Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2016-02-10, n. 201600579
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Testo completo
N. 00579/2016REG.PROV.COLL.
N. 04718/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4718 del 2015, proposto da:
Comune di Bologna, rappresentato e difeso dagli Avv. G C, A L, G S R, con domicilio eletto presso G S R in Roma, Via Orti della Farnesina, 126;
contro
SNA Scommesse S.r.l., rappresentata e difesa dagli Avv. A M, C F, con domicilio eletto presso C F in Roma, Via Cicerone, 28, sc. C, int.9;
nei confronti di
Ministero dell'Interno, Questura di Bologna, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, anche domiciliataria in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA, BOLOGNA, SEZIONE II, n. 00396/2015, resa tra le parti, concernente diniego autorizzazione trasferimento sede attività di raccolta scommesse;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di SNA Scommesse S.r.l. e di Ministero dell'Interno e Questura di Bologna;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 gennaio 2016 il Cons. P U e uditi per le parti gli Avvocati G S R, C F e l'Avvocato dello Stato Mario Antonio Scino;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La controversia origina dal diniego di autorizzazione, adottato ex art. 88 TULPS in data 24 febbraio 2014 dalla Questura di Bologna, al trasferimento della sala scommesse e giochi mediante videoterminali (VLT) della società SNA Scommesse S.r.l., odierna appellata.
2. Il divieto è stato adottato in quanto la nuova ubicazione (come segnalato nel parere della Polizia Municipale in data 21 gennaio 2014) non rispetta “ la distanza minima di 1.000 metri, misurata sul percorso pedonale più breve che collega i rispettivi punti di accesso più vicini dai seguenti luoghi sensibili: asili, scuole di ogni ordine e grado, luoghi di culto, ospedali, case di cura, camere mortuarie, caserme e strutture protette in genere ”, così come richiesto dall’art. 23, comma 3, del Regolamento di Polizia Urbana del Comune di Bologna, (introdotto con delibera di C.C. n. 256645 in data 11 novembre 2013).
3. Il diniego è stato impugnato dalla società, unitamente alla disposizione regolamentare presupposta.
Dopo l’originaria instaurazione del giudizio presso il TAR del Lazio, il TAR Emilia Romagna (indicato come competente da questa Sezione con ordinanza n. 4088/2014), con la sentenza appellata (II, n. 396/2015), ha accolto il ricorso, ritenendo che l’art. 23, comma 3, del Reg. P.U. sia illegittimo, in mancanza del necessario presupposto costituito dagli adempimenti previsti, a livello dell’Amministrazione centrale, dall’art. 7 del d.l. 158/2012, convertito in legge 189/2012, il cui rispetto è previsto dall’art. 6 della l.r. Emilia-Romagna 5/2013.
4. Il TAR (esaminando ed accogliendo, nel senso indicato, uno dei motivi del ricorso introduttivo, ed assorbendo gli altri) ha sottolineato la piena ragionevolezza della scelta del legislatore nazionale, in quanto finalizzata a pianificare ed omogeneizzare, con efficacia su tutto il territorio nazionale, l’introduzione di limiti distanziometrici aventi non già carattere urbanistico ma chiara natura di ordine pubblico.
5. E’ utile precisare fin d’ora che l’art. 7, comma 10, del d.l. 158/2012 (c.d. decreto Balduzzi), come modificato dalla legge di conversione n. 189/2012 (la cui epigrafe comprende “… misure di prevenzione per contrastare la ludopatia ...”), prevede che “ L'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e, a seguito della sua incorporazione, l'Agenzia delle dogane e dei monopoli, tenuto conto degli interessi pubblici di settore, sulla base di criteri, anche relativi alle distanze da istituti di istruzione primaria e secondaria, da strutture sanitarie e ospedaliere, da luoghi di culto, da centri socio-ricreativi e sportivi, definiti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, previa intesa sancita in sede di Conferenza unificata (…) provvede a pianificare forme di progressiva ricollocazione dei punti della rete fisica di raccolta del gioco praticato mediante gli apparecchi di cui all'articolo 110, comma 6, lettera a), del testo unico di cui al regio decreto n. 773 del 1931, e successive modificazioni, che risultano territorialmente prossimi ai predetti luoghi. Le pianificazioni operano relativamente alle concessioni di raccolta di gioco pubblico bandite successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e valgono, per ciascuna nuova concessione, in funzione della dislocazione territoriale degli istituti scolastici primari e secondari, delle strutture sanitarie ed ospedaliere, dei luoghi di culto esistenti alla data del relativo bando. (…)”.
