Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2016-06-16, n. 201602660
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Testo completo
N. 02660/2016REG.PROV.COLL.
N. 05049/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5049 del 2015, proposto da:
P P, rappresentato e difeso dagli avvocati L M, E G ed E M, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, via Federico Confalonieri, 5;
contro
Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge, in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
G L;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA, SEZIONE III, n. 07266/2015, resa tra le parti e concernente: valutazione negativa per il conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore universitario di seconda fascia per i settori concorsuali 12/E1 (Diritto internazionale e dell’Unione europea) e 12/E2 (Diritto comparato);
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero appellato;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 3 marzo 2016, il Consigliere Bernhard Lageder e uditi, per le parti, gli avvocati L M ed E M, nonché l’avvocato dello Stato Carmela Pluchino;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con la sentenza in epigrafe, il T.a.r. per il Lazio pronunciava definitivamente sul ricorso n. 4529 del 2014, con il quale l’odierno appellante P P aveva impugnato gli atti delle due distinte procedure di abilitazione scientifica nazionale (ASN) alle funzioni di professore universitario di seconda fascia per il settore concorsuale 12/E1 (Diritto internazionale e dell’Unione europea) e, rispettivamente, per il settore concorsuale 12/E2 (Diritto comparato), nelle quali non aveva ottenuto la valutazione di idoneità.
In particolare, l’adìto T.a.r. provvedeva come segue:
(i) quanto alla procedura ASN per il settore concorsuale 12/E1 (Diritto internazionale e dell’Unione europea) – non superata con esito positivo dal ricorrente per il mancato raggiungimento del prescritto quorum di quattro quinti dei componenti della commissione giudicatrice –, accoglieva il motivo di ricorso con cui era stata dedotta l’illegittima mancata acquisizione del parere pro veritate di un esperto revisore ai sensi degli artt. 16, comma 3, lettera i), l. n. 240/2010 e 8, comma 3, d.P.R. n. 222/2011, prevista qualora in seno alla Commissione non siano presenti componenti in rappresentanza del settore scientifico-disciplinare che in concreto viene in rilievo, annullando di conseguenza il correlativo giudizio finale di non abilitazione e disponendo la rinnovata valutazione del ricorrente da parte di una Commissione in diversa composizione, nonché dichiarando assorbiti i restanti motivi, in particolare la censura di illegittimità dell’art. 8, comma 5, d. P.R. 14 settembre 2011, n. 222 ( Regolamento concernente il conferimento dell’abilitazione scientifica nazionale per l’accesso al ruolo dei professori universitari, a norma dell’articolo 16 della legge 30 dicembre 2010, n. 240 ), nella parte in cui prescrive la maggioranza qualificata di quattro quinti;
(ii) quanto alla procedura ASN per il settore concorsuale 12/E2 (Diritto comparato), non superato dal ricorrente per il giudizio unanime negativo espresso dalla Commissione sulla base del rilievo della ‘non coerenza’ delle pubblicazioni presentate dal candidato rispetto al settore concorsuale in questione, respingeva il ricorso, ritenendo la conformità del giudizio negativo ai criteri fissati dal d.m. n. 76/2012 e specificati dalla Commissione nel verbale del 13 maggio 2013, nonché la genericità delle dedotte censure, inidonee ad incrinare la valutazione della Commissione sub specie di illogicità e travisamento dei presupposti;
(iii) dichiarava le spese di causa interamente compensate tra le parti.
2. Avverso tale sentenza interponeva appello l’originario ricorrente, deducendo i seguenti motivi:
a) l’erroneità della statuizione sub 1.(i), laddove il T.a.r. aveva dichiarato assorbito il primo motivo di ricorso proposto avverso l’art. 8, comma 5, d.P.R. n. 222/2011, recante la previsione della maggioranza qualificata di quattro quinti dei membri della Commissione, sebbene tale motivo fosse stato espressamente proposto in via principale e, qualora accolto, avrebbe condotto al pieno soddisfacimento dell’interesse processuale e sostanziale del ricorrente senza necessità di ulteriori attività ex parte pubblica , con conseguente violazione del combinato disposto degli artt. 39 cod. proc. amm., 112 cod. proc. civ., 1 e 34 cod. proc. amm. e 24 e 111 Cost., nonché dei principi enunciati dall’Adunanza plenaria nella sentenza n. 5/2015, chiedendo, in via rescindente, l’annullamento in parte qua dell’appellata sentenza e, in via rescissoria, l’accoglimento del primo motivo del ricorso di primo grado;
b) l’erroneità della statuizione sub 1.(ii), denunziando la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e sostanzialmente riproponendo le correlative censure di primo grado, seppur adattate all’impianto motivazionale dell’impugnata sentenza.
