Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2022-07-05, n. 202205607
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Pubblicato il 05/07/2022
N. 05607/2022REG.PROV.COLL.
N. 10259/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10259 del 2021, proposto dai signori G L L, G C B, M C, F G e S R G, rappresentati e difesi dagli avvocati M V e M M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato M V in Cagliari, piazza del Carmine, n. 22;
contro
il Comune di Cagliari, in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato F F, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia, con domicilio eletto presso gli uffici dell’Avvocatura comunale in Cagliari, via Dante n. 11;
il Suape - Comune di Cagliari, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;
nei confronti
della s.r.l. Residenza via della Pineta, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati Corrado Chessa e Silvio Pinna, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Giorgio Carta in Roma, viale Parioli, n. 47;
della s.r.l. Attività Industriali Commerciali Aic, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato Umberto Cossu, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna (Sezione Prima). n. 765 dell’11 novembre 2021, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Cagliari, della s.r.l. Residenza via della Pineta e della s.r.l. Attività Industriali Commerciali-Aic;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 5 maggio 2022 il consigliere Claudio Tucciarelli e uditi per le parti gli avvocati M V, F F, Silvio Pinna e Umberto Cossu.
FATTO e DIRITTO
1. I signori S R G, F G, G C B, M C, G L L, Silvana Grassi e Silvio Cocco hanno proposto ricorso al T.a.r. per la Sardegna, notificato il 15 marzo 2021, avverso la determinazione comunale n. 3515 del 1° giugno 2018, con la quale il Comune di Cagliari aveva approvato il progetto per la ristrutturazione del cinema teatro Alfieri, in via della Pineta n. 207, proposto dalla società Attività industriali commerciali-AIC, che prevedeva la demolizione del vecchio fabbricato e la costruzione, al suo posto, di un palazzo di sei piani più attico.
I ricorrenti sono infatti proprietari di immobili situati nelle immediate vicinanze del sito oggetto dell’intervento edilizio assentito dal Comune di Cagliari e ne hanno contestato rilevanti eccessi di volumetria e superficie, assumendo di non avere immediatamente avuto la percezione dell’imponenza del progetto portato avanti dalla controinteressata, anche perché alcuni di loro, non dimoranti abitualmente in città per motivi di studio, non avrebbero potuto avere adeguate informazioni sul destino dell’area dell’ ex cinema teatro Alfieri. Sostengono di avere avuto piena conoscenza della portata dell’intervento in questione solo dopo avere inoltrato, il 26 gennaio 2021, un’istanza di accesso agli atti. Solo da tale data, dunque, a loro avviso, sarebbe iniziato a decorrere il termine impugnatorio.
Il ricorso premette che un precedente progetto del 2015 presentato dalla controinteressata srl Attività industriali commerciali- AIC al Comune di Cagliari per la ristrutturazione dell’edificio, al fine di realizzare un fabbricato avente destinazione commerciale al piano terra e abitativa ai piani superiori, era stato rigettato con determinazione del Dirigente dello Sportello Unico per le Attività Produttive del Comune di Cagliari n. 8125/2015 del 21 agosto 2015, in quanto l’Ufficio ritenne che l’intervento non potesse rientrare nell’ambito della ristrutturazione edilizia, posto che la demolizione del fabbricato esistente era finalizzata alla costruzione di un nuovo corpo di fabbrica, considerato interamente diverso per forma, dimensioni, caratteristiche e destinazione d’uso dall’edificio esistente e che, pertanto, esso dovesse essere “considerato come una ricostruzione, soggetta al rispetto di tutte le prescrizioni previste dall’art. 17 delle
N.T.A. del vigente P.U.C.”.
Il successivo ricorso al T.a.r. Sardegna della società fu respinto con sentenza n. 566 del 2016 della seconda sezione, per il mancato rispetto della disciplina inderogabile sulle distanze legali tra gli edifici. Peraltro, il Tribunale accolse il primo motivo di impugnazione proposto dalla AIC s.r.l., riconoscendo che il progetto dalla stessa presentato non prefigurava una nuova costruzione bensì un intervento riconducibile all’ambito della ristrutturazione edilizia ex art. 3 del D.P.R. n. 380/2001.
2. Il ricorso in primo grado era affidato a due motivi (da pag. 8 a pag. 17).
In primo luogo, deducendo la violazione dell’art. 3 del D.P.R. n. 380/2001, eccesso di potere per erroneo presupposto e per violazione dell’art. 2 del Regolamento Edilizio del Comune di Cagliari, i ricorrenti lamentavano che, in spregio a quanto affermato dal medesimo T.a.r. con la sentenza n. 566/2016, la volumetria assentita con il nuovo progetto sarebbe di gran lunga superiore rispetto a quella preesistente, considerata la sala per lo spettacolo, la torre scenica.
In secondo luogo, deducendo eccesso di potere, violazione dell’art. 2, punto L, par. 1.3 del Regolamento Edilizio del Comune di Cagliari, erroneo calcolo delle superfici lorde utilizzabili nell’ambito della ristrutturazione, i ricorrenti ritengono sussistente la violazione del divieto dell’incremento delle superfici lorde di pavimento dei locali adibiti allo spettacolo e all’intrattenimento ove ne venga modificata la destinazione d’uso.
3. Si sono costituiti in giudizio il Comune di Cagliari, AIC srl e Residenza via della Pineta srl (quest’ultima aveva acquistato da AIC srl una porzione del fabbricato nel 2020).
4. L’impugnata sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna (Sezione Prima) n. 765 dell’11 novembre 2021, con riguardo al caso, quale quello in esame, in cui il vicino non abbia avuto una conoscenza diretta del titolo edilizio del proprietario di un immobile limitrofo con riferimento a profili che investono il “contenuto” dell’intervento, ha sottolineato che, ai fini dell’individuazione del dies a quo per l’impugnazione, le opere debbono rivelare, in modo certo e univoco, le loro caratteristiche e, quindi, palesare l’entità delle violazioni urbanistiche e della lesione eventualmente derivanti dal titolo edilizio.
La sentenza impugnata ha ritenuto che, con l’ordinaria diligenza, i ricorrenti già fossero stati posti nelle condizioni, almeno dal giugno 2020, di avere conoscenza dell’intervento e delle sue proporzioni, in ragione di una pluralità di elementi: rilievo mediatico dell’opera;imponenza del cantiere fin dalla fase di demolizione dell’esistente;presenza in cantiere, sin dall’avvio dei lavori, del cartello che indicava l’oggetto dell’intervento edificatorio e gli estremi dell’impugnata determinazione, con l’evidenziazione grafica, c.d. rendering, del realizzando edificio, agevolmente visibile dalla sede stradale;istituzione dell’ufficio vendita all’ingresso del cantiere con ostensione del plastico rappresentante nel suo complesso il nuovo intervento edificatorio. La sentenza ne ha tratto, di conseguenza, l’irricevibilità del ricorso in primo grado in quanto tardivamente proposto, poiché chi intenda contestare un intervento edilizio ha il preciso onere di attivarsi tempestivamente, secondo i canoni di diligenza e di buona fede in senso oggettivo;il termine di impugnazione di un titolo edilizio in base alla c.d. vicinitas al luogo di costruzione inizia a decorrere dal momento in cui lo stato di avanzamento dei lavori e le informative offerte dall’impresa siano già tali da indurre in concreto il sospetto di una possibile violazione della normativa urbanistica.
La sentenza ha compensato le spese di giudizio.
5. Il ricorso in appello, con istanza sospensiva, interposto dai signori G L L, G C B, M C, F G e S R G ha ad oggetto quindi la predetta sentenza, con cui è stato dichiarato irricevibile il ricorso avverso la determinazione n. 3515 del 1° giugno 2018 – provvedimento unico – del Responsabile del Servizio SUAPE, Mercati, Attività produttive e Turismo del Comune di Cagliari, con la quale è stata accolta l’istanza riguardante la ristrutturazione del complesso edilizio ex Cine Alfieri in via della Pineta 207, in Cagliari.
L’appello contesta, innanzitutto, la sentenza impugnata, rappresentando che:
- per nessuno dei ricorrenti può ritenersi che la consapevolezza dell’esistenza del provvedimento e della sua lesività, intesa quale condizione dell’azione, fosse in alcun modo percepibile prima del diffondersi della notizia circa le effettive caratteristiche che avrebbe potuto avere la costruzione appena avviata, ottenuta a seguito dell’accesso agli atti dei signori G;
- la sentenza impugnata avrebbe ingiustamente attribuito ai ricorrenti una scarsa diligenza per non essersi prontamente attivati per venire a conoscenza, fin dalla demolizione del vecchio cinema teatro, di cosa il Comune avesse consentito che fosse realizzato al suo posto;
- il clamore mediatico non riguardava le dimensioni dell’opera bensì la chiusura del teatro;
- sarebbero inconferenti i richiami nella sentenza impugnata alla certezza e stabilità dell’assetto di interessi prodotto dal provvedimento amministrativo;
- dalla demolizione non era dato desumere la consistenza dell’intervento che sarebbe stato realizzato;
- non poteva desumersi dalla presenza di maestranze o attrezzature la realizzazione di un’opera di tale portata;
- non può essere condiviso né è dimostrato l’argomento della sentenza circa la presenza in cantiere del cartello indicante l’oggetto dell’intervento e gli estremi del titolo abilitativo (i riferimenti all’impresa e al direttore dei lavori presenti in foto prodotta in primo grado dimostrerebbero la collocazione in epoca successiva al maggio 2020, considerata la data dell’appalto dei lavori alla ditta e quella dell’incarico a tale direttore dei lavori);
- nessuna delle circostanze indicate dall’impugnata sentenza sarebbe stata comunque idonea a dimostrare quali fossero le caratteristiche dell’intervento assentito dal Comune, né l’entità delle violazioni urbanistiche e della lesione dei diritti dei ricorrenti derivanti dal titolo edilizio, così da giustificare la tesi della tardività (non sarebbe stata provato che sin dall’avvio dei lavori sarebbe stato presente in cantiere il cartello che indicava l’oggetto del realizzando intervento edificatorio;la presenza del cartello non avrebbe comunque consentito di avere conoscenza di una costruzione di sei piani più l’attico;non si potrebbe pretendere che gli abitanti si addentrassero verso l’accesso al cantiere per prendere visione del cartello);
- l’inconsistenza del riferimento nella sentenza del T.a.r. alla presenza di un ufficio vendite e di un plastico rispetto alla realizzazione di un edificio così consistente;
- il riferimento alla sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV, n. 4909/2015 riguardava fattispecie diversa, concernente la tardiva impugnazione successiva all’accesso documentale;
- sono irrilevanti le considerazioni sulla presenza dei signori G a Cagliari come pure le foto prodotte al riguardo né esiste indizio che la madre avesse comunicato loro le caratteristiche che avrebbe avuto l’intervento in corso nell’adiacente terreno di proprietà delle controinteressate e comunque non era dato riscontrare ancora una volta la consistenza dell’opera.
Gli appellanti ritengono, quindi, che l’onere della prova della tardività fosse interamente a carico dei resistenti e che nessuna prova sia stata fornita né dal Comune, né dalle controinteressate.
L’appello ripropone poi i due motivi dedotti in primo grado: eccesso di altezza e volumetria assentita con il nuovo progetto rispetto a quella preesistente;violazione dell’art. 2, punto L, par.