Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2011-08-26, n. 201104812

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2011-08-26, n. 201104812
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201104812
Data del deposito : 26 agosto 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01652/2010 REG.RIC.

N. 04812/2011REG.PROV.COLL.

N. 01652/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1652 del 2010, proposto da:
A D L, rappresentato e difeso dagli avv. P F, F P, con domicilio eletto presso F P in Roma, via Antonio Musa, 12/A;

contro

Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I BIS n. 01301/2009, resa tra le parti, concernente PROCEDURA DEI STABILIZZAZIONE DEI VIGILI DEL FUOCO VOLONTARI


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 giugno 2011 il Cons. Lanfranco Balucani e uditi per le parti l’avvocato Pertica e l’avvocato dello Stato Caselli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso proposto dinanzi al TAR Lazio il sig. De Luca Alberto ha impugnato la sua esclusione dalla procedura selettiva indetta dal Ministero dell’Interno per l’assunzione di personale nel Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, motivata per il mancato possesso del “requisito delle qualità morali e di condotta” in relazione alla condanna penale riportata dal ricorrente, peraltro non dichiarata nella autocertificazione allegata alla domanda di assunzione.

Con sentenza 9 febbraio 2009, n.11312 il TAR adito, Sez. I bis, ha dichiarato il ricorso inammissibile per non essere stato notificato ad almeno uno dei controinteressati, e per non aver impugnato tempestivamente la clausola del bando che prevedeva il possesso del requisito anzidetto, ritenuta immediatamente lesiva. Ha altresì ritenuto il ricorso infondato, adducendo che l’art. 5 del bando richiedeva la dichiarazione relativa alle condanne penali eventualmente riportate (anche ai sensi dell’art.444 c.p.p.);
e che, se è vero che il requisito della buona condotta è stato eliminato come necessario per l’accesso ai pubblici impieghi, non è escluso il potere della P.A. di valutare i fatti di rilevanza penale ai fini della affidabilità del soggetto: ciò che è stato fatto attraverso una autonoma valutazione della Amministrazione.

Avverso la sentenza del TAR l’interessato ha interposto appello deducendo i seguenti motivi di gravame:


1) diversamente da quanto statuito dal primo giudice, non esistono controinteressati poichè tutti i candidati della graduatoria sono stati o sarannno assunti indipendentemente dalla esclusionedell’appellante;
in ogni caso, a fronte dell’atto di esclusione non sono individuabili controinteressati;

2) il requisito delle “qualità morali e di condotta” previsto dalla clausola del bando non escludeva la possibilità per chi ha riportato una condanna patteggiata di partecipare al concorso;
né il prestampato della domanda imponeva di dichiarare le condanne patteggiate;

3) non vi è stata valutazione dei fatti in quanto l’Amministrazione si è limitata ad acquisire la sentenza di patteggiamento e ad affermare che tale condanna è incompatibile con lo svolgimento della attività lavorativa di vigile del fuoco;

4) l’aver previsto tra i requisiti per l’ammissione alla procedura selettiva il possesso delle qualità morali e di condotta di cui all’art.26 L. n.53/1989 costituisce violazione dell’art.26 L.1 febbraio 1989,n.53, in quanto il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco non rientra tra le Forze di Polizia indicate dall’art.16 L. 1 aprile 1981, n.121;

5) il requisito delle qualità morali e di condotta è requisito diverso ed autonomo rispetto a quello di non aver riportato condanne penali, e deve essere espressamente previsto;
l’aver considerato la sentenza patteggiata nell’ambito del requisito delle qualità morali e di condotta, anziché in quello dell’assenza di sentenze di condanna, costituisce vizio di eccesso di potere;

6) è mancata una effettiva istruttoria ed una corretta valutazione dei fatti penalmente rilevanti;
l’interessato non è stato messo in condizione di presentare la memoria e i documenti previsti dall’art.10 L. n.241/1990;

7) la sentenza di patteggiamento non è una sentenza di condanna perché non accerta la responsabilità penale dell’imputato.

Costituendosi in giudizio il Ministero dell’Interno ha controdedotto:

-che,avendo il ricorrente impugnato la graduatoria finale della procedura selettiva, avrebbe dovuto notificare il ricorso ad almeno uno dei controinteressati;

-che la clausola del bando relativa al requisito della moralità e condotta, essendo preclusiva della partecipazione del ricorrente, avrebbe dovuto essere da questi impugnata tempestivamente;

-che al reclutamento del personale del Corpo dei Vigili del Fuoco è applicabile il requisito del possesso delle qualità morali e di condotta;

-che inoltre la omessa indicazione, nella autocertificazione, della esistenza della sentenza penale patteggiata giustifica la esclusione dal concorso.


