Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2011-03-04, n. 201101406

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2011-03-04, n. 201101406
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201101406
Data del deposito : 4 marzo 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 05735/2005 REG.RIC.

N. 01406/2011REG.PROV.COLL.

N. 05735/2005 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5735 del 2005, proposto da Z G, rappresentato e difeso dall'avv. D G, con domicilio eletto presso Ghera Garofalo in Roma, v.le delle Milizie, 1;

contro

Azienda U.S.L. Ba/4-Gest. Liquidatoria ex U.S.L. Ba/11, rappresentata e difesa dall'avv. L D, con domicilio eletto presso Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2;
Azienda Ospedaliera "Di Venere-Giovanni XXIII";
Regione Puglia;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PUGLIA – BARI - SEZIONE II n. 02837/2004, resa tra le parti, concernente DIFFERENZE RETRIBUTIVE


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 gennaio 2011 il Cons. N G, nessuno è comparso per le parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con atto notificato il 5.11.1997 e ritualmente depositato dinanzi al T.A.R. per la Puglia il dott. Z G, Aiuto di ruolo della Divisione Otorinolaringoiatria del Presidio Ospedaliero Giovanni XXIII di Bari, proponeva domanda di accertamento del proprio diritto:

a) alle differenze stipendiali per funzioni superiori di Primario svolte dal 1°.08.1992 al 31.07.1995, con esclusione del periodo dal 1°.12.1992 al 31.07.1993, già regolarmente valorizzato dall’Amministrazione;

b) alle differenze maturate nello stesso periodo ed allo stesso titolo per incentivazione alla produttività;

c) all’indennità per pronta disponibilità maturata dal gennaio 1992 al novembre 1995.

Il tutto con interessi legali e rivalutazione monetaria dalla maturazione dei singoli crediti sino al soddisfo, con la condanna dell’Ente di appartenenza al pagamento di quanto spettante.

In via subordinata l’interessato proponeva domanda di indennizzo a titolo di ingiustificato arricchimento ex art. 2041 c.c..

Con un distinto atto introduttivo notificato in pari data l’interessato reiterava le proprie domande, per la medesima causale:

a) per il periodo dal 14.06.1996 alla data del ricorso, per differenze stipendiali per le indicate funzioni superiori;

b) per il periodo dal novembre 1995 al febbraio 1997, per l’indennità per pronta disponibilità;

c) per il periodo dal 14.06.1996 alla data del ricorso, per incentivazione alla produttività.

Anche in questo caso con la condanna dell’Ente al pagamento delle somme spettanti, e sempre con gli accessori di legge.

Il T.A.R. adito, con la sentenza n. 2837 del 2004, riuniti i ricorsi, li respingeva.

Ad avviso del Tribunale l’art. 121, comma 7, del d.P.R. n. 384 del 1990 avrebbe consentito di remunerare l’esercizio di mansioni superiori solo per un periodo non superiore a sei mesi, decorsi i quali, pur in presenza del perdurante svolgimento delle stesse mansioni, queste non sarebbero state più retribuibili. L’interessato, che si era già visto compensato il semestre di mansioni primariali ammesso a retribuzione dalla norma, non avrebbe potuto, pertanto, ottenere ulteriori riconoscimenti economici.

Il T.A.R. aveva inoltre opposto al ricorrente che al di fuori del suddetto periodo, già valorizzato dall’Amministrazione, dal 1°.12.1992 al 31.07.1993, le sue mansioni superiori erano state svolte solo in via di fatto, in difetto di quel provvedimento formale di conferimento senza il quale nessuna remunerazione sarebbe stata comunque possibile.

Infine, quanto alla pretesa riguardante il servizio di pronta disponibilità, il Tribunale rilevava che con l’entrata in vigore del D.P.R. 384/1990 lo stesso servizio aveva trovato una regolamentazione non più autonoma (come previsto in precedenza dall’art. 82 d.P.R. 28.05.1987 n. 270), bensì solo nell’ambito del lavoro straordinario: ai sensi dell’art. 80, comma 5, del d.P.R. 384/1990, infatti, nella determinazione del monte ore annuo individuale riguardante il lavoro straordinario “si tiene conto del richiamo in servizio per pronta disponibilità".

