Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2013-05-02, n. 201302390

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2013-05-02, n. 201302390
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201302390
Data del deposito : 2 maggio 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04533/2012 REG.RIC.

N. 02390/2013REG.PROV.COLL.

N. 04533/2012 REG.RIC.

N. 04772/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4533 del 2012, proposto da Costruzion.E. S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. M S M e M C C, con domicilio eletto presso la prima in Roma, via Antonio Gramsci 24;

contro

L G S e R S, rappresentate e difese dagli avv. C D V, M L e V L, con domicilio eletto presso C D V in Roma, via Merulana 234;
I P Spa;



sul ricorso numero di registro generale 4772 del 2012, proposto da Impresa Edile Stradale Artifoni Srl e Tecam Srl, rappresentate e difese dagli avv. Enzo Robaldo e Giovanni C. Sciacca, con domicilio eletto presso il secondo in Roma, via della Vite 7;

contro

Impresa L G S, rappresentata e difesa dagli avv. V L, M L e C D V, con domicilio eletto presso quest’ultima in Roma, via Merulana 234;
R S;

nei confronti di

I P Spa, Costruzione Srl, Giavazzi Costruzioni Srl;

per la riforma, entrambi i ricorsi in opposizione

della sentenza del Consiglio di Stato - Sez. V n. 2348/2012, concernente ottemperanza alla sentenza n. 4603/2008 della Sez. VI dello stesso Consiglio.

Visti i ricorsi di opposizione di terzo e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della L G S e della R S;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 marzo 2013 il Cons. Nicola Gaviano e uditi per le parti gli avvocati M S M, Gianluca Piccinni su delega dell'avv. C D V, ed Enzo Robaldo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1 La I P s.p.a. (di seguito, la IDRA), società ad integrale capitale pubblico locale, proprietaria delle reti, impianti e dotazioni per lo svolgimento del servizio idrico integrato nel territorio di 37 comuni dell'area milanese, esponeva, a suo tempo, di essere un’impresa qualificata per l'esecuzione di lavori per le categorie relative alla manutenzione ordinaria e straordinaria delle reti e degli impianti, e per il completamento degli stessi. Per l'esecuzione di tali lavori il suo statuto prevedeva l'esecuzione diretta o tramite controllate, quale la Idra s.p.a., dal capitale interamente posseduto da I P, soggetto anch'esso qualificato per i lavori delle tipologie menzionate.

I lavori indicati venivano finanziati per il 70% dall'A.T.O. (ambito territoriale ottimale) della Provincia di Milano: questo con erogazioni annuali la cui entità variabile non consentiva affidamenti separati mediante appalti oggetto di procedure autonome e specifiche.

Di conseguenza, secondo le valutazioni di IDRA, l'unitarietà funzionale dell'intero sistema infrastrutturale e la sua stretta connessione con l'erogazione del servizio idrico integrato rendevano necessario che l'intervento per manutenzioni, completamenti ed estensioni fosse effettuato dal medesimo operatore, almeno per un consistente arco temporale.

In ragione di tali peculiarità, la IDRA dava pertanto vita ad una procedura finalizzata alla creazione di una entità ad hoc secondo gli schemi del partenariato pubblico-privato e dell'accordo quadro.

Con bando pubblicato sulla G.U.C.E. il 4 marzo 2005 e sulla G.U.R.I. il 10 marzo 2005 veniva indetta una licitazione privata, con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa ai sensi dell'art. 21, secondo comma, legge n. 109 del 1994 (da individuarsi in base al prezzo offerto, al piano di gestione aziendale, all'ottimizzazione di ogni aspetto della gestione della società), per la “ realizzazione dei lavori di manutenzione straordinaria, potenziamento ed estensione delle infrastrutture di proprietà e/o comunque strumentali al servizio idrico integrato ”, e ciò “ mediante selezione di un soggetto imprenditore con il quale costituire una società a responsabilità limitata ”. Si specificava che tali lavori avrebbero avuto importo ciascuno inferiore a 3.000.000 euro, un costo complessivo annuale non superiore a 6.000.000 euro e massimo totale di 30.000.000 nel quinquennio.

La società istituenda, dal nome di Costruzione s.r.l. (di seguito, la COSTRUZIONE), avrebbe avuto durata di cinque anni, con la previsione della restituzione ai soci, all'atto dello scioglimento, della quota parte del capitale residuo versato.

2 Sennonché, le società Luigi Giudici s.p.a., Ronzoni s.r.l. e Costruzioni Cerri s.r.l. impugnavano il bando di gara, il disciplinare e la lettera di invito.

Nel frattempo, la Commissione giudicatrice procedeva alla valutazione delle offerte pervenute, individuando la migliore in quella dell'A.T.I. avente come capogruppo la Cooperativa Selciatori e Posatori. Il verbale della seduta veniva approvato dal consiglio di amministrazione di IDRA con deliberazione del 16 dicembre 2005, e con successiva deliberazione n. 80 del 2005 si approvava lo schema di statuto della nuova società. Infine, si procedeva alla costituzione della società COSTRUZIONE con le imprese aggiudicatarie.

3 Poco dopo, tuttavia, il T.A.R. per la Lombardia, con sentenza 10 ottobre 2007 n. 5849, accoglieva il ricorso proposto contro la gara indetta da IDRA, annullando gli atti impugnati.

Ciò sul presupposto che l'operazione realizzata si fosse posta in contrasto con il principio di tassatività e nominatività degli istituti e strumenti dell'ordinamento pubblico, anche di derivazione comunitaria.

Secondo il T.A.R. non poteva ammettersi che attraverso la società mista (figura non contemplata dall'art. 10 legge n. 109 del 2004 tra i soggetti ai quali era possibile l'affidamento diretto di lavori pubblici) potesse darsi corso all'esecuzione di opere per il cui affidamento era invece imposto l'espletamento di gare ad evidenza pubblica.

Né, secondo il T.A.R., avrebbe potuto trovare applicazione l' art. 113, comma 5 ter , d.lgs. n. 267 del 2000, poiché il modulo operativo di cui trattasi non era riconducibile all'istituto della concessione di costruzione (neppure nella forma del partenariato pubblico-privato di tipo istituzionalizzato) né a quello dell'appalto di lavori;
e neppure, infine, avrebbe potuto essere invocato il modello dell'accordo quadro, difettandone i caratteri e la struttura tipici (in particolare, la sottoscrizione di una convenzione di carattere normativo cui conformare i successivi rapporti contrattuali).

4 IDRA proponeva allora appello, contestando le proposizioni della sentenza di primo grado (che veniva impugnata anche dalle imprese che, riunite in ATI, erano risultate aggiudicatarie della gara).

