Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2021-06-30, n. 202104960

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2021-06-30, n. 202104960
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202104960
Data del deposito : 30 giugno 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 30/06/2021

N. 04960/2021REG.PROV.COLL.

N. 08360/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8360 del 2013, proposto dal Ministero dell’interno, U.T.G.-Prefettura di Vibo Valentia, in persona dei legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;

contro

-OMISSIS- rappresentata e difesa dall’avvocato D C, con domicilio eletto presso lo studio Maria Giuseppina Lo Iudice in Roma, Via Ennio Quirino Visconti, n. 55;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima) n. 299/2013, resa tra le parti, concernente la scheda di valutazione relativa all’anno 2010.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Maria Rosa Luzza;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza del giorno 11 maggio 2021 il Cons. Italo Volpe;

Nessuno essendo presente per le parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Col ricorso in epigrafe il Ministero dell’interno (di seguito “Ministero”) ha impugnato la sentenza del Tar per la -OMISSIS-, pubblicata il 21.3.2013, che – a spese compensate – ha respinto il ricorso principale proposto dalla persona fisica pure in epigrafe indicata e ha accolto i suoi successivi motivi aggiunti (annullando per l’effetto il provvedimento con essi impugnato), l’uno e gli altri proposti:

- in via principale:

-- per l’annullamento della scheda di valutazione dell’attività relativa all’anno 2010 nella parte in cui non le si attribuiva la valutazione massima di ‘eccellente’;

-- per l’accertamento della sussistenza delle condizioni per l’attribuirle la valutazione massima di ‘eccellente’;

-- per la condanna del Ministero al risarcimento dei danni patiti;

- coi motivi aggiunti:

-- per l’annullamento della nota del Ministero n. 7845 del 14.3.2012 con la quale era stato dichiarato inammissibile il suo ricorso gerarchico contro il provvedimento n. 35533 dell’1.12.2011 di irrogazione della sanzione disciplinare della censura ex art. 79 del d.P.R. n. 3/1957.

1.1. In fatto ha sentenza ha riepilogato che:

- parte ricorrente, in servizio con la qualifica di Viceprefetto, aveva dedotto di aver riportato la valutazione finale di ‘eccellente’ negli anni 2008 e 2009 mentre nel 2010, con il cambio del Prefetto, di aver conseguito una valutazione inferiore scaturente “ da un atteggiamento gravemente lesivo posto in essere nei suoi confronti, che aveva portato anche ad avocare al Gabinetto numerose competenze dell’area I di cui ella era dirigente ”;

- la stessa poi, con motivi aggiunti, aveva impugnato anche la sopra citata nota del Ministero n. 7845/2012 che aveva dichiarato inammissibile il suo ricorso gerarchico avverso il pure detto provvedimento n. 35533/2011 di irrogazione della sanzione disciplinare della censura ex art. 79 del TU n. 3/1957.

1.2. In diritto ha sentenza ha motivato la decisione affermando, qui in sintesi:

- quanto alla domanda principale, che:

-- per costante giurisprudenza, i limiti della sindacabilità dei giudizi di valutazione del personale sono ristretti e, in particolare, i giudizi dei superiori gerarchici del personale della carriera prefettizia sono “ caratterizzati da un'ampia discrezionalità tecnica e, pertanto, (… sono) soggetti al sindacato di legittimità del giudice amministrativo soltanto con riferimento ai parametri della abnormità, della manifesta illogicità, del travisamento dei presupposti di fatto ”;

-- questi giudizi possono essere espressi in modo anche estremamente sintetico;

-- “ sotto il profilo diacronico, le valutazioni periodiche sono autonome le une dalle altre, si riferiscono a momenti particolari e devono limitarsi a riscontrare il comportamento dell’interessato, senza che possano esaminarsi vicende precedenti oggetto di diversi apprezzamenti confluiti in diverse schede o rapporti informativi ”;