Da ciò la necessità di una preventiva autorizzazione specifica da parte degli Organi competenti, in carenza della quale il servizio prestato in eccedenza si sarebbe dovuto considerare privo di copertura finanziaria, svolto in via di fatto e quindi non remunerabile. E poiché dagli atti depositati in giudizio risultava soltanto un ordine di servizio del Direttore Sanitario alla prestazione, non supportato da alcuna determinazione amministrativa autorizzativa, nemmeno tale pretesa avrebbe potuto essere accolta.

Avverso la sentenza n. 2837\2004 il ricorrente esperiva quindi il presente appello, con il quale articolava doglianze di difetto di motivazione, oltre che di illogicità e contraddittorietà della stessa, e di erronea interpretazione delle norme vigenti, riproponendo le proprie domande, prospettazioni e ragioni soprattutto alla luce della più recente giurisprudenza.

Resisteva anche in questo grado di giudizio l’Amministrazione intimata, che depositava una memoria di stile.

Le tesi dell’interessato trovavano dal canto loro illustrazione ed approfondimento in due successive memorie, con le quali si insisteva per l’accoglimento dell’appello.

Alla pubblica udienza del 21 gennaio 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

2. La Sezione rileva d’ufficio, in via preliminare, la necessità di dichiarare il difetto di legittimazione passiva della Regione Puglia, impropriamente evocata in giudizio in quanto estranea ai rapporti che formano oggetto del thema decidendum .

3. Nel merito, l’appello è parzialmente fondato.

Per le ragioni che si vedranno, infatti, è meritevole di accoglimento la pretesa della parte ricorrente di ottenere :

a) le differenze stipendiali riflettenti le funzioni superiori di Primario svolte dal 1°.08.1992 al 31.07.1995 (con esclusione del periodo dal 1°.12.1992 al 31.07.1993, già regolarmente valorizzato dall’Amministrazione), come pure dal 14.06.1996 alla data del ricorso di primo grado;

b) le differenze maturate negli stessi periodi e per la stessa causale a titolo di incentivazione alla produttività.

Per converso, la sentenza appellata merita conferma nella parte in cui ha escluso la spettanza all’interessato del trattamento di pronta disponibilità.

4. Si rammenta che il Tribunale ha già accertato che i periodi temporali in discussione hanno visto lo svolgimento da parte dell’attuale appellante delle superiori mansioni primariali rispetto ad un posto vacante.

Ha tuttavia ritenuto che ostassero al riconoscimento del correlativo differenziale di remunerazione:

- il limite di sei mesi in proposito dettato dall’art. 121, comma 7, del D.P.R. 28.11.1990 n. 384, che recita : “è corrisposto al dipendente incaricato di mansioni superiori, con provvedimento formale secondo le vigenti disposizioni, un compenso per il periodo eccedente i sessanta giorni nell’anno solare commisurato alla differenza tra lo stipendio base della posizione superiore e quello della posizione di appartenenza per un periodo non superiore a sei mesi;
al termine del quale le mansioni superiori non sono in alcun caso rinnovabili”;

- il punto che le mansioni superiori rimaste prive di remunerazione fossero state svolte solo in via di fatto, in difetto di un provvedimento formale di conferimento.

La giurisprudenza degli ultimi anni ha però acclarato come ragioni quali quelle appena indicate non possano giustificare, in fattispecie simili, il disconoscimento delle differenze retributive correlate all’esercizio di mansioni primariali da parte di un sanitario.

5. Con riferimento al presupposto dell’atto formale di conferimento, in particolare, si rileva quanto segue.

Secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale ( ex multis , C.d.S., sez. V, 14 gennaio 2009, n. 100;
24 agosto 2007, n. 449;
19 marzo 2007, n. 1299;
16 maggio 2006, n. 2790;
22 maggio 2003, n. 2779), nel settore sanitario, nel quale, diversamente da quanto accade in generale nel pubblico impiego, il fenomeno dello svolgimento di mansioni superiori è tradizionalmente disciplinato da un’apposita normativa di rango primario, il riconoscimento del trattamento economico per lo svolgimento di funzioni superiori è in via generale condizionato, oltre che alla vacanza del posto in pianta organica (cui si riferiscono le funzioni svolte), anche alla presenza del necessario previo formale atto di incarico dello svolgimento delle anzidette funzioni, da intendersi quale apposita decisione adottata dagli organi competenti dell'ente di assegnazione temporanea al posto di qualifica superiore, oltre che ovviamente all'effettiva prestazione delle stesse mansioni superiori.

