Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-03-23, n. 202002024

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-03-23, n. 202002024
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202002024
Data del deposito : 23 marzo 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 23/03/2020

N. 02024/2020REG.PROV.COLL.

N. 08538/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8538 del 2017, proposto dai signori
-OMISSIS- e -OMISSIS-, rappresentati e difesi dagli avvocati L C e G P, con domicilio eletto presso lo studio G P in Roma, viale Giulio Cesare 14;

contro

Comune di -OMISSIS-, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria n. -OMISSIS-/2017, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 febbraio 2020 il Cons. Giovanni Orsini e udito per le parti l’avvocato L C.

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il T per la Liguria con la sentenza impugnata ha in parte respinto e in parte dichiarato improcedibili il ricorso originario e i motivi aggiunti proposti dagli odierni appellanti contro i provvedimenti adottati dal Comune di -OMISSIS- con riferimento a lavori concernenti il mutamento di destinazione d’uso di un sottotetto in un immobile di proprietà degli stessi appellanti già oggetto di condono edilizio.

Erano stati impugnati con il ricorso originario il provvedimento (n. 1554/332 del 4 febbraio 1999) di annullamento della concessione edilizia in sanatoria n. 583 rilasciata il 22 febbraio 1997;
il provvedimento (n. 2069 del 18 febbraio 1999) di annullamento della concessione edilizia n. 4557 rilasciata il 27 dicembre 1996;
la relativa ordinanza di demolizione per opere edilizie realizzate in base a titolo annullato (n. 2808 del 9 marzo 1999). Con i motivi aggiunti è stato impugnato il provvedimento n. 5291 del 7 marzo 2013 con cui è stata respinta la nuova domanda di condono presentata ai sensi del decreto-legge n. 269 del 2003 e della legge regionale n. 5 del 2004.

2. L’appello, considerando errata la sentenza e contestandone le motivazioni, ripropone i motivi di primo grado.

3. Con ordinanza n. 5666 del 2018 questa Sezione ha chiesto agli appellanti di riferire sull’esito del procedimento penale intentato nei loro confronti in relazione ai lavori oggetto della causa.

3.1. In data 28 dicembre 2018 gli appellanti hanno trasmesso alla segreteria i relativi atti processuali, ivi compresa la sentenza del Tribunale di Sanremo – sezione distaccata di Ventimiglia che li ha condannati, a seguito di accordo tra le parti e di riqualificazione dei fatti contestati, a due mesi di reclusione poi sostituiti con pena pecuniaria per i reati di cui all’agli articoli 483 e 480 del codice penale.

4. Con memoria difensiva del 4 novembre 2019, gli appellanti hanno precisato che “ gli atti finali della sentenza di applicazione della pena su accordo delle parti, a seguito della riqualificazione dei fatti contestati (anch’essa intervenuta su accordo delle parti) non consente di trarre certezza sul piano fattuale dei presupposti della decisione del giudice penale ”.

5. Non risulta costituita l’amministrazione intimata.

6. All’udienza pubblica del 13 febbraio 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.

7. L’appello è infondato.

7.1. Con il primo motivo del ricorso introduttivo gli appellanti avevano dedotto l’illegittimità del provvedimento di annullamento d’ufficio in via di autotutela della concessione in sanatoria per mancata acquisizione del parere della commissione edilizia. Con l’appello contestano in particolare l’affermazione del T secondo cui nei procedimenti di condono tale parere non è obbligatorio, in considerazione del fatto che nel procedimento di annullamento, in applicazione del principio del “ contrarius actus ”, il parere avrebbe dovuto essere richiesto, dato che era stato acquisito nel procedimento di primo grado.

La censura non può essere accolta. Il parere della commissione edilizia deve essere richiesto anche nel procedimento di annullamento quando era stato acquisito nel procedimento relativo all’atto annullato ad eccezione dei casi in cui l’annullamento si presenta come atto vincolato, sia supportato da ragioni formali o di tipo esclusivamente giuridico o il parere sia comunque ininfluente rispetto all’adozione del provvedimento.

Nel caso di specie, l’annullamento in autotutela della concessione in sanatoria ha avuto luogo sulla base di una rilevata infedele rappresentazione della situazione dei lavori al momento della presentazione della domanda di condono e non della incompatibilità urbanistica dell’intervento e, d’altra parte, l’appellante non ha rappresentato, neanche in sede di ricorso, elementi concreti e certi in base ai quali accertare la tempestiva realizzazione delle opere per cui è causa, sicché qualsiasi valutazione espressa dalla commissione edilizia sarebbe stata superflua.

Va altresì considerato – secondo quanto stabilito dalla sentenza di primo grado - che il parere della commissione edilizia non è obbligatorio nei procedimenti di condono e che, quindi, l’acquisizione di detto parere nel predetto procedimento costituisce un passaggio procedimentale non necessario, con la conseguenza che tale circostanza non conduce affatto alla violazione del principio del contrarius actus nel procedimento di autotutela.