La Sezione VI di questo Consiglio, con la sentenza n. 4603 del 2008, rigettate le eccezioni preliminari di inammissibilità del ricorso di primo grado, respingeva l'appello, modificando però la motivazione fornita dai primi giudici.

Tale Sezione, dopo aver ricordato, circa le condizioni da cui dipendeva la legittimità dell'affidamento diretto di un servizio pubblico ad una società mista, il parere della Sezione II n. 456 del 18 aprile 2007 e la sentenza dell'Adunanza Plenaria n. 1 del 3 marzo 2008, osservava, in particolare, quanto segue.

La illegittimità della procedura esperita da I P nel caso di specie, allora, non risiede, come ha ritenuto il T nella sentenza impugnata, nel "contrasto della forma di società delineata con il principio di nominatività e tassatività degli istituti e degli strumenti dell'ordinamento pubblico, anche di derivazione comunitaria ", che, invece, conosce da tempo tale modulo operativo, ma nella indeterminatezza dei compiti che la nuova società sarà chiamata ad assolvere, in definitiva nella mancata identificazione dei concreti compiti operativi collegati all'acquisto della qualità di socio. Come si è già accennato, infatti, gli atti di gara non identificano con sufficiente precisione le opere oggetto dell'appalto, limitandosi la stazione appaltante a indicare gli importi e i costi in termini di massima e a precisare che la società avrebbe dovuto realizzare "tutti quei lavori...che l'ATO della provincia di Milano deciderà di finanziare con i suoi piani annuali". La scelta del socio, ancorché selezionato con gara, non avviene dunque per finalità definite, ma solo al fine della costituzione di una società "generalista", alla quale affidare l'esecuzione di lavori non ancora identificati al momento della scelta stessa: tale circostanza rende di per sé illegittimo l'affidamento diretto dell'esecuzione dei lavori, secondo il modulo delineato con i contestati provvedimenti.

Sul piano sostanziale, può essere ancora aggiunto che la riscontrata illegittimità non riposa solamente su un motivo formale, ma trova corrispondenza sulla distorsione della concorrenza che concretamente ne deriva: è infatti evidente che la scelta di assumere l'incarico operativo per l'esecuzione di lavori indeterminati ma di rilevanti importi, e per la durata di un quinquennio, è di per sé discriminante in danno delle imprese di piccole dimensioni, che ben potrebbero, invece, concorrere per singoli lavori, di portata più limitata e ben precisata ”.

Sulla base di questa motivazione veniva dunque confermato l’annullamento degli atti della procedura svolta da IDRA.

5 Poco dopo la pronuncia d’appello avveniva, peraltro, che l'impresa Luigi Giudici s.p.a., una delle ricorrenti vittoriose, accertava mediante visure presso il Registro delle Imprese che la società COSTRUZIONE, da IDRA costituita con i titolari dell'aggiudicazione ormai annullata in giudizio (tanto nel primo quanto nel secondo grado), continuava a svolgere i lavori oggetto dell’appalto.

Secondo l'impresa, tale circostanza evidenziava un comportamento contrastante con l'obbligo di osservare il giudicato. Dopo una diffida all’esatta ottemperanza inoltrata il 23 aprile 2009 ma rimasta senza esito, l'impresa proponeva allora un ricorso per l'esecuzione del giudicato, chiedendo al Giudice di far cessare l'esecuzione del contratto stipulato in esito all’aggiudicazione ormai annullata, pena la nomina di un commissario ad acta , e di disporre l'estinzione della società COSTRUZIONE per impossibilità di conseguirne l'oggetto sociale.

IDRA resisteva alla domanda chiedendone il rigetto.

Le deduzioni difensive da essa svolte erano, in sintesi, le seguenti.

Il Consiglio di Stato non aveva ritenuto illegittimo l'affidamento a COSTRUZIONE della realizzazione dei lavori di manutenzione straordinaria, potenziamento ed estensione delle infrastrutture strumentali al servizio idrico integrato, bensì soltanto la procedura all’uopo seguita. Ciò a causa dell’indeterminatezza dei compiti affidati alla nuova società, precisamente per la mancata identificazione dei concreti compiti operativi collegati alla qualità di socio. Per conseguenza, la sentenza non avrebbe imposto la cessazione di ogni attività da parte di COSTRUZIONE e l'estinzione della medesima, ma unicamente la cessazione dell'affidamento diretto dell'esecuzione dei lavori ai soci privati disposto dai provvedimenti annullati.

Tanto premesso, l’intimata assumeva di avere puntualmente adempiuto tale obbligo.

Essa, infatti :

a) appena avuta conoscenza del dispositivo della decisione aveva acquistato dai soci privati le loro partecipazioni nel capitale sociale di COSTRUZIONE, che pertanto era divenuta società a r.l. con unico socio, appunto I P s.p.a.;

b) nel dicembre del 2009 aveva poi indetto una nuova procedura aperta, diretta alla selezione di un imprenditore privato cui vendere il 20% del capitale sociale di COSTRUZIONE e all'esecuzione dei lavori per cui è causa: e tanto era stato fatto in aderenza ai rilievi del Consiglio di Stato, vale a dire indicando, negli atti della nuova gara, “ i concreti compiti operativi collegati all'acquisto della qualità di socio ”, così identificando con precisione le opere oggetto dell'appalto;

c) infine, con atto del 23 giugno 2010 aveva trasferito agli imprenditori scelti con la nuova gara il 20% del capitale sociale di COSTRUZIONE.

Da ciò l’assunto di IDRA che il giudicato doveva ritenersi osservato.

6 Tali deduzioni difensive venivano però disattese.

Il giudizio di ottemperanza sfociava, infatti, nella decisione di questa Sezione 20 aprile 2012 n. 2348, con la quale il ricorso per l’esecuzione del giudicato veniva pienamente accolto sulla scorta della seguente motivazione.

2.1. Il Collegio non condivide la tesi di I P.

Sia in primo grado che in appello, sia pure con diversa motivazione, sono stati annullati gli atti che hanno condotto all'affidamento alla società Costruzion.e dei lavori di manutenzione straordinaria, potenziamento ed estensione delle infrastrutture di proprietà e/o comunque strumentali al servizio idrico integrato in 37 comuni dell'area milanese.

Tale annullamento ha comportato il travolgimento del contratto posto in essere ed era quindi preciso dovere di I P operare affinché non si proseguisse nell'esecuzione delle opere da parte della società affidataria.

E" stato documentato, invece, che la Costruzion.e ha continuato negli anni 2008 e 2009 nell'esecuzione dei lavori previsti dall'appalto appalto per la quale era stata illegittimamente costituita, realizzando ricavi per oltre 28.000,00 euro.

Tale condotta ha determinato l'evidente sottrazione al libero mercato delle relative utilità, così rendendo sostanzialmente inutile l'esito del giudizio amministrativo definitivamente concluso.