3. Si costituiva in giudizio l’appellato Ministero, resistendo.
4. All’udienza pubblica del 3 marzo 2016 la causa è stata trattenuta in decisione.
5. L’appello è parzialmente fondato, limitatamente al primo motivo, mentre è infondato nel resto.
5.1. In accoglimento del primo motivo d’appello, di cui sopra sub 2.a), s’impongono i seguenti rilievi, ad effetto rescindente:
- da una combinata lettura sistematica della parte-motiva del ricorso di primo grado e delle conclusioni ivi rassegnate [queste ultime testualmente recitano: « In particolare, laddove l’Ecc.mo Collegio accolga il motivo sub 1), in relazione al concorso 12/E1, stante la sufficienza della maggioranza semplice ottenuta dal candidato, si accerti l’ottenimento dell’abilitazione per il settore concorsuale in parola »] emerge in modo univoco che il primo motivo di ricorso, dedotto in impugnazione dell’art. 8, comma 5, d.P.R. n. 222/2011, è stato proposto in via principale e prioritaria, in quanto dalla parte ricorrente ritenuto di valenza satisfattiva in caso di accoglimento, e che invece il secondo motivo di ricorso, teso a censurare l’erroneità del giudizio espresso dalla Commissione per essere inficiato da eccesso di potere per carente e illogica motivazione e da violazione di legge per la mancata acquisizione di un parere scritto pro veritate di un esperto revisore ai sensi degli artt. 16, comma 3, lettera i), l. n. 240/2010 e 8, comma 3, d.P.R. n. 222/2011 (accolto dal T.a.r. sotto quest’ultimo profilo) è stato dedotto in via meramente gradata;
- la graduazione è un ordine dato dalla parte ai vizi - motivi (o alle domande di annullamento), in funzione del proprio interesse, servendo a segnalare che l’esame e l’accoglimento di alcuni motivi (o domande di annullamento) ha, per la parte, importanza prioritaria, e che i motivi (o le domande) indicati come subordinati o graduati per ultimi hanno minore importanza, per cui se ne chiede l’esame esclusivamente in caso di mancato accoglimento di quelli prioritari;
- la graduazione impedisce al giudice di passare all’esame dei vizi - motivi subordinati, perché tale volizione equivale ad una dichiarazione di carenza di interesse alla loro coltivazione, una volta accolta una o più delle preminenti doglianze;
- la graduazione dei motivi vincola pertanto il giudice amministrativo, in applicazione del principio dispositivo e del principio della parità delle parti cui è informato il processo amministrativo (v., per tutte, Ad. Plen. 27 aprile 2015, n. 5);
- devono quindi ritenersi erronei l’esame, nell’impugnata sentenza, del secondo motivo del ricorso di primo grado (con sequela di annullamento del giudizio di non idoneità ed ordine di rinnovazione ad opera di una nuova Commissione), sebbene lo stesso fosse stato proposto in via gradata, nonché la consequenziale declaratoria di assorbimento del primo motivo del ricorso di primo grado, invece proposto in via prioritaria.
Per le esposte ragioni, s’impone la riforma della sentenza, nella parte in cui ha esaminato il motivo subordinato e dichiarato assorbito il primo motivo del ricorso di primo grado.
Passando alla fase rescissoria, si osserva che il motivo, con cui è dedotta l’illegittimità dell’art. 8, comma 5, d.P.R. n. 222/2011, nella parte in cui prevede la maggioranza qualificata di quattro quinti – che assurge a rilevanza nell’ambito dell’impugnazione della procedura concorsuale relativa al settore concorsuale 12/E1, essendosi a favore dell’abilitazione del ricorrente espressi positivamente tre su cinque commissari –, è fondato.
