Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-11-14, n. 202309761
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Pubblicato il 14/11/2023
N. 09761/2023REG.PROV.COLL.
N. 09185/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9185 del 2018, proposto da
S M, C M, F M, I R, rappresentati e difesi dall'avvocato F L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Santa Marinella, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato R F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Regina Margherita, n. 46;
nei confronti
Regione Lazio, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda) n. 03413/2018, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Santa Marinella;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, c.p.a.;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 24 ottobre 2023 il Cons. Diana Caminiti e udito per il Comune di Santa Marinella l’avv. Frascaroli M. in sostituzione dell'Avv. Frascaroli R.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.Con atto notificato in data 29 ottobre 2018 e depositato il successivo 16 novembre S M, C M, F M e I R hanno interposto appello avverso la sentenza del Tribunale Amministrativo per il Lazio, sez. II bis, 27 mrzo 2018, n. 3413 con cui è stato rigettato e, in parte, dichiarato inammissibile, il ricorso proposto avverso l’ordinanza n. 9 del 15 febbraio 2017, notificata il 17 febbraio 2017. Con il provvedimento impugnato il sindaco del Comune di Santa Marinella ha dichiarato la somma urgenza ed indifferibilità delle operazioni e dei lavori necessari alla messa in sicurezza dei luoghi situati in prossimità dell’Alveo del Fosso di Valle Semplice e, per l’effetto, ha ordinato l’esecuzione dei lavori di sistemazione, messa in sicurezza e rispristino dei luoghi con realizzazione delle relative e necessarie opere.
2.Dagli atti di causa risulta quanto di seguito specificato.
2.1. Antonio M – dante causa degli odierni appellanti - veniva originariamente autorizzato dal Comune di Santa Marinella, con concessione edilizia n. 102/89 del 7 luglio 1991, alla costruzione di un edifico residenziale (tipo villino), con la prescrizione di realizzare a sue spese e cura un muro di contenimento da porsi lungo l’argine del fosso denominato “Valle Semplice”.
2.2. Dopo la realizzazione del muro ad opera del M, a seguito di sentenza del Tribunale Civile di Civitavecchia (sentenza n. 547/2006), la quale statuiva in ordine al correlativo obbligo, il muro crollava parzialmente in data 29 aprile 2009.
2.3. Al riguardo, con fonogramma a firma del Comando del VV.FF., prot. n. 30752 del 29 aprile 2009, veniva richiesto al Comune di effettuare verifiche tecniche atte a determinare sia la staticità della restante parte del manufatto che l’individuazione degli eventuali lavori di rimozione dei corpi occludenti il naturale deflusso del fosso ivi presente.
2.4. Nella medesima giornata del 29 aprile 2009, veniva esperito in loco un sopralluogo da parte del Comando di Polizia Locale, così come emerge dalla relazione di pari data avente prot. n. 2084/09.
2.5. Con ordinanza sindacale n. 23 del 6 maggio 2009 il Comune di Santa Marinella intimava ad Antonio M di intraprendere le iniziative necessarie a mettere in sicurezza l’alveo del fosso in corrispondenza del muro crollato e la restante parte del muro;nella medesima ordinanza sindacale, al fine di definire eventuali responsabilità in merito al dissesto statico di cui trattasi, veniva richiesto al M di consegnare all’amministrazione comunale tutti gli atti relativi al collaudo statico dell’opera. Avverso tale ordinanza il M proponeva ricorso straordinario al Presidente della Repubblica.
2.6. Nelle more, non avendo il ricorrente provveduto direttamente alla messa in sicurezza del muro, con delibera di G.C. n. 459/2009 veniva dato mandato all’U.T.C. di procedere d’ufficio alla redazione di un’apposita progettazione mediante un tecnico abilitato, per la messa in sicurezza del muro di contenimento in riferimento alla parte crollata.
2.7. Il Comune di Santa Marinella, con delibera di G.C. n. 486 del 18 dicembre 2009 approvava il progetto esecutivo relativo al risanamento parziale del fosso di Valle Semplice, per un importo totale pari ad € 88.287,17/00.
2.8. Con determina n. 31482 del 23 dicembre 2009 veniva avviato il procedimento per utilizzare l’accesso in proprietà privata ai fini dell’espletamento della gara per l’affidamento dei lavori di risanamento del muro di contenimento;gara che, peraltro, andava deserta.
