Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-06-15, n. 202003804

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-06-15, n. 202003804
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202003804
Data del deposito : 15 giugno 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/06/2020

N. 03804/2020REG.PROV.COLL.

N. 04210/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4210 del 2017, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati A B e M S, con domicilio eletto presso lo studio Maria Grazia Picciano, in Roma, via Ippolito Nievo, n. 61;

contro

Università degli Studi di Bologna - Alma Mater Studiorum , in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, è domiciliata ex lege ;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna – Bologna (Sezione Prima) n.-OMISSIS-/2016, resa tra le parti, concernente una sanzione disciplinare.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Università degli Studi Bologna - Alma Mater Studiorum ;

Visti tutti gli atti della causa;

Udita la relazione esposta dal Cons. Alessandro Maggio nella camera di consiglio del giorno 4 giugno 2020, svoltasi, ai sensi dell’art. 84, comma 5, del D.L.n.18 del 17 marzo 2020, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto dalla circolare 13 marzo 2020, n. 6305 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa.

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

In data 26/4/2001 il prof. -OMISSIS- - professore associato confermato presso il Dipartimento di -OMISSIS- dell’Università Alma Mater Studiorum di Bologna, ha proposto al proprio ateneo l’attivazione di uno spin off accademico per lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di uno strumento per la determinazione di inquinanti nell’acqua.

Con rogito notarile del 10/7/2002, è stata, quindi, costituita tra l’Università, il prof.-OMISSIS-e le sue collaboratrici dott.sse-OMISSIS- assegniste universitarie, una società a responsabilità limitata, denominata -OMISSIS- -OMISSIS-per l’esercizio dell’attività oggetto dello s pin off .

Dopo la costituzione la società ha affidato all’ateneo bolognese, mediante apposite convenzioni, numerosi incarichi di studio e ricerca relativi a nuovi progetti, prevedendo che il prof.-OMISSIS-– assieme al suo gruppo di lavoro – avrebbe assunto la responsabilità della ricerca.

A seguito delle modifiche al sistema universitario introdotte con la L. 30/12/2010, n. 240, l’Università di Bologna ha deciso di dismettere la propria partecipazione nelle diverse società aventi caratteristiche di spin off tra cui l’-OMISSIS-.

A tal fine è stata avviata un’apposita attività istruttoria preordinata alla quantificazione del valore delle quote universitarie e alla successiva cessione delle stesse, che, con riguardo ad -OMISSIS-, non è andata a buon fine.

Sulla base di documentazione raccolta in occasione della detta istruttoria e trasmessa al Rettore con nota in data 9/5/2015, quest’ultimo ha adottato l’atto 5/6/2015, n. 46172, con cui ha contestato al prof.-OMISSIS-di aver violato obblighi di servizio e di aver tenuto comportamenti gravemente lesivi della dignità e dell'onore del professore universitario, consistenti nell'aver posto in essere reiterate condotte incompatibili con lo status di professore universitario e in palese conflitto di interessi, per aver contemporaneamente ricoperto il ruolo di Presidente dello spin off e quindi finanziatore e beneficiario delle ricerche, di responsabile della ricerca per l’Università di Bologna, di tutor delle assegniste dott.sse -OMISSIS-e di Presidente della Commissione che nell'anno 2011 aveva affidato loro un assegno di ricerca.

Acquisite le deduzioni difensive del prof. -OMISSIS- il Rettore ha adottato il decreto 30/10/2015, n. 1301, col quale, visto il parere vincolante espresso dal Collegio di Disciplina – Sezione professori associati nella seduta del 29/9/2015, nonché la delibera assunta dal Consiglio di Amministrazione nella seduta del 27/10/2015, ha irrogato all’incolpato la sanzione disciplinare della sospensione dall’ufficio e dallo stipendio per la durata complessiva di mesi 9 così articolata:

1) mesi 3 (tre) in relazione al punto a) della contestazione di addebiti (avente a oggetto le condotte poste in essere in situazione di incompatibilità con lo status di professore universitario, in palese conflitto di interessi e in violazione dell’obbligo di astensione);

2) mesi 6 (sei) in relazione al punto b) della contestazione di addebiti (concernente l’aver reso presunte dichiarazioni non veritiere in merito alla insussistenza di cause di incompatibilità).

