Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2019-05-20, n. 201903223

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2019-05-20, n. 201903223
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201903223
Data del deposito : 20 maggio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/05/2019

N. 03223/2019REG.PROV.COLL.

N. 02852/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2852 del 2013, proposto dalla signora -OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avvocati Mario D’Urso e Antonio D’Urso, elettivamente domiciliata presso lo studio dell’arch. U C, in Roma, via Ottorino Lazzarini 19,

contro

il Ministero dell’interno, in persona del Ministro in carica pro tempore , rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliato in Roma via dei Portoghesi 12,
il Comitato di Verifica per le Cause di Servizio, in persona del legale rappresentante pro tempore , non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per la Campania, sede di Salerno, Sezione I, n. -OMISSIS- del 17 ottobre 2012, resa inter partes , concernente diniego riconoscimento dipendenza da causa di servizio di infermità e liquidazione equo indennizzo.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza del giorno 16 aprile 2019 il consigliere G S e uditi, per le parti rispettivamente rappresentate, l’avvocato Antonio D'Urso e l’avvocato dello Stato Fabrizio Urbani Neri;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso proposto innanzi al T.a.r. per la Campania, sede di Salerno, la signora -OMISSIS- aveva chiesto l’annullamento del decreto del 3 novembre 2008, con il quale il Ministero dell’interno, dipartimento della pubblica sicurezza, aveva respinto la sua domanda di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità “ gastroduodenite bulbare su pregressa base ulcerativa ”, con conseguente accertamento del diritto all’equo indennizzo.

2. A sostegno della proposta impugnativa, la signora -OMISSIS- aveva articolato, stato distinti e concorrenti profili, i vizi della violazione di legge e dell’eccesso di potere.

3. Costituitasi l’Amministrazione erariale al fine di resistere, il Tribunale adìto, Sezione I, ha così deciso il gravame al suo esame:

- ha respinto il ricorso reputando infondate tutte le censure articolate;

- ha compensato le spese di lite.

4. In particolare, il Tribunale ha ritenuto che, ferma la insondabilità del giudizio tecnico-discrezionale espresso dal Comitato di Verifica, questo risulta esente da vizi logici avendo evidenziato che l’infermità accusata dalla ricorrente costituisce una “ patologia che si manifesta in soggetti costituzionalmente predisposti per la specifica e particolare labilità dell’equilibrio neurovegetativo, con conseguente alterazione della secrezione gastrica ”, tanto da escludere qualsiasi nesso eziologico con il servizio espletato.

5. Avverso tale pronuncia la signora -OMISSIS- ha interposto appello, notificato il 4 aprile 2013 e depositato il 16 aprile 2013, lamentando, attraverso cinque motivi di gravame (pagine 5 - 22), quanto di seguito sintetizzato:

I) il Tribunale non si sarebbe avveduto del carente tratto motivazionale del parere negativo del Comitato di Verifica, non avendo tale organo preso in considerazione sia il fatto che la ricorrente mai aveva sofferto di problemi gastroduodenali in epoca antecedente all’assunzione, peraltro in assenza di episodi afferenti alla cerchia familiare, sia delle condizioni disagiate del servizio espletato presso il settore di Polizia di Frontiera di -OMISSIS- (VA) anche per le forti ed endemiche carenze di personale;

II) il Tribunale avrebbe dovuto disporre un approfondimento istruttorio alla luce delle risultanze in atti (ivi compresa una perizia di parte) che minano alla base la motivazione del Comitato di Verifica nel rispetto dell’indiscusso principio dell’insindacabilità del merito delle valutazioni dell’Amministrazione;

III) il Tribunale non avrebbe quindi considerato che parte ricorrente aveva prodotto quantomeno un principio di prova circa l’effettiva ricorrenza della dipendenza di causa di servizio sì da giustificare l’invocato approfondimento istruttorio;

IV) il Tribunale avrebbe riportato un passaggio testuale del parere del Comitato di Verifica che invece non si rinviene nel corpo dello stesso;

V) il Tribunale non si sarebbe avveduto che la patologia accusata dalla ricorrente è ben riconducibile alle disagiate condizioni di espletamento del servizio secondo la stessa letteratura medico-scientifica.