2.9. Nel frattempo, con decisione del 22 marzo 2011, il ricorso straordinario del M veniva rigettato.
2.10. Successivamente, il M, in data 26 luglio 2011, presentava una D.I.A. ai fini dell’esecuzione delle opere per la messa in sicurezza dell’alveo del fosso di Valle Semplice. Tuttavia, il Comune di Santa Marinella, con comunicazione del 27 settembre 2011, prot. n. 18851, intimava la sospensione dei lavori, non essendo stato previamente acquisito dall’interessato il nulla osta da parte dell’Autorità dei Bacini.
2.11. In data 11 novembre 2011 il M proponeva ricorso ex art 696 e ss c.c. al Tribunale Civile di Civitavecchia, domandando l’ammissione di un accertamento tecnico preventivo finalizzato alla descrizione analitica dello stato dei luoghi e delle opere;alla descrizione delle cause che avevano determinato il crollo e i disallineamenti dei diversi tratti di muro e alla descrizione delle opere eseguite e dei materiali utilizzati;il ricorso veniva rigettato con ordinanza confermata in sede di reclamo.
2.12. Successivamente, il M impugnava dinanzi al Tar del Lazio (ric. n. 2879/2012), domandandone la previa sospensiva, l’ordinanza sindacale n. 6 del 26 gennaio 2012 con la quale il Comune di Santa Marinella ordinava al ricorrente, nella sua qualità di proprietario del muro parzialmente crollato nell’alveo del Fosso di Valle Semplice, di rimuovere il materiale di risulta dell’avvenuto crollo che avrebbe potuto ostruire il libero deflusso dell’acqua del fosso in caso di copiose piogge, nonché di mettere in sicurezza la porzione del muro di contenimento caratterizzata da cenni di cedimento strutturale;rigettata la domanda di sospensione dell’efficacia (ordinanza cautelare n. 1856 del 2012), il M non coltivava ulteriormente il giudizio.
2.13. In data 15 febbraio 2017, il Comune di Santa Marinella, accertata la presenza di materiali nell’alveo del fosso consistenti in residui del muro, tali da provocare la formazione di una diga e il pericolo di allagamento delle zone circostanti, dichiarava la somma urgenza e indifferibilità di operazioni di lavori necessari alla messa in sicurezza dei luoghi, ordinando agli eredi dei Antonio M, defunto medio tempore , la rimozione e lo smaltimento a discarica dei materiali presenti sul letto del fosso, nonché la messa in sicurezza, a protezione di eventuali piene (ordinanza n. 9 del 15 febbraio 2017).
3. Avverso detto provvedimento S M, C M, F M e I R hanno proposto ricorso innanzi al T.a.r., domandandone l’annullamento e chiedendo la condanna dell’Amministrazione all’adozione degli interventi necessari per la messa in sicurezza del muro. Il ricorso è stato affidato ad una pluralità di censure, non rubricate, che possono essere sintetizzate come di seguito.
3.1. Segnatamente, gli odierni appellanti hanno dedotto l’illegittimità dell’ordinanza in ragione della natura di pertinenza del demanio idrico del muro di contenimento, costituendo il medesimo, di fatto, argine del fiume;ciò, peraltro, risulterebbe suffragato anche dalla circostanza che la stessa Amministrazione aveva onerato i privati di acquisire le necessarie autorizzazioni per la ricostruzione del muro, tenuto conto di vincoli idro-geologici dell’area.
3.2. Inoltre, secondo la prospettazione attorea, l’ordinanza violerebbe l’art. 86, d.lgs. n. 112 del 1998, il quale attribuisce alle Regioni e agli Enti locali competenti per territorio la gestione dei beni del demanio idrico;sarebbe poi generica e carente di motivazione.
3.3. Ancora, i ricorrenti contestano di essere obbligati ad interventi sugli immobili delle aree in questione, poiché non hanno accettato l’eredità del defunto proprietario.
3.4. Inoltre, trattandosi di terreno oggetto di procedura esecutiva, i debitori non avrebbero potuto mutare lo stato dei luoghi senza uno specifico ordine del giudice dell’esecuzione.