E" poi da aggiungere che l'intervento posto in essere da I P, acquistando dai soci privati le loro partecipazioni nel capitale sociale di Costruzion.e, la quale pertanto è divenuta società a r.l. con unico socio, appunto I P s.p.a., lungi dal costituire adempimento del giudicato, si è risolta nella conservazione alla stessa Costruzion.e della intera commessa, praticamente convertendo un affidamento illegittimo a società mista, in affidamento in house, in difetto delle circostanze che ne condizionano la legittimità.

Non occorre indagare se Costruzion.e, per effetto del giudicato, dovesse essere sciolta, assumendo esclusivamente rilievo, ai fini dell'ottemperanza, che cessasse l'attività alla stessa illegittimamente affidata, e ciò non è avvenuto.

2.2. Sotto un distinto profilo, non può condividersi la tesi della parte resistente secondo cui gli atti della gara bandita nel dicembre 2009 per l'acquisizione di nuovi soci privati, sarebbero conformi all'obbligo discendente dal giudicato.

L'effetto conformativo che scaturisce dalla sentenza ottemperanda, ossia il vincolo a non incorrere nella medesima illegittimità che è stata accertata, non può essere individuato con esclusivo riferimento ai passaggi conclusivi della motivazione, dovendo invece tenersi presente il più ampio complesso argomentativo esposto dal giudice del merito.

Nella specie risulta del tutto evidente che la decisione ottemperanda si fonda su valutazioni che discendono direttamente dal parere della seconda Sezione di questo Consiglio di Stato n. 456 del 18 aprile 2007 e dalla sentenza dell'Adunanza Plenaria n. 1 del 3 marzo 2008, atti esplicitamente citati, che hanno enunciato le condizioni alle quali è subordinata la legittimità dell'affidamento diretto di un servizio pubblico ad una società mista.

Nella sentenza n. 1 del 2008 dell'Adunanza Plenaria, in particolare, si leggono le seguenti proposizioni (punto 10 del "diritto"):

"In altri termini, secondo la sezione consultiva, la gestione del servizio può essere indifferentemente affidata con apposito contratto di appalto, o con lo strumento alternativo del contratto di società, costituendo apposita società a capitale misto. Nel caso del "socio di lavoro", "socio industriale" o "socio operativo" (come contrapposti al "socio finanziario"), si è affermato che l'attività che si ritiene "affidata" (senza gara) alla società mista sia, nella sostanza, da ritenere affidata (con gara) al partner privato scelto con una procedura di evidenza pubblica, la quale abbia a oggetto, al tempo stesso, anche l'attribuzione dei suoi compiti operativi e la qualità di socio.

2.3. La sentenza ottemperanda si uniforma ai principi sopra enunciati, come emerge dal paragrafo IV del "diritto", non adeguatamente considerato dalla odierna Società resistente, ove si legge:

"IV) Condizione perché possa essere ritenuto legittimo il ricorso alla scelta del socio, al fine della costituzione di una società che divenga affidataria dell'esecuzione dell'opera senza necessità di gara, è, secondo il predetto parere, che attraverso la procedura non si realizzi un affidamento diretto alla società mista, ma piuttosto un affidamento con procedura di evidenza pubblica dell'attività operativa della società mista al partner privato, tramite la stessa gara volta all'individuazione di quest'ultimo. Il modello, in altre parole, trae la propria legittimità dalla circostanza che la gara ad evidenza pubblica per la scelta del socio privato abbia ad oggetto, al tempo stesso, l'attribuzione dei compiti operativi e quella della qualità di socio.".

Deve allora ammettersi che la proposizione, su cui fa leva la parte resistente, per cui l'illegittimità della procedura è fatta consistere "nella mancata individuazione dei compiti concreti operativi collegati all'acquisto della qualità di socio", va intesa come espressione sintetica della proposizione che immediatamente la precede, secondo cui lo strumento societario è ammissibile se, mediante procedura ad evidenza pubblica, si individua un soggetto privato cui si conferiscono compiti operativi, ossia gli si conferisce la posizione di socio che partecipa alla gara per conseguire il titolo ad eseguire l'appalto.

In altri termini, come ritenuto dall'Adunanza Plenaria secondo il diritto comunitario, il criterio guida nella utilizzazione della società mista è quello della salvaguardia della libera concorrenza, che risulta garantita solo se il capitale pubblico interviene senza sottrarre all'imprenditoria privata le utilità che questa potrebbe trarre da un affidamento del medesimo appalto al di fuori dello schema societario, in esito al semplice esperimento della gara per la scelta del contraente.

Ne consegue che la conformità allo schema ora delineato impone che al socio privato sia affidata - non un qualunque compito operativo, purché precisamente determinato - bensì ogni attività necessaria all'esecuzione dell'appalto che sia suscettibile di rendere una utilità economica.

Appare allora evidente - in base agli atti di gara posti in essere nel dicembre 2009, ed in particolare dal Disciplinare sui rapporti societari (art. 3) - che I P, nell'ambito della società Costruzion.e, e quindi ai fini dell'esecuzione dell'appalto in questione, ha riservato a sé stessa rilevanti compiti operativi, quali l'amministrazione della società con locazione dei locali, la provvista del personale e i relativi beni strumentali;
la direzione dei lavori;
la redazione dei progetti esecutivi.

Tale modalità, ad avviso del Collegio, non corrisponde al modello di affidamento legittimo di opere pubbliche a società mista come sopra delineato, posto che la società appaltatrice a capitale pubblico non ha la facoltà di affidare direttamente alla propria controllata quote di attività nell'ambito dell'esecuzione di opere pubbliche, in violazione del principio di libera concorrenza.

Anche sotto questo profilo, pertanto, I P ha posto in essere una operazione elusiva del giudicato .”

7 E’ dunque sulla scorta della motivazione testé trascritta che questa Sezione, con la sentenza n. 2348/2012, accoglieva il ricorso per l’ottemperanza del giudicato, e per l’effetto:

- annullava gli atti, anche di natura contrattuale, adottati a seguito della sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 4603/2008;

- ordinava che a quest’ultima decisione venisse ottemperato mediante la pubblicazione del bando di una nuova gara, rettamente impostata;

- assegnava per l'adempimento il termine di giorni 30.

8 Avverso la sentenza n. 2348/2012 viene ora spiegata in questa sede opposizione di terzo, con due separati ma convergenti ricorsi: uno ad iniziativa delle due imprese che hanno vinto la seconda procedura indetta da IDRA, e a tale titolo con atto notarile in data 23 giugno 2010 hanno fatto ingresso quali nuovi soci in COSTRUZIONE;
l’altro ad iniziativa di quest’ultima società.