La necessità dell'atto formale (che la giurisprudenza ha individuato in una puntuale e preventiva disposizione impartita dagli organi competenti della pubblica amministrazione datrice di lavoro: C.d.S., sez. V, 10 marzo 2009, n. 1375;
16 maggio 2006, n. 2790), non è venuta meno neppure con l'entrata in vigore del D.Lgs. 29 ottobre 1998 n. 387, che, con l'art. 15, ha reso operativa la disciplina di cui all'art. 56 del D.Lgs. 3 febbraio 1993 n. 29: infatti, ferma restando la vacanza del posto in organico di livello corrispondente alle mansioni, l'effettivo esercizio per un periodo di tempo apprezzabile delle mansioni della qualifica superiore presuppone pur sempre l'avvenuto conferimento delle stesse attraverso un incarico formale di preposizione da parte dell'organo che, all'epoca dello svolgimento delle mansioni superiori, era da ritenersi competente a disporre la copertura del posto (C.d.S., sez. V, 3 dicembre 2001, n. 6011;
24 agosto 2007, n. 4492;
23 gennaio 2008, n. 134).

Proprio per quanto concerne lo svolgimento delle funzioni superiori di primario, tuttavia, la stessa giurisprudenza ha per converso ritenuto che una simile vicenda, a causa del carattere inderogabile di tali funzioni, indispensabili per l'ordinato e proficuo funzionamento del servizio sanitario (che non può subire interruzioni), sia di per sé rilevante, anche a prescindere da qualsiasi atto organizzativo dell'amministrazione sanitaria, sufficiente essendo ai fini in esame, ai sensi dell'articolo 7, comma 5, del d.P.R. 27 marzo 1969, n. 128, che il sanitario abbia l'obbligo di esercitare le predette funzioni primariali ( ex multis, C.d.S., sez. V, 13 luglio 2010, n. 4521;
2 luglio 2010, n. 4235;
5 febbraio 2009, n. 633;
9 dicembre 2008, n. 6056;
12 aprile 2005, n. 1640;
20 ottobre 2004, n. 6784;
16 settembre 2004, n. 6009).

Donde l’inconsistenza dell’ostacolo costituito dalla mancanza di un provvedimento formale di conferimento delle mansioni svolte dall’attuale appellante per il periodo cui la controversia si riferisce.

6. Né vale opporre all’appellante il superamento del limite di sei mesi previsto dall’art. 121, comma 7, del D.P.R. 28.11.1990 n. 384.

La Sezione ha invero da tempo adottato l’indirizzo secondo cui il trattamento retributivo corrispondente alle mansioni superiori svolte spetta all'aiuto ospedaliero anche quando l'incarico di sostituzione del primario si protragga oltre il termine massimo di sei mesi previsto dall'art. 121 comma 7 cit., dal momento che quest'ultima previsione normativa si limita a vietarne il rinnovo alla scadenza del periodo massimo di sei mesi, ma non preclude il riconoscimento della spettanza delle congrue differenze retributive quando l'Amministrazione, contravvenendo a tale divieto, rinnovi invece l'incarico, o comunque permetta la prosecuzione dell'espletamento delle mansioni superiori anche oltre il tempo massimo previsto (cfr. CGA, n. 577 del 2009;
Consiglio Stato, V, 29 maggio 2006, n. 3234;
n. 3192 del 20 maggio 2010;
v. anche III, 22 gennaio 2002, n. 1623;
V, 29 gennaio 2004, n. 298).

Di conseguenza, ferma restando la non computabilità dei primi sessanta giorni, spettano al ricorrente le differenze retributive per l'intero periodo di svolgimento da parte sua delle superiori mansioni primariali che non gli siano state ancora remunerate.

