Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2022-06-20, n. 202205056

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2022-06-20, n. 202205056
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202205056
Data del deposito : 20 giugno 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/06/2022

N. 05056/2022REG.PROV.COLL.

N. 08093/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8093 del 2020, proposto dal signor G T, rappresentato e difeso dagli avvocati A S e G C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato G C in Roma, via Cicerone n. 44;

contro

il Comune di Fossombrone, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato A B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per le Marche (Sezione Prima) n. 799/2019, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio e l’appello incidentale del Comune di Fossombrone;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 maggio 2022 il Cons. Alessandro Verrico;

Viste le conclusioni delle parti presenti, o considerate tali ai sensi di legge, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso dinanzi al T.a.r. per le Marche (r.g. n. 516/2010), il signor G T, proprietario di un appezzamento di terreno nel Comune di Fossombrone, località Calmazzo (catasto terreni foglio 38, partt. 103, 175 e 174), agiva per il risarcimento del danno derivante dalla ritardata approvazione di un piano di lottizzazione sull’area di sua proprietà da lui richiesto. Il ritardo era stato dichiarato illegittimo dalla sentenza n. 1926 del 2007 del medesimo Tribunale, di annullamento del silenzio-rifiuto del Comune di Fossombrone, pronunciata in accoglimento del ricorso r.g. n. 413 del 2007 presentato dal medesimo ricorrente.

In particolare, il progetto di lottizzazione residenziale in località Calmazzo, zona C3, scheda S3, presentato dal ricorrente in data 1° febbraio 2006 ed integrato, a seguito di richiesta del Comune medesimo, in data 16 marzo 2006, veniva approvato – in esecuzione della sentenza del T.a.r. delle Marche 21 dicembre 2007 n. 1926 che dichiarava l’obbligo del Comune di provvedere - con deliberazione del Consiglio comunale n. 77 del 17 ottobre 2008.

2. Il T.a.r. Piemonte, sede di Torino, Sezione I, con la sentenza n. 799 del 28 dicembre 2019, ha accolto il ricorso nei limiti di cui in motivazione, condannando il Comune di Fossombrone al risarcimento del danno da ritardo, oltre alla refusione delle spese del giudizio. Il Tribunale, in particolare, ha ritenuto sussistenti i presupposti della responsabilità del Comune, addebitando allo stesso un colpevole ritardo di due anni e un mese circa per l’approvazione del piano di lottizzazione sull’area di proprietà del ricorrente, e quindi, con riferimento al quantum risarcitorio:

a) ha ritenuto non provato il danno derivante dalla mancata esecuzione della lottizzazione da parte del ricorrente, stante la decisione finale di non eseguirla, escludendo pertanto il risarcimento del danno da lucro cessante, anche nella formula della perdita di chance ;

b) ha riconosciuto il diritto al risarcimento del danno per gli oneri finanziari, limitatamente a quello relativo all’ingiustificato blocco delle proprie scelte imprenditoriali a causa del ritardo del Comune nell’approvare il piano di lottizzazione, ritenendo tuttavia non dimostrata l’accensione di mutui, né alternative e redditizie forme di investimento del valore dei terreni, né l’accantonamento del capitale per la realizzazione della lottizzazione.

Il Tribunale, in conclusione, ha fissato un termine per l’Amministrazione per formulare una proposta risarcitoria, dettando a tal fine i relativi parametri ai sensi dell’art. 34, comma 4, c.p.a.

3. L’originario ricorrente ha proposto appello, per ottenere la riforma della sentenza impugnata e il conseguente accoglimento integrale del ricorso originario. In particolare, l’appellante ha articolato tre autonomi motivi di appello e, in particolare:

i) ha impugnato il capo della sentenza con cui è stato negato il risarcimento del danno da lucro cessante, evidenziando al riguardo le ragioni oggettive dell’impossibilità dell’edificazione nell’anno 2009 e censurando le argomentazioni del primo giudice per contraddittorietà e per difetto di motivazione della sostenuta inattendibilità della perizia di parte;
peraltro, la gravata sentenza, nel punto in cui afferma la totale irrilevanza della mutate condizioni del mercato immobiliare, sarebbe viziata in quanto resa oltre i limiti dell’art. 115 c.p.c.;
la pronuncia, inoltre, sarebbe viziata per non aver affrontato la richiesta di c.t.u. e per aver respinto la domanda di ammissione della prova testimoniale;

ii) ha ritenuto l’impugnata sentenza altresì erronea nell’aver ritenuto non attendibile la stima del perito di parte in ordine al mancato guadagno, avendo il primo giudice omesso di considerare gli elementi documentali certificativi dei valori storici di mercato e dei costi prodotti senza, al contempo, individuare un diverso oggettivo criterio di valutazione del lucro cessante connesso al mancato utile d’impresa, anche mediante la nomina di un c.t.u.;

