Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-09-26, n. 202208294
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Pubblicato il 26/09/2022
N. 08294/2022REG.PROV.COLL.
N. 03036/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3036 del 2022, proposto dalla Fondazione "-OMISSIS-", in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato D M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ufficio Territoriale del Governo Lecce, Ministero dell'Interno, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia sezione staccata di Lecce (Sezione Terza) -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente il decreto di estinzione della Fondazione “-OMISSIS-”, prot. -OMISSIS-, emesso dalla Prefettura della Provincia di Lecce.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Ufficio Territoriale del Governo Lecce e del Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 settembre 2022 il Cons. Giovanni Pescatore e viste le conclusioni delle parti come da verbale di udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con decreto -OMISSIS-, la Prefettura di Lecce ha dichiarato l’estinzione della Fondazione “-OMISSIS-”.
2. A motivo della determinazione è stata addotta l’insufficienza del patrimonio dell’ente, reputato inadeguato al soddisfacimento dello scopo prescelto. Dal rendiconto al 31 dicembre 2019 era infatti emersa una residua disponibilità di cassa di soli € 1.932,64 a fronte di una dotazione iniziale pari ad € 30.000,00, conseguente al divario tra le spese effettuate per un importo pari ad € 21.281,19 e gli incassi pari ad € 2.950,00.
3. Con l’impugnativa di primo grado la Fondazione ha eccepito vizi formali di omessa comunicazione dell’avvio del procedimento, mancata indicazione del responsabile del procedimento e violazione del termine finale di conclusione dell’iter amministrativo.
Nel merito ha prospettato il tema del non corretto svolgimento dell’attività di ricognizione patrimoniale, per omessa considerazione, tra le diverse voci attive del compendio dell’ente, del complesso immobiliare sito nel -OMISSIS- e delle rendite allo stesso correlate.
4. La Terza Sezione del Tar Lecce ha rigettato il ricorso con la sentenza qui impugnata -OMISSIS-.
5. L’appello - reiterativo delle tematiche del giudizio di primo grado - si è sviluppato, nel contraddittorio tra la ricorrente e il Ministero dell’Interno, attraverso la fase cautelare (conclusasi con ordinanza di accoglimento dell’istanza -OMISSIS-, confermativa del decreto presidenziale -OMISSIS-) e la successiva udienza di discussione del 22 settembre 2022, all’esito della quale la causa è stata trattenuta in decisione.
6. Il primo motivo di appello investe il capo decisorio con il quale il Tar ha ritenuto non sussistere, in via preliminare, alcuna violazione degli artt. 7 e ss. della L. 241/1990, e ciò in quanto “ (…) la Prefettura di Lecce, al fine di esercitare il controllo previsto dall’art. 25 del codice civile, con nota -OMISSIS- chiedeva alla Fondazione ricorrente una serie di chiarimenti (…) ”, a seguito dei quali l’odierna appellante “ ha potuto interloquire nel relativo procedimento amministrativo, presentando ogni documento e chiarimento dalla stessa ritenuto opportuno (…) ”;“ (…) la circostanza che la suddetta nota di comunicazione non indicasse il possibile esito della cancellazione della Fondazione dal registro delle persone giuridiche ” è stata apprezzata dal Collegio di primo grado alla stregua di “ profilo di incompletezza avente rilievo meramente formale (…) ” mentre “ (…) la mancata indicazione del responsabile del procedimento, l’esatta dicitura della tipologia di procedimento avviato nell’oggetto, la data entro cui lo stesso deve concludersi non hanno inciso concretamente sulla possibilità dell’odierna ricorrente di difendersi nell’ambito del procedimento amministrativo di che trattasi, avendo la stessa interloquito ampiamente ed esaustivamente con l’amministrazione procedente (…) ”.
6.1. La Fondazione appellante eccepisce la contraddittorietà e la radicale erroneità del percorso logico seguito dal Tar, osservando come - in spregio ai vincoli contenutistici imposti dagli artt. 7 e 8 della legge 241 del 2990 - la Prefettura di Lecce non le avesse comunicato né l’oggetto, né la data di conclusione del procedimento amministrativo avviato a suo carico e neppure il nominativo del soggetto responsabile dell’iter amministrativo, essendosi limitata ad una richiesta di delucidazioni in ordine alla situazione economico – contabile relativa all’anno 2019.
Delucidazioni puntualmente trasmesse dalla Fondazione, con dati e documenti dettagliati, all’esito dei quali, tuttavia, in assenza di ulteriore riscontro da parte dell’Organo di controllo preposto, è intervenuto ex abrupto - a distanza di circa 8 mesi - un inaspettato provvedimento di definitiva cancellazione dell’ente dal registro delle persone giuridiche.