6. Il Ministero dell’interno, in data 24 aprile 2013, si è costituito con atto di stile.

7. In vista della trattazione nel merito del ricorso la parte appellante ha depositato documenti e memoria, insistendo per l’accoglimento del gravame anche, se ritenuto necessario, previo approfondimento istruttorio circa l’affermata dipendenza da causa di servizio.

8. Il ricorso, discusso alla pubblica udienza del 16 aprile 2019, non merita accoglimento.

9. L’appello è infondato.

9.1. Sono meritevoli di essere esaminate con precedenza rispetto alle altre le critiche sollevate dall’appellante (§ III e IV) in ordine alla congruità motivazionale della impugnata pronuncia che sarebbe deficitaria sia per aver il Collegio riportato un passaggio virgolettato presumibilmente contenuto nel parere del Comitato di Verifica, in realtà insussistente, sia per aver omesso di ricorrere all’approfondimento istruttorio resosi necessario per assicurare un corretto vaglio delle censure sollevate col ricorso di primo grado in ordine alla ricorrenza della correlazione causale con il servizio espletato.

I rilievi in esame non sono in grado di inficiare l’impugnata sentenza, in quanto il quadro motivazionale che la connota è tale da agevolmente consentire di ripercorre l’ iter logico-argomentativo seguito dal Collegio per disattendere il ricorso posto al suo esame, poggiante sulla rilevata infondatezza delle censure che attengono al decorso causale della patologia accusata dalla ricorrente alla luce della documentazione di causa. Invero, in base al recente insegnamento del Supremo Collegio, il deficit motivazionale di una pronuncia di prime cure può giustificare la rimessione al primo giudice quando sia raggiunta quella soglia di difetto contenutistico che impedisce di cogliere le stesse ragioni della decisione giurisdizionale, soglia individuata dall’Adunanza plenaria, con espressione plasticamente efficace, nel “ difetto assoluto di motivazione ” (Ad. plen. n. 11 del 2018). Del resto, per le ragioni che meglio si esporranno in prosieguo, la documentazione versata agli atti del giudizio è in grado di adeguatamente lumeggiare la vicenda in esame al fine di verificare se ricorra o meno, quantomeno in termini di plausibile verosimiglianza, l’affermata dipendenza da causa di servizio, senza quindi la necessità di acquisire un contributo istruttorio ad opera di un consulente tecnico.

9.2. O, transitando alla disamina degli ulteriori motivi sollevati, suscettibili per il loro tenore di trattazione congiunta, occorre rilevare che, dalla stessa descrizione della vicenda di causa contenuta nell’atto d’appello, oltre che nel ricorso di primo grado, non è dato rilevare alcuna possibile relazione causale tra la patologia accusata e le mansioni espletate.

A tal riguardo l’appellante assume che tra i servizi svolti nel corso della sua carriera di funzionario di polizia avrebbero rilievo causale quelli risalenti al periodo decorrente dal mese di gennaio 2001 presso il settore di Polizia di Frontiera di -OMISSIS- (VA), considerata non a caso sede “ disagiata ” dalla stessa Amministrazione, in quanto comprensiva di ben 15 posti di polizia dislocati sul territorio con la necessità di effettuare frequenti ispezioni anche notturne. La patologia gastro-duodenale accusata sarebbe quindi da ricondurre al “ radicale mutamento delle abitudini di vita, con la assegnazione in via costante e continuativa di compiti e mansioni di rilevante responsabilità, da dover affrontare e superare in assoluta autonomia, il continuo stato di tensione e stress che ciò comporta… ” (cfr. atto d’appello, pagina 3). E’ sufficiente riportare questo stralcio delle deduzioni sollevate dall’appellante per inferire che le disagiate condizioni di servizio sono soltanto genericamente affermate e, pertanto, non appaiono causalmente riconducibili, nei limiti del sindacato di questo giudice, all’infermità accusata.

