appello è infondato e va respinto.

4.- Con il primo motivo di appello la So.Fi.Coop. assume l’erroneità della sentenza appellata con riferimento alla data di approvazione del PEEP da parte della Regione, risalente a suo dire non al 9 marzo 1976 ma al 1978.

La censura è infondata.

Il PEEP di S. Anastasia è stato approvato con decreto del Presidente della Giunta regionale della Campania n. 1478 del 9 marzo 1976, data riportata nelle premesse della convenzione stipulata tra la So.Fi.Coop. con il Comune di S’Anastasia (Convenzione repertorio n. 102 del 1980).

Gli atti ai quali fa riferimento l’appellante, risalenti al 1978, altro non sono che una mera revisione di adeguamento plano - volumetrica del piano e, pertanto, la loro approvazione è del tutto ininfluente ai fini della decorrenza dei diciotto anni di validità del piano medesimo.

Solamente le varianti cd. di aggiornamento, e cioè quelle dirette ad aggiornare ed integrare un precedente piano di zona mediante l’individuazione di nuove zone in vista dell’ampliamento degli interventi edilizi originariamente previsti, costituiscono, quanto alla loro efficacia, veri e propri nuovi piani di edilizia economica e popolare, con autonoma validità per tutto il periodo di tempo calcolato dalla loro entrata in vigore.

Ne consegue che solo in tal caso il termine di scadenza della variante è autonomo rispetto a quello del piano originario.

Diversamente, le varianti che modificano la distribuzione degli interventi, esaurendosi in mere revisioni plano – volumetriche e distributive, sono ininfluenti sulla durata del piano di zona.

4.1- La censura, invero, oltre che infondata, è inammissibile perché sollevata per la prima volta in appello, mentre in primo grado la ricorrente evidenziava che la individuazione della zona PEEP approvata nel 1976 era stata riconfermata nel 1994 con l’approvazione del PRG del Comune, con decorrenza di nuovo termine di durata;
che il decorso dei 18 anni rilevava ai soli fini espropriativi e non ai fini urbanistici e che la So.Fi.Coop. aveva acquistato, in virtù di atto di cessione volontaria, la proprietà di tutti i terreni oggetto dell’intervento e che, pertanto, non vi era necessità alcuna di operare una procedura espropriativa (censure che non sono state riproposte e che, comunque, non attengono alla tematica dell’edilizia nell’ambito del piano di zona, ma a quella dell’edilizia libera, che non è oggetto, comunque, del giudizio di cui si discute, non essendo, peraltro, in alcun modo precluso all’interessata di utilizzare fuori e indipendentemente dal PEEP la capacità edificatoria dei suoli di cui è proprietaria).

5.- Con ulteriore motivo di appello, la So.Fi.Coop. assume l’erroneità della sentenza, non avendo considerato che rientra nella facoltà del Comune disporre ai sensi dell’art. 9 della l. n. 167 del 1962, la proroga per due anni del piano per l’edilizia economica e popolare e, pertanto, anche la concessione avrebbe potuto essere rilasciata oltre il termine di scadenza del piano (18 anni), qualora si fosse dimostrata la non imputabilità al richiedente delle ragioni del ritardo.

La censura, basata su un sillogismo indimostrato, è infondata ed è anche inammissibile perché proposta per la prima volta in appello.

Ad ogni buon conto è opportuno ricordare che l’art. 9 della l. n. 167 del 1962 consente che “ per giustificati motivi l’efficacia dei piani può, su richiesta del Comune interessato, essere prorogata con decreto del ministero per i Lavori Pubblici, per non oltre due anni” , laddove i giustificati motivi sono nella necessità di assicurare alloggi ai meno abbienti e non di rimettere nei termini le imprese che non hanno tempestivamente provveduto agli interventi edilizi consentiti dal piano.

Comunque, è incontestabile che ove il piano sia scaduto e il Comune non ne abbia richiesto la proroga, non può essere rilasciato un titolo per interventi edilizi che presuppongono la validità dell’efficacia del piano.

Comunque, non può ignorarsi il comportamento dilatorio tenuto dalla società So.Fi.Coop. s.p.a. nel realizzare gli interventi edilizi del piano di zona, protratti per più di dieci anni fino alla naturale scadenza del piano.