6.2. Sarebbe stata vanificata, pertanto, la funzione tipica dell’adempimento formale imposto dall’art. 7, che è quella di evitare che il destinatario dell’atto possa essere colto di sorpresa da un inatteso provvedimento pregiudizievole, senza avere il tempo di interloquire attraverso osservazioni ed elementi istruttori, ovvero senza avere la possibilità di apprestare rimedi o contromisure deduttive. D’altra parte, l’ente, ove compiutamente informato del rischio cancellazione, avrebbe potuto procedere ad una ricapitalizzazione, dandone illustrazione con un business plan esplicativo che avrebbe potuto diversamente orientare le valutazioni della Prefettura.
La violazione dei doveri di correttezza e buona fede che si sarebbe determinata attraverso il descritto modus agendi emergerebbe anche dalla tardiva notifica del decreto impugnato, datato -OMISSIS- ma comunicato all’odierna ricorrente soltanto in data -OMISSIS-, dopo oltre 80 giorni dalla sua emissione.
6.3. Il secondo motivo di appello, in parte connesso al precedente, investe il tema delle ragioni sostanziali fondanti il provvedimento di estinzione.
In proposito il Tar Lecce ha osservato che “ non colgono nel segno neppure le censure con le quali parte ricorrente deduce il deficit e l’erroneità della motivazione posta a sostegno del gravato decreto di estinzione ”, e ciò in quanto “ la possibilità per la Fondazione di perseguire l’interesse (pubblico o privato) per il quale è stata istituita tramite il patrimonio a tale scopo assegnato, deve essere intesa (…) come autosufficienza patrimoniale ovvero, in termini economico – contabili, come capacità di economicamente garantire, sulla base del patrimonio originariamente assegnato e per il tramite dell’attività esercitata, la copertura dei costi con i propri ricavi (…) ”.
6.4. Secondo la parte appellante, nel pervenire a tale conclusione il Tar - pur muovendo da un assunto condivisibile (secondo il quale “ la “sufficienza” patrimoniale rispetto al soddisfacimento dello scopo prescelto (…) costituisce presupposto dell’esistenza stessa della Fondazione ”) - avrebbe mancato di analizzare, in concreto, il business plan e le risultanze economico-contabili depositate in atti (peraltro già a mani della Prefettura di Lecce, in quanto consegnate con i bilanci preventivi e consuntivi, note integrative e relazioni di missione).
Dalla lettura di tali documenti sarebbe emerso un dato rilevante ai sensi dell’art. 22 del D.Lgs. 117/2017 il quale, al comma 4, stabilisce che “ si considera patrimonio minimo (…) una somma liquida e disponibile non inferiore (…) a € 30.000,00 euro per le fondazioni. Se tale patrimonio è costituito da beni diversi dal denaro, il loro valore deve risultare da una relazione giurata, allegata all’atto costituivo (…) ”.
Ebbene, con riferimento al caso di specie, oltre alla residua disponibilità di cassa di € 1.932,64, la Prefettura avrebbe dovuto considerare i beni diversi dal denaro, identificati nel complesso immobiliare sito nel -OMISSIS-, -OMISSIS- stimato in un valore di -OMISSIS-, giusta perizia giurata -OMISSIS-, a firma del -OMISSIS-, allegata all’atto di incremento del fondo di dotazione, parte integrante dell’atto costitutivo.
La stessa Prefettura avrebbe poi dovuto considerare che il compendio immobiliare è foriero di rendite anch’esse destinate al ripianamento del capitale dell’ente, quali le entrate derivanti dalla locazione di un’area del complesso immobiliare, dai proventi dell’impianto fotovoltaico GSE e da accrediti annuali da titoli Pac, tutte voci analiticamente riportate nel piano economico delle entrate ed uscite per il periodo 2020 – 2024, alle quali si aggiungono i proventi derivanti delle attività istituzionali dell’ente (pag. 14 e ss. dell’atto di appello).
Dunque, in difetto della puntuale ricognizione di tutte le voci attive del quadro patrimoniale riconducibile all’ente, le conclusioni della Prefettura risulterebbero immotivate e prive di base istruttoria.
7. Questo Collegio ritiene che i due motivi sin qui riepilogati siano meritevoli di unitaria e favorevole delibazione, per le ragioni già tracciate nel provvedimento presidenziale -OMISSIS-.
7.1. Sin dalla fase cautelare monocratica si era evidenziato come la Prefettura avesse “ ..quale primo ed immediato atto nell’esercizio dei suoi poteri, adottato la misura più estrema ed irreversibile, l’estinzione, mentre la stessa legge applicata consente di adottare misure gradate proporzionali alla situazione riscontrata, e comunque tali da offrire alla “Fondazione -OMISSIS-” una chance di ritorno alla normale operatività ”.
