Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2016-02-29, n. 201600845

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2016-02-29, n. 201600845
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201600845
Data del deposito : 29 febbraio 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 05825/2011 REG.RIC.

N. 00845/2016REG.PROV.COLL.

N. 05825/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5825 del 2011, proposto da:
Regione Puglia, in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dagli avv. S O D L, A B, con domicilio eletto presso Puglia Delegazione Regione in Roma, Via Barberini 36;

contro

I M;

nei confronti di

Comune di T, Provincia di Bari;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. della PUGLIA – Sede di BARI - SEZIONE II n. 04278/2010, resa tra le parti, concernente piano urbanistico generale


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 novembre 2015 il Consigliere F T e uditi per le parti l’ Avvocato A B in proprio e in dichiarata sostituzione dell'Avvocato Sabina Di Lecce;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con la sentenza in epigrafe appellata n. 4278/2010 il Tribunale amministrativo regionale della Puglia - Sede di Bari - ha accolto il ricorso proposto dalla odierna parte appellata I M volto ad avversare, ottenendone l’annullamento, gli atti ed i provvedimenti relativi al procedimento di adozione ed approvazione definitiva del Piano Urbanistico Generale (PUG), culminato nella delibera Consiliare di approvazione definitiva n. 8 del 31.3.2009 nella parte in cui disciplinava i suoli di proprietà della parte originaria ricorrente, unitamente a tutti gli atti presupposti e connessi.

Con il predetto ricorso, sostanzialmente, si era lamentato che la nuova classificazione impressa all’area di propria pertinenza, notevolmente penalizzante, violasse i principi generali in materia di comparto.

Il primo giudice ha proceduto ad un articolato excursus delle disposizioni legislative che regolavano la detta materia ed agli orientamenti della giurisprudenza sul punto, ed ha accolto il ricorso di primo grado, nei limiti dell’ interesse della parte originaria ricorrente, alla stregua di alcune, articolate, considerazioni.

Nel merito, ad avviso del T, non era condivisibile il disegno degli estensori del P.U.G. di applicare a tutti i costi, e quindi in maniera indiscriminata i principi perequativi.

Appariva evidente, quindi, come nel caso di specie il P.U.G. avesse abusato della perequazione deviando dallo zoning tradizionale fuori dai casi in cui una simile deviazione poteva ammettersi.

Secondo il T, poi, per altro verso, la tipizzazione impressa ai detti suoli di proprietà di parte ricorrente era illegittima in quanto contemplava la delimitazione di un “comparto perequato” a mezzo di uno strumento urbanistico di natura generale (dovendosi escludere, in particolare, che la Legge regionale n. 6/1979 consentisse di delimitare i comparti edificatori in sede di approvazione dello strumento generale).

La Legge regionale n. 6/1979 all’art. 15 “disegnava” il comparto in termini simili al comparto edificatorio ex art. 23 della legge n. 1150/1942 ed al dPR n. 327/2001, art. 7: cioè come strumento di terzo livello (il T ha sul punto richiamato la propria precedente sentenza n. 1962/2010)

Secondo l’argomentare del primo giudice nella Regione Puglia la situazione non aveva subìto mutamenti neppure per effetto della entrata in vigore della Legge regionale n. 20/2001, (che aveva disciplinato il Piano Urbanistico Generale, recependo espressamente i principi della perequazione urbanistica, peraltro sospendendo l’obbligo di approvazione del Programma Pluriennale di Attuazione e facoltizzando i comuni che nel frattempo se ne erano dotati a revocarlo o mantenerlo fino alla scadenza, ma non incidendo in alcun modo sull’istituto del comparto edificatorio, di cui non si occupava). L’art. 14 della citata legge regionale, infatti, stabiliva che “Al fine di distribuire equamente, tra i proprietari interessati dagli interventi, i diritti edificatori attribuiti dalla pianificazione urbanistica e gli oneri conseguenti alla realizzazione degli interventi di urbanizzazione del territorio, il PUG può riconoscere la stessa suscettività edificatoria alle aree comprese in un PUE.”);

l’art. 15 della Legge regionale n. 20/2001 stabiliva che “al PUG viene data attuazione mediante PUE di iniziativa pubblica, privata, o mista”;

lo strumento attuativo del PUG, quindi, era il PUE, e non il comparto.

Ed il PUE era strumento che presupponeva la già avvenuta approvazione del PUG (art. 18 della Legge regionale n. 20/2001, secondo cui il PUE non poteva variare le previsioni strutturali del PUG e comma 2 lett. a del detto art. 18 secondo cui ai fini della formazione del PUE “ non costituiva variazione del PUG la modificazione delle perimetrazioni contenute nel PUG conseguente alla trasposizione del PUE sul terreno”).