Ritenendo il menzionato provvedimento sanzionatorio illegittimo, il prof.-OMISSIS-lo ha impugnato con ricorso al T.A.R. Emilia Romagna – Bologna, il quale, con sentenza 5/12/2016, n.-OMISSIS-, lo ha accolto in parte, per l’effetto riconoscendo sproporzionata la sanzione irrogata.

Avverso la sentenza ha proposto appello il prof. -OMISSIS-

Per resistere al ricorso si è costituita in giudizio l’intimata amministrazione universitaria.

Con successivi scritti l’appellante ha meglio illustrato le proprie tesi difensive.

All’udienza telematica del 4/6/2020 la causa è passata in decisione.

Col primo motivo si denuncia l’errore commesso dal Tribunale nel respingere la censura con la quale era stato dedotto il tardivo intervento della contestazione disciplinare (con conseguente violazione dell’art. 10, comma 2, della L. n. 240/2010), atteso che i comportamenti addebitati risalirebbero al 2011 e sarebbero stati noti da lungo tempo ai dirigenti che li hanno segnalati al Rettore.

A sostegno della reiezione il Tribunale ha rilevato che “ è ragionevole ritenere che gli organi deputati alla valutazione disciplinare della condotta dei professori vennero a conoscenza della situazione solo dopo la segnalazione dei dirigenti … Ritenere che il Rettore potesse aver valutato autonomamente la rilevanza delle condotte contestate al ricorrente prima della nota trasmessa il 9.05.2015 costituisce una supposizione implausibile perché, anche se gli atti poi contestati sono pubblicati sui bollettini ufficiali dell’Università, non si può pensare che il Rettore segua personalmente tutte le complesse vicende dell’Ateneo da lui gestito e che possa ricollegare tra loro atti, legittimi se singolarmente analizzati … ”.

Il giudice di prime cure non avrebbe, però, tenuto conto del dovere (nella specie rimasto inosservato) di qualunque dipendente dell’ateneo di segnalare al Rettore fatti potenzialmente rilevanti a fini disciplinari, non potendo gravare sul dipendente eventuali disfunzioni dell’organizzazione amministrativa, ancorché complessa.

La doglianza non merita accoglimento.

Al riguardo è sufficiente rilevare che i termini relativi alla fase istruttoria precedente al momento di avvio del procedimento disciplinare, coincidente con la comunicazione della contestazione degli addebiti, devono considerarsi ordinatori, tenuto conto che il legislatore non li qualifica espressamente come perentori e che la fase precedente alla contestazione degli addebiti non può giuridicamente equipararsi a quella ad essa successiva, potendosi riconoscere natura procedimentale soltanto a quest’ultima (cfr., proprio con riguardo alle disposizioni di cui all’art. 10 della L. n. 240/2010, Cons. Stato, Sez. VI, 12/4/2019, n. 2379).

Col secondo motivo si deduce che il Tribunale avrebbe errato a non escludere integralmente la sussistenza del contestato comportamento contra legem .

Si afferma, infatti, nella gravata sentenza, che l’odierno appellante avrebbe dovuto astenersi dal partecipare alla Commissione di selezione concorsuale sussistendo un rapporto di natura professionale con le candidate dott.sse -OMISSIS-, entrambe socie dello s pin off .

In particolare si sostiene che la ragione della incompatibilità dipenderebbe dall’esistenza di interessi economici comuni tra il prof.-OMISSIS-e le candidate consistenti “ quanto meno nel notevolissimo aumento del valore economico delle quote sociali rispetto al valore nominale ” della società.

Sennonché, l’eventuale aumento del valore delle dette quote sociali prescinderebbe dalla presenza del prof.-OMISSIS-in Commissione, o dalla partecipazione delle dott.sse -OMISSIS-alla procedura concorsuale, dipendendo piuttosto dall’attività svolta dalla società.

Il giudice di prime cure non avrebbe, inoltre, considerato né la particolare disciplina degli spin off , che imporrebbe una partecipazione societaria diretta da parte dei soggetti che effettuano le ricerche, né la circostanza che lo spin off è partecipato dalla stessa Università, sicché la commistione di interessi economici tra soci, ricercatori e soggetti deputati a individuare i ricercatori risulterebbe in re ipsa .

