Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2024-11-22, n. 202409397

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2024-11-22, n. 202409397
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202409397
Data del deposito : 22 novembre 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 22/11/2024

N. 09397/2024REG.PROV.COLL.

N. 01585/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1585 del 2024, proposto da 3V Sigma s.p.a. e Colombina s.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentate e difese dall'avvocato T M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;



contro

Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica (già Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare), in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;



nei confronti

Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra), rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
Città Metropolitana di Venezia, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Fabio Francario, Roberta Brusegan e Katia Maretto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Regione Veneto, Comune di Venezia, Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto (Arpav), Azienda Ulss 3 Serenissima, non costituiti in giudizio;



per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Sezione Seconda, n. 00955/2023, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, dell’Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale (Ispra) e della Città Metropolitana di Venezia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 luglio 2024 il Cons. Rosario Carrano e uditi per le parti gli avvocati come da verbale.



FATTO

1. – Le società ricorrenti sono la nuda proprietaria (Colombina s.r.l.) e la titolare del diritto di superficie (3V Sigma s.p.a.) di un’area di circa 64.000 mq, sita nell’ambito del petrolchimico di Porto Marghera.

Su tale area, in proprietà di Colombina s.r.l., la società 3V Sigma s.p.a. svolge la propria attività consistente nella produzione di sostanze chimiche organiche.

Il sito di Porto Marghera è stato classificato come sito inquinato di interesse nazionale dall’art. 1, comma 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 426, sulla base dei criteri determinati ai sensi dell’art. 18, comma 1, lett. n), del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, in ragione del carattere diffuso ed esteso dell’area inquinata e della pericolosità degli inquinanti presenti, ed è stato perimetrato con decreto del ministero dell’Ambiente del 23 febbraio 2000, estendendosi per 3595 ha di cui 479 ha rappresentati da canali e 3116 ha da suoli (in tali termini la descrizione che ne viene fatta nel decreto ministeriale 18 settembre 2001, n. 468).

2. – Nell’ambito della procedura avviata per la messa in sicurezza di emergenza e/o bonifica del sito, le società ricorrenti e/o le loro danti causa hanno già realizzato, a partire dal 2005, alcuni interventi o studi (es. caratterizzazione del terreno e delle acque sotterranee; interventi di messa in sicurezza di emergenza in corrispondenza degli hot spot rinvenuti nelle acque di falda; monitoraggio aria-ambiente; analisi di rischio sanitario, ecc.): tali attività sarebbero state svolte dalle ricorrenti e/o dalle loro danti causa “a titolo volontario”, al fine di proteggere i lavoratori e mettere in sicurezza lo stabilimento.

3. – Il Ministero dell’Ambiente, ritenendo non condivisibili le analisi di rischio sanitario presentate dagli interessati, ha impartito alcune prescrizioni alle società che vantavano diritti reali sull’area, richiedendo, altresì, la presentazione dei progetti di messa in sicurezza e bonifica di suoli e acque di falda.

Tali prescrizioni ministeriali sono state impugnate dinanzi al T.a.r.

4. – Con sentenza n. 197 del 2013, il T.a.r. Veneto, pur annullando per vizi formali e procedimentali gli atti impugnati, ha respinto le censure con le quali le società ricorrenti lamentavano la carenza dei presupposti soggettivi e oggettivi per l’attivazione della procedura volta al disinquinamento delle aree, rilevando, da un lato, che le ricorrenti avevano già posto in essere numerosi adempimenti e, dall’altro, che non era stata raggiunta la prova circa la loro estraneità alla causazione dell'inquinamento.

5. – Con sentenza n. 195 del 2018, il Consiglio di Stato ha dichiarato improcedibile l’appello avverso la suddetta sentenza, per sopravvenuta carenza d’interesse, rilevando che, in ottemperanza alla decisione del T.a.r. Veneto n. 197 del 2013, l’amministrazione, nel dicembre del 2013, aveva provveduto a rinnovare completamente il procedimento relativo alle misure di bonifica del sito, rideterminandosi con nuovi atti, nuovi pareri e nuove valutazioni in merito alla documentazione tecnica ed ai dati analitici trasmessi dalle società.

6. – Con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, le società hanno impugnato la nota del Ministero dell’Ambiente dell’8 marzo 2017, con la quale il Ministero ha imposto l’adozione delle seguenti misure: A) trasmissione di una relazione dettagliata sulle misure di prevenzione attuate, con i successivi aggiornamenti semestrali, al fine di verificare l’efficacia delle misure attuate; B) l’adozione di misure di messa in sicurezza/bonifica dei terreni; C) l’adozione di misure di messa in sicurezza/bonifica delle acque di falda, prescrivendo anche l’adozione di una misura di messa in sicurezza operativa.