Da ciò ha fatto discendere la conseguenza per cui non spettava al P.U.G. la perimetrazione dei comparti edificatori (e neppure la stessa perimetrazione dei PUE).

Il nuovo P.U.G. di T risultava quindi, ad avviso del Tribunale amministrativo, illegittimo in quanto provvedeva a delimitare il perimetro di comparti definiti specificamente come “comparti edificatori” con rinvio espresso all’art. 15 della L.R. 6/79, (art.

5.04 NTA) comparti che, in quanto tali, avrebbero potuto essere individuati solo in sede attuativa.

In sintesi:

Il P.U.G. di T (art.

5.04 NTA)disegnava un comparto edificatorio identico a quello di cui all’art. 15 L.R. 6/79 : ma esso non tollerava di essere individuato in sede di pianificazione generale.

Ne risultava violato il precetto di cui all’ art. 14 della Legge regionale n. 20/2001(“"Al fine di distribuire equamente, tra i proprietari interessati dagli interventi, i diritti edificatori attribuiti dalla pianificazione urbanistica e gli oneri conseguenti alla realizzazione degli interventi di urbanizzazione del territorio, il PUG può riconoscere la stessa suscettività edificatoria alle aree comprese in un PUE. ",”).

In base a tale norma era possibile attribuire una suscettività edificatoria a fondi che non potrebbero averla in base alla destinazione loro propria.

Ma tale deroga poteva essere applicata solo nell'ambito di un Piano Urbanistico Esecutivo, e solo allo scopo di ottenere, tra tutti proprietari interessati ad un intervento, una eguale ripartizione dei diritti edificatori.

Ad avviso del T, quindi, tenuto anche conto del fatto che i PUE potevano essere delimitati solo in sede attuativa, la legislazione pugliese consentiva al fine di dare attuazione ai principi della perequazione:

a)che il PUG potesse soltanto, dopo aver comunque proceduto ad una tipizzazione di massima delle varie zone del territorio comunale nel rispetto dei principi dello zoning tradizionale, individuare zone soggette a pianificazione attuativa all'interno delle quali ogni fondo ricevesse, proprio in forza della norma speciale di cui all'art. 14 L.R. 20/01, un uniforme indice di fabbricabilità convenzionale, (che il PUG poteva predeterminare, magari tra un minimo ed un massimo onde che l’indice di fabbricabilità definitivo fosse determinato nella maniera più confacente al caso di specie);

b) il PUG poteva altresì inoltre indicare i criteri di massima da osservare nella futura delimitazione dei PUE, anche individuando eventuali meccanismi premiali;

c) spettava invece alla pianificazione attuativa perimetrare, all'interno di tali zone, i singoli PUE, ed all'occorrenza i singoli comparti.

Il PUG di T non avrebbe potuto, al fine di ripartire l’onere derivante dalla cessione di suoli per urbanizzazioni secondarie, perimetrare un piano attuativo in sede di approvazione dello strumento di pianificazione generale, né attribuire diritti edificatori all’area interessata da tale cessione in misura differente rispetto alle altre aree comprese nel comparto.

Completato questo iter motivo sotto un profilo più generale (sostanzialmente riconoscendo fondata la censura di eccesso di potere per straripamento) il T ha poi ritenuto fondate anche le critiche specifiche mosse alla concreta “destinazione” impressa al fondo di parte appellata (si censurava l'art.

6.11.14 delle NTA, che avrebbe declassato le maglie comprese nel comparto Cp/47 da zone ad alta densità a zone a bassa densità).

Ha in proposito osservato che dalla cartografia, (elaborato tavola 10 "definizione dei comparti") emergeva che il Comparto 47 era costituito dalla maglia Bs.ad/7, Bs.ad/7 bis, dalla maglia UP5 e dalla maglia UP6;
trattavasi dunque di un contesto residenziale ad alta densità. La maglia Bs.bd/34, inoltre, si trovava nel comparto Cp/11 e nulla aveva da spartire con il comparto Cp/47.

Pareva quindi evidente che nella predisposizione dell'art.

6.11.14 delle NTA, che costituiva la norma tecnica di riferimento per il comparto Cp/47, fosse stato commesso un errore, non corrispondendo il contenuto di siffatta norma tecnica a quanto risultava dalla cartografìa del PUG.

