Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2014-12-29, n. 201406410
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N. 06410/2014REG.PROV.COLL.
N. 05122/2004 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5122 del 2004, proposto da C M, C M A e S T, rappresentati e difesi dagli avvocati A C e G D L, con domicilio eletto presso l’avvocato S N in Roma, via Zara, n. 16;
contro
il Comune di Sant'Angelo dei Lombardi, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato D P, con domicilio eletto presso l’avvocato N P in Roma, via Ennio Quirino Visconti, n. 20;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – Sede staccata di Salerno, Sezione I n. 28/2004, resa tra le parti, concernente acquisizione gratuita al patrimonio comunale di immobili nell’ambito della normativa di cui al d. lgs. n. 76 del 1990.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Sant’Angelo dei Lombardi;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 ottobre 2014 il Consigliere Doris Durante;
Uditi per le parti l’avvocato Raffaele Izzo su delega dell'avvocato A C e l’avvocato D P;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- L’immobile denominato “Casa Cecere” sito in Sant’Angelo dei Lombardi, nella provincia di Salerno, risalente al 1700, di proprietà di C M, C M A e S T, fu quasi completamente distrutto dal sisma del 23 novembre del 1980 che interessò la Campania, oltre alla Basilicata, Puglia e Calabria.
Il Ministro per i beni culturali nel decreto di imposizione del vincolo ex lege n. 1089 del 1939 sul suddetto immobile dava atto che l’immobile medesimo era stato raso al suolo e che l’unico elemento rimasto in piedi era l’originario arco di ingresso con le strutture murarie retrostanti.
1.2- Il Comune di Sant’Angelo dei Lombardi approvava ai sensi dell’articolo 28, comma 2 della legge 14 maggio 1981, n. 219 (recante le norme sugli interventi nei territori della Campania, Basilicata, Puglia e Calabria interessati dagli eventi sismici del novembre 1980) i piani esecutivi e di ricostruzione del territorio.
Il piano di recupero relativo all’immobile “Casa Cecere”, adottato con delibera del 16 agosto 1981 ed approvato con delibera di consiglio comunale n. 133 del 16 settembre 1981, destinò la particella ad attrezzature pubbliche e comprese il suddetto immobile tra quelli da demolire “ non ricostruibili in sito ”.
1.3- I proprietari dell’immobile “Casa Cecere”, che in data 27 marzo 1984 avevano presentato domanda per l’accesso ai contributi e provvidenze per la ricostruzione dell’immobile in altro sito ai sensi dell’articolo 9 della l. n. 219 del 1981, dopo la notifica del decreto ministeriale del 29 luglio 1988 che sottoponeva “Casa Cecere” a vincolo storico artistico e archeologico ai sensi della legge n. 1089 del 1939, al fine di usufruire della più favorevole normativa prevista per i beni soggetti a vincolo ex lege n. 1089 del 1939 dall’articolo 3 della legge n. 12 del 1988, poi confluita nell’articolo 13 della legge n. 76 del 1990, con atto di invito e diffida notificato al Comune nel mese di dicembre 1988 chiedevano che nel caso di esproprio dell’immobile fosse liquidato un indennizzo pari al valore dell’immobile medesimo.
L’ufficio tecnico del Comune con nota n. 5141 del 26 giugno 2000, dopo aver riconosciuto che “ per l’immobile di proprietà…denominato Casa Cecere, ricorre l’ipotesi di cui all’art. 13 del D.lgs. n. 76/1990, e preso atto della relazione della Soprintendenza ai B.A.A.A.S. …sentito informalmente il geometra…sul costo di stima del bene…” comunicava “ in via ufficiosa ” che la valutazione economica ammontava a circa 70 – 80 milioni e chiedeva una risposta positiva “ per poter avviare la procedura di cui al citato art.13 del d. lgs. n. 76/1990”, ma i ricorrenti non accettavano tale somma.
1.4- Il Comune di Sant’Angelo dei Lombardi procedeva nel frattempo alla ricostruzione dell’immobile “Casa Cecere” che destinava a sede della casa comunale e con decreto n. 38 del 2000 dava atto dell’acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’area di sedime del fabbricato “Casa Cecere” ai sensi del combinato disposto dei commi 3 e 7 dell’articolo 35 del d. lgs. 30 marzo 1990, n. 76.