7. – Con la sentenza impugnata, il T.a.r. ha respinto il ricorso, ritenendo che le misure imposte rappresentino delle misure di messa in sicurezza d’emergenza (m.i.s.e.) legittimamente imponibili al proprietario incolpevole e che, in ogni caso, la società avrebbe agito su base volontaria, per cui sarebbe obbligata a proseguire le attività spontaneamente intraprese.

8. – Con atto di appello la società ha impugnato la sentenza di primo grado.

8.1. – Con il primo motivo di appello (pag. 12-17), le società ricorrenti hanno contestato la sentenza nella parte in cui ha ritenuto che il proprietario incolpevole sia comunque tenuto a portare a compimento le opere volontariamente iniziate, in quanto, oltre a porsi in contrasto con il principio “chi inquina paga”, comporterebbe una chiaro disincentivo ad intraprendere volontariamente qualsiasi iniziativa, stante il rischio di non vedersi liberato dagli obblighi imposti dall’amministrazione anche per decenni, a fronte della lodevole iniziativa assunta, soprattutto nel caso in cui l’amministrazione non si adoperi per la individuazione del soggetto responsabile (cfr. pag. 16 dell’appello); in secondo luogo, hanno contestato la sussistenza del requisito della volontarietà, avendo sempre agito a tutela dei lavoratori presenti in loco , nonché in ottemperanza a specifici obblighi imposti dall’amministrazione, i cui provvedimenti, peraltro, sono sempre stati contestati ed impugnati in via giurisdizionale; inoltre, ha ribadito l’assenza di una fonte negoziale dei suddetti obblighi, non avendo mai aderito ad accordi di programma (pag. 16-17 dell’appello).

8.2. – Con il secondo motivo di appello (pag. 17-18), hanno impugnato la sentenza nella parte in cui ha ritenuto irrilevante la violazione ultradecennale da parte delle amministrazioni dell’obbligo di individuare il soggetto responsabile dell’inquinamento, con conseguente illegittimità dei provvedimenti impugnati.

8.3. – Con il terzo motivo di appello (pag. 18-22), hanno censurato la sentenza nella parte in cui ha ritenuto legittima l’imposizione di misure di messa in sicurezza d’emergenza (m.i.s.e.) in capo al proprietario incolpevole anche nel caso di contaminazione storica, alla luce del recente orientamento giurisprudenziale (Cass. civ., sez. un., 1° febbraio 2023, n. 3077), trattandosi peraltro nella specie non di proprietario del sito ma di un mero superficiario.

8.4. – Con il quarto motivo di appello (pag. 22-26), hanno impugnato la sentenza nella parte in cui ha ritenuto sussistenti i presupposti fattuali per l’adozione delle m.i.s.e., non risultando esplicitate né in sentenza né nei provvedimenti impugnati le necessarie condizioni di emergenza quale presupposto per l’adozione di tali misure, oltre ad aver omesso di considerare la distinzione tra acque di prima falda ed acque di falda, quest’ultime oggetto di contaminazione storica, come riconosciuto dalla Città metropolitana.

8.5. – Con il quinto motivo di appello (pag. 26-30), hanno impugnato la sentenza nella parte in cui ha ritenuto che la censura svolta dalle ricorrenti in primo grado sarebbe generica non avendo chiarito quali siano le ragioni che renderebbero non attendibile l’impostazione utilizzata da ultimo dall’Amministrazione e che quest’ultima avrebbe dimostrato la sovrapposizione tra falda primaria e falda di riporto. Sul punto, hanno dedotto che il primo giudice avrebbe travisato le censure di primo grado incentrate non già sulla non plausibilità del metodo seguito dall’amministrazione, bensì sul difetto di motivazione e sulla contraddittorietà dell’azione amministrativa per avere mutato la propria impostazione.

8.6. – Con il sesto motivo di appello (pag. 30-33), hanno censurato la sentenza nella parte in cui ha escluso un difetto di motivazione e di istruttoria, reiterando le censure di cui al primo motivo di ricorso.

8.7. – Con il settimo motivo di appello (pag. 33-35), hanno impugnato la sentenza per omessa pronuncia sulle istanze istruttorie in ordine allo stato dei luoghi.

9. – Con apposite memorie, si sono costituite le amministrazioni resistenti, che hanno chiesto il rigetto del ricorso.

10. – All’udienza pubblica del 25 luglio 2024, la causa è stata trattenuta per la decisione.



DIRITTO

1. –

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