Conseguentemente, il Tribunale amministrativo ha annullato la delibera del Consiglio Comunale di approvazione definitiva del nuovo Piano Urbanistico Generale, e gli atti ad esso presupposti, limitatamente alle previsioni relative ai fondi di proprietà della parte originaria ricorrente.

L’amministrazione regionale rimasta soccombente ha proposto una articolata critica alla sentenza in epigrafe sotto tutti i versanti motivazionali suindicati ripercorrendo la cronologia degli accadimenti e chiedendo la riforma dell’appellata decisione.

Ha in particolare rimarcato che parte originaria ricorrente di primo grado non aveva sollevato doglianze in ordine all’utilizzo di tecniche perequative per la disciplina del suolo di pertinenza: aveva prestato acquiescenza alle modalità con cui avveniva l’edificazione del suolo.

La sentenza di prime cure era affetta dal vizio di ultrapetizione ed extrapetizione ex art. 112 cpc, ed era gravemente errata in quanto impingente sul merito delle scelte discrezionali dell’amministrazione e resa tenendo in non cale la disciplina regionale di cui alla legge n. 20/2001.

Parimenti il contraddittorio era stato violato perché ex officio, ed obliando l’art. 73 comma 3 del cpa il T aveva posto a sostegno della decisione demolitoria vizii mai lamentati e comunque sui quali non era stato sollecitato il contraddittorio.

Sotto altro profilo, ha sostenuto che il mezzo di primo grado non era stato notificato ad alcuno degli altri proprietari di arre ricadenti nel comparto e non impugnanti: ove si fosse ritenuto che la sentenza spiegava incidenza anche su dette posizioni il mezzo doveva essere dichiarato inammissibile.

La sentenza, pertanto: era viziata ex art. 112 cpc;
affetta da nullità in quanto le tematiche ivi esaminate non erano state oggetto di delibazione svolta in contraddittorio;
il ricorso di primo grado, era inammissibile per omessa intimazione ad alcun controinteressato

Nel merito, la sentenza fondava la propria valutazione di illegittimità della pianificazione perequativa prevista dal Pug su argomenti gravemente errati.

Si era infatti ivi sostenuto che il Comune aveva utilizzato la tecnica perequativa in contrasto con il criterio della zonizzazione e che i comparti perequativi potessero essere perimetrati soltanto in sede di pianificazione attuativa, e non già direttamente nel PUG.

la sentenza, non teneva conto del principio giurisprudenziale affermatosi, secondo cui v’era piena compatibilità tra la zonizzazione prevista dalla legge n. 1150/1942 e la pianificazione perequativa (posto che quest’ultima operava all’interno di comparti perequativi e non introduceva nuove destinazioni di zona).

Quanto alla tesi secondo cui i comparti perequativi (in quanto strumento di “terzo livello” potevano essere perimetrati soltanto in sede di pianificazione attuativa ( e non già direttamente dal PUG), essa non teneva conto della circostanza che la legge regionale n. 20/2001 aveva modificato sostanzialmente la legge regionale n. 56/1980 e quella n. 6/1979.

Gli art. 2 lett. d e 14 della legge regionale n. 20/2001 prevedevano invece espressamente che la perimetrazione dei Pue e quella dei distretti perequativi (ove prevista dal pianificatore locale) venisse effettuata direttamente dallo strumento urbanistico generale.

Il primo giudice aveva confuso i “comparti edificatori” previsti ex art. 870 cc e dall’art. 23 della legge n. 1150/1942 (oltre che dalla ante vigente legislazione regionale) con i comparti perequativi.

Quanto alla seconda doglianza accolta, v’era effettivamente un errore che sarebbe stato emendato in sede di autotutela, ma ciò non inficiava l’ operato complessivo dei pianificatori.

Parte appellata non ha depositato memoria nel termine di cui all’art. 46 del cpa.

Con memoria depositata in vista della odierna udienza pubblica e datata 15.10.2015 parte appellante ha puntualizzato e ribadito le proprie censure.

In vista della odierna pubblica udienza l’appellante Regione ha depositato una memoria tendente a puntualizzare le proprie difese.

Alla odierna pubblica udienza del 17 novembre 2015 la causa è stata posta in decisione dal Collegio.

DIRITTO

L’ appello è solo parzialmente fondato, e va solo parzialmente accolto, nei termini di cui alla motivazione che segue.

1.1. La prima questione che occorre affrontare riposa nella procedibilità – o meno- del proposto appello.

Ciò in quanto – come sinteticamente esposto nella parte in fatto della presente decisione- il T ha accolto il mezzo di primo grado sulla scorta di due capisaldi demolitori.

Quanto al secondo di essi (discrasia incorsa nella predisposizione dell'art.

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