2.- Con ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, sede staccata di Salerno, n. 4032 del 2000, integrato da motivi aggiunti, C M, C M A e S T chiedevano:
a) l’annullamento del provvedimento del Comune di Sant’Angelo dei Lombardi n. 38 del 2000, con il quale veniva disposta l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale ai sensi dei commi 3 e 7 dell’articolo 35 del d. lgs. 30 marzo 1990, n. 76 dell’immobile di loro proprietà denominato “Casa Cecere”, individuato in catasto al foglio 30, particella n. 255, sub 1, 2, 4 e di tutti gli atti presupposti, connessi o consequenziali finalizzati all’apprensione e alla trasformazione del suddetto immobile;
b) l’accertamento del diritto al ristoro dei danni subiti sia in relazione alla perdita dei diritti dominicali che in relazione alla mancata erogazione dei contributi per la ricostruzione;
c) in via subordinata, ove si fosse verificata la fattispecie c.d. dell’accessione invertita, la condanna dell’amministrazione comunale al risarcimento di tutti i relativi danni.
Il ricorso era affidato ai seguenti motivi:
a) sviamento;violazione dell’articolo 13 del d. lgs. 30 marzo 1990, n. 76 e falsa applicazione dell’articolo 35, commi 3 e 7 del d. lgs. n. 76 del 1990, perché trattandosi di immobile vincolato ricadeva nella previsione dell’articolo 13 e non in quella dell’articolo 35 del d. lgs. n. 76 del 1990;
b) violazione dei commi 3 e 7 dell’articolo 35, non essendo mai avvenuta la cessione gratuita dell’immobile al Comune e perché non sussisterebbero i presupposti per l’acquisizione gratuita prevista dalla suddetta norma, tra i quali l’impossibilità della ricostruzione in sito dell’edificio;
c) inesistenza della procedura ablatoria, mancando la fissazione dei termini di cui all’articolo 13 della l. n. 2359 del 1865 di perfezionamento dell’esproprio;
d) violazione della destinazione “attrezzature pubbliche” impressa dal piano di recupero all’immobile, avendo il Comune ricostruito l’immobile “Casa Cecere” ed avendolo destinato alla sede della casa comunale, dando luogo ad una vera e propria occupazione usurpativa, perché in contrasto con la dichiarazione di pubblica utilità implicita nell’approvazione del piano di recupero adottato con delibera del 16 agosto 1981 che destinava la particella ad attrezzature pubbliche;
e) carenza del potere espropriativo;violazione dell’articolo 1 della legge n. 1 del 1978;violazione dell’articolo 13 della legge n. 2359 del 1865;violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990;eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, irragionevolezza assoluta, arbitrarietà e ingiustizia manifesta.
3.- Il Comune di Sant’Angelo dei Lombardi si costituiva in giudizio, chiedendo il rigetto del ricorso, assumendo la piena legittimità del proprio operato, in quanto:
a) l’immobile “ Casa Cecere” era stata completamente distrutto dal sisma del 23 novembre 1980 e che l’unico elemento architettonico rimasto in piedi era l’originario arco di ingresso con le strutture murarie retrostanti;
b) i ricorrenti non si erano mai opposti alla destinazione impressa all’immobile dal piano di recupero del 1981 ad “attrezzature pubbliche”, nella cui categoria sono ricomprese biblioteche comunali, case per convegni, mostre, musei e uffici, quindi anche la sede della casa comunale;
c) i ricorrenti, avevano chiesto la ricostruzione in altro sito ed erano stati inseriti nell’elenco dei beneficiari aventi diritto alla ricostruzione fuori sito con delibere di giunta municipale n. 561 del 16 giugno 1988 e n. 3923 del 21 aprile 1988 e tale scelta non era revocabile;
d) non sussisterebbe più alcun titolo per il pagamento del valore dell’immobile, in quanto con delibera di giunta comunale n. 5610 del 1996, sarebbero stati assegnati ai ricorrenti altri lotti;
e) qualunque diritto di natura risarcitoria, in relazione all’acquisizione dell’immobile, ove mai sussistente, sarebbe prescritto per decorso del termine di cinque anni dalla ultimazione dei lavori di realizzazione della casa comunale.
4.- Il TAR della Campania, sede staccata di Salerno, con la sentenza n. 28 del 20 gennaio 2004, dopo aver acquisito a mezzo ordinanza istruttoria gli atti relativi all’immobile “Casa Cecere” adottati dal Comune e gli atti posti in essere dai comproprietari con riferimento ai contributi per la ricostruzione ex l. n. 219 del 198, nonché dettagliata relazione della Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali e relazione dell’UTE di Avellino sul valore dei cespiti, respingeva il ricorso con compensazione delle spese di giudizio.
