Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-11-29, n. 201806777

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-11-29, n. 201806777
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201806777
Data del deposito : 29 novembre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 29/11/2018

N. 06777/2018REG.PROV.COLL.

N. 03949/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3949 del 2016, proposto dai signori G R, F M, R P, G C, G P C, M B, A C, G N, L S, B L, S M, A P, L S e L G, rappresentati e difesi dagli avvocati B B e G B, con domicilio eletto presso la signora A D Angelis in Roma, via Portuense, n. 104;

contro

la Provincia di Pesaro e Urbino, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato A C, con domicilio eletto presso Grez ed associati in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n. 18;
l’Unione Montana Alta Valle del Metauro, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Giorgio Rossi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Andrea Galvani in Roma, via Salaria, n. 95;
il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle Marche ed il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali - Corpo Forestale dello Stato, in persona dei legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
la Marche Multiservizi S.p.A, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Gianluca Bucci e Andrea Galvani, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Andrea Galvani in Roma, via Salaria, n. 95;
l’AATO n. 1 Marche Nord - Pesaro e Urbino, l’

ASUR

Marche, il Comune di Urbino, il Comune di Urbania, l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale delle Marche, il Dirigente del Servizio 4.1 Urbanistica Pianificazione Territoriale, il Dirigente del Servizio 4.3 Ambiente - Agricoltura - Tutela della Fauna della Provincia di Pesaro e Urbino, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per le Marche, Sezione I, n. 800 del 6 novembre 2015.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Pesaro e Urbino, dell’Unione Montana Alta Valle del Metauro, del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle Marche, del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, del Corpo Forestale dello Stato e della Marche Multiservizi S.p.A;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 ottobre 2018 il Cons. R C e uditi per le parti gli avvocati G B, A C, Giorgio Rossi, Gianluca Bucci per sé e per l’avvocato Andrea Galvani, e l’avvocato dello Stato Giovanni Palatiello;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Gli appellanti, che sono una parte dei ricorrenti in primo grado, espongono di essere tutti residenti nelle strette vicinanze della discarica per rifiuti solidi urbani di Ca’ Lucio nel Comune di Urbino (PU) e di avere impugnato, con il ricorso introduttivo di primo grado, i seguenti atti:

- la deliberazione di Giunta della Provincia di Pesaro e Urbino n. 182 del 1° agosto 2013 recante il giudizio positivo di compatibilità ambientale ai sensi dell’art. 16 del d.lgs. n. 152 del 2006 ed il rilascio di autorizzazione integrata ambientale ai sensi degli artt. 29 nonies e 213 del d.lgs. n. 152 del 2006 in relazione al progetto di ampliamento dell’impianto di discarica per rifiuti non pericolosi di Cà Lucio, Comune di Urbino;

- i verbali delle conferenze dei servizi del 16 marzo 2012 e del 26 ottobre 2012;

- i pareri favorevoli rilasciati ed emessi dagli enti pubblici partecipanti alle suddette conferenze di servizi;

- ogni altro connesso o collegato.

Essi soggiungono che, con motivi aggiunti, hanno esteso l’impugnativa all’atto del 20 febbraio 2014, a firma del Dirigente del Servizio 13 della Provincia di Pesaro e Urbino Ambiente – Agricoltura – fonti Rinnovabili – Pianificazione Ambientale, avente ad oggetto il nulla osta alla realizzazione di modifica non sostanziale relativa alla coltivazione di nuovo lotto funzionale per l’abbancamento dei rifiuti nella fase operativa dell’anno 2014.

Il T.a.r. per le Marche, con la sentenza n. 800 del 6 novembre 2015, ha respinto il ricorso introduttivo ed il ricorso per motivi aggiunti.

Gli appellanti, premessi cenni sulla loro legittimazione attiva, hanno articolato i seguenti motivi di impugnativa:

Violazione e falsa applicazione direttiva 85/337/CEE – art. 20 ss. d.lgs. 152/06 – art. 3 ss L.R. 14.4.04 n. 7 disciplina della procedura di impatto ambientale – linee guida generali regionali per l’attuazione della legge regionale sulla V.I.A. – violazione e falsa applicazione artt. 29 ter ss. d.lgs. 152/06artt. 14 bis e 3 L. 241/90 – eccesso di potere per difetto di istruttoria – falso presupposto in fatto e in diritto – illogicità e irrazionalità manifeste – sviamento.

La valutazione di impatto ambientale si sostanzia in una complessa e approfondita analisi comparativa tesa a valutare il sacrificio ambientale imposto dal progetto rispetto all’utilità socio-economica dallo stesso ritraibile, tenuto conto delle alternative possibili e dei riflessi sulla c.d. opzione zero, investendo propriamente gli aspetti localizzativi e strutturali di un impianto.