iii) ha infine gravato il capo della sentenza di primo grado con cui è stato accolto solo in parte il danno derivante dalla perdita subita costituito dagli oneri finanziari, che, secondo la stima di parte ricorrente, sarebbe identificabile nell’interesse passivo sulle somme impiegate per l’acquisto delle aree e per le anticipazioni connesse alla progettazione e gestione dell’intervento di lottizzazione;
invero, il primo giudice, nel dettare i criteri ex art. 34, c. 4, c.p.a., non avrebbe tenuto conto dell’eventuale impiego finanziario delle somme spese per l’acquisito delle aree in caso di mancato acquisto ed avrebbe erroneamente applicato al caso di specie gli artt. 1227, 1282 e 1284 c.c.

3.1. Si è costituito in giudizio il Comune di Fossombrone, il quale, oltre ad opporsi all’appello e a chiederne l’integrale rigetto, ha proposto appello incidentale, gravando a sua volta la sentenza di primo grado sulla base delle seguenti censure:

i) non sussisterebbe un illegittimo ritardo nell’approvazione del piano di lottizzazione, sia perché la relativa istanza presentata dall’appellante non era corredata da tutti gli elaborati richiesti, sia perché la sentenza del T.a.r. n. 1926 del 2007 censurava il Comune non per aver ritardato il procedimento ma per non aver emesso un provvedimento reiettivo dell’istanza del privato a causa dell’incompletezza della documentazione trasmessa;
con la conseguenza che, dalla presentazione dei nuovi elaborati progettuali da parte del lottizzante, sarebbe decorso un nuovo termine per l’adozione del piano, rispetto al quale non vi sarebbe alcun ritardo procedimentale;

ii) il primo giudice avrebbe erroneamente omesso di valutare la “spettanza del bene della vita”, da ravvisare non nell’approvazione del piano di lottizzazione ma nello sfruttamento della capacità edificatoria dei lotti oggetto del piano stesso;

iii) il primo giudice non avrebbe rilevato l’insussistenza del nesso causale, in ragione della condotta tenuta dal lottizzante, che ha rinunciato a completare l’ iter procedimentale e si è reso inadempiente rispetto agli obblighi assunti con la convenzione;

iv) sarebbe altresì insussistente l’elemento soggettivo della colpa amministrativa, al riguardo dovendosi considerare l’incompletezza dell’istanza di lottizzazione originaria (anche dopo la parziale integrazione), la sostanziale modifica dell’iniziale progetto lottizzatorio intervenuta successivamente e l’impossibilità di approvare il piano di lottizzazione in assenza dei pareri degli enti preposti, oltre alla oggettiva complessità della pratica alla luce dei numerosi vincoli insistenti sull’area.

3.2. Con memoria difensiva depositata il 22 gennaio 2021 l’appellante ha replicato alle avverse censure, riproponendo le proprie eccezioni e deduzioni esposte in primo grado, ed ha insistito nelle censure dedotte.

3.3. Le parti hanno poi rispettivamente depositato memoria ex art. 73 c.p.a. e memoria di replica.

4. All’udienza del 12 maggio 2022 la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.

5. Le censure di cui all’appello principale e all’appello incidentale fanno riemergere l’intero thema decidendum del giudizio di primo grado, con la conseguenza che, in ragione della connessione esistente tra loro, si richiede un esame congiunto delle stesse.

6. Al riguardo, si osserva in primo luogo che, secondo l’insegnamento dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (cfr., da ultimo, sentenza 23 aprile 2021, n. 7), la responsabilità in cui incorre l’Amministrazione per l’esercizio delle sue funzioni pubbliche è inquadrabile nella responsabilità da fatto illecito, per la cui sussistenza, oltre alla dimostrazione dell’ingiustizia del danno, è richiesto l’accertamento della lesione di un bene della vita del privato, che questo avrebbe avuto titolo per mantenere od ottenere.

Peraltro, in caso di ritardata conclusione del procedimento amministrativo e della relativa responsabilità dell’Amministrazione, occorre considerare che:

a) il requisito dell’ingiustizia esige la dimostrazione che il superamento del termine di legge abbia impedito al privato di ottenere il provvedimento ampliativo favorevole, per il quale aveva presentato istanza;

b) quanto al giudizio sulla spettanza del bene della vita, si richiede, per valutarne la sussistenza, il concreto esercizio della funzione amministrativa in senso favorevole all’interessato, ovvero il suo esercizio virtuale, in sede di giudizio prognostico da parte del giudice investito della richiesta risarcitoria;
invero, l’ingiustizia del danno e, quindi, la sua risarcibilità per il ritardo dell’azione amministrativa, è configurabile solo ove il provvedimento favorevole sia stato adottato, sia pure in ritardo, dall’autorità competente, ovvero avrebbe dovuto essere adottato, sulla base di un giudizio prognostico effettuabile sia in caso di adozione di un provvedimento negativo sia in caso di inerzia reiterata, in esito al procedimento (Cons. Stato, sez. IV, 1 dicembre 2020, n. 7622;
sez. III, 2 novembre 2020, n. 6755).