7.2. Il carattere subitaneo e drastico della misura adottata si integra con (e rende evidenza della) anomala ed inadeguata esplicazione delle garanzie partecipative, attuate senza una chiara enunciazione della portata dei provvedimenti che l’amministrazione si prefigurava di adottare, quindi con modalità inidonee ad agevolare uno scambio di informazioni e di dati conoscitivi proporzionato al tema da delibare e alle conseguenze pregiudizievoli in esso implicate. Prova di questa anomala esplicazione degli obblighi comunicativi si rinviene nella successiva traslazione per la prima volta in sede giudiziale della mole di elementi istruttori che la parte destinataria del provvedimento avrebbe avuto ragione di vedere valorizzati nel corso del procedimento.
7.3. Non pare condivisibile, d’altra parte, il rilievo del Tar secondo cui la mancata comunicazione del possibile esito del procedimento costituirebbe “ un profilo di incompletezza avente rilievo meramente formale ”, in quanto compensato dal riferimento agli artt. 25 e ss. c.c., contenuto nella nota di comunicazione -OMISSIS-, evocativo di tutte le possibili implicazioni insite nell’esercizio del potere di controllo esercitato dalla Prefettura e da questo legislativamente previste.
In realtà, gli artt. 25 e ss. menzionano le diverse attività di vigilanza e di controllo esperibili dall’autorità amministrativa. Il loro cumulativo e indistinto richiamo non garantiva che la parte interessata fosse efficacemente avvertita dell’effettiva portata e delle finalità della verifica in corso e, dunque, posta in condizione di apprestare una proporzionata attività difensiva e controdeduttiva.
7.4. La valenza sostanziale degli artt. 7 e 8 della L. n. 241 del 1990, pure richiamata dal Tar ed ispirata ad un criterio di leale collaborazione tra Amministrazione e soggetto privato, conduce quindi ad una delibazione di fondatezza della censura concernente la violazione delle garanzie partecipative, stante il già segnalato andamento asfittico e sincopato con il quale il contraddittorio si è sviluppato nel corso dell’iter amministrativo.
Come è noto e ampiamente riconosciuto dalla giurisprudenza, la comunicazione di avvio del procedimento - oltre a dover contenere tutte le informazioni indicate all’art. 8 della legge n. 241/1990 - è finalizzata ad agevolare una partecipazione utile e proficua al procedimento amministrativo del soggetto cui essa è indirizzata, onde consentirgli di esercitare, in sede procedimentale, il proprio diritto di collaborazione istruttoria e di difesa ( ex multis , Cons. Stato, Sez. III, n. 5187 del 2020).
8. Il secondo rilievo - connesso al precedente e già positivamente delibato da questa Sezione in sede cautelare - attiene al “ .. troppo rapido e persino lacunoso esame delle indicate stimate fonti di introito, anzitutto quello derivante dall’immobile conferito dal fondatore, ma anche quelli rivenienti a vario titolo per il periodo 2020/2022, su cui l’appello si sofferma con dati e cifre ”.
8.1. Si è fatto cenno nei precedenti paragrafi ai dati economici che sono stati trascurati dall’amministrazione e che anche il Tar ha ritenuto di non poter delibare per assenza di “ censure specifiche in proposito ”.
L’organo di controllo ha deciso di limitare la propria azione ad una semplice richiesta di chiarimenti, senza soffermarsi ad analizzare i bilanci, le note integrative e le relazioni di missione, e senza approfondire le ragioni della contestata diminuzione patrimoniale, salvo poi decretare, in modo subitaneo, l’estinzione della Fondazione.
8.2. Appare peraltro corretto quanto osservato dal Tar Lecce circa il fatto che, per valutare la legittimità del decreto di estinzione, occorresse far riferimento soltanto ai documenti presenti sino adozione di detto provvedimento, non potendosi perciò considerare il piano economico stilato successivamente. Nondimeno, proprio questo principio avrebbe dovuto indurre la Prefettura a valutare i bilanci preventivi e consuntivi, le note integrative e le allegate relazioni di missione giacenti presso la Prefettura di Lecce al momento dell’adozione dell’atto, ovvero l’insieme dei dati illustrati nel business plan , appositamente allegato agli atti del giudizio di primo grado al fine di rendere più agevole la lettura del complessivo compendio istruttorio.
8.3. Su questo tema non pare determinante neppure il richiamo all’art. 22 del D.Lgs. n. 117/2017, a mezzo del quale il Tar Lecce ha sostenuto la tesi secondo la quale il controllo esercitato dall’autorità amministrativa non comporta poteri di indirizzo gestionale, né può imporre modalità organizzative diverse da quelle liberamente prescelte dall’ente interessato.