Le soluzioni alternative, però, non sarebbero state in alcun modo esplicitate dal gestore, che si sarebbe limitato ad uno studio di impatto ambientale totalmente carente;
parimenti, sarebbe stata pretermessa l’opzione zero.

La valutazione di impatto ambientale, in altri termini, non si sostanzierebbe in una mera verifica di natura tecnica circa la astratta compatibilità ambientale dell’opera, ma implicherebbe una complessa ed approfondita analisi comparativa tesa a valutare il sacrificio ambientale imposto rispetto all’utilità socio – economica, tenuto conto anche delle alternative possibili e dei riflessi sulla stessa c.d. opzione zero.

Le censure svolte in ordine alla mancata valutazione delle alternative possibili da parte dell’Amministrazione sarebbero state implicitamente disattese dal T.a.r. per le Marche senza alcuna motivazione.

Violazione e falsa applicazione dei principi di gerarchia – direttiva CEE 98/08 e artt. 179/182 – eccesso di potere per falso supposto in fatto e in diritto – sviamento.

La motivazione svolta dal T.a.r. per le Marche si risolverebbe in una mera petizione di principio priva di qualsivoglia reale esame degli atti gravati e del motivo sollevato, in contrasto con la giurisprudenza ormai consolidata per la quale vanno identificate e valutate le possibili alternative al progetto, ivi compresa la sua non realizzazione.

Violazione e falsa applicazione art. 182 d.lgs. 152/06 principio di autosufficienza – eccesso di potere per falso supposto in fatto – sviamento.

Sarebbe stato violato l’art. 182 bis del d.lgs. n. 152 del 2006, secondo cui la realizzazione o comunque l’ampliamento di una discarica dovrebbe corrispondere alle esigenze dell’ambito territoriale sul quale è collocata.

Le altre due discariche operanti in Provincia, quella di Ca’ Asprete (Tavullia) e quella di Monteschiantello (Fano), hanno volumi autorizzati, rispettivamente per 1.570.000 m3 e per 729.700 m3, così per un totale di oltre 2 milioni di metri cubi ed avrebbero la disponibilità a ricevere rifiuti dall’ambito provinciale per circa 10 anni.

Inoltre, sarebbe previsto un aumento della popolazione per i prossimi anni di sole 20.000 persone circa, mentre la produzione di rifiuti dovrebbe diminuire di circa 230.000 t/a, per cui l’ampliamento della discarica di Ca’ Lucio sarebbe inutile.

Tali circostanze sarebbe state pretermesse dal giudice di primo grado, che si sarebbe limitato a generiche considerazioni sul presunto “previsto incremento demografico della popolazione residente nell’ambito territoriale servito dalla discarica”.

Il procedimento, viceversa, dovrebbe far emergere, sulla base di un’adeguata istruttoria e di una completa ricostruzione della situazione fattuale, quali siano le esigenze dell’ambito territoriale ottimale che giustificano la realizzazione o l’ampliamento di una discarica, nel rispetto del principio di autosufficienza.

Violazione e falsa applicazione art. 20 ss. d.lgs. 152/06 – art. 3 ss L.R. 14.4.04 n. 7 disciplina della procedura di valutazione di impatto ambientale – linee guida generali regionali per l’attuazione della legge regionale sulla V.I.A. – eccesso di potere per difetto di istruttoria – falso presupposto in fatto e in diritto – illogicità e irrazionalità manifeste – sviamento.

Il progetto sarebbe stato legittimato a valle dalle prescrizioni impartite dalla Provincia, comunque non idonee a superare le numerose criticità evidenziate dagli SCA (Soggetti Competenti in materia Ambientale), laddove esso non era affatto approvabile.

Se è noto che, per ragioni di economicità del procedimento amministrativo e di collaborazione fra enti, il giudizio di compatibilità ambientale e la VIA possono essere rilasciati condizionatamente all’ottemperanza di prescrizioni e condizioni il cui assolvimento può risultare astrattamente idoneo a superare le ragioni del possibile dissenso, è altrettanto vero che le prescrizioni (nel caso di specie 55) dovrebbero essere concretamente realizzabili e non dovrebbero essere tali da stravolgere sostanzialmente la proposta progettuale iniziale pena, in difetto, il totale svilimento dello spirito della normativa di salvaguardia ambientale.

Solo gli aspetti di mero dettaglio potrebbero essere legittimamente rimandati alla successiva fase della progettazione esecutiva o del monitoraggio.

La prescrizione n. 34, ad esempio, obbligherebbe a soluzioni alternative sostanziali e comportanti una variante al progetto, qualora non siano possibili condizioni di drenaggio dell’argine in terra di contenimento della nuova discarica.

Tale variante, essendo di natura sostanziale, dovrebbe essere giustificata e supportata dagli elaborati progettuali previsti per legge e non potrebbe essere oggetto di prescrizione bensì di una nuova procedura di valutazione di impatto ambientale per ottenere la necessaria autorizzazione secondo la normativa vigente.