7.2. In base ad analoga considerazione deve essere respinto anche il secondo motivo con il quale si lamenta la violazione delle garanzie procedimentali a causa del mancato esame degli atti depositati dal ricorrente.

Rilevato che sul piano formale il vizio censurato è inconsistente, atteso che gli appellanti sono stati posti in condizione di proporre le loro controdeduzioni, la circostanza che l’Amministrazione abbia ritenuto assorbente la non veridicità delle asserzioni relative al già avvenuto mutamento di destinazione d’uso prima della data di scadenza prevista dalla legge giustifica l’asserito mancato esame delle controdeduzioni su altri aspetti poiché tali allegazioni non sono risultate idonee a confutare in particolare quanto emerso in sede di sopralluogo dei funzionari comunali.

L’appellante lamenta che il T avrebbe determinato un’impropria inversione dell’onere della prova affermando che anche in un procedimento di secondo grado essa avrebbe dovuto essere fornita dall’istante. In realtà, il giudice di primo grado si è correttamente riferito al verbale del 3 gennaio 1999 relativo all’accesso operato dei funzionari comunali da cui risulta che la modificazione della destinazione del sottotetto ad abitazione non era neppure iniziata.

7.3. Anche i successivi motivi appaiono non fondati. In particolare, con il terzo motivo si ribadisce che in un provvedimento di secondo grado avrebbe dovuto essere l’Amministrazione a provare la non veridicità della dichiarazione dell’istante e che, viceversa, gli elementi richiamati a questo riguardo nel provvedimento sarebbero in conflitto con la documentazione fornita dall’interessato.

Occorre chiarire al riguardo che il T ha formulato la propria affermazione, concernente l’onere di provare che le opere erano state realizzate in un’epoca anteriore al termine previsto, riferendola proprio alla domanda originaria: l’Amministrazione in sede di autotutela ha annullato il provvedimento di condono alla luce di quanto emerso dal sopralluogo dei funzionari comunali e dalle fotografie aeree. Gli appellanti non hanno fornito elementi contrari a tale assunto.

Ciò vale anche per la doglianza contenuta nel quarto motivo nella quale si contesta il rilievo contenuto nel provvedimento del Comune relativo alla diversa rappresentazione dell’inclinazione del tetto. Sul punto non appare rilevante in ogni caso la qualificazione errata del titolo professionale dell’appellante riportata nella sentenza del T.

7.4. Devono essere conseguentemente respinti il quinto motivo, che deduce l’illegittimità derivata del certificato di abitabilità e il sesto motivo che deduce l’illegittimità derivata dell’annullamento della concessione n.4557.

È condivisibile inoltre l’avviso del giudice di primo grado relativamente all’errore meramente formale contenuto nel preavviso del provvedimento concernente la concessione n. 4557 del 1996 in cui ci si riferisce alla decadenza e non anche all’annullamento d’ufficio dell’atto, dato che da tale errore non sono derivati effetti negativi sostanziali per gli interessati.

7.5. Priva di pregio è la censura di cui all’ottavo motivo del ricorso originario concernente la asserita mancata violazione dell’articolo 5 delle NTA del PRG per la quale il T ha correttamente chiarito che la rappresentazione delle opere da condonare deve essere “completa e veritiera” a prescindere dalla riconducibilità di una parte delle stesse ad un precedente proprietario.

La connessione degli atti di annullamento delle due concessioni rende infine non accoglibile la censura di cui al punto 9, concernente il difetto di motivazione dell’annullamento della concessione n. 4557.

7.6. Quanto al motivo riproposto dagli appellanti contenuto nei motivi aggiunti di primo grado e riguardante il diniego dell’istanza di sanatoria presentata ai sensi del decreto legge n. 269, si deve precisare che l’interpretazione fornita dagli appellanti – secondo cui la non applicabilità di tale condono agli abusi realizzati in aree soggette a vincolo paesaggistico prevista dal comma 27 dell’articolo 32 non dovrebbe valere per le opere realizzate sulla base di un titolo rilasciato e poi annullato, ma solo per quelle realizzate senza titolo all’origine – non è conferente al caso di specie. È evidente infatti che la ratio della distinzione tra i due diversi tipi di abuso è quella di non penalizzare chi ha eseguito l’opera sulla base di un titolo edilizio solo successivamente annullato, consentendogli di sanare ex post la situazione;
tale norma di favore non può riguardare quindi le opere realizzate senza titolo (come quelle per cui è causa) e che sono state temporaneamente sanate con un provvedimento successivamente annullato.

Va confermata infine l’improcedibilità, per effetto del successivo deposito della nuova domanda di condono, dei motivi proposti in primo grado contro l’ordinanza di demolizione.

8. Per le considerazioni esposte l’appello deve essere respinto.

A causa della mancata costituzione dell’Amministrazione intimata non devono essere assunte decisioni sulle spese del presente grado di giudizio.

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