Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2011-07-21, n. 201104426

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2011-07-21, n. 201104426
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201104426
Data del deposito : 21 luglio 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 08174/2006 REG.RIC.

N. 04426/2011REG.PROV.COLL.

N. 08174/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8174 del 2006, proposto da S L V e S F, rappresentate e difese dall'avv. A R, con domicilio eletto presso Alessandro Turco in Roma, largo dei Lombardi, 4;

contro

- il Settore provinciale del Genio civile di Benevento, non costituitosi in giudizio;
- il Comune di Buonalbergo, non costituitosi in giudizio;
- l’ Autorità di bacino dei fiumi Liri, Garigliano e Volturno, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, con domicilio per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
- la Regione Campania, rappresentata e difesa dall' avv. S Colosimo, con domicilio presso l’ufficio di rappresentanza regionale in Roma, via Poli, 29;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - SEZ. STACCATA DI SALERNO: SEZIONE II n. 00542/2006, resa tra le parti, concernente SOSPENSIONE ATTIVITA' DI COLTIVAZIONE E DI RECUPERO AMBIENTALE DI UNA CAVA


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 giugno 2011 il consigliere B R P e uditi per le parti l’ avvocato dello Stato Marchini e l’avv. Panariello per delega dell’ avv. Colosimo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1). Con atto del Comune di Buonalbergo (Benevento) n. 4059 del 22 settembre 1999 le sig.re Vincenza S L e Filomena S erano autorizzate ad eseguire lavori di recupero ambientale di una cava sita in località Pesconfreda, qualificata abbandonata ai sensi dell’art. 29 della l.r. Campania 13 dicembre 1985, n. 54. I termini di ultimazione del recupero ambientale erano più volte prorogati e da ultimo, con provvedimento del 26 giugno 2003, fino alla data del 30 settembre 2003

A seguito di iniziative di verifica e di vigilanza sull’ esecuzione dei lavori - che avevano visto partecipi il Comune di Buonalbergo, la Regione Campania ed il settore provinciale del Genio civile di Benevento - con provvedimento comunale n. 4349 del 5 agosto 2003 era disposta la sospensione dell’attività di recupero ambientale dell’area di cava, con ordine di recinzione del sito e di eliminazione della situazione di pericolo.

Avverso detto provvedimento, nonché gli atti istruttori, connessi e ad esso preordinati, le sig.re S L V e S F insorgevano avanti al Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Sezione staccata di Salerno, assumendone l’illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere in diversi profili.

Con motivi aggiunti era proposta impugnativa avverso la nota del 3 dicembre 2003 ed il decreto n. 3146, in data 7 ottobre 2003, del Genio civile di Benevento;
l’ordinanza n. 1 del 30 settembre 2003, emessa dal responsabile del procedimento del settore cave e torbiere della Regione Campania;
la deliberazione della Giunta regionale n. 5473 del 15 novembre 2002 e il decreto del presidente della Giunta regionale n. 574 del 2002.

Con sentenza n. 542 del 2006 il Tribunale regionale respingeva il ricorso.

Avverso detta sentenza le sig.re S L e S hanno proposto atto di appello ed hanno confutato le conclusioni del primo giudice, insistendo nei motivi di legittimità articolati in primo grado.

Si è costituita in giudizio la Regione Campania che, in via preliminare, ha eccepito l’improcedibilità del ricorso in appello a fronte della volontà espressa dalle le sig.re S L e S, con atto acquisito al protocollo della Regione il 24 ottobre 2006, di rinunziare all’impugnazione. Nel merito la Regione ha contrastato i motivi di ricorso e chiesto al conferma della sentenza appellata.

In sede di note conclusive il difensore delle ricorrenti ha sottolineato la permanenza dell’interesse alla decisione nel merito della controversia ed ha svolto ulteriori considerazione a sostegno della fondatezza dei motivi di appello.

All’udienza del 14 giugno 2011 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

2). Va preliminarmente esaminata l’eccezione di improcedibilità dell’appello formulata dalla Regione Campania.

