Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-01-18, n. 202100561

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-01-18, n. 202100561
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202100561
Data del deposito : 18 gennaio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 18/01/2021

N. 00561/2021REG.PROV.COLL.

N. 06862/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6862 del 2019, proposto da
G M, rappresentato e difeso dall'avvocato P N, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Otranto, Responsabile dell'Area Tecnica del Comune di Otranto, Funzionario Istruttore dell'Area Tecnica del Comune di Otranto, Comune di Otranto - Ufficio Tecnico Comunale - Sportello Unico per l'Edilizia non costituiti in giudizio;

per l’annullamento e/o la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia sezione staccata di Lecce (Sezione Terza) n. 00447/2019, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore il Cons. Francesco De Luca nell'udienza pubblica del giorno 14 gennaio 2021, svoltasi ai sensi dell’art.25 Decreto Legge 28 ottobre 2020 n.137, conv. in L. 18 dicembre 2020, n. 176, attraverso l'utilizzo della piattaforma "Microsoft teams”;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Ricorrendo dinnanzi a questo Consiglio il Sig. Muscatello propone appello avverso la sentenza n. 447 del 2019, con cui il T Puglia, Lecce ha soltanto in parte accolto i motivi di ricorso proposti in prime cure avverso i provvedimenti comunali di demolizione di opere abusive realizzate dal ricorrente e di rigetto di un’istanza di sanatoria ex art. 36 DPR n. 380 del 2001.

In particolare, l’odierno appellante deduce:

- di essere proprietario di un’area in zona PIP del Comune di Otranto distinta in catasto al fgl. 41 lotti 6-21-7-22, p.lle 411-412-413-417-427 sulla quale insistono dei capannoni che il medesimo ricorrente utilizza per lo svolgimento della propria attività lavorativa;

- di avere ricevuto la comunicazione di un’ordinanza di demolizione (n. 362 del 2015), avente ad oggetto n. 4 tettoie realizzate sull’area di proprietà;

- di avere chiesto con istanza del 21 dicembre 2015 la sanatoria delle predette opere e, comunque, di avere impugnato l’ordinanza di demolizione dinnanzi al T Puglia, Lecce;

- di avere ricevuto, in pendenza del giudizio, il provvedimento n. 18594 del 2017, con cui l’Amministrazione comunale rappresentava l’avvenuta formazione del silenzio rigetto sull’istanza di sanatoria, per decorso del termine di 60 giorni in assenza di una decisione espressa, nonché invitava il ricorrente all’ottemperanza dell’ordinanza di demolizione n. 362 del 2015;

- di avere chiesto con pec del 6.11.2017 il riesame/rinnovo dell’istanza di sanatoria e, comunque, di avere impugnato con motivi aggiunti nell’ambito del giudizio pendente in primo grado il provvedimento n. 18594 del 2017 cit.;

- di avere in data 18.12.2017 specificato a parziale modifica/integrazione della nota precedente che le tettoie realizzate sul lato ovest del lotto di proprietà non dovevano ritenersi comprese nell’istanza di sanatoria e, pertanto, si sarebbe proceduto entro il termine di sessanta giorni al completamento del loro smontaggio;
il che è stato successivamente accertato nell’ambito di un sopralluogo comunale del 5.1.2018, in cui si è dato atto dell’avvenuta rimozione delle coperture delle tettoie poste all’interno del lotto con fondo sterrato posto in adiacenza sul lato ovest ai lotti in cui insistono i capannoni;

- di avere ricevuto la nota n. 6539 del 26.2.2018, con cui l’Amministrazione comunale ha comunicato l’avvio del procedimento di diniego dell’istanza di permesso di costruire e di avere presentato in controdeduzione osservazioni con memoria dell’8.3.2018;

- di avere ricevuto il provvedimento n. 13942 del 2018, con cui l’Amministrazione comunale ha disposto la definitiva chiusura del procedimento di riesame/rinnovo, rigettando l’istanza di sanatoria ex art. 36 DPR n. 380 del 2001 e comandando l’osservanza dell’ordine di demolizione n. 362 del 2015;

- di avere impugnato con motivi aggiunti anche tale ultimo provvedimento comunale;

- di essere risultato parzialmente soccombente nel giudizio di prime cure, avendo il T rigettato il motivo di ricorso riferito al diniego di sanatoria, nonostante sussistessero i presupposti per provvedere al richiesto accertamento di conformità ex art. 36 DPR n. 380 del 2001.