Ad avviso del TAR, essendo l’immobile distrutto non poteva farsi applicazione della disciplina dettata dall’articolo 13 del d. lgs. n. 76 del 1990 relativo agli immobili suscettibili di riparazione;la procedura ablativa era stata avviata nel rispetto della normativa di settore e sorretta dalla dichiarazione di pubblica utilità implicita nell’approvazione del piano di recupero;eventuali illegittimità della procedura ablatoria avrebbero al più rilevato quale occupazione appropriativa, con prescrizione dell’azione risarcitoria per decorso del termine quinquennale dalla conclusione dei lavori.
5.- Con atto di appello notificato il 14 aprile 2004, C M, C M A e S T hanno impugnato la suddetta sentenza n. 28 del 2004 del TAR, assumendone l’erroneità perché fondata su una ricostruzione in fatto e diritto illogica e non corretta, riproponendo in veste critica i motivi dedotti in primo grado e un’ulteriore censura di violazione dell’articolo 43 del d.p.r. n. 327 del 2001.
Si è costituito in giudizio il Comune di Sant’Angelo dei Lombardi che ha chiesto il rigetto dell’appello.
Le parti hanno depositato memorie difensive e alla pubblica udienza del 14 ottobre 2014, il giudizio è stato trattenuto in decisione.
6.- L’appello è infondato e va respinto.
7.- Una prima questione da esaminare riguarda la disciplina applicabile alla fattispecie in esame.
7.1- Ad avviso degli appellanti, la fattispecie ricadrebbe non già nella previsione dell’articolo 35 del d. lgs. 30 marzo 1990, n. 76, richiamato dal comune nel decreto di acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’area di sedime dell’immobile “Casa Cecere”, ma nella fattispecie di cui all’articolo 13 (“ interventi su immobili di interesse storico – artistico ”), in base al quale “ Per la riparazione degli immobili di proprietà privata…oltre al contributo di cui all’articolo 11, comma 2, lettera c), è assegnato sulla residua spesa un contributo pluriennale costante dell’8% per la durata del mutuo a tal fine contratto per un massimo di 20 anni… ”.
7.2 - La prospettazione dei ricorrenti è priva di pregio, in quanto:
a) l’articolo 13 del d. lgs n. 76 del 1990 (già articolo 3, comma 3 del d.l. n. 474 del 1987, convertito con modificazioni nella legge n. 12 del 1988) in base al quale “ I comuni possono acquisire con il consenso dei proprietari …gli immobili vincolati…nonché gli immobili per i quali sia stata avviata ..la procedura di apposizione del vincolo, e comunque compresi nei piani di recupero, per la destinazione dei medesimi a finalità di pubblico interesse..” riguarda l’ipotesi in cui l’immobile soggetto a vincolo sia suscettibile di “lavori di riparazione ” e non già quella in questione di immobile che era stato completamento distrutto a causa dell’evento sismico (l’immobile “Casa Cecere” era infatti stato completamente distrutto dal sisma del 1980 e l’unico elemento architettonico e strutturale rimasto in piedi era l’originario arco di ingresso con le strutture murarie retrostanti. La circostanza è incontestata e se ne dà atto anche nel decreto ministeriale di apposizione del vincolo e nella relazione della Soprintendenza depositata nel giudizio di primo grado in cui si precisa che l’edificio era crollato quasi per intero con il terremoto del 23 novembre 1980 e che l’intervento massiccio delle ruspe aveva prodotto ulteriori danni al fabbricato, del quale era rimasto solamente il vano voltato con resti della scala di accesso al piano superiore retrostante all’ingresso, caratterizzato da un arco e da un portale in conci in pietra squadrata che riportava decorazioni);
b) la disposizione riportata nell’articolo 13 del t.u. n. 76 del 1990 è stata introdotta nell’ordinamento giuridico dall’articolo 3, comma 3 del d.l. n. 474 del 1987, convertito con modificazioni nella legge n. 12 del 1988, allorché si era già verificata la fattispecie acquisitiva della proprietà da parte del Comune, atteso che:
b1) in base alla normativa vigente ratione temporis (legge n. 219 del 1981) i ricorrenti con domanda del 27 marzo 1984 avevano chiesto, ai sensi dell’articolo 9 della l. n. 219 del 1981, l’assegnazione di altra area in conformità a quanto disposto dai piani di zona, così rinunciando alla ricostruzione in sito e di conseguenza ai contributi per la ricostruzione;