La Regione ha esibito atto a firma delle odierne appellanti, indirizzato al Genio civile di Benevento ed assunto a protocollo dalla Regione medesima in data 24 ottobre 2006, con il quale si dichiara di voler rinunziare al contenzioso relativo alla sentenza n. 541 del 2006, resa dal Tribunale amministrativo regionale della Campania, Sezione staccata di Salerno, e segnatamente all’appello pendente avanti al Consiglio di Stato.

Osserva il collegio che detta dichiarazione non è assistita dai requisiti prescritti dall’art. 44 del r.d. 17 agosto 1907, n. 642 (vigente alla data di redazione e sottoscrizione dell’atto), consistenti nella formale notifica alle altre parti in causa e nel successivo deposito in giudizio, affinché la stessa possa essere qualificata come atto di formale rinunzia al ricorso, con ogni conseguente effetto estintivo del giudizio in corso.

Si versa, pertanto, a fronte di quella che, in pratica, è rimasta una mera dichiarazioni di intenti delle odierne ricorrenti, che non è stata poi introdotta nel processo, per produrre gli effetti di estinzione della domanda giudiziale propri di una vera rinuncia al ricorso, secondo le regole formali stabilite al riguardo.

Nemmeno la dichiarazione di voler porre termine al contenzioso in atto, risalente al 2006, può essere elevata - in ragione di quanto stabilito per la rinuncia tacita al ricorso dall’art. 84, comma 4, Cod. proc. amm. - a fatto concludente, presuntivo di un’univoca volontà di non proseguire il ricorso per abbandono della domanda giudiziale. Si tratta di una fattispecie che, per la rilevante incidenza dei suoi effetti, richiede una rigorosa dimostrazione, e questa nel caso concreto è impedita dall’assenza di specifiche istruzioni al difensore - conformi all’intento informalmente palesato di rinunciare all’impugnativa – e di ogni altro concreto elemento dal quale possa indubitabilmente emergere nell’attualità il venir meno dell’interesse alla decisione.

2.1). Nel merito l’appello è infondato.

2.2.). Con il primo motivo - ulteriormente sviluppato in sede di note conclusive - le ricorrenti insistono sull’illegittimità dell’ordinanza comunale del 5 agosto 2003, di sospensione del lavori di cava, perché adottata in difetto di istruttoria e, in ogni caso, sulla scorta dell’intervento di organi incompetenti (Regione Campania e Genio civile di Benevento), trattandosi di lavori di ricomposizione e recupero ambientale di cava abbandonata per i quali ogni competenza in materia deve intendersi devoluta al comune, ai sensi dell’art 35 della l.r. Campania 13 dicembre 1985, n. 54.

Il motivo non va condiviso.

Quanto alla dedotta insufficienza dei mezzi istruttori, l’atto di sospensione dei lavori di recupero ambientale – assentiti con autorizzazione del Comune di Buonalbergo rilasciata il 22 settembre 1999, successivamente prorogata fino al settembre 2003 – è stato preceduto da due accessi e sopralluogo di funzionari del Genio civile di Benevento, effettuati in data 25 luglio e 5 agosto 2003, con la partecipazione al secondo sopralluogo del responsabile del procedimento del Comune di Buonalbergo, delle ditte proprietarie e del direttore responsabile di cava.

In tale sede è stata effettuata un’attenta ed esaustiva ricognizione dello stato dei luoghi e, in merito all’attività in corso, sono stati formulati rilievi articolati in distinti punti di contestazione.

E’ noto che - in assenza di puntuali previsioni di legge o di regolamento – rientra nella sfera di discrezionalità dell’amministrazione la valutazione della sufficienza dei mezzi istruttori necessari ai fini del provvedere. Nella specie gli accertamenti posti in essere, nei limiti del sindacato esterno del giudice amministrativo, non si configurano carenti e tantomeno inidonei a consentire ogni successiva consapevole determinazione in ordine allo svolgimento dell’attività estrattiva.