6. E che, in analoga prospettiva, l’art. 6, comma 2, della l.r. Emilia Romagna 5/2013 (“ Norme per il contrasto, la prevenzione, la riduzione del rischio della dipendenza dal gioco d'azzardo patologico, nonché delle problematiche e delle patologie correlate ”), ha stabilito che “ Al fine di perseguire le finalità di cui all'articolo 1 della presente legge e gli obiettivi di cui all'articolo 2 della legge regionale 24 marzo 2000, n. 20 (Disciplina generale sulla tutela e l'uso del territorio), i Comuni possono dettare, nel rispetto delle pianificazioni di cui all'articolo 7, comma 10, del decreto legge n. 158 del 2012, convertito dalla legge n. 189 del 2012, previsioni urbanistico-territoriali in ordine alla localizzazione delle sale da gioco. ”.
7. Nell’appello, il Comune di Bologna sostiene, essenzialmente, che:
(a) – l’art. 7, comma 10, del d.l. 158/2012, ha ad oggetto la tutela della salute (sotto forma di prevenzione delle ludopatie) e non l’ordine pubblico, quindi rientra nella potestà legislativa di cui all’art. 117, terzo comma, Cost.; l’art. 6 della l.r. Emilia Romagna 5/2013 consente ai Comuni di dettare criteri per la localizzazione delle sale gioco; non essendo stati ancora definiti il decreto interministeriale e le conseguenti pianificazioni statale; esiste dunque il potere comunale di disciplinare la materia, tanto più che l’art. 7 prevede la rilocalizzazione dei punti della rete di raccolta, così presupponendo la legittimità delle pianificazioni locali previgenti;
(b) – il TAR ha superato i limiti della giurisdizione, allorché, ritenendo necessaria una disciplina uniforme dei limiti di distanza su tutto il territorio nazionale, ha escluso attualmente il potere degli enti locali in materia, da ritenersi viceversa compreso nelle funzioni di pianificazione e governo del territorio loro attribuite.
Il Comune ripropone anche le eccezioni e difese (relative alle censure dedotte da controparte e) non esaminate dal TAR.
8. Si è costituita in giudizio la Questura di Bologna, chiedendo l’accoglimento dell’appello.
9. Si è parimenti costituita in giudizio la società appellata, controdeducendo puntualmente ai motivi di appello e riproponendo, ex art. 101, comma 2, cod. proc. amm., le censure non esaminate in primo grado.
9.1. Nel difendere le argomentazioni svolte dal TAR sulla necessaria pregiudizialità degli adempimenti previsti dalla normativa statale, l’appellata ribadisce che le disposizioni “urbanistico-territoriali” previste dalla norma regionale non possono essere contenute in un regolamento di polizia urbana, espressione non della potestà urbanistica, bensì di quella in materia di incolumità pubblica e decoro urbano (tant’è vero, che il Comune di Bologna, con delibera di C.C. del 20 aprile 2015, ha poi introdotto identica norma nell’art. 32, comma 6, del nuovo regolamento edilizio urbano).
9.2. L’art. 23, comma 3, cit., non può operare che per l’avvenire e con riferimento alle sale scommesse di nuova apertura, con esclusione delle autorizzazioni esistenti (e dei relativi trasferimenti), pena la violazione del principio di irretroattività degli atti amministrativi; è discriminatorio applicare la distanza minima a casi, come quello in esame, di autorizzazione al trasferimento da un sito precluso, in quanto non rispetta la distanza minima, ad un altro sito precluso.
9.3. Posto che la distanza tra i vecchi e nuovi locali è di circa 200 metri, e che la nuova sede, rispetto alla vecchia, ha dai medesimi siti sensibili circa le medesime distanze (insufficienti, rispetto a quella minima prescritta dall’art. 23, comma 3), è evidente che il trasferimento non arreca alcun pregiudizio aggiuntivo ed ulteriore ai frequentatori di detti luoghi sensibili, e quindi il diniego si risolve in una ingiustificata compromissione della libertà di iniziativa economica, in contrasto con il canone del buon andamento di cui all’art. 97 Cost. e con i criteri di economicità ed efficacia, di cui all’art. 1 della legge 241/1990.
9.4. Nell’ipotesi in cui si ritenga applicabile anche alle sale esistenti, l’art. 23, comma 3, è illegittimo per la mancanza di una disciplina transitoria, che tenga conto delle iniziative imprenditoriali già avviate, secondo il principio della “progressiva riallocazione” delle sale, nell’ottica del contemperamento dei contrapposti interessi, sancito dall’art. 7, comma 10, del d.l. 158/2012; a tal fine, va tenuto conto che il procedimento di autorizzazione al trasferimento è stato complesso ed è iniziato prima dell’entrata in vigore della modifica regolamentare (in data 8 agosto 2013, mediante la c.i.la. per i nuovi locali, cui ha fatto seguito in data 8 gennaio 2014 l’autorizzazione dell’Agenzia dogane e monopoli, cosìcché solo in data 10 gennaio 2014 è stato possibile presentare l’istanza per l’autorizzazione ex art. 88 TULPS).
9.5. L’individuazione della distanza minima di 1.000 metri e dei luoghi c.d. sensibili sono irragionevoli, e comunque