6.1. Ciò premesso, con riferimento al caso di specie, si ravvisa in primo luogo che è chiara la sentenza del T.a.r. delle Marche 21 dicembre 2007 n. 1926, ove, nell’accogliere il ricorso r.g. n. 413 del 2007 per l’annullamento del silenzio-rifiuto del Comune di Fossombrone, ha riconosciuto l’illegittimità dell’inerzia serbata dal Comune di Fossombrone su una domanda di approvazione di un progetto di lottizzazione edilizia formalmente presentata agli uffici comunali, in data 1° febbraio 2006, finalizzato a consentire lo sfruttamento edificatorio delle aree per usi residenziali.

Invero, il Collegio, in quella sede, rilevato l’obbligo del Comune ex art. 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241 di pronunciarsi entro il termine di legge a fronte di una istanza avanzata dai proprietari di terreni aventi una destinazione urbanistica che consente l’edificazione, ha ritenuto illegittimo il silenzio serbato dall’Amministrazione, risolvendosi tale inerzia in una immediata limitazione della facoltà di edificare spettante al privato. Il T.a.r. ha quindi provveduto ad annullare l’illegittimo silenzio e, per l’effetto, a condannare il Comune resistente, ai sensi di quanto stabilito dall’art. 21- bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, a concludere il procedimento con l’adozione di un formale provvedimento motivato di accoglimento o di diniego dell’istanza stessa.

Il progetto di lottizzazione residenziale, come visto, è stato quindi approvato con deliberazione del Consiglio comunale n. 77 del 17 ottobre 2008, pertanto più di due anni dopo l’integrazione documentale del 13 settembre 2006, eseguita in risposta alla richiesta del Comune;
ritardo peraltro aggravato dal fatto che in data 21 dicembre 2007 sopraggiungeva la citata sentenza di condanna n. 1926.

6.2. Alla luce di tali circostanze, non sussistono pertanto dubbi, non solo in merito alla illegittimità del ritardo, ma anche in relazione alla dimostrazione dell’ingiustizia del danno, atteso che, l’avvenuta approvazione del piano di lottizzazione, come visto effettuata dal Comune in seguito alla sentenza di condanna ad adempiere, fornisce prova della spettanza del bene sostanziale della vita in capo all’istante, ravvisandosi pertanto che la lesione del bene “tempo” ha assunto nel caso in esame dignità di interesse risarcibile.

Ne consegue che l’inosservanza da parte del Comune dei termini del procedimento de quo ha impedito al ricorrente di ottenere il bene della vita, consistente nella tempestiva approvazione del piano di lottizzazione, che - secondo la ricostruzione del ricorrente - avrebbe consentito allo stesso di conseguire il proprio obiettivo finale di sfruttamento della capacità edificatoria dei lotti oggetto del piano. Invero, la richiesta di approvazione del progetto di lottizzazione avanzato dai privati, a suo avviso, presentava come fine ultimo quello dell’edificazione dell’area, come del resto si evince anche dall’esame della domanda di risarcimento del danno de qua , per l’appunto concentrata nel mancato guadagno che sarebbe stato conseguito dalla tempestiva lottizzazione e dalla immediata vendita degli appartamenti e dei relativi accessori.

6.3. A tale ultimo riguardo, rileva la questione del rapporto di causalità giuridica tra evento lesivo e danno-conseguenza, ossia della necessità di individuare e quantificare i danni derivanti dalla lesione dell’interesse legittimo, e dunque di imputare all’evento dannoso causalmente correlato al fatto illecito, sul piano della causalità materiale, i pregiudizi patrimoniali da reintegrare per equivalente monetario.

Invero, come ricordato dall’Adunanza plenaria nella citata pronuncia n. 7 del 2021, il danno-conseguenza, secondo l’art. 1223 cod. civ., richiamato dall’art. 2056 cod. civ., comprende la perdita subita dal creditore (danno emergente) e il mancato guadagno (lucro cessante) “ in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta ”. Sulla base del criterio della consequenzialità immediata e diretta, che opera in funzione limitatrice delle conseguenze dannose risarcibili comprese nella serie causale originata dal fatto illecito, si esclude pertanto il risarcimento di quei danni rispetto ai quali il fatto illecito non si pone in rapporto di necessità o regolarità causale, ma ne costituisce una semplice occasione non determinante del loro verificarsi.

