Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2021-03-30, n. 202102669
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Pubblicato il 30/03/2021
N. 02669/2021REG.PROV.COLL.
N. 08109/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8109 del 2020, proposto dalla Regione Campania, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall’avvocato M C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Fonderie Pisano &C. s.p.a., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dagli avvocati E F e L L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, in persona del Ministro
pro tempore
, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliato
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Associazione di volontariato “Salute e Vita”, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall’avvocato Francesco Lanocita, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
A.S.L. Salerno, ARPAC, Ministero dell’interno - Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Salerno, in persona dei rispettivi legali rappresentanti
pro tempore
, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Salerno, Sezione Seconda, n. 2254 del 24 dicembre 2019, resa tra le parti, concernente un giudizio di compatibilità ambientale.
Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della società Fonderie Pisano &C. s.p.a., del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo e dell’Associazione di volontariato “Salute e Vita”;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 marzo 2021, svoltasi da remoto ai sensi dell’art. 25 d.l. n. 137 del 2020 convertito con l. n. 176 del 2020, il Cons. Luca Lamberti e uditi per le parti gli avvocati Maria Imparato su delega dichiarata dell’avvocato M C, E F, L L e Francesco Lanocita, che partecipano alla discussione orale da remoto ai sensi della citata disposizione;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con la sentenza indicata in epigrafe il T.a.r. per la Campania, Sezione staccata di Salerno, ha definito, previa riunione, sette ricorsi relativi alla complessa vicenda della compatibilità ambientale dello stabilimento industriale ubicato in Comune di Salerno e gestito, sin dagli anni sessanta del secolo scorso, dall’odierna appellata.
1.1. Per quanto qui di interesse, il T.a.r. ha annullato:
a) la comunicazione regionale prot. n. 209146 del 24 marzo 2016, con cui si disponeva l’avvio del procedimento di riesame dell’AIA rilasciata nel 2012, nella parte in cui assoggettava senz’altro a VIA e VI il progetto di ammodernamento dell’impianto che la società avrebbe dovuto presentare;
b) i decreti regionali n. 1, n. 2 e n. 3 del 2018, recanti rispettivamente:
b1) il parere sfavorevole di VIA e VI sul secondo progetto di ammodernamento impiantistico presentato dalla società, ad avviso del T.a.r. illegittimo in quanto tale parere sfavorevole sarebbe stato emanato senza “ individuare e proporre, in modo chiaro, le soluzioni più idonee ad armonizzare l’opera esistente con l’ambiente circostante ”;
b2) l’archiviazione del procedimento di riesame dell’AIA, ad avviso del T.a.r. viziato da illegittimità derivata;
b3) la revoca dell’AIA, ad avviso del T.a.r. parimenti viziato da illegittimità derivata;
c) la diffida regionale prot. n. 220971 del 5 aprile 2018, con cui la società veniva formalmente invitata a rispettare le prescrizioni dell’AIA;
d) la successiva diffida regionale prot. n. 628082 del 5 ottobre 2018, con cui si rinnovava l’invito al rispetto delle prescrizioni dell’AIA e, contestualmente, si disponeva la sospensione dell’attività produttiva per 45 giorni.
2. La Regione ha interposto appello con esclusivo riguardo all’annullamento degli atti sub b), sostenendo, in estrema sintesi, che:
- “ il principio affermato in sentenza è illegittimo, in quanto la commissione VIA non è tenuta, per legge, ad indicare <<…una soluzione da percorrere per tenere a norma l’impianto>> ”;
- comunque, “ il parere sfavorevole di VIA non solo è ben motivato, ma esplicita tutte le modifiche da apportare al progetto ”.
2.1. La società si è costituita in resistenza, osservando preliminarmente che, in esecuzione dell’impugnata sentenza, la Regione ha ripreso il procedimento e – dopo aver escluso la necessità, nella specie, di VIA e dopo il rilascio del parere favorevole di VI – con decreto n. 85 del 20 aprile 2020 ha autorizzato l’ulteriore progetto di adeguamento impiantistico presentato dalla medesima società.