La So.Fi.Coop., infatti, titolare della concessione edilizia n. 18 del 12 febbraio 1980, giusta voltura in data 4 giugno 1980 da parte della Cooperativa IDAS, relativa alla costruzione di fabbricati da realizzarsi secondo un tipo logicamente determinato nell’ambito del piano di zona e variante di ampliamento del PEEP approvata il 9 marzo 1976, chiedeva e otteneva la concessione n. 23 del 13 maggio 1981 in variante alla concessione n. 18, rinnovata con successiva concessione n. 62 del 28 luglio 1987 e la concessione in variante n. 148 del 28 settembre 1990 e nel 1993 la concessione per l’ultimazione delle opere avviate (con provvedimento n. 17 del 15 febbraio 1994 il Sindaco autorizzava la società alla sistemazione a parcheggi da destinare a pertinenze delle singole unità immobiliari dei piani interrati dei fabbricati facenti parte dei lotti R3 ed R7 e autorizzava il completamento dei fabbricati, al tempo sottoposti a sequestro, e previo dissequestro la sistemazione a parcheggi dei locali interrati da destinare a pertinenza dei singoli alloggi).

5.1- Quanto alla circostanza che in altra fattispecie il Comune avrebbe rilasciato una concessione edilizia malgrado il termine di ultimazione dell’intervento sarebbe andato a scadere oltre il termine di validità del PEEP, la censura, in disparte l’inammissibilità perché proposta per la prima volta in appello, è comunque infondata, non costituendo parametro per la valutazione dell’illegittimità di un atto il comportamento dell’amministrazione per altri casi e perché ciò che conta è che l’assenso all’intervento edilizio avvenga allorché il piano è valido ed efficace.

6.- Quanto alla impugnazione della nota del Sindaco, del 24 maggio 1996, con la quale si comunicava che la convenzione era scaduta, non è contestabile che la suddetta nota sia priva di carattere provvedimentale, avendo detto atto mera funzione ricognitiva dell’inefficacia della convenzione che, in quanto atto accessivo alla concessione di costruzione nell’ambito del PEEP, consegue alla scadenza di validità dell’atto di pianificazione.

L’uso improprio del termine “decadenza” invece che di “cessazione di efficacia” della convenzione non incide sulla natura prettamente ricognitiva dell’atto ed evidenzia l’irrilevanza del dedotto vizio di incompetenza del sindaco, atteso, peraltro, che al Sindaco non è ascrivibile l’adozione di alcun provvedimento, ma la mera comunicazione della scadenza automatica della validità della convenzione, in quanto accordo connesso alla validità del PEEP.

Correttamente, quindi, il giudice di primo grado, avendo accertato l’effettiva portata dell’atto ed avendo constatato che di per sé l’atto non aveva un contenuto lesivo per la posizione della società ricorrente, ha dichiarato il ricorso inammissibile.

7.- In ordine al ricorso n. 11158 del 1998, con il quale era stata impugnata la nota comunale del 9 luglio 1998 di rigetto della sanatoria straordinaria presentata dalla ricorrente per il cambio di destinazione d’uso dei locali da “non residenziali” ad attività commerciali, la sentenza deve ritenersi corretta, atteso che la sanatoria straordinaria, c.d. condono edilizio, presuppone l’esistenza dell’abuso per poter godere del beneficio.

Certamente non sussiste l’abuso laddove il mutamento di destinazione d’uso non è effettivamente avvenuto.

Da un canto, infatti il Comune accertava che l’intervento edilizio oggetto del condono non era ultimato funzionalmente alla data dell’istanza di condono e dall’altro la ricorrente non ha provato la diversa circostanza, essenziale ai fini del condono, che l’immobile era ultimato funzionalmente, secondo i parametri ministeriali dettati in ordine all’applicazione degli articoli 34 e 35 della l. n. 47 del 1985.

Lo strumento eccezionale della sanatoria straordinaria, ovvero condono edilizio, risultava quindi utilizzato dall’interessata alla stregua di altro strumento, quello della sanatoria ordinaria, alla quale, invero, non è precluso alla società fare ricorso, ove abbia interesse al mutamento di destinazione d’uso dei locali di cui si discute.

Per le ragioni esposte, l’appello deve essere respinto.

Le spese di giudizio, attesa la peculiarità della vicenda controversa, possono essere equamente compensate tra le parti.

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