7. Per tutte le considerazioni esposte, devono essere dichiarate fondate le pretese del ricorrente alle conferenti differenze di stipendio e incentivazione alla produttività per i periodi sopra compiutamente identificati.

8. Sui relativi crediti devono essere inoltre riconosciuti, come da domanda, gli interessi legali e la rivalutazione monetaria, dalla maturazione dei singoli ratei mensili sino al soddisfo, secondo i criteri appresso specificati.

In base all’art. 22, comma 36, della legge n. 724 del 1994, i ratei dei crediti retributivi tardivamente corrisposti, maturati fino al 31 dicembre 1994, vanno maggiorati sia di interessi legali (al tasso corrente alla scadenza del singolo rateo) che di rivalutazione monetaria: si puntualizza però, a tale riguardo, che gli interessi legali e la rivalutazione monetaria per gli emolumenti corrisposti tardivamente vanno calcolati separatamente sull’importo nominale del credito, con la conseguenza che sulla somma dovuta quale rivalutazione non vanno calcolati né gli interessi né la rivalutazione ulteriore, e sulla somma dovuta a titolo di interessi non vanno computati né ulteriori interessi né rivalutazione (cfr. ex plurimis Cons. St., sez. VI, n. 8 del 2001;
sez. V, n. 2661 del 2000;
A. P., n. 3 del 1998).

Di contro, sui ratei maturati successivamente al 31 dicembre 1994 compete esclusivamente la maggior somma fra interessi legali e rivalutazione monetaria (cfr. ex plurimis Cons. St., sez. VI, n. 8 del 2001;
sez. V, n. 2661 del 2000;
A.P., n. 3 del 1998).

9. La sentenza appellata merita invece conferma, come si è anticipato, nella parte in cui ha escluso la spettanza all’interessato del trattamento di pronta disponibilità.

Con l’impugnata pronuncia il Tribunale ha osservato, al riguardo, che con l’entrata in vigore del d.P.R. n. 384/90 la materia della pronta disponibilità aveva ormai trovato una regolamentazione non più autonoma, bensì nell’ambito del lavoro straordinario. Da ciò la necessità di una preventiva autorizzazione specifica da parte degli Organi competenti, in difetto della quale il servizio concretamente prestato in eccedenza si sarebbe dovuto considerare non remunerabile. E poiché dagli atti depositati in giudizio risultava soltanto un ordine di servizio del Direttore Sanitario, non supportato da alcuna determinazione amministrativa autorizzativa, la pretesa è stata reputata infondata.

A tanto l’appellante si limita a contrapporre, nel proprio atto di appello (pagg. 12-13), l’assunto che il relativo trattamento dovrebbe essere invece assicurato anche ove il servizio di pronta disponibilità fosse stato reso in eccedenza ai limiti contrattuali ed anche in difetto di autorizzazione. Si tratta, però, di una prospettazione che si pone in flagrante conflitto con il consolidato orientamento espresso anche in tale materia dalla giurisprudenza di questo Consiglio, che esclude la retribuibilità del lavoro straordinario del dipendente pubblico effettuato in carenza di preventiva e formale autorizzazione dell’Ente di appartenenza, necessaria a consentire la verifica delle ragioni di pubblico interesse che rendono opportuno il ricorso a prestazioni lavorative eccedenti l’ordinario orario (cfr., tra le tante: C.d.S., V, 4 giugno 2009, n. 3460;
IV, 12 maggio 2008, n. 2170;
24 maggio 2007, n. 2648;
C.G.A., 9 dicembre 2008, n. 960). Da qui la ininfluenza di produzioni documentali quali i “fogli presenze” nella specie prodotti, o materiale consimile, documenti attestativi che, a prescindere dalla loro eventuale valenza probatoria, non soddisfano in alcun modo il predetto, e indefettibile, requisito autorizzativo.

Per questa parte l’appello deve pertanto essere respinto.

10. La reciprocità della soccombenza, nonché la tardività della memoria conclusionale depositata dall’appellante in data 5 gennaio 2011, induce alla compensazione totale tra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.

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