Violazione e falsa applicazione artt. 20 ss e 29 nonies d.lgs. 152/06 – L.R. 7/04 – eccesso di potere per contraddittorietà con precedenti manifestazioni – falso presupposto in fatto e in diritto – irrazionalità manifesta – sviamento.

Il nulla osta con cui la Provincia di Pesaro e Urbino ha autorizzato una modifica non sostanziale per la coltivazione di un nuovo lotto funzionale per l’abbancamento di rifiuti nel 2014 (senza progetto esecutivo) costituirebbe l’atto che consente l’avvio dell’attività di ampliamento e, come tale, non si sarebbe potuto emettere, in quanto il gestore Marche Multiservizi non avrebbe presentato il progetto esecutivo dell’ampliamento, contenente il recepimento di tutte le 55 prescrizioni riportate nel provvedimento di compatibilità ambientale – A.I.A. n. 182/13.

La Provincia di Pesaro e Urbino, la Marche Multiservizi S.p.a. e l’Unione Montana Alta Valle del Metauro hanno eccepito l’inammissibilità del ricorso proposto in primo grado per carenza di legittimazione attiva e per carenza di interesse ad agire.

In particolare, esse hanno sostenuto che:

almeno una parte dei ricorrenti sarebbero residenti a diversi chilometri dalla discarica;

alcuni dei ricorrenti avrebbero acquistato gli immobili successivamente alla costruzione della discarica e, quindi, essendo già a conoscenza della sua esistenza;

i ricorrenti non avrebbero allegato uno specifico effetto pregiudizievole credibilmente derivante dall’ampliamento.

Il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle Marche ed il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali hanno eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva ed hanno chiesto la loro estromissione dal giudizio.

Le parti hanno depositato altre memorie a sostegno ed illustrazione delle rispettive difese.

La Provincia di Pesaro e Urbino ha eccepito l’inammissibilità, ai sensi dell’art. 104 c.p.a., dei nuovi documenti prodotti dagli appellanti (la deliberazione del Consiglio provinciale di Pesaro e Urbino n. 30 del 13 dicembre 2016, con cui l’Ente, preso atto che la Regione Marche nel piano Regionale di gestione dei Rifiuti approvato il 14 aprile 2015 ha previsto la realizzazione di un impianto di trattamento meccanico biologico (TMB) a servizio dell’intera Provincia entro il 2018, definisce gli indirizzi per la redazione del Piano di Ambito, localizzando l’impianto di TMB presso la discarica di Ca’ Asprete in Tavullia, nonché l’accordo di programma fra la Provincia di Pesaro e Urbino, l’A.T.A., i Comuni di Tavullia e Urbino, l’Unione Montana Alta Valle del Metauro e il gestore Marche Multiservizi S.p.a. con cui, all’art. 4, è stato previsto che, dalla data di attivazione dell’impianto TMB, non verranno più smaltiti rifiuti urbani nella discarica di Ca’ Lucio), nonché delle conseguenti argomentazioni svolte dagli appellanti nelle pagine da 7 ad 11 della memoria in data 17 settembre 2018.

All’udienza pubblica del 18 ottobre 2018, la causa è stata trattenuta per la decisione.

2. La richiesta di estromissione dal giudizio del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle Marche e del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali non può essere accolta in quanto, come dalla stessa Avvocatura generale dello Stato posto in rilievo, la Soprintendenza marchigiana ed il locale Corpo Forestale dello Stato sono stati chiamati ad esprimersi nel corso del procedimento di valutazione di impatto ambientale sul progetto presentato da Marche Multiservizi S.p.a., sicché, sebbene le determinazioni assunte non possano essere attribuite a loro manifestazioni di volontà e sebbene le censure dedotte non attengono specificamente ai pareri resi dalle dette articolazioni statali, le stesse Amministrazioni hanno comunque partecipato al procedimento in esito al quale è stata adottata la deliberazione di Giunta della Provincia di Pesaro e Urbino n. 182 del 1° agosto 2013, relativa al procedimento coordinato VIA-AIA e, quindi, non possono essere considerate completamente estranee al rapporto amministrativo la cui disciplina è stata posta in contestazione.

3. L’eccezione di inammissibilità del ricorso proposto in primo grado è infondata per le seguenti ragioni:

- il provvedimento impugnato ha carattere indivisibile, per cui è sufficiente che sussista la legittimazione ad agire e l’interesse al ricorso in capo ad uno solo degli odierni appellanti per determinare l’ammissibilità dell’azione di annullamento;

- gli appellanti hanno fornito elementi in ordine al fatto di risiedere a breve distanza dal sito di cui è stato autorizzato l’ampliamento o, comunque, di essere proprietari di immobili siti a breve distanza dallo stesso, volendo intendersi per breve anche una distanza oggettivamente apprezzabile, ma comunque tale da risentire del nocumento derivante dall’ampliamento della discarica;