4. Il Tar per il Lazio ha rigettato il ricorso nella parte in cui veniva domandato l’annullamento dell’ordinanza, in quanto “(…) le circostanze allegate dai ricorrenti, consistenti nelle contestazioni sulla proprietà del muro di recinzione, sull’assetto proprietario non ben definito in pendenza dell’accettazione dell’eredità da parte degli interessati, sulla sottoposizione dell’area a procedura esecutiva (…) ” non escludono “(…) la necessità di un provvedimento straordinario e d’urgenza, prevalendo le ragioni di tutela della pubblica incolumità sulle ragioni, di natura meramente patrimoniale, dedotte dai ricorrenti ai quali sarà comunque consentito ottenere, mediante gli ordinari strumenti di tutela offerti dall’ordinamento giuridico, il ristoro delle spese eventualmente sostenute qualora venisse accertato che gli oneri di manutenzione avrebbero dovuto essere sopportati dalla pubblica amministrazione .” Quanto alla domanda di condanna dell’amministrazione, il T.a.r. l’ha dichiarata inammissibile, in quanto genericamente formulata;ha precisato, comunque, che: “(…) in ogni caso sarebbe ugualmente inammissibile, per difetto di giurisdizione amministrativa, qualora i ricorrenti pretendessero l’intervento del Comune in adempimento di obblighi connessi alla proprietà pubblica del muro di contenimento;qualora, invece, si intendesse sollecitare l’esercizio di poteri pubblicistici, la domanda sarebbe inammissibile non potendo il giudice amministrativo pronunciarsi su poteri non ancora esercitati, salvo il caso particolare dell’azione avverso il silenzio inadempimento tendente a sollecitare l’esercizio del potere pubblico ”.
5. Avverso tale sentenza gli originari ricorrenti hanno proposto appello, articolato nei seguenti motivi, così rubricati:
1) Erronea, omessa e/o contraddittoria pronuncia su un punto specifico della domanda, con particolare riferimento ai presupposti dell’urgenza ed indifferibilità. Violazione di legge e/o eccesso di potere ed incompetenza del sindaco alla emissione dell'atto per mancanza dei presupposti di necessità ed urgenza fissati dagli artt. 5o e 54 del dl.vo 267/2000;1.1.) Erronea, omessa e/o contraddittoria pronuncia su un punto specifico della domanda, con particolare riferimento alla carente motivazione e genericità del provvedimento adottato;
2) Erronea, omessa e/o contraddittoria pronuncia su un punto specifico della domanda, con particolare riferimento al soggetto titolare del diritto di proprietà del muro;
3) Erronea, omessa e/o contraddittoria pronuncia su un punto specifico della domanda, con particolare riferimento al soggetto privato onerato di ripristinare i luoghi;
4) Sulla domanda connessa di condanna dell’autorità pubblica a provvedere al ripristino.
6. Si è costituito l’appellato Comune di Santa Marinella, insistendo per il rigetto dell’appello.
7.La causa è stata trattenuta in decisione all’esito dell’udienza straordinaria del 24 ottobre 2023.
DIRITTO
1. Con il primo motivo gli appellanti censurano la sentenza nella parte in cui non ha riconosciuto l’insussistenza dei presupposti di contingibilità ed urgenza per l’adozione dell’ordinanza sindacale;reitera, altresì, la censura di difetto di motivazione e deduce un error in procedendo , asserendo che il giudice di prime cure non si sarebbe pronunciato in ordine al vizio di genericità dell’ordinanza sollevato con il ricorso di primo grado.
1.1. Il motivo è infondato.
1.1.1. Sul punto giova richiamare i prevalenti orientamenti giurisprudenziali in materia di ordinanze contingibili e urgenti.
Le ordinanze di necessità e urgenza, quali espressione di un potere amministrativo extra ordinem , volto a fronteggiare situazioni di urgente necessità, laddove all'uopo si rivelino inutili gli strumenti ordinari posti a disposizione dal legislatore, presuppongono necessariamente situazioni non tipizzate dalla legge di pericolo effettivo (o anche solo potenziale, secondo quanto di seguito specificato), la cui sussistenza deve essere suffragata da un'istruttoria adeguata e da una congrua motivazione, tali da giustificare la deviazione dal principio di tipicità degli atti amministrativi (ex multis, Cons. Stato Sez. V, Sent., 10-11-2022, n. 9846).
I presupposti che consentono il legittimo esercizio del potere di ordinanza ex art. 54 del d.lgs. n. 267 del 2000 sono quelli della contingibilità, intesa nell'accezione di necessità che implica l'insussistenza di rimedi tipici e nominati per fronteggiare efficacemente il pericolo oppure che quelli sussistenti non siano adeguati ad affrontare, in maniera tempestiva, la situazione di pericolo, dell'urgenza, consistente nella materiale impossibilità di differire l'intervento ad altra data e dell'interesse pubblico da salvaguardare (Cons. Stato Sez. IV, 25/03/2022, n. 2193).