2. In particolare, alla stregua di quanto emergente dalla sentenza appellata:

- la presentazione dell’istanza di accertamento di conformità, ai sensi dell’articolo 36 del D.P.R. n. 380/2001, successivamente all’emanazione dell’ordinanza di demolizione, produceva l’effetto di rendere inefficace il pregresso provvedimento di demolizione, in quanto il necessario riesame dell’abusività o meno dell’opera in seguito alla richiesta ex articolo 36 del D.P.R. n. 380/2001 avrebbe obbligato l’Amministrazione ad una nuova valutazione della situazione di abusività , idonea ad incidere sulla precedente ordinanza di demolizione (emanata, appunto, sul presupposto dell’illegittimità dell’opera), rendendola inefficace;

- di conseguenza, posto che il ricorrente, ancora prima della proposizione del ricorso principale, aveva presentato un’istanza di sanatoria ex art. 36 DPR n. 380 del 2001, in relazione ad opere oggetto di ordine di demolizione, tale ordine doveva ritenersi inefficace e, pertanto, il ricorso principale, in quanto proposto avverso un’ordinanza di demolizione già inefficacie, doveva ritenersi inammissibile per difetto di interesse;

- parimenti, dovevano essere annullati, in accoglimento dei motivi aggiunti, i successivi provvedimenti comunali (n. 18594 del 2017 e n. 13942 del 2018), nella parte in cui l’Amministrazione disponeva l’osservanza di un ordine di demolizione (n. 362 del 2016) ormai inefficace;

- dovevano ritenersi inammissibili i motivi aggiunti proposti avverso la nota n. 18594 del 2017, nella parte in cui comunicava l’avvenuta formazione del silenzio rigetto, facendosi questione di atto dal contenuto meramente ricognitivo di un effetto già prodottosi sul piano sostanziale e, come tale, non lesivo e non impugnabile dal ricorrente;

- era fondata la censura con cui si denunciava la previsione di un termine di trenta giorni, inferiore a quello legale di novanta giorni, concesso con il provvedimento n. 13942 del 2018 per l’esecuzione dell’ordine di demolizione n. 362 del 2015;

- era infondato il terzo motivo dei secondi motivi aggiunti, riferito al diniego di sanatoria opposto con il provvedimento n 13942 del 2018, tenuto conto che la realizzazione di tettoie di profondità superiore ai due metri era idonea a generare volume, in eccedenza rispetto alla volumetria consentita dallo strumento urbanistico generale vigente nel Comune di Otranto;
il che ostava alla sua sanatoria anche ai sensi degli artt. 146 e 167 D. Lgs. n. 42 del 2004, che non ammettono la sanatoria in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, quale quella di specie, in caso di lavori, sine titulo , che abbiano determinato un incremento della volumetria.

3. Il ricorrente ha proposto appello, articolando un unico complesso motivo di impugnazione, con cui ha denunciato l’omesso esame, da parte del T, delle doglianze formulate in prime cure e, comunque, l’erroneità della pronuncia, per avere ritenuto che le tettoie de quibus fossero idonee a generare volumetria e, quindi, non fossero suscettibili di sanatoria.

4. Nella camera di consiglio del 12 settembre 2019, fissata per la discussione della domanda cautelare, la causa è stata rinviata all’udienza di merito.

5. Con note di udienza del 12 gennaio 2021 la parte appellante ha insistito nelle proprie argomentazioni e conclusioni.

6. La causa è stata trattenuta in decisione nell’udienza del 14 gennaio 2021.

DIRITTO

1. Con un unico articolato motivo di appello la sentenza di prime cure è censurata nella parte in cui ha rigettato il terzo motivo dei secondi motivi aggiunti, riferito all’illegittimità del diniego di sanatoria opposto dal Comune intimato.

Secondo la prospettazione dell’appellante:

- il T avrebbe omesso di esaminare le censure svolte in prime cure, limitandosi a ritenere corrette le argomentazioni rassegnate dall’Amministrazione comunale in ragione delle dimensioni non indifferenti delle tettoie;

- l’aspetto dimensionale non risultava dirimente per valutare l’idoneità delle opere de quibus a generare volumetria;

- alla stregua di quanto emergente dalla relazione tecnica del 18 giugno 2018, le opere de quibus non generavano volume e non esprimevano superficie utile, potendo, dunque, essere sanate ai sensi dell’art. 36 DPR n. 380 del 2001.

