Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-05-10, n. 202103637

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-05-10, n. 202103637
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202103637
Data del deposito : 10 maggio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 10/05/2021

N. 03637/2021REG.PROV.COLL.

N. 01066/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1066 del 2014, proposto da
Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale già Autorità Portuale di Napoli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati A D M, M L, con domicilio eletto presso lo studio M L in Roma, Lungotevere Raffaello Sanzio, 9;

contro

Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Istat - Istituto Nazionale di Statistica, Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 05948/2013, resa tra le parti, concernente elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e di Istat - Istituto Nazionale di Statistica, del Ministero dell'Economia e delle Finanze e della Presidenza del Consiglio dei Ministri;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 aprile 2021 il Cons. Oreste Mario Caputo;
l’udienza si svolge ai sensi degli artt. 4, comma 1 del Decreto Legge n. 28 del 30 aprile 2020 e 25 del Decreto Legge n. 137 del 28 ottobre 2020, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto della circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.È appellata la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 05948/2013 di reiezione del ricorso proposto da Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale (d’ora in poi, Autorità Portuale) avverso la nota del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Direzione generale per i porti, del 12 settembre 2012 recante “Indicazioni per la formazione del bilancio di previsione per l’esercizio 2013”, nonché avverso il comunicato dell’ISTAT - Istituto Nazionale di Statistica contenente “L’elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato individuate ai sensi dell’art. 1, comma 3, l. 31 dicembre 2009, n. 196”.

L’Autorità Portuale ricorrente ha censurato l’aggiornamento ISTAT gli elenchi delle amministrazioni pubbliche da assoggettare alle disposizioni in materia di finanza pubblica, in difformità delle norme previste nel d.l. 6 luglio 2012, n. 95 (c.d. “ spending review ”) convertito, con modificazioni, in l. 7 agosto 2012, n. 135.

1.1 Nei motivi d’impugnazione l’Autorità Portuale ha dedotto la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1 l. 31 dicembre 2009, n. 196 sul rilievo che essa s’autofinanzia, gode di piena autonomia finanziaria e non alimenta la spesa pubblica, prospettando l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 l. 196/2009, per violazione degli artt. 23, 41 e 97 Cost., laddove interpretato nel senso di consentire all’ISTAT di modificare la lista delle amministrazioni pubbliche al di fuori dei limiti di discrezionalità amministrativa come individuati da norma di legge.

Ha lamentato, inoltre, la violazione della normativa comunitaria atteso che l’Ente non può essere considerato una pubblica amministrazione.

2. Il Tar ha respinto il ricorso.

Sul rilievo che le “autorità portuali” risultano inserite nell’elenco ISTAT dal comunicato del 24 luglio 2010, senza soluzione di continuità, fino all’ultimo aggiornamento del 28 settembre 2012, i giudici di prime cure hanno ritenuto che i due elenchi ISTAT del 24 luglio 2010 e del 30 settembre 2011 sono stati “ cristallizzati in legge per effetto dell’art. 5, comma 7, d.l. 2 marzo 2012, n. 16 (convertito, con modificazioni, in l. 26 aprile 2012, n. 44) che ha modificato l’art. 1, comma 2, della legge n. 196 del 2009, con ciò perdendo la loro connotazione provvedimentale ed assurgendo a norma di rango primario”.

Hanno altresì precisato, sotto il profilo sostanziale, che l’Autorità Portuale, gestendo i beni demaniali e riscuotendo i canoni concessori, ha natura pubblicistica, escludendo che la novella legislativa presti il fianco a dubbi d’incostituzionalità, sollevati dall’Ente ricorrente, in riferimento ai parametri costituzionali ex artt. 23, 41 e 97 Cost.

3. Appella la sentenza l’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale. Resistono il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, l’Istat - Istituto Nazionale di Statistica, il Ministero dell'Economia e delle Finanze e la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

4. Con ordinanza collegiale è stata disposta istruttoria, all’esito, alla pubblica udienza dell’8 aprile 2021 tenuta in modalità telematica da remoto, la causa, su richiesta delle parti, è stata trattenuta in decisione.

5. L’Autorità Portuale appellante, quanto all’individuazione della natura dei due elenchi ISTAT del 24 luglio 2010 e del 30 settembre 2011impugnati, lamenta l’errore di giudizio in cui sarebbe incorso il Tar nell’affermare l’avvenuta legificazione per effetto dell'art. 1 della legge 196/2009, conseguente alla novella apportata con d.l. 2 marzo 2012, n. 16, convertito con l. 26 aprile 2012 n.44.

Nel merito, l’appellante ha dedotto l’illegittimità dell’inserimento nell’elenco ISTAT del 28 settembre 2012.