Sul tema, la giurisprudenza ha infatti unanimemente osservato che " i presupposti per l'adozione dell'ordinanza contingibile e urgente risiedono nella sussistenza di un pericolo irreparabile ed imminente per la pubblica incolumità, non altrimenti fronteggiabile con i mezzi ordinari apprestati dall'ordinamento, nonché nella provvisorietà e la temporaneità dei suoi effetti, nella proporzionalità del provvedimento, non essendo pertanto possibile adottare ordinanze contingibili e urgenti per fronteggiare situazioni prevedibili e permanenti o quando non vi sia urgenza di provvedere, intesa come assoluta necessità di porre in essere un intervento non rinviabile, a tutela della pubblica incolumità " (cfr. Cons. Stato, II, 11 luglio 2020, n. 4474;conforme, III, 29 maggio 2015, n. 2697).
(…).
1.1.2. Ciò, premesso, nella vicenda controversa il presupposto di questo intervento è rinvenibile in quanto rappresentato dal fonogramma del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Roma del 10 febbraio 2017. Questo atto, redatto all’esito di apposito sopralluogo, constatava che “ il muro in C.A. in questione (…) risulta evidentemente fuori asse ed in fase di rotazione, con pericolo di ribaltamento verso il suddetto fosso e quindi di ostruzione, con potenziale rischio di formazione diga ed allagamenti delle zone circostanti ”;pertanto, “ non è possibile escludere una evoluzione peggiorativa del dissesto, anche in relazione alle possibili avverse condizioni meteorlogiche ”, di talché si sarebbero resi necessari lavori di messa in sicurezza, con interdizione, medio tempore, dell’accesso alle zone per la salvaguardia della incolumità delle persone e la preservazione dei beni.
L’accertamento posto in essere, dunque, attestava il rischio del verificarsi di un pericolo concreto per l’incolumità delle persone, individuando la causa del pericolo nel posizionamento fuori asse del muro di contenimento, con pericolo di ribaltamento del medesimo, ma anche di allagamenti per ostruzione del fosso.
1.1.3. L’ordinanza sindacale, pertanto, non risulta affetta da vizio di motivazione. Diversamente da quanto asserito dalle parti appellanti, il provvedimento non si limita infatti ad affermare una non meglio definita necessità dell’intervento, ma ne indica le ragioni, disponendo, altresì, gli interventi concretamente necessari per fa fronte ai rischi accertati. Non sussiste, inoltre, il difetto di omessa pronuncia sulla pretesa genericità dell’ordinanza, insita invece nella parte della sentenza in cui vengono individuati i presupposti fondanti l’ordinanza e le ragioni della sua legittimità.
1.1.4. Peraltro, le ordinanze contingibili e urgenti possono adottarsi anche a fronte di un pericolo potenziale. Pertanto, depone nel senso della legittimità dell’ordinanza sindacale l’applicazione alla fattispecie de qua del principio di precauzione, il quale supporta l'intervento restrittivo da parte della pubblica amministrazione, in presenza di un rilevante pericolo per interessi pubblici particolarmente sensibili, anche in assenza di una evidenza scientifica del nesso di causalità, secondo lo standard del c.d. più probabile che non, tra la circostanza fattuale su cui si interviene e il pregiudizio che potrebbe arrecare.
In tal senso, ha invero chiaramente affermato anche la recente giurisprudenza del Consiglio di Stato che " il c.d. "principio di precauzione", di derivazione comunitaria (art. 7, Regolamento n. 178 del 2002), impone che quando sussistono incertezze o un ragionevole dubbio riguardo all'esistenza o alla portata di rischi per la salute delle persone, possono essere adottate misure di protezione senza dover attendere che siano pienamente dimostrate l'effettiva esistenza e la gravità di tali rischi;l'attuazione del principio di precauzione comporta dunque che, ogni qual volta non siano conosciuti con certezza i rischi indotti da un'attività potenzialmente pericolosa, l'azione dei pubblici poteri debba tradursi in una prevenzione anticipata rispetto al consolidamento delle conoscenze scientifiche " (Consiglio di Stato sez. III, 3 ottobre 2019, n. 6655).