In particolare, si tratterebbe di tettoie prive di chiusure laterali, realizzate in totale autonomia dai capannoni con copertura in pannelli coibentati, imbullonate al suolo, da ritenere opere pertinenziali, in quanto funzionalmente collegate agli immobili preesistenti e all’attività in essere.

Inoltre, in ragione della loro autonomia strutturale, tali tettoie non potevano considerarsi pensiline aggettanti, risultavano idonee ad esprimere superficie coperta non utile, escludendo l’art.

4.2 del Regolamento comunale le superfici porticate pubbliche e private dal calcolo della superficie utile;
né concorrevano allo sviluppo del volume, non recando alcuna tamponatura verticale;
alle stesse non avrebbe potuto, inoltre, applicarsi il limite di copertura pari a 1/3 della superficie complessiva del lotto, tenuto conto che il regolamento del PIP riferisce tale limite alle sole strutture chiuse e non già alle superfici pertinenziali che nello stesso regolamento, quando si parla di altezze degli edifici, vengono “fatte salve”;
il che risponderebbe all’esigenze dell’area produttiva, non potendo le attività svolte essere confinate all’interno delle sagome planivolumetriche del Piano esecutivo.

In ogni caso, all’esito delle demolizioni eseguite, sarebbe stato rispettato il limite di copertura di 1/3.

Facendosi questione di opera irrilevante ai fini volumetrici, sarebbe ammessa la sanatoria, pure in presenza di un vincolo paesaggistico sull’area in esame.

2. Preliminarmente, si osserva che l’unico thema decidendum dell’odierno giudizio, in assenza di appello incidentale proposto dall’Amministrazione comunale, riguarda la legittimità delle ragioni di diniego di sanatoria opposte con il provvedimento n. 13942 del 2018.

3. Al riguardo, come emerge dal relativo atto amministrativo, il Comune odierno appellato ha pronunciato su un’istanza di sanatoria riferita “ ad alcune coperture precarie/tettoie per ricovero imbarcazioni ”.

Trattasi di istanza presentata in relazione ad opere oggetto dell’ordinanza di demolizione n. 362 del 23.10.2015 e consistenti in:

lato ovest del capannone sito sul lato ovest dell'area di proprietà – Tettoia aperta sui lati posta in opera in adiacenza al capannone di dimensioni 6,50 x 48,00 mt. La stessa risulta realizzata con pilastrini e travette metalliche e copertura metallica coibentata;

lato ovest area di proprietà – Tettoia aperta sui lati posta in opera in adiacenza a muratura perimetrale (a divisione di un lotto e realizzata in blocchi di cls) di dimensioni 7,00 x 40,00 mt. La tettoia è realizzata in pilastrini e travette metalliche e copertura metallica;

lato nord capannone centrale – Tettoia posta in opera in adiacenza al capannone di dimensioni 5,60 x 22,00 mt e mt 5,70 x 32,40, realizzata con pilastrini e travette metalliche e copertura metallica coibentata;

lato est capannone centrale – Tettoia posta in opera in adiacenza al capannone, di dimensioni 10,00 x 25,00 mt, realizzata con pilastrini e travette metalliche e copertura metallica coibentata ”.

Secondo quanto ritenuto dall’Amministrazione:

- le tettorie presentavano una profondità maggiore a 2 ml e, pertanto, come da regolamento comunale “(ancorché con il nuovo regolamento edilizio tipo questa profondità sia stata ridotta a 1,50 ml) ”, costituivano superficie coperta e, quindi, ricompresa nella volumetria totale della costruzione;

- tali coperture/tettoie, in quanto di profondità superiore a due metri, dunque, dovevano considerarsi a tutti gli effetti volume, e, pertanto, concorrevano alla volumetria massima disponibile per il lotto interessato come da Norme del Piano di lottizzazione della Zona PIP;

- le coperture concorrevano a determinare l’indice di copertura massimo di 1/3 dell’intera area del lotto come da norme del Piano di Lottizzazione.

Sulla base di tali rilievi il Comune ha ritenuto di non accogliere l’istanza di sanatoria “ in quanto le tettoie (alla luce di quanto sopra) sono da considerarsi nuovo volume e quindi non sono sanabili né dal punto di vista urbanistico né tanto meno dal punto di vista paesaggistico ricadendo l’area in zona vincolata come da piano paesaggistico regionale (PPRT) ”.

