Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2021-02-15, n. 202101380

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2021-02-15, n. 202101380
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202101380
Data del deposito : 15 febbraio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/02/2021

N. 01380/2021REG.PROV.COLL.

N. 07558/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7558 del 2012, proposto dal signor I I, nella sua qualità di Presidente pro tempore , con funzioni di liquidatore, del Centro Residenziale Malga Alta Di Pora, rappresentato e difeso dagli avvocati G C e G P, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avvocato G P in Roma, via Giulio Cesare, n. 14

contro

il Comune di Castione della Presolana, in persona del Sindaco in carica pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato D B, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avvocato P R in Roma, via Appia Nuova, n. 96

nei confronti

della società Sviluppo Impianti di Risalita e Turistici - S.I.R.T. - Monte Pora S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , non costituitasi in giudizio

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per la Lombardia, sede di Brescia (Sezione I), n. 357 del 6 marzo 2012


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Castione della Presolana;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 dicembre 2020 (tenuta ai sensi dell’art. 84 del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, convertito con l. 24 aprile 2020, n. 27, come modificato dall’art. 4 del d.l. 30 aprile 2020, n. 28, convertito con l. 25 giugno 2020, n. 70) il consigliere Giovanni Sabbato;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso n. 878/2002, proposto innanzi al T.a.r. per la Lombardia, sede di Brescia, il Centro Residenziale Malga Alta di Pora aveva chiesto l’annullamento dei seguenti atti:

a ) del provvedimento del 19 giugno 2002, con il quale il Sindaco del Comune di Castione della Presolana comunicava che tutti gli oneri connessi alla titolarità degli impianti di cui alla convenzione urbanistica del 20 dicembre 1974 si sarebbero trasferiti - con decorrenza a far data dallo scioglimento del Consorzio medesimo - in capo agli attuali proprietari delle aree lottizzate;

b ) del provvedimento del 27 giugno 2002, con il quale il Sindaco del Comune di Castione della Presolana diffidava il Centro Residenziale Malga Alta di Pora nel senso di riattivare “ immediatamente ” l’impianto di depurazione sito in località Malga Alta di Pora.

2. A sostegno dell’impugnativa aveva dedotto la mancata attivazione del contraddittorio procedimentale, l’incompetenza, la carenza dei presupposti connessi alle esigenze di tutela della salute e alla salubrità dei luoghi, il difetto di legittimazione passiva.

3. Costituitasi l’Amministrazione comunale in resistenza, il Tribunale adìto (Sezione I) ha così deciso il gravame al suo esame:

- ha premesso che “ non esiste alcuna convenzione tra l’Ente ricorrente (allora in liquidazione) ed il Comune di Castione della Presolana ”;

- ha respinto l’eccezione di improcedibilità del ricorso;

- ha dichiarato inammissibile per difetto d’interesse il ricorso nella parte in cui si insta avverso il provvedimento sub a);

- ha respinto il ricorso nella parte in cui si impugna il provvedimento sub b);

- ha compensato le spese di lite.

4. In particolare, il Tribunale adìto (Sezione I) ha ritenuto che:

- “ il provvedimento in discorso è un provvedimento di carattere sanitario avente i presupposti della contingibilità e dell’urgenza ”;

- “ non si vede in quale altro diverso modo il Comune avrebbe potuto disporre, non essendo nemmeno statigli forniti, su specifica richiesta di cui al primo atto, i nominativi dei singoli proprietari interessati ”;

- “ era fatto notorio che il citato soggetto giuridico (qui ricorrente) avesse il pattuito obbligo di far funzionare il detto depuratore ”.

5. Avverso tale pronuncia il signor I I, nella qualità ut supra , ha interposto appello, notificato il 4 ottobre 2012 e depositato il 25 ottobre 2012, lamentando, attraverso un unico complesso motivo di gravame (pagine 15-20), quanto di seguito sintetizzato:

I) il T.a.r. non avrebbe considerato che il disciolto Consorzio non era costituito dalla totalità dei proprietari di immobili aventi causa dalla lottizzante e non avrebbe chiarito il motivo per il quale il liquidatore avrebbe dovuto riattivare l’impianto, non essendosi mai impegnato il Consorzio a supplire alle inefficienze dell’ente pubblico, tanto più che il depuratore non era mai entrato in funzione;

