Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-01-09, n. 202000184

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-01-09, n. 202000184
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202000184
Data del deposito : 9 gennaio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/01/2020

N. 00184/2020REG.PROV.COLL.

N. 04044/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4044 del 2009, proposto dai signori
F O e B R, rappresentati e difesi dagli avvocati R A, A M e M P, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. A M in Roma, via Federico Confalonieri, n. 5;

contro

Il Comune di Fiesso d’Artico, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati A B, F B e G P, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. G P in Roma, viale Giulio Cesare n. 14a/4;

nei confronti

I signori Baraldo Umberto e Zuin Chiara, rappresentati e difesi dagli avvocati Enrico Vedova e Gabriella Mollica Luly, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Enrico Vedova in Roma, via Bergamo n. 43;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda) n. 3930/2008, resa tra le parti, concernente il rilascio di permesso di costruire.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Fiesso d’Artico e dei signori Baraldo Umberto e Zuin Chiara;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 novembre 2019 il Cons. Carla Ciuffetti, uditi per le parti gli avvocati M P, A B, Giovanni Corbyons e Gianluca Calderara;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La sentenza in epigrafe ha respinto il ricorso con cui gli odierni appellanti avevano avversato il permesso di costruire in sanatoria rilasciato in data 27 maggio 2008 dal Comune di Fiesso d’Artico agli odierni controinteressati, nonché i pareri della Commissione edilizia comunale in data 6 dicembre 2007 n. 178 e 10 aprile 2008 n. 45. Il permesso in questione riguardava la ristrutturazione edilizia di un fabbricato con opere interne, il cambio di destinazione di un locale, da uso garage a uso per attività artigianale (taglio di tomaie per calzature), la chiusura di una porta interna della porta di comunicazione tra la parte produttiva e la parte residenziale dello stesso fabbricato, con formazione di due distinte unità immobiliari. L’edificio, sito in zona C1 del territorio comunale, è confinante con quello degli odierni appellanti.

1.1. Il Tar ha dichiarato inammissibile per carenza di interesse il ricorso incidentale presentato dai controinteressati.

2. Con il presente appello, i ricorrenti deducono:

a) l’erroneità e l’insufficienza della motivazione della sentenza in epigrafe nella parte in cui ha respinto il motivo del ricorso di primo grado, con cui gli interessati asserivano che l’art. 32 delle norme tecniche di attuazione (NTA) del comunale piano regolatore generale (PRG) avrebbe posto un divieto assoluto di insediamento di attività produttive nella zona C1, a differenza di quanto previsto dall’art. 31 NTA per le aree in zona B;
con l’atto d’appello i ricorrenti deducono che, “se può convenirsi che l’art. 32 NTA consenta l’insediamento di attività produttive di nuova creazione e non la ricollocazione di aziende esistenti nello stesso ambito, non pare superabile il divieto posto con riferimento alle attività qualificate come insalubri dal D.M. 2 marzo 1987”, qual è l’attività artigianale cui si riferisce il cambio di destinazione d’uso del garage;
infatti le attività produttive sono escluse ai sensi dell’art. 31, comma 3, lett. c) NTA se rientrano nell’elenco delle attività insalubri di cui al D.M. 2 marzo 1987 e se sono fonte di emissioni inquinanti;
l’utilizzazione della congiunzione “e” anziché “o” nella formulazione della medesima lett. c) avrebbe dovuto portare l’Amministrazione alla conclusione che, nella fattispecie, il fatto che l’attività produttiva in questione non fosse fonte di emissioni inquinanti costituisse “circostanza necessaria ma non sufficiente per giungere a consentire il rilascio dell’autorizzazione”, in quanto la formulazione della citata disposizione configurerebbe i due requisiti come cumulativi e non come alternativi;
con memoria in data 24 ottobre 2019, gli appellanti deducono che l’art. 32 NTA non consentirebbe il cambio di destinazione d’uso ottenuto dai controinteressati in quanto la formulazione di tale articolo intenderebbe escludere in zona C1 la possibilità di nuovi insediamenti produttivi, che, invece, la formulazione dell’art. 31 NTA consentirebbe in zona B;
tale interpretazione del disposto dei richiamati articoli sarebbe coerente con l’attuale orientamento del diritto urbanistico e delle politiche ambientali tendenti all’allontanamento delle attività produttive dai centri abitati;
con memoria in data 4 novembre 2019, gli interessati precisano che le argomentazioni svolte nell’atto di appello in merito al rigetto del primo motivo del ricorso di primo grado non costituiscono rinuncia parziale all’impugnazione, ma tendono a sottolineare l’effetto paradossale di un’interpretazione del citato art. 32 NTA diretta a consentire l’insediamento di nuove attività produttive, in quanto comunque “risulterebbe insuperabile il divieto posto all’insediamento di attività qualificate come insalubri dal D.M. 2 marzo 1987”;

b) il travisamento dei fatti e l’insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata secondo la quale il PRG del Comune di Fiesso d’Artico avrebbe inteso richiamare l’art. 216 del R.D. n.1265/1934 (Testo unico delle leggi sanitarie), con l’effetto di consentire nelle zone residenziali, con particolari precauzioni, le attività produttive insalubri qualificate di seconda classe dal citato d.m. 2 marzo 1987 e di escludere del tutto solo quelle qualificate di prima classe;
la prescrizione prevista dal provvedimento impugnato (chiusura di una porta di collegamento tra il locale ad uso artigianale e l’abitazione) non poteva essere considerata come cautela a tutela del dell’abitato e doveva ritenersi disatteso il parere della competente Azienda unità locale socio-sanitaria n. 13 (AULSS), secondo il quale “ l’attività artigianale prevista (taglio pelli classificata come industria insalubre di 2 classe) deve essere compatibile con la destinazione urbanistica dell’area ”);
tale parere avrebbe richiesto all’Amministrazione una verifica della compatibilità dell’attività artigianale in questione, in quanto insalubre, con il PRG;
secondo gli appellanti “la citata disposizione del T.U. delle leggi sanitarie appare del tutto fuori luogo” e sarebbe illogico “il riferimento alla mancanza di indicazione da parte dell’USSL a particolari cautele nello svolgimento dell’attività”, con la conclusione che non si avrebbe nella fattispecie “un’attività idonea a produrre emissioni inquinanti o insalubri”;
dunque, il convincimento del Tar circa l’applicabilità nella fattispecie del citato art. 216 R.D. n.1265/1934 e l’ammissibilità dello svolgimento di attività insalubri di seconda classe con prescrizione di speciali cautele per l’incolumità del vicinato denoterebbe un travisamento dei fatti, perché nella fattispecie la prescrizione contenuta nel parere favorevole dell’

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