Tutte le opponenti lamentano che il ricorso in ottemperanza accolto mediante la sentenza opposta non fosse stato loro notificato, né il relativo contraddittorio, nei loro riguardi, in altro modo instaurato. Donde la loro posizione di soggetti controinteressati pretermessi, come tali legittimati a proporre opposizione di terzo.

Le opponenti domandano, quindi, l’annullamento della sentenza impugnata per violazione dell’art. 41, comma 2, C.P.A., sul rilievo che nel precedente giudizio di ottemperanza il contraddittorio avrebbe dovuto essere quantomeno integrato.

Quanto al merito di causa, le opponenti deducono che la seconda procedura indetta da IDRA, diversamente dalla prima, aveva ben specificato le prestazioni che sarebbero state affidate al socio privato. E, soprattutto, sottopongono a critica il criterio secondo il quale tutti i compiti operativi sarebbero dovuti indefettibilmente andare al medesimo socio, obiettando che l’assetto a base della seconda procedura doveva reputarsi rispettoso del vincolo scaturito dal precedente giudicato, per il fatto di non sottrarre indebitamente al mercato alcuna prestazione.

Resistono alle due opposizioni le originarie ricorrenti in ottemperanza, eccependo l’inammissibilità delle impugnative per difetto di legittimazione attiva delle avversarie e la loro tardività. Nel merito, le attuali parti opposte sostengono la tesi di fondo della nullità di tutti gli atti riconducibili ad IDRA e successivi alla sentenza di questo Consiglio n. 4603/2008, in quanto elusivi di tale pronuncia.

Le ragioni e tesi delle parti sono state riprese ed ulteriormente sviluppate con successivi scritti, anche di replica.

Con ordinanze del 29 agosto 2012 le domande cautelari proposte dalle opponenti sono state accolte, per essere stato reputato fondato, almeno prima facie , il motivo di violazione del principio del contraddittorio sollevato a carico della sentenza opposta, come pure l’assunto di fondo di parte opponente della conformità al precedente giudicato dell’assetto realizzato attraverso la seconda procedura di gara.

Alla pubblica udienza dell’8 marzo 2013 le due opposizioni sono state trattenute in decisione.

Osserva in via preliminare la Sezione che ai sensi dell’art. 96, comma 1, CPA occorre disporre la riunione delle opposizioni oggetto di giudizio, siccome proposte avverso la stessa sentenza.

Vanno poi subito prese in esame le eccezioni di inammissibilità che sono state sollevate avverso le presenti impugnative per difetto di legittimazione attiva e per tardività.

1 Quest’ultimo rilievo è manifestamente destituito di fondamento.

L’eccezione si basa sull’idea che le opposizioni avrebbero dovuto essere proposte già, a tempo debito, contro la precedente sentenza di questo Consiglio n. 4603/2008, premessa dalla quale viene fatta appunto derivare la loro tardività. In contrario è però agevole rilevare –e risulterà all’esito ancora più chiaro- come le opponenti non facciano valere in questa sede alcuna contestazione avverso la precedente pronuncia n. 4603, né tentino di eluderla, bensì muovano critiche solo contro la successiva n. 2348/2012 della Sezione, sentenza che, in quanto pubblicata in data 20 aprile 2012, dalle loro opposizioni è stata tempestivamente investita.

2 Disamina più diffusa richiede l’eccezione di difetto di legittimazione attiva delle opponenti.

2a L’eccezione poggia sul presupposto che le opponenti farebbero valere un interesse di mero fatto, e non una posizione giuridicamente protetta. Assunto che si ricollega, a sua volta, alla tesi che, a seguito della sentenza n. 4603/2008 di questo Consiglio che aveva annullato l’intera prima procedura di gara condotta da IDRA, il soggetto COSTRUZIONE, da tale procedura appositamente creato, avrebbe dovuto essere ritenuto per ciò stesso estinto (o almeno esser posto in liquidazione), in quanto il relativo contratto di società era stato dichiarato giudizialmente nullo o comunque reso inefficace.

Per la ragione indicata, dovendo COSTRUZIONE ritenersi a tutti gli effetti estinta, essa sarebbe carente di qualsivoglia legittimazione attiva.

L’interesse da essa fatto qui valere sarebbe un mero interesse di fatto teso alla conservazione di atti invalidi.

E la stessa condizione inficerebbe anche l’opposizione proposta dalle due aggiudicatarie della seconda gara, soggetti aventi causa nell’ambito di quello stesso veicolo societario.

2b Ora, la Sezione non può condividere l’assunto che a seguito della sentenza n. 4603/2008, che aveva annullato la prima procedura svolta da IDRA, il soggetto COSTRUZIONE avrebbe dovuto r

eputarsi per ciò stesso estinto.

Come si sta per vedere ( infra , ai parr. n. 5a e 5b), il precedente giudicato implicava certamente che la Stazione appaltante non potesse conservare in capo a COSTRUZIONE la commessa che a questa era stata affidata proprio attraverso la procedura annullata dal Giudice amministrativo.

Lo stesso giudicato nulla statuiva, però, sul fatto in sé della mera sopravvivenza, per il futuro, del soggetto “COSTRUZIONE”.

Tantomeno la sentenza n. 4603/2008 vietava ad IDRA, per il futuro, il ricorso allo schema di una società a capitale pubblico-privato, tale decisione attenendo semmai alle modalità con cui tanto sarebbe dovuto avvenire, qualora IDRA avesse inteso rinnovare la gara a ciò diretta.

E, soprattutto, il soggetto COSTRUZIONE, di per se stesso, una volta liquidati da IDRA i propri primi soci privati, non avrebbe potuto arrecare alcun nocumento alle ragioni delle attuali parti opposte, per il fatto di integrare ormai solo un mero strumento societario intrinsecamente neutrale a disposizione della Stazione appaltante, alla stregua di un guscio vuoto.

Da ciò la carenza delle condizioni per ipotizzare di poter ascrivere alla sentenza n. 4603/2008 un effetto caducante anche sul relativo contratto di società, esito che esorbitava dalle esigenze di tutela degli interessi dei ricorrenti risultati vittoriosi (d’altra parte, Cass. civ. sez. un., 20 maggio 2010, n. 12339, si è espressa nel senso che, quando la P.A. intenda dar vita ad una società mista a partecipazione pubblico-privata, l'accertata violazione delle regole da seguire nel procedimento di evidenza pubblica di scelta del socio privato non è tale da incidere sull'esistenza giuridica della società ormai iscritta nel registro delle imprese;
e le stesse SS.UU., con la sentenza 29 ottobre 1999, n. 754, hanno affermato che quando il Giudice amministrativo annulla la deliberazione con la quale una P.A. locale ha individuato, senza procedura di gara, il socio di minoranza per costituire una società mista avente lo scopo di erogare un pubblico servizio, non pronuncia anche l'annullamento del contratto societario).