II) è meritevole di essere rimossa la statuizione in rito, con la quale il T.a.r. ha dichiarato inammissibile per difetto di interesse l’impugnativa del provvedimento sub a), trattandosi di un vero e proprio ordine autoritativo e pertanto lesivo della posizione giuridica azionata;

III) si ripropongono, pertanto, le censure articolate in primo grado e non esaminate dal T.a.r. per l’effetto preclusivo prodotto dalla avversata statuizione in rito, e segnatamente il vizio della mancanza del previo avviso di avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7 della legge 241 del 1990, nonché il vizio di incompetenza in quanto l’atto, non qualificabile come ordinanza contingibile ed urgente, avrebbe dovuto essere adottato dal funzionario-dirigente di settore;

IV) si osserva, infine, che ricorrerebbe il difetto di legittimazione passiva del Consorzio, in quanto non era proprietario del depuratore, essendo tale la società lottizzante, e non gli spettavano più compiti manutentivi sin dal 30 giugno 2002.

6. L’appellante ha concluso chiedendo, in riforma dell’impugnata sentenza, l’accoglimento del ricorso di primo grado e quindi l’annullamento degli atti con lo stesso impugnati.

7. In data 26 aprile 2013, il Comune di Castione della Presolana si è costituito in giudizio chiedendo il rigetto del gravame.

8. In vista della trattazione nel merito del ricorso entrambe le parti hanno depositato memorie, anche in replica (oltre che note d’udienza ai sensi del d.l. 28/2020 e d.l. 137/20), il Comune appellato, formulando istanza di improcedibilità dell’appello mentre l’appellante ha insistito per il suo accoglimento.

9. La causa, chiamata per la discussione alla udienza pubblica svoltasi con modalità telematica del 15 dicembre 2020, è stata ivi trattenuta in decisione.

10. L’appello è infondato.

10.1 Come sopra evidenziato, la sentenza impugnata reca ben due statuizioni in rito con le quali ha, da un lato, respinto l’eccezione (quivi riproposta) d’improcedibilità del gravame e dall’altro, ha dichiarato inammissibile l’impugnativa del provvedimento del 19 giugno 2002.

10.2 Il carattere pregiudiziale di tali capi della sentenza impone che siano esaminate con precedenza le doglianze rispettivamente articolate dalle parti nell’auspicio, da parte appellante, previa rimozione della statuizione di inammissibilità, del favorevole esame delle doglianze all’uopo nel merito riproposte.

10.2.1 Per quanto attiene all’improcedibilità del gravame, prospettata dal Comune appellato, ritiene il Collegio che l’infondatezza dei rilievi sollevati dall’appellante consente di soprassedere a tale eccezione, fermo restando che controparte, anche in sede di memoria conclusionale, nonostante il notevole tempo trascorso dall’intervenuto scioglimento del Consorzio (nel 2002) e l’affidamento a terzi del depuratore nel 2004, ha confermato di avere interesse alla decisione del ricorso proposto, del quale si chiede l’accoglimento. L’eccezione di improcedibilità dell’appello sarebbe comunque da respingere in quanto, dovendosi scrutinare le censure articolate secondo lo stato di fatto e di diritto esistente al momento dell’adozione degli atti impugnati (secondo il canone tempus regit actum ) non possono rilevare le vicende successive occasionate dall’intervento di un nuovo Consorzio

10.2.2 Per quanto attiene alla statuizione d’inammissibilità del ricorso di primo grado nella parte in cui si impugna il provvedimento sub a), parte appellante, nel lamentarne l’erroneità col secondo mezzo, deduce che il T.a.r. non si sarebbe curato del fatto che il provvedimento del Comune postula la titolarità in capo al Consorzio (sebbene estraneo alla originaria convenzione) degli obblighi connessi alle opere di urbanizzazione primaria della lottizzazione e che il provvedimento avrebbe un contenuto ordinatorio ai fini dell’identificazione di tutti i proprietari.