L’odierno appellante ritiene che le opere de quibus , da un lato, dovessero ritenersi mere opere pertinenziali, come tali neanche assoggettabili al rilascio del permesso di costruire, dall’altro, comunque, non potessero generare volumetria e, dunque, fosse illegittimo il diniego opposto dal Comune.

3. Ciò premesso, deve, in primo luogo, rigettarsi l’appello nella parte in cui tende a denunciare un’omessa pronuncia inficiante la sentenza di prime cure.

Al riguardo, alla stregua di quanto chiarito dall’Adunanza Plenaria di questo Consiglio (27 luglio 2016, n. 21) deve distinguersi tra motivo di ricorso e argomentazione: il motivo di ricorso delimita e identifica la domanda spiegata nei confronti del giudice;
a sostegno del motivo la parte può addurre un complesso di argomentazioni, volto a illustrare le diverse censure, ma che non sono idonee, di per sé stesse, ad ampliare o restringere la censura, e con essa la domanda.

Mentre in relazione al motivo si pone l'obbligo di corrispondere, in positivo o in negativo, tra chiesto e pronunciato - nel senso che il giudice deve pronunciarsi su ciascuno dei motivi e non soltanto su alcuni di essi-, rispetto alle argomentazioni non sussiste un obbligo di specifica pronunzia da parte del giudice, il quale è tenuto a motivare la decisione assunta esclusivamente con riferimento ai motivi di ricorso come sopra identificati.

Avuto riguardo al caso di specie, il motivo di ricorso svolto in prime cure – in relazione al quale il T avrebbe omesso di statuire – tendeva a denunciare l’illegittimità del diniego di sanatoria opposto dall’Amministrazione, incentrato sulla rilevanza a fini volumetrici delle coperture per cui è causa.

Tale motivo è stato esaminato dal T, il quale, una volta riconosciuta la rilevanza volumetrica delle coperture, ha ritenuto che le stesse non potessero essere sanate, in quanto realizzate in zona sottoposta al vincolo paesaggistico.

Ne deriva che alcuna omessa pronuncia è contestabile in relazione alla sentenza di prime cure, avendo il T, nell’osservanza del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, statuito sullo specifico motivo svolto dal ricorrente, pervenendo al suo rigetto con una motivazione volta ad asseverare la legittimità del diniego di sanatoria opposto dal Comune, incentrato sull’effettivo ampliamento volumetrico, non sanabile in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, conseguente alle opere realizzate dall’odierno appellante.

4. In ogni caso, si osserva che, in ragione dell’effetto devolutivo dell’atto di appello e della tassatività delle fattispecie di rimessione della causa al primo giudice ex art. 105 c.p.c., il vizio di omessa pronuncia non è idoneo a determinare l’annullamento della sentenza con rinvio al T (non configurando una fattispecie di violazione del diritto di difesa della parte), bensì impone di decidere in sede di gravame le censure asseritamente non esaminate in primo grado.

5. Provvedendo, quindi, ad esaminare comunque i motivi di censura svolti dall’appellante, preliminarmente, devono ritenersi irrilevanti le doglianze riguardanti l’inapplicabilità ratione temporis del sopravvenuto regolamento edilizio approvato con delibera della Giunta regionale del 21.12.2017 n. 2250 pubblicata sul Burp n. 6 dell’11.01.2018.

L’Amministrazione comunale, pur operando un riferimento (peraltro, tra parentesi, a dimostrazione della sua non essenzialità ai fini della decisione amministrativa) al “ nuovo regolamento tipo ”, recante una diversa regolazione della profondità delle tettoie ai fini del calcolo della volumetria, ha, infatti, fondato il proprio diniego sulle precedenti disposizioni regolamentari, che avevano riguardo ad una profondità di 2 metri lineari come limite oltre il quale la tettoia avrebbe dovuto computarsi nel calcolo volumetrico.

6. Ciò premesso, deve osservarsi che la lettura combinata delle previsioni regolamentari all’uopo applicabili conferma la correttezza della decisione di prime cure, secondo cui le tettoie per cui è causa devono computarsi ai fini volumetrici, non potendo, pertanto, essere sanate ex art. 36 DPR n. 380 del 2001.

Ai sensi dell’art.

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