2.2. In conseguenza di tale novum , la società ha, anzitutto, eccepito l’inammissibilità dell’avverso gravame, sotto tre distinti e concorrenti profili:
- per carenza di interesse, giacché “ la Regione ha ormai approvato il progetto di riesame dell’A.I.A. 2012 che le Fonderie Pisano ha realizzato e sta completando, per cui non ha interesse alla riforma della sentenza ”;
- per contraddittorietà estrinseca, giacché l’ipotetico accoglimento dell’appello determinerebbe la reviviscenza di provvedimenti frontalmente contrastanti con la successiva autorizzazione del progetto poi rilasciata dalla Regione;
- per contraddittorietà intrinseca, conseguente al fatto che nel secondo motivo di appello si sostiene che, a suo tempo, il parere sfavorevole di VIA avrebbe, contrariamente a quanto affermato dal T.a.r., recato le indicazioni necessarie al conseguimento della futura autorizzazione, come in tesi dimostrato dal fatto che, proprio seguendo tali indicazioni, la società avrebbe redatto un ulteriore progetto che avrebbe ottenuto l’autorizzazione regionale, mercé il cennato decreto n. 85 del 2020;se, tuttavia, così fosse, non avrebbe senso chiedere la modifica della sentenza de qua nella parte in cui ha imposto all’Amministrazione proprio un siffatto dovere di indicare le necessarie modifiche progettuali, funzionali ad ottenere la futura autorizzazione.
2.3. In secondo luogo, la società ha contestato nel merito la fondatezza del gravame e, “ nell’eventualità che fosse ritenuto ammissibile e fondato l’appello della Regione ”:
- ha svolto appello incidentale relativamente alle censure non accolte dal T.a.r.;
- ha riproposto i motivi assorbiti in prime cure;
- ha formulato richiesta di indennizzo ex art. 21- quinquies l. n. 241 del 1990.
2.4. Si sono costituiti con atto di stile il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo e l’Associazione di volontariato “Salute e Vita”.
2.5. In vista della trattazione del ricorso la Regione e la società hanno versato in atti difese scritte.
2.6. Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del giorno 25 marzo 2021, svoltasi da remoto ai sensi dell’art. 25 d.l. n. 137 del 2020 convertito con l. n. 176 del 2020.
3. Il ricorso della Regione è inammissibile, per le ragioni che seguono.
4. Il Collegio premette che l’azione davanti al giudice amministrativo è soggetta a varie condizioni pregiudiziali (tra cui la sussistenza di un interesse ad agire in capo al ricorrente), tradizionalmente qualificate presupposti processuali (in omaggio alla natura bifasica del processo romano), che devono sussistere al momento della proposizione della domanda e permanere fino al momento della decisione finale.
4.1. Tale assetto è coerente con la funzione svolta da tali presupposti processuali nei processi di parte, innervati dal principio della domanda e dal relativo corollario rappresentato dal principio dispositivo;tali presupposti assolvono ad una funzione di filtro in chiave deflattiva delle domande proposte al giudice, fino ad assumere l’aspetto di un controllo di meritevolezza dell’interesse sostanziale in gioco, alla luce dei valori costituzionali ed internazionali rilevanti, veicolati dalle clausole generali fondamentali sancite dagli artt. 24 e 111 Cost.: questo scrutinio di meritevolezza costituisce, in una più ampia ottica, un’espressione del generale divieto di abuso del processo, inteso come esercizio dell’azione in forme eccedenti o devianti rispetto alla tutela attribuita dall’ordinamento, come tale e per ciò solo lesivo del principio del giusto processo.
4.2. Con quest’ultima locuzione si intende, poi, la necessità ordinamentale che la risposta di giustizia alla domanda della parte si conformi ad una logica che avversi ogni inutile e perdurante appesantimento o prolungamento del giudizio al fine di approdare, attraverso la riduzione dei tempi della giustizia, ad un processo che risulti effettivamente giusto, anche in quanto destinato solo a chi effettivamente necessita dell’infungibile risposta di giustizia.
4.3. Il controllo sulla sussistenza dei presupposti processuali e la disponibilità della relativa statuizione appartiene al giudice e non alle parti e deve essere effettuato in modo rigoroso per evitare, da un lato, il rischio del diniego di giustizia, dall’altro, un uso irragionevole di risorse indisponibili e tradizionalmente “scarse” (quelle che attengono, appunto, all’esercizio della giurisdizione), ponendo in essere un’attività processuale diseconomica, in chiaro contrasto con il principio della ragionevole durata del processo.