La verifica istruttoria non è stata, inoltre, compiuta con esautoramento del Comune di Buonalbergo, che ha invece partecipato con proprio rappresentante al sopralluogo del 5 agosto 2003, facendo propri, nell’atto di sospensione, tutti i riscontri e rilievi formulati in quella sede.

Nemmeno, sotto un ulteriore profilo, si può accedere alla tesi delle ricorrenti volta a ricondurre nell’esclusiva competenza del comune ogni accertamento in ordine alle modalità di esercizio dell’ attività di ricomposizione ambientale. Infatti l’ente locale può avvalersi, nella fase istruttoria del procedimento, dell’apporto di altra amministrazione tecnicamente qualificata nella materia ed anche, se necessario, di un professionista all’uopo incaricato, ferma restando ogni autonoma e definitiva valutazione in ordine agli elementi acquisiti da parte dell’organo chiamato ad emettere il provvedimento finale.

2.3). L’atto di sospensione dei lavori di recupero ambientale non è viziato per l’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento sfociato nella misura interdittiva.

I privati interessati hanno preso parte, su invito dell’ Amministrazione, alle verifiche in loco del 5 agosto 2003. In tale sede sono state impartire prescrizioni di assoluto divieto di attività di cava e di modifica della stato dei luoghi . Non sono state, pertanto, violate le regole di partecipazione al procedimento dettate dagli artt. 7 e segg. della legge 7 agosto 1990, n. 241, stante la conoscenza acquisita da parte dei destinatari del provvedimento finale dell’iniziativa assunta dall’Amministrazione, dell’autorità procedente e del suo stesso possibile esito sulla scorta degli accertamenti effettuati.

2.4). Quanto al merito del provvedimento di sospensione, le ricorrenti negano la sussistenza, in fatto ed in diritto, dei presupposti per l’ inibitoria del prosieguo dell’attività di recupero ambientale della cava qualificata come abbandonata.

Si è già in precedenza accennato che l’atto di sospensione segue al riscontro di un pluralità di irregolarità inerenti, tra l’altro: all’assenza di recinzione;
alla situazione di pericolo per quanto attiene i cigli dei fronti di cava;
all’ assenza di parametri per quantificare il materiale estratto (registro giornaliero, capisaldi altimetrici, certificazioni sulla tipologia dei materiali e sul grado di inquinamento);
all’accumulo disordinato di materiale senza individuazione di un’area di stoccaggio;
allo svolgimento di attività di scavo in prossimità delle adiacenti strada statale n. 90 e strada comunale Scarpuzza ;
ai quantitativi di materiale in esubero eccedenti i limiti dello stretto recupero ambientale;
all’assenza di polizza fideiussoria.

Non si può accedere all’approccio artificialmente atomistico dell’appello circa la motivazione addotta a sostegno della misura interdittiva, volta a disattendere taluni degli addebiti ascritti, poiché ciò che rileva, in ragione dell’interesse pubblico curato con l’atto, è il complesso delle irregolarità riscontrate da cui ha tratto ragione l’adozione del provvedimento di sospensione.

L’ intervento dell’ Amministrazione trova primaria giustificazione nella necessità di contenere l’attività estrattiva nei limiti di ciò che è funzionale allo stretto recupero e ricomposizione ambientale per le specifiche finalità prese in considerazione dall’art. 9 della l.r. n. 54 del 1985 (sistemazione idrogeologica e rimodellamento del terreno;
risanamento paesaggistico;
restituzione dei suoli agli originari usi produttivi agricoli), affinché l’intervento non debordi nell’esercizio surrettizio di quella che in realtà è una nuova cava, vale a dire affinché non si usi dell’apparenza del recupero ambientale come mero pretesto per quella che in realtà è un’ulteriore estrazione. Si versa, quindi, a fronte di un controllo rigoroso sulle modalità di esecuzione dell’attività di recupero e, segnatamente sui quantitativi materiali estratti, cui si collegano puntuali adempimenti e cautele a carico del soggetto autorizzato, di cui è stata constatata l’inosservanza sotto numerosi aspetti.