Nel caso di specie, dalla semplice lettura del parere negativo (sulla dipendenza da causa di servizio della malattia) reso dal Comitato di verifica, si evince che è stato adottato all'esito di una completa disamina degli atti istruttori e di tutti gli elementi informativi desumibili dal fascicolo personale dell’interessata, nonché delle particolari condizioni di lavoro in cui la stessa è venuto a trovarsi.

L’appellante articola rilievi che attengono alla congruità scientifica delle considerazioni rese dal Comitato a base del suo parare negativo, ma questo Consiglio ha di recente confermato che “ Gli accertamenti svolti dal Comitato di verifica per le cause di servizio (C.V.C.S.) nei riguardi di un pubblico dipendente infermo rientrano nella discrezionalità tecnica dell'organo in questione, con la conseguenza che le relative risultanze sono pertanto insindacabili perchè assunte sulla base delle cognizioni della scienza medica e specialistica dello stesso ” (cfr. Cons. Stato, sez. III, 31 gennaio 2019, n.770;
9 luglio 2018, n. 4186).

Ritiene quindi il Collegio che l’anzidetto giudizio tecnico-discrezionale espresso dal Comitato per la verifica delle cause di servizio vada ritenuto immune dai prospettati vizi di illogicità, contraddittorietà o di travisamento dei fatti e vada per conseguenza considerata legittima la determinazione ministeriale negativa impugnata in primo grado che, nel recepirne in toto le conclusioni, è pervenuta per tal via a respingere la domanda della interessata. In particolare, al Collegio appaiono coerenti e non contraddittorie le conclusioni cui è pervenuto il suddetto parere, laddove esclude la dipendenza da causa di servizio del quadro patologico diagnosticato sulla base della evidenziata circostanza in ordine al carattere endogeno della malattia che ben può insorgere spontaneamente pur in assenza di indicazioni in senso familiare. Il divisato fattore casuale o concausale connesso alle condizioni di lavoro non è nemmeno in astratto configurabile, trattandosi di un processo infiammatorio che può essere innescato da molteplici fattori del tutto estranei all’espletamento del servizio;
nè emergono dalle stesse prospettazioni di parte, fatti ed eventi eccedenti le ordinarie condizioni di lavoro, gravosi per intensità e durata, che vanno necessariamente documentati, con esclusione, quindi, delle circostanze e condizioni del tutto generiche, quali inevitabili disagi, fatiche e momenti di stress, che costituiscono fattore di rischio ordinario in relazione alla singola tipologia di prestazione lavorativa. A ciò va aggiunto che, come rilevato di recente da questo Consiglio, “ Dalla data di entrata in vigore del d.P.R. 29 ottobre 2001, n. 461 il parere del Comitato di verifica sulla causa di servizio è vincolante per la Pubblica amministrazione, diversamente da quello in precedenza reso dal Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie, che invece era solo obbligatorio;
di conseguenza non sussiste alcun obbligo per la Pubblica amministrazione di motivare le ragioni per le quali non recepisce il parere della Commissione medica ospedaliera atteso che, con la nuova disciplina introdotta dal cit. d.P.R. n. 461 del 2001, la procedura per il riconoscimento della causa di servizio è stata sostanzialmente riformata, dovendo la Commissione medica ospedaliera solo pronunciare sull'esistenza dell'infermità, mentre è il Comitato di verifica che è chiamato ad esprimere un parere sulla dipendenza da cause di servizio, al quale l'Amministrazione è tenuta a conformarsi, salva soltanto la facoltà di richiedere, motivatamente, un ulteriore parere allo stesso Comitato, al quale è poi tenuta comunque ad adeguarsi
” (Cons. Stato, sez. IV, 11 settembre 2017, n. 4266).

10. In conclusione, il gravame in esame è infondato e deve essere respinto.

11. Le spese del presente grado di giudizio, regolamentate secondo il criterio della soccombenza, sono liquidate nella misura stabilita in dispositivo secondo i parametri di cui al regolamento n. 55 del 2014.

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