b.2) l’articolo 9, comma 7 della legge n. 219 del 1981, confluita nei commi 8 e 9 dell’articolo 10 del d. lgs. n. 76 del 1990 (Contributi e finanziamenti per la ricostruzione) prevedeva che “ E’ in facoltà dei soggetti beneficiari dei contributi ..nonché degli aventi diritto alla ricostruzione fuori sito procedere all’acquisto degli alloggi nell’ambito del territorio comunale in luogo della ricostruzione…Le aree di sedime degli edifici di proprietà del beneficiario sono acquisite gratuitamente al patrimonio del comune ” e il comma 9 stabiliva che “ Il comune subentra nei diritti degli aventi titolo ai contributi..ove gli interessati vi abbiano rinunciato delegando al Comune la eventuale ricostruzione. .” ;
b.3) avendo i ricorrenti optato per la ricostruzione in altro sito con la domanda del 1984 si era verificata l’acquisizione ope legis a titolo gratuito dell’immobile da parte del Comune per finalità di pubblico interesse, restando solo il diritto dei proprietari all’assegnazione di altro lotto per la ricostruzione.
7.3- Assumono i ricorrenti che dopo la notifica del decreto ministeriale del 29 luglio 1988 che sottoponeva “Casa Cecere” a vincolo storico artistico e archeologico ai sensi della legge n. 1089 del 1939, al fine di usufruire della più favorevole normativa dettata per i beni soggetti a vincolo ex l. n. 1089 del 1939 dall’articolo 3 della legge n. 12 del 1988, poi confluita nell’articolo 13 della legge n. 76 del 1990, con atto di invito e diffida notificato al Comune nel mese di dicembre 1988 chiedevano che nel caso di esproprio dell’immobile fosse liquidato un indennizzo pari al valore dell’immobile stesso;
che al tempo non si era perfezionata la procedura espropriativa, non essendo stati ancora assegnati i lotti per la ricostruzione in base alla domanda da essi presentata nel 1984, sicché ben potevano fruire della più favorevole disposizione di cui all’articolo 13.
Anche tale prospettazione non è condivisibile, atteso che:
a) l’articolo 13 – come già detto - si riferisce all’ipotesi che l’immobile vincolato sia suscettibile di interventi di riparazione, trattandosi di norma tesa a salvare il patrimonio artistico storico culturale danneggiato da eventi sismici e non già ad immobili quasi completamente distrutti e non suscettibili di opere di riparazione;
b) l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale si era già perfezionata, avendo i ricorrenti presentato istanza di delocalizzazione che non è ritrattabile e comporta ex lege l’abbandono dell’immobile danneggiato e l’acquisizione gratuita al patrimonio del Comune;
c) comunque, anche in base all’articolo 13, comma 3, del d. lgs. n. 76 del 1990, la cessione al comune degli immobili vincolati o per i quali sia stata avviata la procedura di apposizione del vincolo, compresi nei piani di recupero, si perfeziona e l’immobile è acquisito dal Comune a titolo gratuito per la destinazione a finalità pubbliche, quand’anche non vi sia accordo sul corrispettivo spettante sulla base della stima operata dall’ufficio tecnico erariale.
In sostanza in base alla disciplina speciale dettata per gli interventi ricostruttivi nei territori terremotati, l’acquisizione gratuita al patrimonio del Comune ricorre ogni qual volta il proprietario del bene distrutto non intenda procedere o non possa procedere alla ricostruzione in sito e la volontà sia manifestata con la domanda di delocalizzazione dell’intervento costruttivo.
Quanto ai contributi per la ricostruzione prevista dall’articolo 13, in caso di cessione dell’immobile, spettano all’ente in cui favore è avvenuta la cessione.
Quanto all’indennizzo esso è assorbito dall’assegnazione di altri lotti, ove vi sia istanza di delocalizzazione.
7.4- Assumono i ricorrenti che la domanda di assegnazione di altri lotti era basata sull’erroneo presupposto che l’immobile non fosse ricostruibile in sito, mentre tale circostanza sarebbe stata smentita dal fatto che il Comune di Sant’Angelo dei Lombardi avrebbe ricostruito l’immobile, destinandolo alla sede della casa comunale.