Questa Sezione, già in occasione della sentenza in epigrafe ha avuto del resto modo di osservare (paragr. 2.1) che ai fini dell'ottemperanza al giudicato di cui si tratta assumeva esclusivamente rilievo il punto che COSTRUZIONE cessasse l'attività ad essa illegittimamente affidata, mentre “ Non occorre(va) indagare se Costruzione, per effetto del giudicato, dovesse essere sciolta ”. Tanto sull’evidente presupposto che la mera esistenza in vita di COSTRUZIONE quale “guscio vuoto” non ledesse gli interessi dei ricorrenti a suo tempo vittoriosi.

E le parti opposte, pur allegando la necessità che la seconda procedura di IDRA desse vita ad un veicolo societario del tutto nuovo, non hanno fornito alcuna autentica ragione sostanziale atta a precludere l’utilizzo, allo stesso scopo, del veicolo societario poco prima già costituito per una bisogna simile.

Per quanto precede, risultando il soggetto COSTRUZIONE nient’affatto estinto, ma tuttora esistente e attivo, anche questa eccezione si presenta infondata.

2c Altrettanto infondato è il tentativo delle attuali parti opposte, logicamente subordinato, di far discendere l’eccepito difetto di legittimazione attiva delle opponenti dalla circostanza che di COSTRUZIONE si fosse comunque integrata una causa di scioglimento, che esigeva di porre tale società in liquidazione.

Viene ricordato, invero, che, ai sensi dell’art. 2484, comma 1, cod. civ., tra le cause di scioglimento delle società rientra la sopravvenuta impossibilità di conseguire l’oggetto sociale: e si deduce che nella specie l’annullamento disposto con la sentenza n. 4603 del 2008 aveva determinato proprio un’evenienza simile, in quanto tale decisione aveva comportato l’impossibilità di realizzare i lavori con le modalità previste dalla lex specialis per i cui scopi COSTRUZIONE era stata costituita.

In senso contrario va osservato, però, che il fatto che l’affidamento operato in forza della prima gara in favore di COSTRUZIONE dovesse venir meno non integrava di per sé un’impossibilità di conseguire il suo specifico oggetto sociale (diversamente che nella specie decisa da Cass. civ. sez. un., 20 maggio 2010, n. 12339).

Quest’ultimo, infatti, non era inscindibilmente legato alle particolari modalità proprie della lex specialis annullata, ma atteneva, con formula ampia, alla realizzazione, per conto di I P s.p.a. (e sulla scorta di specifiche convenzioni da stipulare con quest’ultima), degli interventi funzionali al servizio idrico integrato, attraverso la loro diretta esecuzione da parte della società, ovvero dei soci, oppure l’affidamento di appalti a soggetti scelti con procedura concorsuale.

Sicché l’esistenza di una sopravvenuta impossibilità di conseguire l’oggetto sociale era esclusa per almeno due ragioni. In primis , l’annullamento che aveva investito la prima procedura non toglieva che la Stazione appaltante anche dopo la sentenza n. 4603/2008 conservasse intatta, come hanno riconosciuto le stesse imprese attuali opposte, la facoltà di porre in essere una procedura ad evidenza pubblica integralmente rinnovata in aderenza alle statuizioni recate da tale pronuncia. In secundis , la società per il perseguimento del proprio oggetto continuava potenzialmente a disporre, rispetto ad eventuali nuovi affidamenti, delle alternative operative (in particolare, quella dell’affidamento di appalti ad imprese terze) contemplate dalla stessa lata clausola statutaria identificativa dell’oggetto sociale.

3 Una volta superate le eccezioni sollevate contro le presenti opposizioni è agevole constatare che le medesime sono, oltre che pienamente ammissibili, anche fondate.

3a Già prima della soppressione dall’art. 108 C.P.A. dell’inciso “ titolare di una posizione autonoma e incompatibile ”, intervenuta con il d.lgs. n. 195/2011 con l’effetto di ampliare la platea dei soggetti legittimati all’opposizione di terzo, questa Sezione ha avuto modo di puntualizzare che la legittimazione a proporre tale opposizione andava riconosciuta al soggetto titolare di una posizione pregiudicata dalla decisione, ossia incompatibile con la statuizione giurisdizionale, precisando che tale incompatibilità non doveva essere riferita solo a colui il quale aspirava al medesimo bene conseguito dal ricorrente vittorioso, ma, in senso più lato, anche a colui che intendeva difendere un bene della vita inciso negativamente, nella sua integrità o nel suo valore, dalla sentenza opposta (C.d.S., V, 28 settembre 2011 n. 5391).

3b In coerenza con questa impostazione, corroborata dalla recente modifica legislativa, non può negarsi che le attuali opponenti possiedano tutte la suddetta legittimazione. Esse rivestono, infatti, rispetto al precedente giudizio di ottemperanza sfociato nella sentenza n. 2348/2012, la posizione di controinteressati ingiustificatamente pretermessi.

Giova partire dalla disamina della condizione di COSTRUZIONE.

Si è appena visto che la precedente sentenza n. 4603/2008 non aveva determinato, né imponeva, l’estinzione di tale soggetto societario, che quindi anche dopo tale pronuncia seguitava ad esistere ed operare.

Va ora posta attenzione sulla natura ed incidenza delle domande che le attuali parti opposte avevano introdotto con il loro ricorso in ottemperanza, e che hanno trovato in gran parte accoglimento con la sentenza in epigrafe.

La decisione richiesta al Giudice dell’ottemperanza, in primo luogo, pregiudicava la possibilità per COSTRUZIONE di proseguire nell’esecuzione, in favore di IDRA, dei lavori che questa le aveva affidato attraverso la seconda procedura (lavori da eseguire, in concreto, ad opera dei soci privati operativi), gara dei cui atti veniva appunto chiesta la caducazione. La pronuncia n. 2348/2012 emessa dalla Sezione riferiva infatti l’annullamento da essa disposto, non guasta ricordarlo, agli atti “ anche di natura contrattuale, adottati a seguito della sentenza ” n. 4603/2008.

Soprattutto, però, le domande proposte con il ricorso in ottemperanza erano dirette ad incidere sia sulla composizione del capitale sociale di COSTRUZIONE, sia, a monte, sulla sua stessa esistenza ed operatività. Con il ricorso in ottemperanza, invero, si chiedeva al Giudice - tra l’altro- di accertare che COSTRUZIONE doveva essere sciolta, oltre che cessare ogni attività.