Nella specie, la protrazione nel tempo degli interventi nell’area della cava qualificata abbandonata , i notevoli quantitativi di materiale estratto, la loro collocazione in altro sito, costituiscono elementi che non fanno recedere, sul piano della ragionevolezza e della coerenza con i presupposti in fatto presi in considerazione, il giudizio di merito tecnico dell’ Amministrazione circa la non riconducibilità dell’attività estrattiva nei limiti di ricomposizione ambientale consentiti dall’art. 31 della l.r. n. 54 del 1985.

Peraltro, in presenza di una pluralità di ragioni poste a sostegno del provvedimento amministrativo, è sufficiente che talune di esse siano idonee a sostenere la determinazione adottata, ancorché altre possano recedere a fronte di contestazioni in ordine alla loro legittimità.

Nella specie non sono poste in discussione: l’assenza di recinzione;
le condizioni di pericolo derivanti dai fronti e dai cigli di cava;
la mancanza di capisaldi altimetrici e planimetrici, come prescritti dall’autorizzazione comunale n. 4959 del 2 settembre 1999;
l’ assenza di una valida polizza fideiussoria e delle certificazione sulla tipologia dei materiali estratti, anche agli effetti dell’inquinamento. Siffatti inadempimenti forniscono di per sé un’idonea giustificazione alla misura cautelativa adottata dal Comune di Buonalbergo.

2.5). Non costituisce elemento viziante del provvedimento il richiamo, nella fase istruttoria del procedimento, alle linee di indirizzo dettate dalla Regione Campania con delibera di Giunta n. 5473 del 15 novembre 2002 in materia di utilizzazione di terre e rocce di scavo, che le ricorrenti sostengono inapplicabili alla fattispecie in questione in presenza di un atto autorizzatorio risalente al settembre 1999.

In base al principio tempus regit actum , l’attività autorizzata non è sottratta alla disciplina che sopravviene. Non si determina, quindi, alcun consolidamento - quanto agli obblighi del soggetto autorizzato - della disciplina vigente alla data di rilascio dell’atto abilitativo alla ricomposizione ambientale. Peraltro l’ultima proroga dell’attività di recupero è stata accordata con provvedimento del 26 giugno 2003 e, quindi, nella vigenza del nuovo quadro regolamentare, che non poteva essere ignorato dall’ Amministrazione comunale, sia in sede di controllo dell’attività in corso, sia al momento in cui è stato dilazionato il termine di efficacia dell’iniziale autorizzazione.

2.6). Come statuito dal Tribunale regionale, una volta riconosciuta la legittimità dell’ordinanza di sospensione, gli atti successivi che in detto provvedimento traggono presupposto si sottraggono ad ogni censura di invalidità in via derivata.

L’ ordinanza della Regione Campania, Assessorato lavori pubblici n. 1 del 30 settembre 2003 non si configura, infine, viziata per difetto di motivazione, essendo in essa diffusamente esternate le ragioni preclusive dell’attività di recupero ambientale, quale originariamente autorizzato dal comune di Buonalbergo, in base alle verifiche ispettive del 25 luglio e 5 agosto 2003, nonché il quadro normativo di riferimento che, in presenza di attività estrattiva qualificata abusiva, consente di imporre ogni misura necessaria per il recupero ambientale dell’area.

Per le considerazioni che precedono l’appello va respinto.

In ordine alle spese relative al presente grado di giudizio nessuna determinazione è adottata nei confronti del Comune di Buonalbergo e del Settore provinciale del Genio civile di Benevento, non costituitisi in giudizio;
è disposta la compensazione nei confronti dell’ Autorità di bacino dei fiumi Liri, Garigliano e Volturno, in presenza di costituzione solo formale;
seguono la soccombenza e si liquidano in euro 2.500,00 (duemilacinquecento/00) in favore della Regione Campania.

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