Peraltro, né i decreti rettorali 8/2/2013, n. 89 e 6/6/2002, n. 180 (recanti la disciplina delle incompatibilità nell’ambito dell’università bolognese), né il D.M. 10/8/2011, n. 168 (avente a oggetto la definizione dei criteri di partecipazione di professori e ricercatori universitari a società aventi caratteristiche di spin off o start up universitari) vieterebbero ai docenti (salvo particolari ipotesi che qui non ricorrono) di assumere cariche direttive o amministrative negli spin off .

La motivazione della sentenza sarebbe, inoltre, contraddittoria laddove, dopo aver riconosciuto che “ in tema di assegni di ricerca legati a progetti che coinvolgevano in qualche modo le spin off sorte all’interno dell’Ateneo, la commistione di ruoli come membri delle Commissioni che dovevano scegliere gli assegnisti di ricerca e come interessati al progetto nelle spin off cui erano legati gli assegni di ricerca, era piuttosto diffusa ” e che ciò abbia potuto indurre in errore il prof. -OMISSIS- ha poi, comunque, ritenuto che egli avesse un obbligo di astensione nella procedura concorsuale.

Il Tribunale ha, peraltro, escluso che l’individuazione delle dott.sse -OMISSIS-sia avvenuta non per merito, ma in virtù del loro rapporto con il prof. -OMISSIS- avendo riconosciuto espressamente che nessun candidato ha riportato danni dalla selezione.

In ogni caso le cause di astensione avrebbero natura tassativa e non potrebbero essere, quindi, applicate analogicamente.

La doglianza è infondata.

Occorre premettere che la giurisprudenza del Consiglio di Stato è costante nel ritenere che le cause d'incompatibilità sancite dall'art. 51, c.p.c., estensibili, in omaggio al principio costituzionale di imparzialità, a tutti i campi dell'azione amministrativa, rivestono carattere tassativo e, come tali, sfuggono ad ogni tentativo di estensione analogica, stante l'esigenza di assicurare la certezza dell'azione amministrativa” (fra le tante Cons. Stato, Sez. VI, 30/7/2013, n. 4015).

Ciò chiarito, la stessa giurisprudenza del Consiglio di Stato ha, poi, provveduto a enucleare alcune regole di condotta da seguire in ambito amministrativo per non incorrere nella violazione del menzionato art. 51.

Nel settore dei concorsi pubblici, in particolare, si è affermato che:

a) la semplice sussistenza di rapporti accademici o di ufficio tra commissario e candidato non è idonea ad integrare gli estremi delle cause d'incompatibilità normativamente cristallizzate, salva la spontanea astensione di cui al capoverso dell'art. 51, c.p.c.;

b) la conoscenza personale e/o l'instaurazione di rapporti lavorativi e accademici non sono di per sé motivi di astensione, a meno che i rapporti personali o professionali non siano di rilievo e intensità tali da far sorgere il sospetto che il candidato sia giudicato non in base al risultato delle prove, bensì in virtù delle conoscenze personali;

c) perché i rapporti personali assumano rilievo deve trattarsi di rapporti diversi e più saldi di quelli che di regola intercorrono tra maestro e allievo o tra soggetti che lavorano nello stesso ufficio, essendo rilevante e decisiva la circostanza che il rapporto tra commissario e candidato, trascendendo la dinamica istituzionale delle relazioni docente/allievo, si sia concretato in un autentico sodalizio professionale connotato dai caratteri della sistematicità, stabilità, continuatività e della reciprocità d'interessi di carattere economico (Cons. Stato, sez. VI, n. 4015 del 2013).

In definitiva, affinché sussista un vero e proprio obbligo di astensione deve essere dimostrata la sussistenza concreta di un rapporto di lavoro o professionale stabile con la presenza di interessi economici ovvero di un rapporto personale di tale intensità da fare sorgere il sospetto che il giudizio non sia stato improntato al rispetto del principio di imparzialità (Cons. Stato, Sez. VI, 10/7/2017, n. 3373;
16/4/2015, n. 1962;
9/4/2015, n. 1788;
13/03/2013, n. 1512;
13/9/2012, n. 4858;
31/5/2012, n. 3276;
22/6/2011, n. 3755;
17/3/2010, n. 1567;
29/7/2008, n. 3797;
Sez. III, 31/1/2020, n. 796;
30/7/2019, n. 5397).

Orbene, deve ritenersi che nella specie sussistesse tra l’appellante e le due assegniste da lui giudicate, un rapporto professionale, ulteriore rispetto a quello meramente accademico, connotato da caratteri tali da rendere doverosa l’astensione.