Il motivo è infondato, avuto riguardo al contenuto dispositivo del provvedimento, che, in effetti, è privo di efficacia lesiva della posizione giuridica del Consorzio avendo soltanto carattere preliminare e propedeutico alle successive determinazioni dell’Ente. L’impugnativa di tale provvedimento non è suffragata dal necessario profilo d’interesse e pertanto l’impugnata statuizione in rito va confermata

10.3 Non resta che esaminare le doglianze articolate dall’appellante con riferimento alla statuizione di merito recata dall’impugnata sentenza con cui il T.a.r. ha respinto l’impugnativa del provvedimento sub b), evidenziandosi che il quasi disciolto Consorzio era privo di legittimazione passiva e nemmeno vi erano le ragioni d’urgenza visto che il depuratore non era mai entrato in funzione siccome non tarato rispetto alla dimensione numerica della popolazione

Orbene, risulta decisivo osservare, come lo stesso appellante precisa in sede di gravame, che “ Fra i compiti dei quali si era - volontariamente e per un periodo predeterminato nel tempo - fatto carico il Consorzio, vi era anche la manutenzione ordinaria e straordinaria dell'impianto di depurazione fognaria (art. 4, lett. 'c' dello statuto) ”. Da ciò infatti è dato inferire che, in uno alla effettiva esecuzione di tale compito nel tempo, ricorrono gli estremi della fattispecie della gestione d’affari altrui di conio civilistico (artt. 2028 e ss. codice civile), che, dopo il cominciamento spontaneo dell’attività, fa insorgere l’obbligo di continuare a provvedervi. L’art. 2028, comma 1, c.c., infatti statuisce che “ Chi, senza esservi obbligato, assume scientemente la gestione di un affare altrui, è tenuto a continuarla e a condurla a termine finché l'interessato non sia in grado di provvedervi da se stesso ”.

Tale norma è suscettibile di applicazione analogica ai rapporti tra privati e pubblica Amministrazione (in tema, T.a.r. Brescia, sez. I, 25 settembre 2019, n.831) e pertanto l’ordine impartito dal Comune al Consorzio appellante, espressivo di quelle esigenze di tutela del dominus a fronte di iniziative favorevoli assunte da terzi motu proprio , risulta quindi conforme a tale previsione. Invero il Comune, non essendo ormai da tempo incardinato nella gestione dell’impianto di depurazione comunale, si è visto di fatto indotto ad imporre la riattivazione dell’impianto al pur disciolto Consorzio in previsione del notevole afflusso di turisti con l’approssimarsi del periodo estivo.

Il Collegio non ignora l’orientamento assunto di recente dalla Suprema Corte in sede regolatrice secondo cui “ non è ammissibile un’applicazione indiscriminata dell’istituto giuridico della negotiorum gestio (artt. 2028 2032 c.c.) nella attività amministrativa, in quanto ciò si tradurrebbe nell'affidamento, alla libera iniziativa del privato (dell’an, del quando e del quomodo), dell'esercizio di qualsivoglia attività della Pubblica Amministrazione, in palese contrasto con gli artt. 95 e 97 Cost. L’istituto della gestione degli affari altrui trova spazio nel diritto pubblico solo ove sussista un incontrovertibile impedimento all’esercizio delle competenze assegnate agli uffici pubblici e vi sia un esplicito riconoscimento dell’effettivo vantaggio conseguito ” (cfr. Cassazione civile, sez. VI, 3 febbraio 2017, n. 2944). La vicenda di causa è però senz’altro suscettibile di essere ricondotta nel perimetro applicativo della norma citata proprio in considerazione del fatto che, come espone lo stesso appellante nel suo gravame, l’art. 7 della convenzione del 20 dicembre 1974, esecutivo di un piano di lottizzazione, stipulata tra il Comune e la società Monte Pora S.p.a., prevedeva, a proposito degli impianti di tutti i servizi, che “ il passaggio di proprietà [avrebbe] trasferi[to] a carico del Comune anche l’onere di manutenzione ordinaria e straordinaria. Sino a che non [fosse avvenuto] [. .. ] ciò, [sarebbe stato] [. .. ] obbligo dei privati di curare la manutenzione ordinaria e straordinaria ... ”. Orbene, nonostante il Comune, con delibera del 15 marzo 1991, prendeva formalmente in carico la gestione diretta del depuratore, il Consorzio continuava ad occuparsi della manutenzione dello stesso negli anni fino al periodo cui risale il provvedimento impugnato in prime cure.

E’ opportuno tuttavia evidenziare che la posizione giuridica di obbligo che deriva dall’espletamento di fatto degli anzidetti compiti manutentivi riguarda esclusivamente il Consorzio e non i privati che non sono incisi in alcun modo dagli atti impugnati in prime cure e pertanto rimangono estranei al presente giudizio.

11. In conclusione, l’appello è infondato e deve essere respinto.

12. Sussistono nondimeno giusti motivi, attesa anche la particolare risalenza della vicenda di causa, per compensare le spese del presente grado di giudizio.

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