Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2014-04-29, n. 201402206
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N. 02206/2014REG.PROV.COLL.
N. 09139/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 9139 del 2013, proposto da:
O N, rappresentato e difeso dagli avv. E C, M D B, con domicilio eletto presso Benito Panariti in Roma, via Celimontana, n. 38;
contro
Ministero dell'Interno, Questura di Padova;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. VENETO - VENEZIA :SEZIONE III n. 00524/2013, resa tra le parti, concernente diniego rinnovo del permesso di soggiorno;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 30 gennaio 2014 il Cons. Alessandro Palanza e udito per la parte appellante l’avvocato Perla su delega di Dal Ben;
Sentite la stessa parta ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. – Il signor Nwankwo Okwudili ha impugnato la sentenza del TAR per il Veneto n. 524/2013 che ha respinto il ricorso avverso il provvedimento con il quale veniva disposta la revoca della sua carta di soggiorno.
2. - La sentenza respinge il ricorso basandosi sui seguenti elementi:
- la condanna per stupefacenti riportata nel 2010 dal ricorrente;
- il comportamento in occasione dell’arresto, quando il ricorrente ha tentato di investire gli agenti di polizia;
- la considerazione che l’inserimento sociale del ricorrente e i vincoli familiari non possono prevalere sull’interesse alla sicurezza pubblica quando la minaccia è comprovata non solo dalla condanna, ma anche dalla “eccezionale aggressività dimostrata nei confronti delle forze dell’ordine”.
3. - L’appellante censura la sentenza che non ha considerato che il provvedimento ha applicato la previgente disciplina che prevedeva l’automatismo nel caso del compimento di reati rientranti negli articoli 380 o 381 c.p.p., mentre la nuova disciplina - conseguente alle modifiche introdotte del D.lgs n. 5/2007, in attuazione della direttiva 2003/86/CE all’art. 9 del D.lgs. n. 286/1998 - prevede solo che se ne debba tener conto ai fini della verifica della pericolosità sociale, che non può più essere presunta come ben specificato dalla circolare del Ministero dell’interno n. 400/A/2007/463/P/10.2.2 e da ampia e costante giurisprudenza. Non si può prescindere dalla parallela valutazione sulla integrazione sociale familiare lavorativa dell’interessato, che è solo nominata nel provvedimento e considerata solo come aspetto secondario dalla sentenza. In termini di fatto, la difesa dell’appellante ricorda che la condanna in questione prevede la circostanza attenuante della lieve entità del fatto e che la esecuzione della pena è stata sospesa, segnalando inoltre che l’interessato è padre di 4 bambini nati in Italia e che con la moglie ha stipulato un mutuo per l’acquisto della casa.
4. – Le Amministrazioni appellate non si sono tempestivamente costituite.
5. – La causa è stata chiamata e trattenuta in decisione alla udienza pubblica del 30 gennaio 2014.
6. – Il Collegio, vista la recente giurisprudenza costituzionale e ammnistrativa in materia, ritiene che ricorrano i presupposti di cui all’art. 60 del c.p.a. e, a norma di questo stesso articolo, avvisate le parti, ha deciso la causa direttamente nel merito.
7. – L’appello deve essere accolto.
7.1. – Il provvedimento impugnato in primo grado è motivato dalla condanna per spaccio di stupefacenti riportata nel 2010 e dal comportamento aggressivo tenuto in occasione dell’arresto.
7.2. – Deve tuttavia tenersi conto dei seguenti concomitanti elementi:
- la condanna per stupefacenti prevede la circostanza attenuante della lieve entità del fatto e la sua esecuzione è stata sospesa dal giudice penale;
- nel frattempo è intervenuta in materia anche la sentenza della Corte costituzionale n. 172/2012, che in relazione alle procedure di “emersione” ha considerato costituzionalmente illegittima la equiparazione degli effetti delle condanne per i reati di cui all’art. 381 c.p.p. a quelle per i reati di cui all’art. 380 c.p.p., principio che deve a maggior ragione estendersi ai casi di revoca della carta di soggiorno di lungo periodo ai quali neppure può applicarsi la suddetta equiparazione;
- per quanto risulta agli atti, la condanna si presenta come un fatto isolato in un contesto di vita regolare;
- il comportamento aggressivo tenuto in occasione dell’arresto non è stato seguito da uno specifico procedimento penale come avrebbe dovuto senza che sia stata data qualche spiegazione di tale mancato seguito;
- tale comportamento non è pertanto configurabile né qualificabile con certezza e non può di conseguenza assumere un carattere determinante;
- la famiglia regolarmente residente dell’interessato è composta della moglie regolarmente residente in Italia a seguito di ricongiungimento familiare e di 4 figli minori, tutti nati in Italia, che in questo paese frequentano regolarmente le scuole.
7.3. – Gli elementi indicati al punto 7.2. - e soprattutto quelli legati alla situazione familiare - non risultano essere stati considerati dal provvedimento impugnato in contrasto con le disposizioni di cui all’art. 5, comma 5, secondo periodo, del D.lgs. n. 286/1998, a tutela di ricongiungimento familiare, come costantemente interpretate dalla giurisprudenza di questa Sezione, di recente confermata e definitivamente fissata dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 202/2013, che ha esteso tale tutela alle situazioni familiari costituitesi in Italia, assimilabili al ricongiungimento familiare.
7.4. – Gli effetti di questa sentenza della Corte costituzionale da ultimo citata risultano nel loro complesso diretti non solo ad estendere il significato, ma anche a rafforzare sensibilmente il peso,
nella economia della intera disciplina dell’immigrazione, delle disposizioni citate dell’art. 5, comma 5, e delle altre disposizioni a tutela della unità familiare, con particolare riferimento alla relazione tra genitori e figli. La tutela della situazione familiare ed in particolare la esistenza di effettivi legami familiari con figli pienamente radicati nel nostro paese devono pertanto considerarsi, in base alla normativa vigente dopo la richiamata sentenza della Corte costituzionale, oggettivamente e definitivamente prevalenti sui meccanismi automatici di valutazione della pericolosità sociale in base alle cosiddette condanne ostative.
7.5. - In presenza di significative situazioni familiari e di figli radicati in Italia, senza una contestuale dimostrazione di pericolosità sociale, basata su fatti concludenti, deve considerarsi illegittimo il diniego del permesso di soggiorno sulla base di condanne ostative e di mere formule di rito ad esse conseguenti.
7.6. – Nel caso di specie, consegue alla sentenza della Corte costituzionale da ultimo richiamata la necessità di una nuova valutazione della complessiva situazione quale si è determinata sulla base dei parametri sopraindicati che conferiscono peso prevalente alla situazione familiare, salve specifiche motivazioni con riferimento a comportamenti dell’interessato valutabili sotto il profilo della minaccia alla sicurezza pubblica, con particolare riferimento a quelli più recenti successivi alla condanna, di cui alla motivazione del provvedimento impugnato.
8. – In base alle esposte considerazioni l’appello deve essere accolto ai fini di un riesame del provvedimento impugnato in primo grado alla luce dei parametri fissati dall’interpretazione delle disposizioni dell’art. 5, comma 5, secondo periodo, fissati dalla più recente giurisprudenza costituzionale richiamata al precedente punto 7. 2. e seguenti.
9. – In relazione alla natura della questione e dell’andamento del giudizio nelle due fasi, dovuto alla sopravvenuta giurisprudenza costituzionale e amministrativa, le spese per entrambi i gradi del giudizio devono essere compensate tra le parti.