L’assunto è infondato, atteso che:
a) il Comune di Sant’Angelo dei Lombardi, subito dopo il sisma, ai sensi dell’articolo 28, comma 2 della legge 14 maggio 1981, n. 219 che obbligava i comuni ad approvare piani esecutivi e di ricostruzione, aveva adottato con delibera del 16 agosto 1981 ed approvato con delibera di consiglio comunale n. 133 del 16 settembre 1981, il piano di recupero che destinava la particella interessata dall’immobile “Casa Cecere” ad attrezzature pubbliche e comprendeva il suddetto immobile tra quelli da demolire “non ricostruibili in sito”;
b) i ricorrenti non hanno impugnato il piano di recupero e, avendo presentato domanda per l’assegnazione di altro sito, hanno mostrato acquiescenza alla previsione del piano di recupero;
c) la destinazione della particella ad attrezzature pubbliche non implica che non fosse consentita l’edificazione ma solo che gli eventuali interventi edilizi fossero compatibili con la destinazione impressa dal piano di recupero;
d) la utilizzazione del sito per la costruzione della casa comunale è compatibile con la destinazione di piano ad “attrezzature pubbliche”.
Ne consegue la corretta applicazione del comma 7 dell’articolo 35 in base al quale “ Le aree di sedime degli edifici non ricostruibili in sito, ad eccezione di quelle delle zone agricole, in tutte le ipotesi previste nel presente testo unico, sono acquisite gratuitamente al patrimonio comunale ”.
7.5- Non è condivisibile la prospettazione dei ricorrenti secondo cui l’applicazione dell’articolo 35 sarebbe per essi penalizzante.
Tale norma non comprime le facoltà del privato che sono attribuite da altre norme (articoli 10 e 11 del d. lgs. n. 76 del 1990), riguardando invece gli oneri a carico dei comuni, cui compete la gestione e cessione delle aree e degli immobili acquisiti al patrimonio comunale (l’art. 35 compreso nel titolo IV del d. lgs. n. 76 del 1990 “Norme particolari per le zone disastrate e quelle gravemente danneggiate” riguarda per l’appunto la gestione e cessione delle aree e degli immobili acquisiti al patrimonio comunale).
In sostanza l’asserito diritto dominicale dei ricorrenti non è compromesso dall’applicazione dell’articolo 35 del d. lgs n. 76 del 1990 (richiamato nel decreto di acquisizione gratuita dell’immobile “Casa Cecere” ) atteso che l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale del bene danneggiato dal sisma, costituisce una regola in tutti i casi in cui il proprietario dell’immobile danneggiato non intenda ricostruirlo e abbia delegato il Comune ai sensi dell’articolo 9 della l. n. 219 del 1981, chiedendo l’assegnazione di altra area.
7.6- Il Testo Unico delle leggi per gli interventi nei territori della Campania, Basilicata, Puglia e Calabria colpiti dagli eventi sismici del novembre 1980, del febbraio 1981 e del marzo 1982, al capo II “ Ricostruzione e riparazione dell'edilizia residenziale e delle opere pubbliche ” stabilisce le modalità per la riparazione e i contributi spettanti per tali interventi.
L’articolo 9, comma 7 della legge n. 219 del 1981, confluita nei commi 8 e 9 dell’articolo 10 del d. lgs. n. 76 del 1990 (Contributi e finanziamenti per la ricostruzione) prevede che “ E’ in facoltà dei soggetti beneficiari dei contributi ..nonché degli aventi diritto alla ricostruzione fuori sito procedere all’acquisto degli alloggi nell’ambito del territorio comunale in luogo della ricostruzione…Le aree di sedime degli edifici di proprietà del beneficiario sono acquisite gratuitamente al patrimonio del comune”
Il comma 9 stabilisce che “Il comune subentra nei diritti degli aventi titolo ai contributi..ove gli interessati vi abbiano rinunciato delegando al Comune la eventuale ricostruzione..” .
L’articolo 3 del d.lgs. n. 76 del 1990, riproduttivo dell’articolo 8, comma 4, del d.l. n. 19 del 1984, convertito con modificazioni con legge n. 80/1984, prevede poi che “ L'autorizzazione comunale a trasferire il contributo nell'ambito del territorio comunale è subordinata alla cessione gratuita al comune delle unità non riparate o non ricostruite ”.