6.3.1. Ciò premesso in termini generali, nell’esame del caso di specie rileva pertanto la mancata attuazione della lottizzazione da parte del ricorrente, il quale, dopo aver ottenuto il permesso di costruire in data 14 dicembre 2008, non dava seguito alla richiesta di integrazione documentale (dell’11 dicembre 2008) né faceva pervenire una richiesta di proroga del termine (così determinando un accertamento dell’intervenuta decadenza del titolo da parte del Comune), né, tanto meno, ottemperava agli obblighi di cui alla convenzione di lottizzazione del 29 ottobre 2008, che richiedevano la presentazione di progetti esecutivi per le opere di urbanizzazione e di polizza a garanzia dell’adempimento.

Infine, in data 26 marzo 2010 il ricorrente presentava un’istanza di declassamento del terreno da edificabile ad agricolo, in tal modo manifestando definitivamente il proprio disinteresse all’attuazione del progetto originario.

6.3.2. Ciò considerato, il Collegio osserva che, nella determinazione del danno-conseguenza, ai sensi dell’art. 2056, comma 2, cod. civ. che rimette all’“ equo apprezzamento delle circostanze del caso ” la relativa valutazione, la liquidazione equitativa assume una centrale rilevanza, in particolare per la quantificazione di danni che si proiettano nel futuro (Ad. Pl., n. 7 del 2021 cit.).

Ciò, con specifico riferimento alla fattispecie in esame, implica che il danno da lucro cessante, sul piano giuridico, possa equivalere a quanto l’impresa istante avrebbe lucrato se avesse svolto l’attività nei tempi pregiudicati dal ritardo dell’amministrazione, con la conseguenza che, non essendo stata svolta l’attività edificatoria prospettata, non può darsi per verificato un evento - la vendita degli immobili - che non si è verificato e che potrebbe essere stato soggetto a qualsiasi altra sopravvenienza anche di fatto.

6.3.3. D’altro canto, non può essere condiviso quanto sostenuto dall’appellante principale, secondo cui la decisione di non proseguire nella lottizzazione e nell’edificazione non dovrebbe essere ricondotta ad una mera scelta imprenditoriale del lottizzante, ma sarebbe stata obbligata dalla sopraggiunta impossibilità dell’edificazione nell’anno 2009, in quanto, secondo ciò che risulta dalla perizia giurata, da un lato, si sarebbe registrato un aumento del costo di costruzione del 15% e, dall’altro, sarebbero mutate le condizioni di mercato, con una riduzione del 25% del prezzo di vendita degli immobili, essendosi stimata una perdita di € 866.000,00.

Invero, ferma restando la difficoltà di riscontrare gli estremi di una scelta obbligata e, ancor più, di ritenere attendibili le considerazioni rese al riguardo dal perito, si osserva che non può parimenti essere addebitato alla condotta dell’Amministrazione comunale il sopraggiungere di un evento esterno e indipendente, quale l’improvvisa crisi del mercato immobiliare.

6.3. In conclusione, nella valutazione dei danni conseguenti all’illegittimo ritardo dell’Amministrazione comunale nell’evasione dell’istanza di approvazione del piano di lottizzazione, sia la determinazione del privato a non edificare che il mutamento improvviso delle condizioni del mercato immobiliare rappresentano fattori causali autonomi ed in grado di escludere il nesso di consequenzialità immediata e diretta ex art. 1223 cod. civ. tra la ritardata conclusione del procedimento di approvazione del piano e il mancato guadagno.

6.4. Le medesime conclusioni valgono anche in relazione agli ulteriori danni lamentati dal ricorrente, attinenti agli oneri finanziari, la cui verificazione anch’essa dipende dalla libera decisione dell’istante di non portare a conclusione la lottizzazione.

7. In ragione di quanto esposto, risulta pertanto meritevole di accoglimento l’appello incidentale proposto dal Comune di Fossombrone.

Per converso, risulta infondato l’appello principale, come visto diretto a censurare la pronuncia del T.a.r. sull’aspetto del riconoscimento di tutti i danni lamentati.

La presente decisione, che ha affrontato direttamente il merito della questione, consente al Collegio di prescindere dall’esame delle eccezioni preliminari sollevate dalle parti.

7.1. In accoglimento dell’appello incidentale, deve pertanto essere riformata l’impugnata pronuncia e deve essere respinto il ricorso di primo grado.

8. In ragione della particolarità della vicenda devono essere compensate le spese del doppio grado di giudizio.

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