- il criterio della vicinitas è sufficiente a rendere differenziata e qualificata la posizione e, quindi, ad essere fonte di una posizione di interesse oppositivo per il titolare dell’immobile o per chi risiede nello stesso ed a radicare, di conseguenza, la sua legittimazione ad agire, atteso che non si è in presenza di un manufatto edilizio, ma di una discarica di rifiuti, il che rende implicito l’interesse contrario di chi risiede o è titolare di interessi a breve distanza dal sito;

- i ricorrenti, odierni appellanti, hanno prospettato la possibilità di danni all’ambiente ed alla loro salute, nonché le possibili ripercussioni sulla commerciabilità delle loro proprietà, il che, sempre in ragione del criterio della vicinitas , può ritenersi opinabile, ma non può certo ritenersi implausibile, mentre pretendere, ai fini dell’ammissibilità del ricorso, la effettiva dimostrazione di un sicuro pregiudizio all’ambiente, alla salute o alla commerciabilità dell’immobile costituirebbe una probatio diabolica , tale da incidere sul diritto costituzionale di tutela in giudizio delle posizioni giuridiche soggettive;

- l’acquisto degli immobili in data successiva all’originario insediamento della discarica è una circostanza che non assume alcun rilievo nella fattispecie, in quanto la parte agisce chiedendo l’annullamento degli atti e deducendo potenziali pregiudizi di salubrità o relativi al deprezzamento dell’immobile derivanti dall’ampliamento della discarica, mentre è totalmente estraneo al thema decidendum del presente giudizio qualsiasi profilo di matrice civilistica inerente ad una ipotetica lesione della libertà negoziale all’atto dell’acquisto dell’immobile.

4. Viceversa, è fondata, ai sensi dell’art. 104 c.p.a., l’eccezione di inammissibilità del deposito della documentazione prodotta in giudizio dagli appellanti nel settembre 2018 e ampiamente citata nella memoria del 17 settembre 2018, in quanto, sebbene relativa a fatti di indubbio rilievo per il rapporto sostanziale di cui si controverte - quali la previsione di realizzazione di un impianto di trattamento meccanico biologico a servizio dell’intera provincia presso la discarica di Cà Asprete in Tavullia, dalla cui data di attivazione non saranno più smaltiti rifiuti urbani nella discarica di Cà Lucio – essa ha ad oggetto atti amministrativi adottati successivamente ai provvedimenti impugnati e, quindi, non idonei ad incidere sulla legittimità di questi ultimi, la quale, in base al principio tempus regit actum , deve essere valutata al momento della loro adozione.

5. Nel merito, l’appello è fondato nei sensi di quanto di seguito indicato e va di conseguenza accolto.

5.1 La discarica “Cà Lucio di Urbino” sorge in area di proprietà della Comunità Montana dell’Alto e Medio Metauro ed è ubicata nel Comune di Urbino (PU), via Cà Gasperino n. 13, ad una distanza di circa 5 km dal centro di Urbino, di circa 4 km dal centro di Urania, di circa 6 km da Peglio e di circa 5,5 km dal centro di Fermignano.

Il procedimento ha avuto avvio a seguito di un’istanza della Marche Multiservizi S.p.a. (gestore attuale della discarica, alla quale, nel 2009, sono state volturate le autorizzazioni alla gestione dell’impianto, inizialmente rilasciate in favore della Comunità Montana dell’Alto e Medio Metauro), acquisita agli atti della Provincia di Pesaro e Urbino in data 8 novembre 2011, per la Valutazione di Impatto Ambientale di cui all’art. 9 della L.R. n. 7 del 2004 e dell’art. 23 d.lgs. n. 152 del 2006 e di Autorizzazione Integrata Ambientale di cui agli artt. 29 ter e 29 quater d.lgs. n. 152 del 2005, relativamente al progetto di ampliamento dell’impianto di discarica per rifiuti non pericolosi di Cà Lucio per la ricomposizione morfologica e il ripristino ambientale del sito da realizzarsi in località Cà Lucio – Comune di Urbino.

Con deliberazione n. 182 dell’11 agosto 2013, la Provincia di Pesaro ed Urbino ha così provveduto:

- ha espresso il giudizio positivo di compatibilità ambientale ai sensi dell’art. 26 del d.lgs. n. 152 del 2006 in relazione al progetto di “Ampliamento dell’impianto di discarica per rifiuti non pericolosi di Cà Lucio per la ricomposizione morfologica e il ripristino ambientale del sito” comportante variabile urbanistica al vigente PRG del Comune di Urbino alle condizioni e con le prescrizioni indicate nel documento istruttorio del Servizio 12. Urbanistica – Pianificazione Territoriale – V.I.A. – V.A.S. – Aree protette prot. n. 59432 del 30 luglio 2013 riportato in narrativa;

- ha rilasciato l’autorizzazione paesaggistica di cui all’art. 146 del d.lgs. n. 42 del 2004 in relazione al progetto di “Ampliamento dell’impianto di discarica per rifiuti non pericolosi di Cà Lucio per la ricomposizione morfologica e il ripristino ambientale del sito” comportante variazione urbanistica al vigente PRG del Comune di Urbino, confermando le valutazioni e alle condizioni contenute nel paragrafo relativo alla componente paesaggio del documento istruttorio del Servizio 12. Urbanistica – Pianificazione Territoriale – V.I.A. - V.A.S. – Aree protette prot. n. 59432 del 30 luglio 2013 riportato in narrativa;

- ha dato atto che la Valutazione Ambientale Strategica è stata sostituita nell’ambito procedurale della VIA di cui in oggetto;

- ha rilasciato l’Autorizzazione Integrata Ambientale, ai sensi degli artt. 29- nonies e 213 del d.lgs. n. 152/2006 in relazione al progetto di “Ampliamento dell’impianto di discarica per rifiuti non pericolosi di Cà Lucio per la ricomposizione morfologica e il ripristino ambientale del sito” comportante variazione urbanistica al vigente PRG del Comune di Urbino, alle condizioni e con le prescrizioni indicate nel parere istruttorio del Servizio Ambiente, Agricoltura, Energia e Sviluppo Fonti rinnovabili e Pianificazione ambientale prot. n. 59179 del 29 luglio 2013 avente ad oggetto “AIA – parere istruttorio afferente il procedimento coordinato di VIA-AIA dell’impianto di discarica di Cà Lucio di Urbino”, allegato quale parte integrante e sostanziale della deliberazione.

5.2. I motivi di appello - con i quali è stato posto in rilievo che le soluzioni alternative all’ampliamento della discarica, così come l’opzione zero, non sarebbero state in alcun modo esplicitate dal gestore, che si sarebbe limitato ad uno studio di impatto ambientale totalmente carente - sono fondati ed assorbenti.

Le parti appellate, in proposito, premesso che il “Piano Regionale di gestione dei Rifiuti” è stato approvato il 15 dicembre 1999 dalla Regione Marche, è tuttora vigente e non è mai stato impugnato dai ricorrenti, hanno evidenziato che il Piano provinciale di gestione dei rifiuti, approvato con le delibere del Consiglio provinciale n. 6 del 14 gennaio 2002 e n. 107 del 20 luglio 2002, non oggetto di contestazione, ha suddiviso l’ambito pesarese in n. 3 bacini di smaltimento, ha individuato l’impianto di Cà Lucio quale discarica di riferimento per il bacino n. 3 ed ha stabilito la necessità di ottimizzare il complesso impiantistico esistente, prevedendone l’ampliamento, in modo tale da evitare il più possibile la consumazione di nuovo suolo naturale e l’apertura di nuovi siti di discarica.

In definitiva, le parti appellate hanno sostenuto che il potenziamento di un sito già esistente sarebbe stata la scelta a minore impatto ambientale a fronte dell’apertura di un nuova discarica, fatta salva la prova di un grave danno ambientale che, nel caso di specie, non sussisterebbe.

Il T.a.r. per le Marche, con la sentenza appellata, ha respinto le censure in esame con la seguente motivazione:

la scelta di autorizzare l’ampliamento della discarica di Cà Lucio appare sostanzialmente coerente rispetto agli atti di pianificazione regionale e provinciale, peraltro non oggetto di contestazione;
questi ultimi, come innanzi precisato, tra i criteri stabiliti per il dimensionamento dei bacini di recupero e smaltimento dei rifiuti presenti nell’ambito territoriale, in ossequio ai principi comunitari di autosufficienza e prossimità e per evitare il più possibile gli impatti sull’ambiente circostante, privilegiano quello dell’ottimizzazione degli impianti principali già esistenti, anche mediante completamento ed ampliamento. Nel territorio provinciale sono tre i bacini di smaltimento individuati, tra i quali quello dove sorge la discarica in questione.

Ciò posto, passando nello specifico alla disamina dei motivi di ricorso, essi si rivelano infondati, dal momento che:

- dall’esame della documentazione relativa all’iter procedimentale che ha condotto all’adozione degli atti impugnati emerge che il procedimento è stato alquanto articolato e complesso;
esso si è svolto in più fasi e ha visto la partecipazione dei diversi enti interessati, anche in sede di conferenze di servizi appositamente convocate, in seno alle quali è stato dato riscontro alle numerose richieste di chiarimenti e di integrazioni provenienti dai soggetti coinvolti;

- l’atto conclusivo del procedimento (valutazione positiva di compatibilità ambientale del progetto) è stato quindi frutto di tale complessa attività istruttoria, della quale si dà abbondantemente conto nella relazione del Servizio Urbanistica - Pianificazione Territoriale - VIA - VAS della Provincia di Pesaro e Urbino, richiamata nella deliberazione n. 182/2013;

- in particolare, per quel che interessa, occorre evidenziare che i criteri elencati nell’art. 179 del d.lgs. n. 152/2006, in base ai quali è prioritario il recupero (in senso lato) rispetto allo smaltimento nella gestione dei rifiuti, sono comunque finalizzati all’individuazione della "migliore scelta ambientale";
la priorità del recupero, quindi, non costituisce un principio cogente (T.A.R. Umbria, 15 ottobre 2013, n. 497;
T.A.R. Veneto, Sez. III, 23 dicembre 2009, n. 3810), ma "il miglior risultato complessivo, tenendo conto degli impatti sanitari, sociali ed economici, ivi compresa la fattibilità tecnica e la praticabilità economica" (comma 2 della citata disposizione);

- il principio dell'autosufficienza di cui all'art. 182 del d.lgs. n. 152 del 2006, implica, inoltre, che la realizzazione o comunque l'ampliamento di una discarica deve corrispondere alle esigenze dell'ambito territoriale sul quale è collocata (T.A.R. Umbria, n. 497/2013 cit.;
T.A.R. Piemonte, Sez. II, 26 maggio 2008, n. 1217)
”;

- considerati i suesposti principi e nei limiti della manifesta irragionevolezza, in cui una siffatta scelta può essere sindacata in sede giurisdizionale, giova evidenziare che il progetto di cui si discute tiene comunque conto dell’obiettivo principale di conseguire il 65% di raccolta differenziata nel 2016, destinando a smaltimento solo la parte di rifiuto non differenziabile, ivi compresi quelli speciali non pericolosi e i fanghi biologici provenienti da impianti di depurazione, potendo la discarica contare sulla presenza, in sito, di impianti per l’estrazione e la valorizzazione del biogas e per il trattamento del percolato e del compostaggio. Esso prevede l’ampliamento in elevazione piuttosto che in estensione, in quanto considerato meno impattante dal punto di vista della superficie di suolo da sfruttare e anche per la possibilità di utilizzo delle strutture impiantistiche esistenti, mentre l’esigenza di ampliamento è rinvenibile nel previsto incremento demografico della popolazione residente nell’ambito territoriale servito dalla discarica, nell’allargamento del bacino di conferimento ad altri comuni, nonché nella quasi saturazione della discarica esistente, elementi che hanno evidentemente escluso la praticabilità dell’opzione zero invocata dai ricorrenti;

- è stata oggetto di valutazione da parte dell’Autorità competente al rilascio dell’autorizzazione ambientale anche il contesto dove è ubicata la discarica, a destinazione principalmente rurale, caratterizzato da una scarsa densità abitativa e lontano dai centri abitati più prossimi;

- sotto il profilo istruttorio, il fatto che, nel corso dell’iter procedimentale, gli enti preposti alla tutela ambientale abbiano evidenziato talune criticità del progetto denota che la partecipazione di detti interlocutori sia stata attiva e propositiva e le 55 prescrizioni che la Provincia ha raccolto nel corso del procedimento e successivamente imposto al gestore all’atto del rilascio della valutazione di compatibilità ambientale (a cui attenersi nella progettazione esecutiva, molte delle quali relative all’attività di monitoraggio che dovrà essere assolta e garantita in fase di gestione) sono appunto sintomatiche di un fattivo apporto collaborativo da parte di tutti gli enti preposti, nell’ottica di contemperare l’interesse pubblico alla realizzazione del progetto con la maggiore tutela ambientale possibile;
l’imposizione di tali numerose ed articolate prescrizioni, quindi, non è indice di non autorizzabilità del progetto, ma, oltre ad essere uno strumento possibile, esso si rivela utile, per ragioni di economicità dell’azione amministrativa e di leale collaborazione dei soggetti coinvolti nel procedimento di VIA-AIA, a superare le ipotesi di dissenso e gli elementi di criticità emersi in sede valutativa, nonché a dettare i parametri cui l’Amministrazione dovrà attenersi nella successiva fase di controllo e vigilanza;

- quanto alle lamentate carenze progettuali (relative alla matrice acqua, alla matrice suolo e sottosuolo e ad altri aspetti, ivi compreso quello inerente alla stabilità geotecnica del sito), si osserva che tutte le criticità sono state superate mediante le dovute integrazioni fornite da Multiservizi all’esito dei chiarimenti richiesti, opportunamente e minuziosamente valutati dall’ARPAM, dalla Provincia e dagli altri enti preposti, anche con l’imposizione di puntuali prescrizioni che il gestore dovrà scrupolosamente e rigorosamente osservare, al fine di prevenire e monitorare i possibili fenomeni di contaminazione e di consentire interventi adeguati e tempestivi (cfr., tra i documenti versati in atti, relazione istruttoria richiamata nella delibera n. 182/2013 contenente l’elenco delle prescrizioni impartite, richieste di integrazioni formulate dall’ARPAM, riscontri alle predette richieste forniti dal gestore, pareri positivi rilasciati dai diversi enti preposti);
d’altro canto, oltre al predetto riscontro documentale, la stessa partecipazione dell’ARPAM al procedimento è indice del fatto che le problematiche relative agli impatti sulle matrici sensibili (acque, suolo, aria, etc.) sono state esaminate e ritenute non ostative al rilascio dei successivi provvedimenti autorizzatori (TAR Marche, 6 marzo 2014, n. 291)
.

La soluzione cui è giunto il giudice di primo grado, nell’escludere la carenza di istruttoria e di motivazione del provvedimento amministrativo, non può essere condivisa.

Successivamente agli atti di pianificazione regionale, del 1999, e provinciale, del 2002, ma prima dell’adozione della delibera di giunta provinciale n. 182 del 2013 impugnata e dell’avvio del relativo procedimento, è entrato in vigore il d.lgs. n. 152 del 2006, recante norme in materia ambientale.

L’art. 21, comma 2, lett. b), in vigore al momento dell’adozione degli atti impugnati e dello svolgimento del relativo procedimento, rimasto in vigore sino al 20 luglio 2017, disponeva che l’autorità competente, all’esito della fase di consultazione di cui al comma 1, “ esamina le principali alternative, compresa l’alternativa zero ”.

L’art. 22 del d.lgs. n. 152 del 2006, tutt’ora in vigore, nel fissare regole sulle informazioni minime da riportare, prevede, al comma 3, lett. d), che lo studio di impatto ambientale deve contenere “ una descrizione sommaria delle principali alternative prese in esame dal proponente, ivi compresa la cosiddetta opzione zero, con indicazione delle principali ragioni della scelta, sotto il profilo dell’impatto ambientale ”.

Tali previsioni, quindi, stabiliscono di identificare e valutare le alternative al progetto, compresa la sua non realizzazione, e di indicare espressamente le ragioni della scelta effettuata e ciò al chiaro fine di rendere la scelta trasparente e di evitare attività che causino sacrifici ambientali superiori a quelli necessari a soddisfare l’interesse sotteso all’iniziativa.

In altri termini, l’Autorità procedente è tenuta a valutare le possibili alternative alla soluzione proposta, ivi compresa l’alternativa di non realizzazione dell’intervento in quanto inutile o poco utile o comunque utile in maniera insufficiente a renderlo prevalente sugli interessi contrapposti, e deve compiere un attento e puntuale bilanciamento dei delicati e rilevanti interessi in gioco al fine di privilegiare la soluzione maggiormente funzionale al perseguimento del pubblico interesse e maggiormente idonea a non ledere inutilmente, o in maniera sproporzionata, gli altri interessi, pubblici e privati, coinvolti.

Tali previsioni, evidentemente, hanno carattere cogente e si impongono su qualsiasi determinazione, anche di carattere generale, che l’Amministrazione abbia precedentemente formulato.

Nel caso di specie, nessuna alternativa è stata presa espressamente in considerazione in sede di proposta e di procedimento, né risulta essere stata effettivamente vagliata la c.d. opzione zero, vale a dire l’ipotesi di non realizzabilità dell’intervento, sicché l’Amministrazione ha agito in violazione della legge che impone di compiere il suddetto analitico bilanciamento degli interessi ed ha adottato il provvedimento di VIA-AIA in assenza di motivazione sul punto.

Né può dirsi che un’istruttoria sul punto e la relativa motivazione, previste obbligatoriamente dalla legge, sarebbero state superflue in quanto già nell’atto di appello sono state svolte considerazioni, relative alla previsione di un modesto incremento di popolazione per i prossimi anni e ad un sensibile decremento della produzione di rifiuti, le quali, a detta degli interessati, evidenzierebbero l’inutilità dell’ampliamento della discarica di Ca’ Lucio.

Gli appellanti, sul punto, hanno anche precisato che le altre due discariche operanti in Provincia, quella di Ca’ Asprete (Tavullia) e quella di Monteschiantello (Fano) hanno volumi autorizzati, rispettivamente per 1.570.000 m3 e per 729.700 m3, così per un totale di oltre 2 milioni di metri cubi ed avrebbero la disponibilità a ricevere rifiuti dall’ambito provinciale per circa 10 anni.

Di talché, è percepibile un equivoco di fondo nell’azione amministrativa, in quanto non si dubita del fatto che il procedimento sia stato articolato e complesso e tale da consentire la attiva partecipazione di una molteplicità di amministrazioni pubbliche a tutela dei vari interessi pubblici affidati alle loro cure, ma si evidenzia come l’Amministrazione non abbia tenuto conto dell’essenziale circostanza che la valutazione di impatto ambientale, a seguito delle norme previste dal codice in materia ambientale, non si concreta più nella mera verifica di natura tecnica sull’astratta compatibilità ambientale dell’opera, bensì implica una articolata analisi comparativa finalizzata a valutare il sacrificio ambientale imposto rispetto all’utilità socio-economica attesa, tenuto conto anche delle alternative possibili e di una approfondita valutazione sulla effettiva necessità dell’opera, in assenza della quale sarebbe praticabile la cd. opzione zero.

In sostanza, l’Amministrazione avrebbe dovuto svolgere un’analisi comparativa tra più soluzioni progettuali alternative e avrebbe dovuto valutare attentamente la stessa “opzione zero”, al fine di verificare con certezza se l’ampliamento della discarica costituisse o meno uno strumento essenziale per una corretta gestione dei rifiuti in ambito provinciale.

Il procedimento, insomma, avrebbe dovuto far emergere nitidamente, sulla base di un’adeguata istruttoria e di una completa ricostruzione della situazione fattuale, le esigenze dell’ambito territoriale ottimale idonee a giustificare la realizzazione o l’ampliamento della discarica, anche nel rispetto del principio di autosufficienza di cui all’art. 182 bis del d.lgs. n. 152 del 2006.

Viceversa, l’istruttoria svolta e la relativa motivazione hanno tenuto conto solo dell’astratta compatibilità ambientale dell’ampliamento della discarica e delle ragioni per le quali è stato previsto l’ampliamento in altezza anziché in estensione, ma non hanno approfondito l’ulteriore essenziale tema degli aspetti localizzativi dell’impianto, valutando possibili soluzioni alternative, né hanno dimostrato in modo esaustivo la assoluta necessità dell’ampliamento.

La fondatezza delle censure esaminate determina la fondatezza dell’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, l’accoglimento del ricorso proposto in primo grado, con il conseguente annullamento della deliberazione della deliberazione di Giunta della Provincia di Pesaro ed Urbino n. 182 del 1° agosto 2013, annullamento idoneo a travolgere in via di illegittimità derivata anche il nulla osta del 20 febbraio del 2014 della stessa Provincia, impugnato innanzi al T.a.r. con i motivi aggiunti.

5.3. Peraltro, il Collegio ritiene di dover sottolineare altresì che talune delle 55 prescrizioni, che la deliberazione giuntale n. 182 del 2013 ha dettato nell’esprimere il giudizio di compatibilità ambientale, hanno effettivamente carattere sostanziale (gli appellanti hanno fatto corretto riferimento alla prescrizione n. 34, secondo cui “ in riferimento ai punti precedenti qualora non sia possibile raggiungere le condizioni di completo drenaggio, si dovrà optare per altre soluzioni progettuali in alternativa al manufatto in terra e alle berne previste in progetto che offrano maggiori condizioni di stabilità nel lungo termine ”, sicché, ove il loro rispetto determini una consistente modifica del progetto, sarebbe necessaria una nuova valutazione di impatto ambientale condotta sui nuovi elaborati progettuali, non potendo essere considerata più sufficiente, in quanto incompleta, la valutazione effettuata sul progetto originario poi sostanzialmente modificato, sia pure in adesione ad una prescrizione imposta.

5.4. Sulla base di quanto precede, in sede di esecuzione della presente sentenza, l’Amministrazione procedente e le altre amministrazioni coinvolte, ove ritengano di dare nuovamente seguito all’istanza di ampliamento presentata a suo tempo (nel 2009) dalla Marche Multiservizi S.p.a., avranno cura di svolgere un’analitica e approfondita istruttoria che tenga conto, ai sensi del vigente art. 22, comma 3, lett. d), del d.lgs. n. 152 del 2006, della comparazione della proposta progettuale con soluzioni alternative e della cd. opzione zero, vale a dire della effettiva necessità che l’ampliamento sia realizzato, e, ove l’autorizzazione sia ancora una volta rilasciata, avranno cura di sottoporre a nuova VIA i progetti che, successivamente, siano stati sostanzialmente modificati per effetto di prescrizioni eventualmente imposte ovvero per altre ragioni.

6. Le spese del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza e, liquidate complessivamente in euro 12.000,00, (euro 4.000,00 per il primo grado di giudizio ed euro 8.000,00 per il presente giudizio di appello), oltre accessori di legge, sono poste a favore degli appellanti ed a carico, in parti uguali e senza vincolo di solidarietà, della Provincia di Pesaro ed Urbino, della Unione Montana Alta Valle del Metauro e della Marche Multiservizi S.p.a.;
sussistono giuste ragioni, invece, per compensare le spese del giudizio nei confronti del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle Marche e del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali - Corpo Forestale dello Stato.

7. Va posto a carico delle parti soccombenti già condannate al pagamento delle spese, in parti uguali e senza vincolo di solidarietà, ai sensi dell’art. 13, comma 6-bis.1, d.P.R. n. 115 del 2002, il contributo unificato corrisposto per la proposizione del ricorso di primo grado e del ricorso in appello.

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