-- nella scheda valutativa in questione “ non sono ravvisabili vizi di manifesta illogicità o di travisamento dei fatti, che giustifichino la sindacabilità delle valutazioni tecnico-discrezionali compiute dall’Amministrazione ”. La scheda risultava comunque sufficientemente motivata;

-- era infondata per carenza di prova anche la domanda tesa all’accertamento di un atteggiamento persecutorio e di emarginazione, costituente vero e proprio mobbing , da parte del superiore gerarchico;

- quanto ai motivi aggiunti, che:

-- era infondata l’eccezione del Ministero di inammissibilità della domanda per essere detti motivi privi di connessione con l’oggetto del ricorso principale, in violazione dell’art. 43 c.p.a., e ciò in quanto “ non v’è dubbio che i provvedimenti impugnati con il ricorso principale e con il ricorso per motivi aggiunti riguardino il medesimo oggetto e che, con essi, sia stato leso il medesimo interesse, in quanto tutti gli atti impugnati concorrono, nella prospettazione attorea, a ledere la professionalità della ricorrente ”;

-- era altresì infondata l’eccezione del Ministero di tardività perché la stessa era stata formulata sul presupposto che, alla luce dell’art. 16 del d.lgs n. 165/2001, “ i provvedimenti dei dirigenti preposti al vertice dell’Amministrazione non sono suscettibili di essere impugnati con ricorso gerarchico davanti al Ministro e sono, pertanto, definitivi. Ne conseguirebbe che, avendo parte ricorrente previamente impugnato in via gerarchica il provvedimento applicativo della sanzione disciplinare adottato dal Prefetto ed essendo stato il ricorso gerarchico dichiarato inammissibile, il successivo ricorso giudiziario, proposto nei confronti del provvedimento sanzionatorio, sarebbe irricevibile per tardività ”. Tuttavia detta norma non si applica al personale della carriera diplomatica e prefettizia, tenuto conto dell’art. 3 del d.lgs. n. 165/2001. Nella specie, allora, si sarebbe applicato il d.lgs. n. 139/2000 che di per sé non prevede un’esclusione analoga a quella di cui all’art. 16 del d.lgs. n. 165/2001. Senza poi contare l’art. 102 TU n. 3/1957 che prevede che “ Contro il provvedimento con cui viene inflitta la censura è ammesso ricorso gerarchico al Ministro che provvede con decreto motivato ”;

-- nel merito erano fondate le censure giacchè, nella specie, era “ stata completamente omessa sia la contestazione dell’addebito per iscritto alla ricorrente sia l’assegnazione alla stessa del termine a difesa, per presentare, per iscritto, le proprie giustificazioni ”.

2. L’appello del Ministero è affidato alle seguenti censure:

a) violazione dell’art. 43 del d.lgs. n. 104/2010;

b) violazione degli artt. 3, co. 1, 16, co. 4, e 70, co. 5, del d.lgs. n. 165/2001.

2.1. A suo avviso, qui in sintesi:

a.1) i motivi aggiunti dovevano essere dichiarati inammissibili, tenuto conto della norma parametricamente segnalata e ciò perché “ le domande proposte dall’attuale appellata in via aggiuntiva non avevano alcuna connessione con l’oggetto del giudizio introdotto con il ricorso principale ”. Invero, la censurata scheda valutativa del 2010 e l’atto d’irrogazione della contestata sanzione disciplinare erano “ due provvedimenti che nulla hanno in comune, non essendo ravvisabile alcuna connessione logica e temporale tra di loro, trattandosi di atti conclusivi di due procedimenti del tutto autonomi tra di loro ed oggettivamente diversi ”;

b.1) non era poi condivisibile la tesi espressa in sentenza, circa la ricorribilità in via gerarchica del contestato provvedimento di irrogazione della sanzione disciplinare in quanto “ le disposizioni organizzative e di funzionamento delle pubbliche amministrazioni, contenute nel

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