E invero, l’appellante e le due concorrenti erano soci della medesima società che indubbiamente si è avvantaggiata, anche in termini economici, dell’attività di ricerca svolta da queste ultime.

Al riguardo basta rilevare che anche a voler escludere il “ notevolissimo aumento del valore di mercato delle quote sociali ” ipotizzato dal giudice di prime cure, la società ha, comunque, beneficiato di un risparmio di spesa pari all’esborso che altrimenti avrebbe dovuto sostenere per finanziare gli studi utili allo sviluppo delle proprie iniziative.

Alla luce delle esposte considerazioni, divengono inconferenti tutte le deduzioni svolte dall’appellante in ordine alla disciplina dello spin off , atteso che da quest’ultima non si ricava alcuna norma o principio che legittimi un docente in situazione di incompatibilità con uno o più partecipanti a un concorso, ad assumere la veste di componente della relativa commissione d’esame.

Va, inoltre, precisato che, ai fini della sussistenza del suddetto vizio procedurale, non occorre dimostrare che in concreto la valutazione sia stata il frutto di un apprezzamento fiduciario, essendo sufficiente il mero sospetto che il giudizio non sia stato improntato al rispetto del principio di imparzialità.

Altrettanto irrilevante ai fini di causa è l’asserita prassi, che si sarebbe instaurata nell’ambito dell’ateneo bolognese, di ammettere la commistione di ruoli tra membri delle Commissioni d’esame chiamate a scegliere gli assegnisti di ricerca e interessati allo sviluppo dei progetti finanziati con gli assegni di ricerca.

L’esistenza di una prassi contra legem , difatti, anche se diffusa e condivisa all'interno di un’amministrazione, non vale a legittimare condotte non conformi ai prescritti canoni normativi (Cons. Stato, Sez. III, 16/3/2015, n. 1359;
Sez. V, 9/10/2013, n. 4968).

Il dedotto vizio di contraddittorietà della sentenza è, infine, reso inammissibile dall’effetto devolutivo dell’appello.

Infatti, in secondo grado il giudice valuta tutte le domande proposte, integrando - ove necessario - le argomentazioni della sentenza appellata senza che, quindi, rilevino le accidentali carenze motivazionali di quest'ultima (cfr, fra le tante, Cons. Stato, Sez. VI, 18/4/2019, n. 2973;
6/2/2019, n. 897;
14/4/2015, n. 1915;
Sez. V, 23/3/2018, n. 1853;
19/2/2018, n. 1032 e 13/2/2009, n. 824;
Sez. IV, 5/2/2015, n. 562).

Col terzo motivo si denuncia l’errore commesso dal Tribunale nel respingere le censure con cui il prof.-OMISSIS-aveva dedotto che:

a) la sua audizione era stata fissata ben oltre il termine di venti giorni liberi successivi alla ricezione della contestazione da parte dell’incolpato come invece previsto dall’art. 6 del Regolamento di Disciplina;

b) la suddetta convocazione non era stata comunicata all’incolpato dal

Presidente del Collegio, ma dal Rettore con evidente dimostrazione di assenza di terzietà del Collegio giudicante;

c) la proposta di sanzione era stata trasmessa dal Rettore tardivamente, senza mai rendere partecipe l’incolpato della sanzione proposta.

Le descritte condotte, che in un’ottica sostanzialistica sono state ritenute dal giudice di prime cure irrilevanti sulla legittimità dell’avversato provvedimento sanzionatorio, violerebbero, tuttavia, prescrizioni di carattere inderogabile, essendo state dettate dalla stessa amministrazione universitaria, che si sarebbe quindi autovincolata a rispettarle.

La doglianza è priva di pregio.

E invero, la circostanza che termini e modalità procedimentali siano stati fissati dalla stessa amministrazione chiamata a provvedere non è, di per sé, sufficiente ad attribuire alle relative prescrizioni carattere inderogabile, dipendendo tale carattere dall’intrinseca natura e dalla finalità delle previsioni stesse.

Nel caso di specie non è stato nemmeno allegato che la disposizioni che si assumono violate abbiano, per natura o funzione, carattere inderogabile.

L’appello va, pertanto, respinto.

Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi od eccezioni non espressamente esaminati che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

Sussistono eccezionali ragioni per disporre l’integrale compensazione di spese e onorari di giudizio.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi