Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2016-03-22, n. 201601182
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiSul provvedimento
Testo completo
N. 01182/2016REG.PROV.COLL.
N. 03715/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3715 del 2015, proposto da:
LI OS NL - Associazione Nazionale per la Tutela del Patrimonio Storico, Artistico e Naturale Nazionale, in persona del legale rappresentante, Anbo-Associazione Naturalistica Berici Orientale (già Comitato per la Difesa di AR IN), in persona del legale rappresentante, IV RE, VI AR, IA IG, RG IG, OV AB, NO OG, GI OZ, CA ON, GO AR, IG LA, OB OG, NZ OS, NZ SS, IG VA, SE OT, ND IN, CA ST, AN OT, RE OZ, DO FO, NA NA, NN TO, tutti rappresentati e difesi dagli avvocati. Dario Meneguzzo, Orlando Sivieri, con domicilio eletto presso Orlando Sivieri in Roma, Via Cosseria, n 5;
contro
Regione Veneto, in persona del Presidente in carica rappresentato e difeso dagli avvocati Luisa Londei, Francesco Zanlucchi, Ezio Zanon, ND Manzi, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, Via Federico Confalonieri, n. 5;
nei confronti di
Escavi Berica-Seb S.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dagli avvocati Annamaria Tassetto, Franco Zambelli, Mario Ettore Verino, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, Via Barnaba Tortolini 13; Comune di Albettone, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Alessandro Calegari, ND Manzi, con domicilio eletto presso ND Manzi in Roma, Via Federico Confalonieri, n. 5; Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. VENETO – VENEZIA, SEZIONE II, n. 89/2015, resa tra le parti, concernente autorizzazione paesaggistica relativa a progetto di coltivazione di cava e connessa procedura di V.I.A..
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Veneto, della Escavi Berica-Seb S.r.l., del Comune di Albettone e del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 dicembre 2015 il Cons. Luigi Massimiliano Tarantino e uditi per le parti gli avvocati Orlando Sivieri, ND Manzi, Franco Zambelli e l'Avvocato dello Stato Carla Colelli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso proposto dinanzi al TAR per il Veneto gli odierni appellanti impugnavano la D.G.R.V. n. 60 del 4 febbraio 2014, il connesso parere della Commissione regionale V.I.A. n. 443 del 6 novembre 2011 e gli altri provvedimenti indicati nella pronuncia di primo grado, con cui era stato approvato ed autorizzato, ai sensi degli artt. 11 e 24 L.R. 10/1999, il progetto della società Escavi Berica s.r.l., di coltivazione e ricomposizione ambientale della cava di calcare denominata “S.E.B.”.
2. Il primo giudice riteneva legittimati ad agire soltanto LI OS e Legambiente. Al contrario, escludeva la sussistenza di legittimazione in capo al Comitato Tutela Area Berica ed all’Associazione Naturalistica Berici Orientali, difettando la dimostrazione in ordine al grado di rappresentatività di tali associazioni, ed alla permanenza della loro azione ed al loro stabile collegamento con il territorio di Albettone. Inoltre, escludeva la presenza della legittimazione ad agire in capo ai ricorrenti persone fisiche, per non essere stato evidenziato quel particolare collegamento con il territorio interessato dall’attività di cava, che avrebbe denotato la presenza di un interesse differenziato e qualificato.
2.1. Il TAR, quindi, procedeva allo scrutinio delle sole censure funzionali al soddisfacimento di interessi ambientali, valutandole come infondate, mentre dichiarava inammissibili le doglianze, di carattere meramente procedimentale, relative all’illegittima composizione della Commissione VIA (quarto motivo), alla violazione delle norme sulla sospensione del procedimento amministrativo (sesto motivo) e all’indebito affidamento allo studio BE della elaborazione del progetto (decimo motivo).
3. Avverso la pronuncia indicata in epigrafe propongono appello gli originari ricorrenti, invocandone la riforma per le seguenti ragioni: I) la sentenza impugnata (pagina 9) ha ritenuto che l’appellante LI OS NL non fosse legittimata a proporre le censure di cui al quarto, sesto e decimo motivo del ricorso di primo grado, avendoli il T.A.R. Veneto giudicati motivi di natura “meramente procedimentale”. Il predetto capo 2 della sentenza appellata andrebbe riformato in primo luogo perché, dopo avere premesso che la legittimazione delle associazioni ambientaliste va limitata “ alla proposizione di censure funzionali al soddisfacimento di interessi ambientali ”, non avrebbe adeguatamente motivato la ragione per la quale i suddetti motivi, in forza del loto carattere meramente procedimentale, non sarebbero funzionali al soddisfacimento di tali interessi. Una simile affermazione sarebbe in contrasto con la giurisprudenza di questo Consiglio; II) la contestazione, mossa ai ricorrenti persone fisiche, di non avere dichiarato nel ricorso quale proprio “ bene della vita ” ritengono possa essere pregiudicato dall’atto impugnato, sarebbe formalistica e paradossale. Trattandosi dell’interesse a non vedersi pregiudicato dalla realizzazione di una cava di quattro milioni di metri cubi sottoposta a V.I.A.. Già in primo grado inoltre, risulterebbe essere stata provata la sussistenza della vicinitas , poiché le abitazioni di quest’ultimi sarebbero a poche centinaia di metri dalla cava; III) sarebbe erronea la sentenza nella parte in cui ha negato la legittimazione ad agire all’Associazione naturalistica Berici orientali. A.N.B.O., infatti, quest’ultima non sarebbe una nuova associazione, ma il frutto della trasformazione dell’allora Comitato per la difesa di AR IN onlus, attivo dai primi anni 2000. Sempre il Comitato per la difesa di AR IN negli anni avrebbe, a supporto e coronamento della proprie attività di valorizzazione dei luoghi, curato la pubblicazione di due volumi, “Monticello Vive” e “L’uomo di EA a Monticello; IV) l’affermazione contenuta nella sentenza del TAR, secondo la quale “ il parere della CTPAC è necessario solo nel caso in cui il progetto di coltivazione, non essendo sottoposto alla procedura di VIA, si svolga secondo il modulo autorizzatorio ordinario di cui alla L.R. 44/1982 ”, sarebbe erronea in quanto l’affermazione appena richiamata presupporrebbe (in maniera manifestamente erronea) che vi sia una alternatività secca tra progetti non sottoposti a V.I.A., che seguirebbero il “modulo autorizzatorio ordinario”, e i procedimenti sottoposti a V.I.A., che seguirebbero il “modulo non ordinario” di cui alla legge sulla V.I.A.. In realtà, questa affermazione non terrebbe conto che, nel caso dei progetti sottoposti a V.I.A., vi sarebbe a propria volta una opzione alternativa, tra il modulo del tutto ordinario (che terrebbe distinti il preventivo procedimento per la V.I.A. ex art. 10 della L.R Veneto n. 10/1999 e il procedimento autorizzatorio) da un lato, e il modulo semplificato del procedimento unico ex art. 11 e 24 della legge dall’altro. L’esito, sopra richiamato, a cui giunge la sentenza appellata, sarebbe del tutto paradossale, perché si finirebbe col dire che sarebbe obbligatorio (e vincolante) il parere della C.T.P.A.C. solo nelle cave di minori dimensioni e minore delicatezza, mentre tale parere non sarebbe nemmeno chiesto in quelle cave che – per dimensioni, o perché comunque ricomprese, anche solo parzialmente, in aree naturali protette – necessitano di valutazione di impatto ambientale. Inoltre non sarebbe dato comprendere, perché il T.A.R. non avrebbe allora applicato fino in fondo il citato articolo 11 della L.R Veneto, n. 10/1999, che stabilisce che, laddove un soggetto si avvalga della facoltà di intraprendere la strada del procedimento unico, debba allegare alla domanda anche “ l’elenco delle amministrazioni competenti per il rilascio di pareri, nulla osta, autorizzazioni e assensi comunque denominati, necessari per la realizzazione dell’impianto, opera o intervento, corredato dalla documentazione prescritta dalla normativa vigente ”.
In altri termini, giacché l’art. 11 sarebbe pacificamente applicabile alla domanda di cava in esame, la tesi del T.A.R. non spiegherebbe perché a quel punto tra i “pareri” che il proponente avrebbe dovuto richiamare e richiedere non dovesse rientrare anche il parere della C.T.P.A.C., che la legge del 2004 aveva previsto dovesse essere “obbligatorio e vincolante”. Ciò sarebbe confermato altresì da un altro dato testuale, contenuto nell’art. 24 della L.R. Veneto, n. 10/1999, nel quale si specificherebbe che “in attuazione dei princìpi di semplificazione amministrativa, il giudizio di compatibilità ambientale è integrato nel provvedimento di concessione o di autorizzazione di attività di coltivazione di cave e torbiere … ”. Inoltre: a) la Commissione V.I.A., nel caso in esame, non sarebbe stata integrata da alcun rappresentante della Provincia di Vicenza; b) il “rappresentante della Provincia” di cui si fa cenno a pagina 50 del parere V.I.A. sarebbe per l’appunto il “ Dirigente Responsabile Tutela Ambientale della Provincia di Vicenza ”, componente di diritto della Commissione V.I.A. regionale e non della commissione integrata in base al disposto dell’art. 6, comma 1, lett. d) della L.R. Veneto 10/99, e di conseguenza la sua mancata partecipazione avrebbe avuto effetto al limite in ordine all’espressione del parere di compatibilità ambientale, e non sicuramente in relazione alla pronuncia sull’autorizzazione, che compete alla Commissione V.I.A. nella sua composizione integrata;