Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2011-09-21, n. 201105292

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2011-09-21, n. 201105292
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201105292
Data del deposito : 21 settembre 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 10080/2006 REG.RIC.

N. 05292/2011REG.PROV.COLL.

N. 10080/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10080 del 2006, proposto da:
Ministero per i beni e le attività culturali - Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio, per il patrimonio storico, artistico e demoetnoantropologico di Sassari e Nuoro, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

Pitzoi Maria Rosa, non costituita in giudizio nel presente grado;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. SARDEGNA, SEZIONE II, n. 01979/2005, resa tra le parti, concernente PROVVEDIMENTO SOPRINTENDENTIZIO DI ANNULLAMENTO IN MATERIA DI TUTELA PAESAGGISTICA


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 luglio 2011 il Cons. B L e udito per le parti l’avvocato dello Stato Vitale.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con la sentenza in epigrafe, il Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna, in accoglimento di ricorso proposto da Pitzoi Maria Rosa avverso il decreto n. 177/2001 del 25 maggio 2001 della Soprintendenza per i beni ambientali, architettonici, artistici e storici di Sassari e Nuoro – col quale era stato annullato il provvedimento autorizzatorio n. 376/UTPSS del 14 marzo 2001, rilasciato dalla Regione autonoma della Sardegna ex art. 151, comma 4, d.lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, per l’esecuzione di lavori di miglioramenti fondiario costituiti dalla realizzazione di una casa colonica e annesso locale accessorio, di proprietà della ricorrente, in località Cognana nel Comune di Olbia, in area sottoposta a vincolo paesaggistico con d.m. 30 novembre 1965 (rettificato dal d.m. 10 gennaio 1968) ai sensi della l. 29 giugno 1939, n. 1497 –, annullava l’impugnato provvedimento soprintendentizio e poneva le spese di causa a carico dell’Amministrazione resistente.

L’adito Tribunale amministrativo regionale accoglieva, in particolare, il terzo e quarto motivo di ricorso – coi quali la ricorrente aveva dedotto diverse censure di eccesso di potere per difetto d’istruttoria, illogicità, contraddittorietà e carenza di motivazione, nonché l’illegittimo travalicamento dei limiti di controllo da parte della Soprintendenza –, in particolare rilevando che “ … il Soprintendente individua aspetti di contraddittorietà e di difetto di istruttoria in realtà non riscontrabili nel nullaosta regionale e, comunque, non ha indicato in alcun modo le ragioni per le quali l’opera assentita contrasti con gli interessi paesaggistici tutelati dal vincolo;
perciò, nelle motivazioni del provvedimento non si riscontra quel necessario rapporto di collaborazione nell’ambito di un’attività che non può qualificarsi di mero controllo di legittimità …
” (v. così, testualmente, a p. 7 dell’impugnata sentenza).

2. Avverso tale sentenza interponeva appello il soccombente Ministero, censurando l’erronea affermazione della sovrapposizione di autonome valutazioni tecnico-discrezionali della Soprintendenza rispetto al nulla-osta regionale e sostenendo che la stessa si era limitata a vagliarne i profili di legittimità (incluso l’eccesso di potere nelle sue varie figure sintomatiche). L’Amministrazione appellante lamentava inoltre l’erronea applicazione dell’art. 16 r.d. 3 giugno 1940, n. 1357, e chiedeva, in riforma dell’impugnata sentenza, il rigetto del ricorso in primo grado.

3. Sebbene ritualmente evocata in giudizio, l’appellata ometteva di costituirsi nel presente grado.

4. All’udienza pubblica del 14 giugno 2011 la causa veniva trattenuta in decisione.

5. L’appello è infondato.

5.1. In linea di diritto giova premettere, che per consolidato orientamento di questo Consiglio, da cui non v’è motivo di discostarsi, il potere di annullamento dell’autorizzazione paesaggistica da parte della Soprintendenza statale non comporta un riesame complessivo delle valutazioni compiute dalla Regione (o da un ente sub-delegato), tale da consentire la sovrapposizione o sostituzione di una nuova valutazione di merito a quella compiuta in sede di rilascio dell’autorizzazione, ma si estrinseca in un vaglio di legittimità che si estende però a tutte le ipotesi riconducibili all’eccesso di potere, ad es. per difetto di istruttoria e di motivazione (v., ex plurimis , Cons. Stato, VI, 13 febbraio 2009, n. 772;
25 novembre 2008, n. 5771). Laddove, poi, l’autorità statale ravvisi una carenza motivazionale o istruttoria, costituente vizio di legittimità, nell’atto oggetto del suo scrutinio in quella sede di cogestione del vincolo, la stessa è chiamata ad evidenziare tali vizi con una motivazione che deve, necessariamente, impingere – per risultare a sua volta immune da vizi di legittimità – nella valutazione della compatibilità o meno dell’intervento edilizio programmato rispetto ai valori paesaggistici compendiati nel vincolo (Cons. Stato, VI, 14 ottobre 2009, n. 6294).

Orbene, applicando gli enunciati principi alla fattispecie sub iudice , ritiene il Collegio che si debba confermare la decisione dei primi giudici in ordine all’illegittimo esercizio del potere sovrintendenziale di annullamento, risultando l’autorizzazione regionale supportata da un’istruttoria adeguata, puntualmente richiamata nella relativa motivazione, nonché da un congruo percorso motivazionale, laddove precisa che l’opera in questione – peraltro, nelle more già completamente realizzata (v. memoria della ricorrente depositata il 30 aprile 2005 nel giudizio di primo grado) – non incide direttamente sugli elementi di pregio paesistico descritti nel decreto appositivo del vincolo e nei relativi allegati, ritenendola “ coerente con i valori tutelati … in quanto non altera negativamente, date le linee semplici e tradizionali, l’assetto dei luoghi … ” e imponendo una serie di prescrizioni da osservare in sede di realizzazione (segnatamente, la messa in opera di un manto di copertura in tegole curve o coppi e di infissi in legno o metallici in colori tradizionali, la tinteggiatura degli esterni con colori tradizionali, la rotazione del fabbricato come da rappresentazione planimetrica per ridurre i movimenti di terra e garantire un coerente inserimento nella zona).

A fronte di tale quadro istruttorio, prive di fondamento appaiono le censure d’illogicità e inadeguatezza motivazionale, nonché di carenza d’istruttoria, rilevate nell’impugnato provvedimento sovrintendentizio, le quali – come correttamente evidenziato dai primi giudici – non trovano riscontro nell’atto annullato, il quale risulta adeguatamente motivato sulla base della valutazione di compatibilità del progetto edilizio con gli elementi di pregio paesistico fissati dai citati decreti appositivi del vincolo.

5.2. Come, poi, esattamente osservato nell’impugnata sentenza, la mancata considerazione, nell’autorizzazione regionale annullata dal provvedimento sovrintendentizio, del Piano territoriale paesistico nel cui ambito rientra l’area su cui insiste l’opera in questione – il quale, secondo la valutazione del Tribunale amministrativo regionale, si limita a recepire il vincolo paesaggistico preesistente –, nel caso di specie non è idonea a inficiarne la legittimità, in difetto di prova di una sua concreta violazione, non adeguatamente fornita dall’Amministrazione statale neppure nel presente grado.

5.3. Quanto alle prescrizioni contenute nell’autorizzazione regionale per garantire la conformità dell’opera all’assetto paesistico, nel gravato provvedimento soprintendentizio è stato testualmente rimarcato che “ in base al combinato disposto dell’art. 151 del T.U. in materia di Beni culturali e ambientali (D.L. 490/99) e dell’art. 16, primo comma, del R.D. 1357/1940 l’Autorità decidente può consigliare opportune modifiche al progetto però prima di assumere qualsiasi decisione ” e che “ l’Autorità decidente, avendo ritenuto la necessità di porre predette condizioni comportanti la proposizione di un progetto diverso e ben dettagliato, avrebbe dovuto non accogliere la richiesta di autorizzazione in esame e rinviare una ulteriore, eventuale diversa decisione al momento della presentazione del nuovo progetto redatto appunto in base alle citate prescrizioni ”, sicché incomprensibile appare l’assunto contenuto nel ricorso in appello, secondo cui “ il Tar si aggrappa in malo modo all’art. 16 del Regio Decreto 1357/1940, che pervero nulla impinge nella fattispecie, poiché tale norma non è stata mai invocata dal Soprintendente a sostegno delle proprie argomentazioni, e comunque non inerisce all’aspetto controverso di cui si discute ”. Orbene, il Tribunale amministrativo regionale, con riguardo ai poteri conferiti all’autorità preposta alla gestione del vincolo paesistico dall’art. 16 r.d. 3 giugno 1940, n. 1357, ha correttamente rilevato che in caso d’imposizione di prescrizioni è rimessa alla discrezionalità dell’autorità medesima la facoltà di richiedere, prima di concedere l’autorizzazione definitiva, che le siano presentati i progetti esecutivi (giusta espressa previsione contenuta nel comma 3 del citato art. 16), sicché il vizio d’illegittimità al riguardo rilevato nel provvedimento sovrintendentizio a ragione è stato ritenuto privo di consistenza nell’impugnata sentenza. Ne deriva l’infondatezza del motivo d’appello sul punto dedotto dall’Amministrazione appellante, basato su una lettura errata della gravata sentenza e, ad ogni modo, su un’interpretazione non corretta del citato art. 16, letto in termini di norma attributiva di modalità vincolate d’esercizio del potere d’imporre prescrizioni.

5.4. Per le esposte ragione, l’appello è da respingere, con conseguente conferma della gravata sentenza.

6. Non essendosi l’appellata costituito nel presente grado, nulla è dato statuire sulle spese di causa.

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