Il giudizio di sproporzione e di incongruenza dell’intervento prefettizio emerge, infatti, dalle modalità complessive attraverso le quali esso si è sviluppato – prendendo le mosse da una delibazione solo parziale della documentazione acquisita e da un limitato scambio interlocutorio con la parte interessata. Queste carenze procedimentali hanno orientato il provvedimento autoritativo in un senso che è poi risultato viziato sotto il profilo della sua adeguatezza e rispondenza alla effettiva situazione patrimoniale dell’ente.
Ferma, quindi, l’impossibilità di ingerenza delle Prefettura nelle scelte gestionali e organizzative della Fondazione, ciò che si coglie nella descritta dinamica è un difetto di congruenza e di coerenza tra l’esito conclusivo del procedimento e le premesse istruttorie che ne erano alla base.
8.4. Questa incoerenza è stata colmata dal primo giudice attraverso una autonoma valutazione (contenuta al paragrafo II.III della sentenza) della documentazione non esaminata dalla Prefettura, la quale disamina, tuttavia, non può valere a sanare il vizio istruttorio, stante la preclusione in tal senso disposta dall’art. 34 comma 2 c.p.a..
8.5. Neppure può condividersi l’assunto del primo giudice secondo cui la “ parte ricorrente non ha espresso censure specifiche in proposito, non lamentando alcuna sproporzione nell’agere prefettizio e non deducendo affatto nel ricorso la possibilità per la Prefettura di Lecce di adozione di misure meno incisive (con conseguente impossibilità per questo Tribunale di valutare tale circostanza) ”.
Invero, sia nel ricorso introduttivo (pag. 8 e ss.), sia nelle successive memorie depositate -OMISSIS-, la ricorrente ha articolato una censura di eccesso di potere per errata applicazione dell’art. 27 c.c., argomentata proprio sulla carenza di dati istruttori coerenti con la contestata insufficienza del patrimonio della fondazione.
9. Sussistono fondati motivi, in conclusione, per riscontrare la fondatezza dell’appello e disporre, in riforma della sentenza impugnata, l’annullamento dell’atto gravato in primo grado.
10. Ne consegue l’obbligo conformativo in capo alla Prefettura di rideterminarsi nel rispetto dei vincoli formali e procedimentali sin qui evidenziati ed attraverso una valutazione globale degli elementi istruttori rilevanti.
11. Resta da esaminare la domanda risarcitoria avanzata dalla Fondazione “-OMISSIS-” in relazione alle conseguenze pregiudizievoli che le sarebbero derivate dalla notifica dell’illegittimo decreto di estinzione.
11.1. Il pregiudizio, di natura patrimoniale e non, si sarebbe concretizzato: i) nel danno emergente (quantificato in complessivi € 9.500,00) conseguente alla mancata realizzazione delle attività istituzionali programmate; ii) nel lucro cessante (quantificato in circa € 2.000,00) derivante dalla impossibilità di procedere con ulteriori iniziative senza la necessaria autorizzazione del Commissario liquidatore all’uopo nominato; iii) nel danno all’immagine e alla reputazione causatole dal procedimento amministrativo in corso.
11.2. La domanda risarcitoria non può essere accolta, in relazione ad alcuna delle voci innanzi riepilogate.
11.3. Le prime due (apparentabili sotto la comune categoria del “lucro cessante”) fanno riferimento a mancati introiti che non solo risultano sprovvisti di elementi di prova, ma che appaiono anche genericamente prospettati, con formulazioni vaghe e indeterminate (“ progetti in corso d’opera ” - “ programmate iniziative ”), prive di riferimenti a dati concreti e, pertanto, del tutto inadeguate anche ad una dimostrazione del danno di tipo meramente presuntivo.
11.4. Appare carente di elementi fondanti anche l’asserito danno all’immagine e alla reputazione che sarebbe derivato all’ente dal procedimento amministrativo di estinzione. La parte omette di considerare che:
-- alla base dell’estinzione sussistono carenze funzionali delle quali l’autorità amministrativa, in linea di principio, deve limitarsi a prendere atto;
-- dette ragioni possono anche derivare da circostanze obiettive, neutre, prive di connotati negativi e, dunque, inidonee a cagionare una compromissione della reputazione o dell’immagine dell’ente;
-- la lesione in ipotesi derivante da un provvedimento di estinzione illegittimo va dunque verificata in concreto, sia sotto il profilo dell’impatto pubblico - in ipotesi negativo - che la vicenda estintiva può avere assunto all’esterno;sia sotto il profilo della riferibilità del danno e del relativo risarcimento ad un soggetto giuridico esistente e ristorabile;
-- infine, il difetto istruttorio sin qui delibato, configurandosi come vizio emendabile, lascia impregiudicati gli ulteriori esiti del procedimento e la futura verifica dei presupposti oggettivi e soggettivi dell’invocata fattispecie risarcitoria.
11.5. Per quanto esposto, la domanda risarcitoria va respinta.
12. La peculiarità delle questioni trattate giustifica la compensazione delle spese di lite.