Da tutto ciò emerge dunque con chiarezza la posizione di litisconsorte necessario che dinanzi a simili domande tale società rivestiva. Tali domande chiamavano difatti in causa, come la sua difesa ha ben chiarito, la sua pretesa a “ mantenere in essere, in primo luogo, se stessa, e, in seconda battuta, quegli atti, anche di natura contrattuale, con i quali Costruzione è divenuta affidataria dei lavori individuati da I P con la suddetta gara pubblica del 2009 ” (memoria del 5 febbraio 2013, pag. 4).

Quanto alle altre due opponenti, va ricordato che le medesime, dopo la sentenza n. 4603/2008, avevano partecipato alla seconda procedura indetta da IDRA, risultandone vincitrici, e per conseguenza avevano acquisito l’intestazione, quali soci privati operativi, del 20 % del capitale sociale di COSTRUZIONE, ed acquistato il titolo a realizzare per IDRA i lavori indicati negli allegati di gara.

Orbene, la sentenza in epigrafe dispone l’annullamento della seconda procedura e degli atti ad essa conseguenti, ivi incluso quello di acquisto da parte dei nuovi partner delle quote di COSTRUZIONE: e questo senza che le aggiudicatarie di tale procedura siano state poste in condizione di partecipare al relativo giudizio.

Il relativo ricorso in ottemperanza è stato proposto nel novembre del 2011, vale a dire ben più di un anno dopo l’acquisto da parte delle nuove aggiudicatarie delle quote di COSTRUZIONE. Tale ricorso è stato tuttavia notificato non già a loro, bensì ancora, e soltanto, ai diversi soggetti privati che avevano acquisito le quote della stessa società a seguito della prima gara, e che tali quote avevano dovuto poi dismettere già nell’anno 2008 (con ciò perdendo ogni effettivo interesse a resistere), dopo la sentenza n. 4603/2008. E ciò benché le ricorrenti in ottemperanza avessero certo contezza dell’effettuazione della nuova gara, della quale pure si erano doluti.

Né la legittimazione attiva delle nuove aggiudicatarie all’opposizione di terzo potrebbe essere negata in ragione del loro apparire quali semplici aventi causa di una delle parti.

La loro posizione di vantaggio, occorre subito rimarcarlo, è stata acquisita, radicandosi, ben prima della proposizione del ricorso in ottemperanza, il quale era direttamente rivolto, come si è visto, anche contro la loro posizione di aggiudicatarie della nuova gara e, di riflesso, nuove socie di COSTRUZIONE.

Va posto poi soprattutto in evidenza che le due opponenti in discorso non possono essere considerate quali semplici successori a titolo particolare nel rapporto controverso.

L’aspetto preminente della loro complessa posizione soggettiva non sta tanto nel loro essere nuove socie in COSTRUZIONE, quanto nel loro essere aggiudicatarie di una nuova gara.

Esse risultano infatti in primis titolari, in forza dell’aggiudicazione ottenuta all’esito della seconda gara, di una situazione giuridica nuova, conferita loro dall’Amministrazione attraverso la propria rinnovata azione successiva al giudicato. E l’azione avversaria di ottemperanza investe, e mette quindi in pericolo, innanzitutto la loro qualità soggettiva di aggiudicatarie della nuova gara e sostanziali affidatarie dei lavori, impattando solo indirettamente anche sulla loro posizione di socie.

Da qui l’autonoma e specifica legittimazione a contraddire anche di tali opponenti.

4 Per quanto precede, la decisione oggetto di opposizione deve ritenersi resa a contraddittorio non integro, in violazione dell’art. 41, comma 2, CPA.

Vero è che l’art. 114 C.P.A. stabilisce che per l’azione di ottemperanza è richiesta la notifica del relativo ricorso alle parti del precedente giudizio definito dalla sentenza da eseguire. La relativa regola assicura però così al contraddittorio in sede di ottemperanza solo un livello minimo. Essa quindi non esclude che, quando la particolarità delle domande rivolte in concreto al Giudice dell’ottemperanza faccia emergere delle ulteriori posizioni di controinteresse, a seguito delle nuove iniziative poste in essere medio tempore dall’Amministrazione coinvolgendo ulteriori soggetti, anche tali nuovi controinteressati debbano essere evocati nel giudizio di ottemperanza (tanto più quando le corrispondenti parti del giudizio precedente abbiano ormai perduto ogni interesse a resistere).

Il fatto che la sentenza in epigrafe sia stata resa a contraddittorio non integro comporta infine che la stessa debba essere caducata (cfr. la previsione dell’art. 105 C.P.A., che al caso che sia mancato il contraddittorio correla appunto l’annullamento della sentenza e la rimessione della causa al Giudice di primo grado).

5 Ai fini della fase rescissoria la Sezione deve a questo punto considerare i motivi sostanziali svolti mediante le opposizioni in trattazione.

In proposito si osserva quanto segue.

5a Con la sentenza in epigrafe il giudicato è stato ritenuto eluso sotto due profili, che vanno qui opportunamente ricordati.

5a1 Il primo profilo di elusione del giudicato si ricollega al fatto che, avendo la sentenza n. 4603/2008 travolto la prima procedura, era preciso dovere di IDRA non proseguire nell'esecuzione delle opere da parte della società affidataria, bensì far cessare l'attività operativa che alla medesima era stata illegittimamente affidata.

Per contro, negli anni 2008 e 2009 COSTRUZIONE aveva continuato nell'esecuzione dei lavori previsti dall'appalto illegittimamente conferito: cosa che aveva determinato l'evidente sottrazione al libero mercato delle relative utilità, rendendo così sostanzialmente inutile l'esito del giudizio amministrativo già concluso.

Né valeva addurre in contrario l’intervento di IDRA consistito nell’acquisto dai soci privati delle loro partecipazioni nel capitale di COSTRUZIONE, così divenuta, medio tempore , società con unico socio. Tale intervento a giudizio della Sezione si era risolto, invero, nella conservazione alla stessa COSTRUZIONE dell’intera commessa, praticamente convertendo un affidamento illegittimo ad una società mista in un affidamento in house conferito in difetto delle circostanze che ne condizionavano la legittimità.

5a2 Il secondo profilo di elusione del giudicato a suo tempo individuato è il seguente.

Nell’ambito della seconda procedura svolta IDRA aveva riservato a sé stessa rilevanti compiti operativi (quali l'amministrazione della società con locazione dei locali, la provvista del personale e i relativi beni strumentali;
la direzione dei lavori;
la redazione dei progetti esecutivi), laddove la salvaguardia della libera concorrenza esige, è stato detto, che nell’utilizzazione della società mista il capitale pubblico intervenga senza sottrarre all'imprenditoria privata le utilità che questa potrebbe trarre da un affidamento del medesimo appalto al di fuori dello schema societario, il che, sempre secondo la sentenza n. 2348/2012, comporterebbe che al socio privato debba essere affidata ogni attività necessaria all'esecuzione dell'appalto che sia suscettibile di rendere un’utilità economica.

5b Tanto premesso, il primo profilo di conflitto con il precedente giudicato si conferma effettivamente esistente.

La conservazione in capo a COSTRUZIONE della commessa ad essa affidata proprio mediante la procedura annullata dal Giudice amministrativo si pone, difatti, in contraddizione con il giudicato, posto che questo, avendo annullato l’intera procedura, vietava ad IDRA di proseguire nell'esecuzione delle opere da parte della società affidataria, ignorando il fatto oggettivo dell’annullamento che anche tale affidamento aveva investito. Condotta che ha cagionato la sottrazione al libero mercato delle relative occasioni, svuotando di senso ed utilità l'esito del giudizio appena concluso.

La contraddizione con il giudicato testé confermata è stata indubbiamente attenuata, ma non per questo eliminata, dall’uscita da COSTRUZIONE dei privati aggiudicatari. La Stazione appaltante, infatti, con il conservare comunque la commessa a COSTRUZIONE, si è astenuta dal dar corso all’effetto ripristinatorio dell’annullamento giurisdizionale con la pienezza richiesta per il necessario soddisfacimento degli interessi delle ricorrenti vittoriose.

Per questo primo profilo, pertanto, deve essere confermato il decisum della sentenza in epigrafe (dalle opponenti del resto non specificamente contestato), con riferimento a tutto il periodo di tempo che ha preceduto l’instaurazione del nuovo assetto societario di COSTRUZIONE a seguito della seconda gara.

5c Una conclusione opposta si impone, invece, per il secondo profilo critico rinvenuto dalla sentenza n. 2348/2012.

5d Si è visto in precedenza come la ragione a base dell’invalidazione operata dalla sentenza n. 4603/2008 si ricollegasse all’indeterminatezza dei compiti della nuova società, e segnatamente alla mancata identificazione dei concreti compiti operativi collegati all'acquisto della qualità di socio, in quanto gli atti di gara non identificavano con sufficiente precisione le opere oggetto della procedura.

Si è del pari visto che IDRA, nel difendere le proprie ragioni in seno al precedente giudizio di ottemperanza, aveva già illustrato come tale criticità fosse stata superata attraverso il nuovo iter da essa promosso nel dicembre del 2009, quando aveva indetto una nuova procedura, aperta, per la selezione di un imprenditore privato cui vendere il 20% del capitale sociale di COSTRUZIONE e far eseguire i lavori di cui è causa, ma tutto ciò era stato stavolta fatto, alla luce dei rilievi del Consiglio di Stato, con l’accorgimento di indicare negli atti di gara “ i concreti compiti operativi collegati all'acquisto della qualità di socio ” identificando “ con sufficiente precisione le opere oggetto dell'appalto ”.

Ora, la sentenza n. 2348/2012 ha già dato atto, sia pure solo implicitamente, che tale ben specifica problematica formale, in se stessa, poteva reputarsi effettivamente risolta.

Questo allorché la sentenza, senza alcuna confutazione del merito intrinseco della linea difensiva di IDRA testé ricordata, ha osservato quanto segue:

Deve allora ammettersi che la proposizione, su cui fa leva la parte resistente, per cui l'illegittimità della procedura è fatta consistere "nella mancata individuazione dei compiti concreti operativi collegati all'acquisto della qualità di socio", va intesa come espressione sintetica della proposizione che immediatamente la precede, secondo cui lo strumento societario è ammissibile se, mediante procedura ad evidenza pubblica, si individua un soggetto privato cui si conferiscono compiti operativi … .

In altri termini, come ritenuto dall'Adunanza Plenaria secondo il diritto comunitario, il criterio guida nella utilizzazione della società mista è quello della salvaguardia della libera concorrenza, che risulta garantita solo se il capitale pubblico interviene senza sottrarre all'imprenditoria privata le utilità che questa potrebbe trarre da un affidamento del medesimo appalto al di fuori dello schema societario, in esito al semplice esperimento della gara per la scelta del contraente.

Ne consegue che la conformità allo schema ora delineato impone che al socio privato sia affidata - non un qualunque compito operativo, purché precisamente determinato - bensì ogni attività necessaria all'esecuzione dell'appalto che sia suscettibile di rendere una utilità economica.”

Con questa motivazione, infatti, l’addebito mosso ad IDRA non si imperniava più (evidentemente, pour cause ) sull’aspetto della mancata identificazione dei compiti operativi collegati all'acquisto della qualità di socio, ma si spostava su quello, distinto benché connesso, per cui al socio privato sarebbero dovuta andare la generalità dei compiti operativi ( id est , “ ogni attività necessaria all'esecuzione dell'appalto che sia suscettibile di rendere una utilità economica ”).

Questo nuovo aspetto così emerso sarà trattato nel prossimo paragrafo n. 5e. Qui occorre invece concludere la trattazione dell’aspetto precedente, quello dell’identificazione dei compiti operativi collegati alla qualità di socio.

In proposito, le attuali opponenti riprendono in questa sede in modo puntuale la pregressa linea difensiva della Stazione appaltante. Si torna dunque a dedurre, con dovizia di argomenti, che la seconda procedura indetta da IDRA aveva, diversamente dalla prima, debitamente specificato le prestazioni che sarebbero state affidate al socio privato, lavori di cui IDRA aveva del resto ormai già curato la progettazione preliminare.

Per converso, le imprese opposte sullo specifico punto non muovono contestazioni né obiezioni di sorta.

Esse riconoscono espressamente, inoltre, che la sentenza n. 4603/2008 aveva lasciato intatta la facoltà della Stazione appaltante di porre in essere una procedura ad evidenza pubblica integralmente rinnovata in aderenza alle statuizioni recate da tale pronuncia.

Sulla questione del grado di determinatezza dei compiti previsti dalla seconda procedura non resta allora che concludere, anche qui in aderenza alla sentenza oggetto di opposizione, nel senso che la nuova procedura non confligge con il giudicato.

5e A questo punto rimane da trattare la criticità rinvenuta dalla Sezione nella circostanza che IDRA aveva riservato a se stessa, nell’ambito della seconda procedura, rilevanti compiti operativi, laddove lo schema della società mista vieta al capitale pubblico di sottrarre all'imprenditoria privata le utilità che questa potrebbe trarre da un affidamento del medesimo appalto per le vie ordinarie, al di fuori dello schema societario.

A tale riguardo il Collegio fa proprio il convincimento, già espresso dalla Sezione con la sentenza in epigrafe, della rilevanza e vincolatività della precedente sentenza n. 4603/2008 anche nella parte in cui essa ammoniva sulla necessità che la gara ad evidenza pubblica per la scelta del socio avesse ad oggetto l'attribuzione al partner, al tempo stesso, della qualità di socio, ed altresì dell'attività operativa della società mista.

Dei contenuti del vincolo che il relativo giudicato così imponeva deve però darsi una lettura parzialmente diversa da quella a base della sentenza in scrutinio.

Deve difatti convenirsi con le opponenti -diversamente da quanto allora deciso- che i princìpi conformanti il giudicato da eseguire non si spingono al punto di esigere che al partner privato venga assegnata la totalità assoluta delle attività operative.

Ai fini della legittimità del ricorso allo schema della società mista, in altre parole, non è indispensabile che al socio privato sia affidata proprio “ ogni attività necessaria all'esecuzione dell'appalto che sia suscettibile di rendere una utilità economica ”, sufficiente essendo che al medesimo vengano conferiti i compiti operativi -per così dire- preminenti.

Nessun principio impone che le prestazioni da affidare al socio privato coincidano con la totalità delle attività riferibili alla società mista, o al suo socio pubblico.

Occorre invero muovere dall’idea-cardine di fondo del carattere alternativo e fungibile degli strumenti dell’appalto pubblico e del contratto di società mista concluso a valle di una gara c.d. a doppio oggetto.

In coerenza con il parallelismo che ispira tale impostazione (cfr. C.d.S., Sez. II, parere n. 456/2007), in caso di opzione per il secondo modello non può ritenersi necessaria la messa a gara anche di quei compiti operativi che, in ipotesi di ricorso da parte dell’Amministrazione, invece, al modello alternativo dell’appalto pubblico, la stessa potrebbe ben espletare da sé, senza necessità di ricorrere anche per essi al mercato.

Giustamente deducono infatti le opponenti che non è dato comprendere perché l’Amministrazione aggiudicatrice, ove decida di ricorrere all’appalto, possa trattenere per sé la progettazione, la direzione dei lavori ed altre marginali attività collaterali (appaltando al privato la sola esecuzione dei lavori pubblici), laddove, allorché essa opti per lo schema della società mista, dovrebbe necessariamente affidare ai privati anche tali attività.

D’altra parte, la previsione dell’art. 32, comma 3, del Codice dei contratti pubblici, in tema di società miste, si limita ad esigere che la società provveda in via diretta alla realizzazione dell’opera o servizio in misura superiore al 70 % del relativo importo.

Nella specie, alla luce del parallelismo appena illustrato tra i due strumenti dell’appalto pubblico e del contratto di società mista sembra chiaro che nessuna doglianza possa essere avanzata circa la riserva in capo ad IDRA della redazione dei progetti esecutivi. E’ appena il caso di ricordare che l’art. 53, comma 2, del Codice dei contratti pubblici prevede che l’appalto possa avere ad oggetto anche la sola esecuzione dei lavori, onde la progettazione può ben essere curata anche integralmente dalla Stazione appaltante a guisa di progettazione interna (la quale per l’art. 90, comma 6, della stessa fonte costituirebbe la regola).

Lo stesso vale a maggior ragione per la direzione dei lavori, che, come confermano gli artt. 90 e 130 dello stesso Codice, compete istituzionalmente alla Stazione appaltante.

Quanto alle altre attività menzionate nella sentenza in epigrafe, vale a dire l'amministrazione della società con locazione dei locali, la provvista del personale e dei relativi beni strumentali, neanche la riserva in capo ad IDRA delle medesime confligge in alcun modo col giudicato, trattandosi di attività rispetto alle quali non si configura alcuna sottrazione di utilità all'imprenditoria privata, non venendo in rilievo “ attività necessarie all'esecuzione dell'appalto ”, ma attività organizzative interne del tutto neutre occorrenti in modo analogo da parte di qualsiasi struttura complessa.

La mancata messa a gara delle varie attività appena elencate, tutte estranee allo specifico oggetto di un appalto di lavori, non toglieva dunque che l’attività operativa preminente (l’esecuzione dei lavori) fosse stata debitamente riservata al socio privato. E questo senza che in proposito vi fosse stato alcun “ frazionamento dell’appalto ”, né un affidamento di mere “ quote di attività ” in luogo dei necessari “ compiti operativi ”.

5f Per quanto emerso negli ultimi due paragrafi, in definitiva, la seconda procedura di gara svolta dalla Stazione appaltante si rivela esente da conflitti con il precedente giudicato.

Non sussistono pertanto ragioni per reputare nulli i suoi atti, come infondatamente richiedono le parti opposte, attesa l’autonomia di tale nuova procedura dalla precedente, e la sua immunità da profili di violazione o elusione del giudicato.

5g Né le parti opposte potrebbero essere seguite nel loro tentativo di disconoscere la valenza delle caratteristiche della seconda procedura, assumendo che questa avrebbe dato vita solo a dei meri “ fatti aggiuntivi ” oggetto di argomentazioni “ irrilevanti per il caso di specie ”.

L’inerenza anche della seconda procedura al thema decidendum del presente giudizio di ottemperanza non può essere posta seriamente in discussione, occorrendo pur sempre stabilire fino a quando sia durato il riscontrato contrasto col giudicato.

Ed emerge appunto da quanto fin qui detto che l’Amministrazione si è posta in regola con i vincoli del precedente giudicato proprio con l’instaurazione dell’assetto conseguente alla suddetta nuova procedura.

D’altra parte, la condotta di IDRA che ha trovato espressione in tale procedura ha formato già oggetto, pur con esito diverso, anche del giudizio di ottemperanza già svolto, rivestendo un peso centrale nell’economia della sentenza investita da opposizione. La decisione n. 2348/2012, non guasta ricordarlo, accogliendo integralmente il ricorso per l’ottemperanza del giudicato, aveva infatti annullato gli atti, anche di natura contrattuale, adottati a seguito della sentenza n. 4603/2008, ed ordinato l’esecuzione del giudicato mediante la pubblicazione del bando di una nuova gara, rettamente impostata, entro il termine di giorni 30.

5h Priva di pregio, infine, è anche la lamentazione delle parti opposte di non avere ricevuto invito a partecipare alla seconda procedura, stante il suo carattere di procedura aperta, ed essendo rimasto contestato che la sua indizione sia stata sottoposta ai prescritti oneri pubblicitari.

Era quindi onere delle imprese interessate rendersi parti diligenti e presentare a tempo debito le loro offerte.

6 In conclusione, le opposizioni devono essere accolte, e, per l’effetto, la sentenza opposta annullata, ed il ricorso in ottemperanza accolto nei soli limiti precisati nel paragr. 5b della presente motivazione.

Le spese processuali del doppio giudizio possono essere equitativamente compensate tra tutte le parti in causa.

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