Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-04-12, n. 202303702

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-04-12, n. 202303702
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202303702
Data del deposito : 12 aprile 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/04/2023

N. 03702/2023REG.PROV.COLL.

N. 06523/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6523 del 2021, proposto da
Ministero dell'Economia e delle Finanze, Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria, Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12

contro

-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato F S D, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Bari, via F. S. Abbrescia 83/B

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda) n. -OMISSIS-


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 febbraio 2023 il Cons. Rosaria Maria Castorina e uditi per le parti l’avvocato Avagliano Alessandro per delega dell'avv. Dodaro Francesco Silvio;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con l’originario ricorso l’appellato ha impugnato la delibera n. -OMISSIS-, notificata il 21 settembre 2020, con la quale il Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria ha disposto la sua decadenza dall’incarico di Giudice della Commissione Tributaria Provinciale di Bari per fatti che ne avrebbero comportato l’incompatibilità ex art. 8, comma 1, lett. i) D.lgs.nr. 545/1992.

Con sentenza n. -OMISSIS- il T Lazio accoglieva il ricorso sul presupposto che, sebbene nella fattispecie in esame si era in effetti verificata un’attività di tipo consulenziale, “ di tale attività, considerando gli elementi esposti, non è dimostrata – né risulta comunque percepibile – l’attualità, risolvendosi ogni rilievo in un accadimento risalente ”.

Appellata ritualmente la sentenza dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, dal Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria e dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, resisteva l’appellato.

All’udienza del 14 febbraio 2023 la causa passava in decisione.

DIRITTO

1.Deve essere preliminarmente disattesa l’eccezione di inammissibilità dell’appello per non essere stata censurata una ratio decidendi , da sola idonea a sostenere la decisione, cioè l’affermazione che poteva essere irrogata la sanzione della rimozione dall’incarico solo in caso di recidiva.

L’appello, infatti, contesta in radice la statuizione, precisando che nessuna norma prevede la previa diffida a cessare l’attività professionale incompatibile, con conseguente irrilevanza, ai fini della incompatibilità, della reiterazione della condotta.

2.Con il motivo di appello l’appellante deduce la violazione dell’art. 60 del d.p.r. n. 3 del 1957, dell’art. 8 e dell’art. 16 del D.L.gs. 545 del 1992.

Evidenzia che l’art. 8, lett. i), D.Lgs.545/1992 prevede una specifica causa di incompatibilità per i giudici tributari: non possono essere componenti delle commissioni tributarie, finché permangono in attività di servizio o nell'esercizio delle rispettive funzioni o attività professionali, coloro che esercitano in qualsiasi forma, “ anche se in modo saltuario o accessorio ” la “ consulenza tributaria ”, ovvero l'“ assistenza ” o la “ rappresentanza di contribuenti ” nei rapporti con l'Amministrazione finanziaria o nelle controversie di carattere tributario e che il TAR erroneamente, pur confermando, sotto diversi profili, gli accertamenti acquisiti dal Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria, aveva ritenuto la non attualità della condotta posta a base del provvedimento di decadenza.

La censura è fondata.

Il T ha osservato che “ avendo riguardo al quadro complessivo dei rilievi, si deve ritenere che lo sforzo difensivo del ricorrente – volto a contestare i singoli rilievi, parcellizzandone l’analisi – non riesce a superare la rilevanza complessiva che tutti insieme detti rilievi disvelano, essendo in presenza di un ambito di rapporti che (proprio per la sussistenza di legami affettivi e parentali tra gli interessati) inducono a ritenere che si sia in effetti verificata un’attività di tipo consulenziale (sussistente, in materia tributaria ai fini di cui all’art. 8, lett. i), d.lgs. n. 545 del 1992, anche in presenza di prestazioni gratuite, occasionali o saltuarie ”.

Tuttavia, il T ha ritenuto che considerando gli elementi esposti, non fosse dimostrata – né risultasse comunque percepibile – l’attualità, risolvendosi ogni rilievo in un accadimento risalente, comunque evidenziato da una relazione della Guardia di Finanza del 2017.

Questo Consiglio ha più volte affermato che ad evitare l'adozione della sanzione non sarebbe stata sufficiente l'eliminazione della causa di incompatibilità anteriormente alla irrogazione della contestata decadenza, dal momento che tale causa di decadenza, come prevista dalla legge, risponde all'esigenza di evitare la compromissione della necessaria trasparenza ed imparzialità dell'operato del giudice tributario (cfr. Cons. Stato, 27 giugno 2007, n. 3760;
), senza che sia necessario verificare in concreto se il suo contenuto qualitativo o la continuità nel suo svolgimento compromettano il requisito della terzietà e dell'indipendenza del giudice, essendo siffatta verifica puntuale propria dei soli istituti della ricusazione e dell'astensione del giudice (Cons. Stato, sez. IV, 12 marzo 2009, n. 1478).

E ciò in ragione del fatto che le cause di incompatibilità sono legate all'esigenza di evitare la compromissione della necessaria trasparenza e imparzialità dell'operato del giudice tributario, compromissione che sarebbe inevitabile se egli si trovasse nella condizione di doversi pronunciare su controversie, nelle quali ha già avuto modo di indirizzare il proprio orientamento (o quello dello studio in cui opera, di cui fa parte o con il quale appare comunque cooperare) in occasione dello svolgimento della propria (o riferita ad altri professionisti dello stesso studio) attività di prestatore di opera professionale (Cons. Stato, sez. IV, 27 giugno 2007, n. 3760;
sez. IV, 14 aprile 2010, n. 2077).

In definitiva, se il valore tutelato dalle norme sull'incompatibilità è quello dell'imparzialità del giudice tributario (il che non è contestabile: si veda, per una fattispecie in termini, Cons. Stato, sez. IV, 18 novembre 2011, n. 6098), anche la compromissione della sua immagine di terzietà accertata sulla base di elementi non equivoci, come quelli presi in esame, è sufficiente a lederlo e giustifica la declaratoria di decadenza (Cons Stato sez. IV, 06 ottobre 2017 n.4655).

Conseguentemente, la circostanza dell’intervenuta eliminazione della causa di incompatibilità anteriormente alla irrogazione della contestata decadenza ( o, parimenti, la non attualità della causa di incompatibilità) non può essere ritenuta preclusiva della relativa declaratoria, dal momento che, come già annotato, le riferite cause di incompatibilità, previste dalla normativa richiamata, rispondono all'esigenza di evitare la compromissione della necessaria trasparenza ed imparzialità dell'operato del giudice tributario) e in tal senso deve essere interpretata la disciplina contenuta nel D.lgs. n. 545/1992, laddove, all'art. 8, vengono individuate le cause di incompatibilità, che precludono la stessa nomina a giudice tributario ed impongono la declaratoria di decadenza nel caso in cui sopravvengano in epoca successiva.

L’appello deve essere, pertanto accolto e la sentenza riformata.

In considerazione della particolarità e novità della questione trattata, sussistono i motivi per compensare tra le parti le spese processuali.

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