4.4. In particolare, avuto riguardo all’accertamento ed alla conseguente declaratoria della sopravvenuta carenza di interesse alla coltivazione del giudizio, è consolidata in giurisprudenza la massima secondo cui:
- solo una situazione di fatto o di diritto nuova che muti radicalmente il quadro esistente al momento della proposizione del ricorso giustifica la declaratoria di sopravvenuta carenza di interesse ad agire;
- in presenza del dissolvimento degli effetti del provvedimento impugnato, il riscontro operato dal giudice deve essere teso a rilevare la reale, certa e definitiva inutilità della sentenza, non residuando più in capo al ricorrente la possibilità di ritrarre concreti e giuridicamente apprezzabili benefici;
- è sufficiente a radicare la permanenza dell’interesse alla pronuncia la dimostrazione di un interesse risarcitorio collegato ad un danno, come previsto oggi dall’art. 34, co. 3, c.p.a. (cfr. Cons. St., Sez. V, 23 aprile 2014, n. 2063;Sez. IV, 28 dicembre 2012, n. 6703), ovvero l’interesse ad ottenere una statuizione sulle spese, ove non sia possibile fare ricorso al criterio di indagine della c.d. soccombenza virtuale (Cons. St., Sez. IV, 11 dicembre 2001, n. 6192);
- relativamente all’interesse morale, l’indagine deve essere compiuta con particolare rigore, onde evitare il rischio di trasformare quella amministrativa in una sorta di giurisdizione di diritto oggettivo (cfr. sul punto, amplius , Cons. Stato, Ad. plen., n. 1 del 28 gennaio 2015 e n. 3 del 27 febbraio 2003;v. anche Sez. V, 27 marzo 2015, n. 1603).
4.5. Ove, invece, la carenza di siffatti presupposti processuali si verifichi ab initio , ossia preceda la stessa proposizione dell’azione (sia essa in primo grado od in appello), l’azione è radicalmente inammissibile, in quanto strutturalmente deficitaria ab origine dei caratteri minimi che ne consentono ( recte , ne legittimano e giustificano) la delibazione giudiziale.
4.6. A mero fine di completezza espositiva, il Collegio rileva che è nota, in proposito, la differenza che certa dottrina opera fra presupposti processuali stricto sensu intesi, quali circostanze la cui mancanza impedisce tout court al giudice di attingere il merito della res controversa ed impone una definizione in rito della stessa, e condizioni dell’azione, quali circostanze che, invece, debbono sussistere affinché la domanda della parte possa essere accolta nel merito e che, pertanto, possono anche intervenire in corso di causa.
4.7. Con più specifico riferimento all’appello, l’interesse ad agire, quale fondamento intrinseco della domanda di giustizia e giustificazione ordinamentale della spendita, in proposito, di energie processuali, deve necessariamente sussistere (insieme con il requisito della soccombenza in prime cure) al momento della proposizione del gravame e permanere per tutto il relativo corso (pena l’improcedibilità del giudizio).
5. Ciò premesso, il Collegio osserva che, prima della proposizione del presente appello, perfezionata soltanto in data 21 settembre 2020, la Regione, all’esito di una complessa e rinnovata attività istruttoria con cui è stata riconsiderata funditus la problematica, ha emanato il decreto n. 85 del 20 aprile 2020, a mezzo del quale ha dato completa e piena attuazione all’impugnata sentenza, senza apporre alcuna riserva o condizione legata all’accoglimento del prospettico gravame, all’epoca, del resto, non ancora radicato.
5.1. Non si apprezza, dunque, alcun effettivo, oggettivo ed attuale interesse, in capo alla Regione, a contestare una sentenza cui, prima ancora della formulazione del gravame, si era già data, senza riserva alcuna, piena e completa attuazione, mediante l’esplicazione di una rinnovata, autonoma ed articolata istruttoria, che aveva condotto a soddisfare pienamente l’interesse pretensivo del privato, inizialmente mortificato dai provvedimenti poi annullati in prime cure.
5.2. Di converso, la possibilità di chiedere al giudice l’affermazione di un principio in astratto (e, specularmente, la facoltà del giudice di disporre in tal senso), senza che ciò sia concretamente necessario per dirimere un reale contenzioso, è prevista dalla legge in via tassativa, in quanto integrante un’eccezione alla generale necessità, propria di ogni giurisdizione soggettiva, della perdurante sussistenza di un interesse ad agire in capo alla parte che formula la domanda di giustizia: nell’ambito del giudizio amministrativo, tale possibilità è sancita unicamente dall’art. 99, comma 5, c.p.a., in consonanza con l’art. 363 c.p.c. (cfr. anche, mutatis mutandis , art. 618, comma 1- ter , c.p.p.;in giurisprudenza, da ultimo, Cons. Stato, Ad. plen., 2 aprile 2020, n. 9).
6. La dichiarazione d’inammissibilità del ricorso in appello formulato dalla Regione rende superfluo lo scrutinio di quello incidentale, che la società ha proposto in forma espressamente e dichiaratamente condizionata all’eventuale accoglimento di quello principale svolto ex adverso (v. Cons. Stato, Ad. plen., 27 aprile 2005, n. 5, § 9.3.4.2), nonché, a fortiori , l’esame delle doglianze riproposte.
7. Il regolamento delle spese di lite del grado, liquidate come in dispositivo a favore della società, segue la soccombenza.
8. Possono, invece, compensarsi le spese con le altre parti costituite, che non hanno svolto concreta attività difensiva.