DIRITTO

Secondo quanto esposto in narrativa, con la sentenza di primo grado il TAR si è pronunciato anche sulle questioni di inammissibilità del gravame per mancata notifica ai controinteressati (id est: ai vincitori del concorso risultanti dalla graduatoria finale), nonché per la tardiva impugnativa della clausola del bando che prescriveva il possesso del requisito delle “qualità morali e di condotta” per l’ammissione al Corpo dei Vigili del Fuoco.

Nell’esame del presente atto di appello il Collegio ritiene di poter prescindere dai profili di inammissibilità del ricorso, stante la palese infondatezza dei motivi di gravame concernenti l’esclusione dal concorso, come già statuito nella sentenza impugnata.

Sostiene l’appellante che nella specie non troverebbe applicazione l’art.2 L. 1 febbraio 1989, n.53 che per le “altre Forze di Polizia” indicate all’art.16 L.1 aprile 1981, n.121 richiede il possesso delle “qualità morali e di condotta” (così come per la ammissione al concorso in magistratura), non rientrando il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco tra le istituzioni contemplate dall’anzidetto art. 16 L. n.53;
conseguentemente sarebbe illegittima la clausola del bando laddove richiede siffatto requisito.

Ma l’argomentazione non appare conclusiva dal momento che l’esclusione dal concorso oggetto di impugnativa rinviene il suo fondamento in altre valide motivazioni.

Invero, anche a voler ritenere che il bando non potesse richiedere il particolare requisito indicato dall’art.26 L. n.53/1989, è però indubbio che la condanna penale per traffico di stupefacenti riportata dal ricorrente con sentenza patteggiata divenuta irrevocabile, unitamente alla circostanza che lo stesso ne ha omesso la dichiarazione al momento della presentazione della prescritta autocertificazione, si pone come legittima causa di esclusione della procedura concorsuale.

E’ bensì vero che la condanna penale non è di per sé preclusiva della costituzione del rapporto di pubblico impiego;
e ciò non solo perché con la legge 29 ottobre 1984, n.732 è venuto meno tra le condizioni per l’accesso al pubblico impiego il requisito della buona condotta (che poteva ritenersi escluso dalla condanna penale), ma soprattutto per la considerazione che in conseguenza della pronuncia della Corte Costituzionale n.971/1988 la sentenza penale di condanna, così come non può determinare la automatica destituzione di diritto ex art. 85 T.U. (richiedendosi a tal fine l’apertura del procedimento disciplinare), così non può considerarsi ostativa alla instaurazione del rapporto d’impiego.

Senonchè, come ha ripetuto la giurisprudenza amministrativa, la condanna penale può certamente essere causa di esclusione dalla procedura concorsuale ove ad essa si accompagni una autonoma e specifica valutazione della Amministrazione sulla gravità dei reati commessi (cfr. in tal senso Cons.St. VI, 27 dicembre 2000, n.6883;
20 gennaio 2006, n.130). E proprio su questa linea si è mossa l’Amministrazione: la quale, oltre a considerare la omessa dichiarazione della condanna, ha tenuto conto del particolare disvalore dei reati per i quali il ricorrente era stato condannato (traffico di sostanze stupefacenti e partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di stupefacenti), rilevando che gli addebiti a carico del ricorrente erano incompatibili con le funzioni che gli appartenenti al Corpo VV.FF. sono chiamati a svolgere “a tutela della incolumità delle persone e della preservazione dei beni… che richiedono…. un comportamento nella vita professionale e sociale conforme a profondi e radicati principi di legalità, moralità, correttezza e solidarietà sociale.”

Si aggiunga che non vale a sminuire la gravità della condanna riportata dal ricorrente la circostanza che si sia trattato di sentenza di applicazione della pena su richiesta della parte ex art. 444 c.p.p. giacchè, come ha correttamente rilevato il giudice di primo grado, essa presuppone in ogni caso la responsabilità penale dell’imputato.

Per quanto precede l’appello in esame deve essere respinto.

Sussistono giusti motivi per compensare le spese processuali del presente grado di giudizio tra le parti in causa.

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