8.- Una seconda questione da esaminare riguarda l’asserita illegittimità della procedura espropriativa in base alla quale sarebbe stato acquisito l’immobile “Casa Cecere”.
8.1- L’infondatezza delle censure dedotte dagli appellanti riviene dalla disciplina speciale che – come già detto – prevede l’acquisizione a titolo gratuito degli immobili danneggiati ove siano compresi nei piani di recupero e siano destinati a finalità di pubblico interesse e il proprietario abbia manifestato l’interesse alla delocalizzazione.
8.2- Sta di fatto che il Comune di Sant’Angelo dei Lombardi aveva approvato il piano di recupero nel 1981 in cui rientrava l’immobile “Casa Cecere” ed il piano di recupero, in quanto piano urbanistico particolareggiato, in base alla legge urbanistica ha validità decennale e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza e indifferibilità degli interventi in esso previsti.
Siffatta valenza giuridica è ribadita dall’articolo 34, comma 17 del t.u. n. 76 del 1990 per i piani di recupero approvati ai fini della ricostruzione dei territori interessati dagli eventi sismici.
La ricomprensione dell’immobile nel piano di recupero comporta che i termini per l’acquisizione di cui all’articolo 13 della l. n. 2359 del 1865 vanno unitariamente considerati coincidenti con il termine di validità del piano di recupero equivalente alla dichiarazione di pubblica utilità degli interventi previsti e, quindi di dieci anni dall’approvazione.
8.3- In tale contesto normativo, non ha fondamento alcuno l’asserita carenza di potestà espropriativa in testa al comune, per mancata approvazione di un progetto definitivo prima dell’immissione in possesso mediante decreto di occupazione d’urgenza, atteso l’effetto devolutivo della domanda di delocalizzazione e l’acquisizione ope legis della proprietà abbandonata.
Comunque, ad ogni buon conto, va dato atto della pretestuosità delle censure, atteso che il comune con delibera di consiglio comunale n. 74 del 1989, aveva approvato il progetto definitivo della casa comunale e aggiudicato i lavori, avendo utilizzato il sistema dell’appalto concorso e che l’opera è stata completata nel 1991, quindi in vigenza della dichiarazione di pubblica utilità.
8.4- Ne consegue che eventuali vizi della procedura espropriativa al più configurerebbero un’ipotesi di occupazione appropriativa e non già usurpativa, diversamente da quanto assumono i ricorrenti, sicché il diritto al risarcimento danni avrebbe potuto essere fatto valere nel termine quinquennale dalla ultimazione dei lavori.
Correttamente, quindi, in sentenza si è ritenuta fondata l’eccezione di prescrizione sollevata dal Comune, atteso che il diritto al risarcimento danni è stato esercitato dai ricorrenti a distanza di quasi 10 anni dalla ultimazione dei lavori.
8.5- Va da sé che l’approvazione ex articolo 1, comma 5, della l. n. 1 del 1978 dell’opera da realizzare integra l’ipotesi della costruzione di opera pubblica in variante, più che sufficiente per l’intervento di costruzione della casa comunale che è compatibile con la destinazione del sito ad “attrezzature pubbliche”.
8.6 - Del tutto inconferente, oltre che inammissibile perché si tratta di censura dedotta per la prima volta in appello, è il richiamo all’articolo 43 del d.p.r. n. 327 del 2001 (t.u. sulle espropriazioni), atteso che l’articolo 43 si riferisce all’ipotesi che il bene sia utilizzato per scopi di interesse pubblico, in assenza del valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità.
Nel caso l’acquisizione del bene al patrimonio comunale si è perfezionata nell’ambito della disciplina speciale dettata dal t.u. n. 76 del 1990 e nel rispetto di tale disciplina, sicché non v’è acquisizione illegittima da sanare e parimenti non sussiste l’obbligo di risarcire i danni al privato, non ricorrendo la fattispecie dello spoglio illegittimo.
Comunque e ad ogni buon conto, gli appellanti sono stati indennizzati mediante la delocalizzazione del contributo ex l. n. 219 del 1981, essendo stati assegnatari, giusta delibera di giunta municipale n. 5610 del 1996 di tre lotti in luogo di quello interessato dal fabbricato “Casa Cecere” gravemente danneggiato dal sisma, sicché null’altro essi hanno a pretendere dal comune.
9.- Per le ragioni esposte, l’appello deve essere respinto.
La peculiarità della fattispecie consente di disporre la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.