L’elencazione non terrebbe conto della natura giuridica di diritto privato dell’Ente ricorrente: lo svolgimento d’attività commerciale in regime concorrenziale senza il perseguimento dello scopo di lucro, l’assenza di controllo pubblico, la rilevanza culturale dei propri fini istituzionali, l’obbligo statutario di operare in pareggio di bilancio costituirebbero il coacervo di indici rivelatori della sua natura privatistica.

6. L’appello è infondato.

Conviene muovere dalla qualificazione giuridica dell’Autorità Portuale.

Indagine da compiersi avuto riguardo all’intero ordinamento giuridico nel quale la vicenda dedotta in giudizio s’iscrive.

L’associazione degli Enti Portuali ha depositato (marzo 2021) il ricorso al Tribunale dell'Unione europea contro la decisione della Commissione Europea che ha imposto all'Italia di tassare le Autorità di sistema portuale.

Il ricorso si fonda sul rilievo che "L'attuale sistema non può essere considerato alla stregua di un aiuto di Stato poiché le Autorità di Sistema Portuale sono amministrazioni pubbliche, non imprese assoggettabili all'imposta sul reddito delle società;
ed i canoni demaniali e le tasse portuali che incassano sono tributi”.

Si precisa che l'Italia ha riservato alla mano pubblica ogni aspetto legato al settore portuale: la proprietà dei beni, appartenenti al demanio indisponibile dello Stato, l'amministrazione degli stessi, riservata in via esclusiva alle Autorità di sistema portuale territorialmente competenti, la riscossione da parte delle Autorità Portuali dei canoni demaniali da parte dei concessionari, che sono vere e proprie tasse pagate dai concessionari direttamente allo Stato.

La natura pubblica, non privata, delle Autorità portuali – da esse stesse, va sottolineato, rivendicata in sede unionale ed estendibile per oggettive ragioni di coerenza sistematica all’intero ordinamento giuridico – scaturisce da un’ulteriore insieme di indici rivelatori.

Segnatamente: lo Stato, proprietario ex lege delle infrastrutture portuali costituite da beni demaniali inalienabili, intrattiene un rapporto organico e funzionale con esse, le quali assumono compiti di amministrazione, di regolamentazione e di funzionamento dei beni portuali statali, assoggetti al regime del demanio marittimo e pubblico.

Le stesse Autorità Portuali sono soggette al controllo del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti unitamente al MEF ed alla Corte dei Conti per gli aspetti relativi ai conti ed al bilancio.

La l. 84 del 94 vieta all’autorità portuale di partecipare direttamente od indirettamente alle operazioni portuali ed ai servizi tecnico nautici e ad altri servizi accessori del ciclo produttivo del porto i cui trasferimenti di denaro sotto forma di finanziamenti sono strumentali al miglioramento delle infrastrutture che sono di proprietà dello Stato.

6.1 In definitiva la natura pubblica dell’Ente ricorrente non può essere qui rimessa in discussione.

7. Quanto alla natura degli elenchi, il comunicato del 28 settembre 2012 costituisce un “successivo aggiornamento” dell’elenco ISTAT del 2011, ed è stato assorbito ed inglobato – per il tramite del meccanismo del rinvio materiale recettizio – nell’art. 1, comma 2, l. 31 dicembre 2009 n. 196, come modificato dall'art. 5, comma 7, d.l. 2 marzo 2012, n. 16 convertito, con modificazioni, dalla l. 26 aprile 2012, n. 44.

La norma nel prescrivere che, a decorrere dall’anno 2012, le (censurate) disposizioni di finanza pubblica si applicano agli enti e ai soggetti indicati negli specifici elenchi Istat del 30 settembre 2011 e successivamente aggiornamenti, opera un richiamo espresso al contenuto sostanziale dei predetti atti amministrativi, incorporando specificamente gli elenchi dei soggetti che costituiscono il settore istituzionale delle amministrazioni pubbliche e operando, per ciò solo, una sorta di “legificazione” degli stessi.

Il meccanismo normativo richiamato non è inedito nel panorama istituzionale: è, mutatis mutandis , analogo con quello utilizzato dalla legge finanziaria 2005, attraverso la quale il legislatore ordinario ha introdotto, all’art. 1, un “limite all'incremento delle spese delle pubbliche amministrazioni” elencando in prima istanza, in modo specifico, le amministrazioni pubbliche soggette alla disciplina restrittiva (art. 1, comma 5, l. 30 dicembre 2004 n. 311).

7.1 Da cui, come rilevato dai giudici di prime cure, la sopravvenuta “insensibilità” dell’elenco del 28 settembre 2012 agli esiti del giudizio d’impugnazione, atteso che lo stesso elenco, in quanto “assorbito” dall’art. 1, comma 2, cit., non è più soggetto ad autonoma impugnazione, partecipando della natura giuridica della norma che lo richiama.

8. Conclusivamente l’appello deve essere respinto.

9. La natura pubblica delle parti in causa giustifica la compensazione delle spese del grado di giudizio.

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