Infatti, in adesione all’orientamento di questa Sezione (v., ex plurimis , sentenza 5 febbraio 2016, n. 470), la menzionata previsione regolamentare deve ritenersi illegittima, in quanto:
- la stessa non trova copertura alcuna nei « criteri » fissati alla potestà regolamentare governativa dall’art. 16, comma 3, della legge di delegificazione (« criteri », da qualificare, con una più appropriata terminologia, come « norme generali regolatrici » ai sensi dell’art. 17, comma 2, l. n. 400/1988, le quali, secondo la giurisprudenza costituzionale, assolvono ad una funzione delimitativa stringente della potestà regolamentare governativa nelle materie delegificate: v. sent. Corte Cost. n. 303/2005), non risultandovi stabilito alcunché con riguardo ad un’eventuale maggioranza qualificata che debba assistere la deliberazione di abilitazione;
- l’introduzione di una deroga talmente significativa alle regole generali che presiedono al funzionamento degli organi collegiali – infatti, generalmente ed in assenza di un’espressa previsione normativa, la volontà dell’organo collegiale si identifica con quella della maggioranza dei votanti (coincidente, negli organi collegiali perfetti, con la maggioranza dei componenti), corrispondente alla metà più uno dei votanti – necessitava di una previsione espressa nella legge autorizzativa, pena la violazione dell’art. 17, comma 2, l. n. 400/1988;
- quanto sopra vale, a maggior ragione, per le commissioni giudicatrici di procedure di abilitazione o concorsuali – quale la Commissione nazionale di abilitazione alle funzioni di professore universitario di prima e seconda fascia, nominata secondo una complessa procedura per ciascun settore concorsuale, composta da cinque membri [v. artt. 3, lettera f), l. n. 240/2010 e 6 d.P.R. n. 222/2011] –, le cui valutazioni sono improntate esclusivamente a criteri di discrezionalità tecnica;
- a differenza dalle ipotesi di organi collegiali muniti di poteri discrezionali amministrativi, in cui la maggioranza qualificata è, sovente, richiesta in relazione a determinate materie o in ragione della natura degli interessi rappresentati dai vari componenti dell’organo, la previsione di una maggioranza qualificata, attributiva di un sostanziale potere di veto alla minoranza dissenziente in seno all’organo collegiale chiamato a formulare un giudizio prettamente tecnico sull’idoneità dei candidati (sotto il profilo della loro qualificazione scientifica, per l’accesso alla prima e seconda fascia dei professori, sulla base della valutazione dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche), non appare, comunque, sorretta da un’adeguata ratio giustificatrice;
- peraltro, anche nella disciplina pregressa del settore dei concorsi universitari era richiesta la maggioranza semplice delle commissioni giudicatrici per l’indicazione dei candidati ritenuti meritevoli dell’idoneità scientifica nazionale (v., da ultimo, l’art. 9, comma 9, d.lgs. 6 aprile 2006, n. 164 – abrogato dall’art. 29, comma 12, l. n. 240/2010 –, secondo cui « Al termine dei lavori la commissione, previa valutazione comparativa, con deliberazione assunta a maggioranza dei componenti, indica i candidati ritenuti meritevoli dell'idoneità scientifica nazionale nei limiti numerici fissati dal bando »), ad ulteriore rafforzamento della sopra enunciata esigenza di una disposizione derogatoria espressa di rango primario;
- la disposizione regolamentare qui impugnata appare, altresì, tendenzialmente incompatibile con la previsione di cui all’art. 16, comma 3, lettera a), l. n. 240/2010, secondo cui l’attribuzione dell’abilitazione deve essere sorretta da un « motivato giudizio fondato sulla valutazione dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche », poiché nei casi, quale quello sub iudice , nei quali sia raggiunta la maggioranza semplice, la motivazione della mancata abilitazione espressa nell’atto collegiale conclusivo si risolve nella mera constatazione del mancato raggiungimento del prescritto quorum , la quale assorbe (e contrasta con) il motivato giudizio positivo formatosi in seno alla commissione con la maggioranza semplice dei componenti.
Dall’illegittimità della regola della maggioranza qualificata discende l’accertamento del conseguimento, da parte dell’odierno appellante, dell’abilitazione per il settore concorsuale 12/E1, attesa la sufficienza della maggioranza semplice ottenuta dal medesimo, con assorbimento del secondo motivo di primo grado, proposto in via gradata, e caducazione del relativo capo di sentenza per l’effetto espansivo interno ex artt. 39, comma 1, cod. proc. amm. e 336, comma 1, cod. proc. civ..
5.2. Destituito di fondamento è, invece, il motivo d’appello proposto avverso la statuizione sub 1.(ii) relativa alla procedura ASN per il settore concorsuale 12/E2 (Diritto comparato), in quanto il T.a.r. correttamente ha ritenuto sottratto ai dedotti vizi di eccesso di potere il giudizio di ‘non congruenza’ delle pubblicazioni di diritto comunitario ai fini dell’abilitazione per il settore concorsuale del Diritto comparato, attesa la non manifesta illogicità o irragionevolezza delle relative valutazioni commissariali, individuali e collegiali, nonché tenuto conto, per un verso, della legittima specificazione dei criteri e parametri di giudizio da parte della Commissione (v. verbale n. 1 del 13 maggio 2013, allegato 2), in esplicazione dei poteri di cui agli artt. 3, 5 e 6 d.m. n. 76/2012, e, per altro verso, della loro corretta applicazione al caso di specie.
Il motivo all’esame è, pertanto, da respingere, con conseguente conferma in parte qua dell’appellata sentenza.
6. Considerata la soccombenza reciproca, nonché la recente formazione dell’orientamento giurisprudenziale di cui si è fatta applicazione ai fini della decisione del gravame, si ravvisa la sussistenza dei presupposti di legge per dichiarare le spese del doppio grado di giudizio interamente compensate tra le parti.