1.2. Con il secondo motivo gli appellanti deducono l’erroneità della sentenza nella parte in cui non ha accertato l’illegittimità dell’ordinanza impugnata in ragione dell’appartenenza pubblica del muro, avendo il medesimo natura di pertinenza del demanio idrico e costituendo, di fatto, argine del fiume;viene dedotta, altresì, l’erroneità della sentenza nella parte in cui ritiene che la mancata accettazione dell’eredità di Antonio M e la circostanza per cui il compendio immobiliare sia sottoposto a procedura esecutiva non inficerebbe la validità del provvedimento impugnato.
1.2.3 Con il terzo motivo viene cesurata la sentenza nella parte in cui non ha riconosciuto l’illegittimità dell’ordinanza per violazione dell’art. 86, n. 1, del d.l. n. 112 del 1998, secondo cui la gestione dei beni del demanio idrico spetta alle Regioni e agli Enti locali competenti per territorio.
1.2.4. Con il quarto motivo viene cesurata la sentenza nella parte in cui è stata ritenuta inammissibile la domanda di condanna dell’amministrazione all’adozione delle misure necessarie per la messa in sicurezza ed il ripristino del muro;di contro, asseriscono gli appellanti, la medesima rientrerebbe nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo a norma dell’art. 133, co. 1, lett. q) cod. proc. amm.
1.2.5. I summenzionati motivi possono essere trattati congiuntamente, stante la loro stretta connessione;i medesimi sono infondati.
1.2.6. Preliminarmente, occorre rilevare che la circostanza che alla realizzazione del muro dovesse provvedere Antonio M, dante causa degli odierni appellanti, oltre a risultare dalla concessione edilizia illo tempore rilasciata, risulta sia dalla sentenza del Tribunale di Civitavecchia che dalla decisione sul ricorso straordinario citati nella memoria difensiva del Comune di Santa Marinella;pertanto, la questione deve ritenersi coperta dal giudicato esterno, valevole nei confronti delle parti, loro eredi e aventi causa ex art. 2909 c.c.
Conseguentemente, la domanda di condanna del Comune a provvedere si rivela comunque in contrasto con il giudicato formatosi sul punto;la medesima, inoltre, esorbita dalla giurisdizione del Giudice amministrativo, investendo un facere specifico relativamente all’esercizio di un potere pubblico non ancora esercitato. Risulta del tutto inconferente, poi, il richiamo all’art. 133, co. 1, lett. q), cod. proc. amm., in quanto la norma si limita a prevedere la giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo in materia di “ controversie aventi ad oggetto i provvedimenti anche contingibili ed urgenti, emanati dal Sindaco in materia di ordine e sicurezza pubblica, di incolumità pubblica e di sicurezza urbana, di edilità e di polizia locale, d’igiene pubblica e dell’abitato ”.
1.2.7. Ciò premesso, anche gli interventi manutentivi non potevano che gravare sulla parte privata in forza dell’obbligazione propter rem gravante sull’immobile;né l’ordinanza contingibile e urgente poteva essere contestata sulla base del rilievo che fossero ancora pendenti i termini per l’accettazione dell’eredità, non avendo i ricorrenti contestato di essere in possesso dei beni ereditari. Dunque, l’ordinanza impugnata è stata correttamente adottata nei loro confronti in quanto soggetti in rapporto con la res . Sul punto, infatti, la giurisprudenza ha chiarito, quanto alla legittimazione passiva, che le ordinanze contingibili ed urgente, proprio per il loro contenuto “ extra ordinem ”, possono rivolgersi a chiunque abbia, con il bene che minaccia la pubblica incolumità, una relazione tale da consentirgli di disporne e quindi effettuare gli interventi necessari a ripristinare le condizioni di sicurezza. (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 2 dicembre 2014, n. 12136, richiamata da Consiglio di Stato, sez. V, 16 gennaio 2023, n. 525).
1.2.8. Peraltro, non risultava neppure determinante la pendenza di un giudizio esecutivo, posto che gli appellanti avrebbero dovuto eseguire gli interventi necessari previa autorizzazione del giudice dell’esecuzione, che era loro onere richiedere e che in alcun modo era da intendere quale presupposto di legittimità dell’ordinanza gravata, incidendo solo sulla sua immediata eseguibilità.
1.3. In considerazione dei precedenti rilievi l’appello va rigettato, confermando la sentenza di prime cure.
1.4. Sussistono nondimeno eccezionali e gravi ragioni avuto riguardo alla risalenza della vicenda per compensare tra le parti integralmente le spese di lite del presente grado.