Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-11-15, n. 202107584

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-11-15, n. 202107584
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202107584
Data del deposito : 15 novembre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/11/2021

N. 07584/2021REG.PROV.COLL.

N. 09286/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9286 del 2015, proposto da
A M, Consiglia Boccia, rappresentati e difesi dall'avvocato Alfredo Zaza D'Aulisio, con domicilio eletto presso lo studio Francesco Cardarelli in Roma, via G. Pierluigi Da Palestrina, 47;

contro

Comune di Sperlonga, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato R D T, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via S. Nicola Da Tolentino 50;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio sezione staccata di Latina (Sezione Prima) n. 00259/2015, resa tra le parti, concernente demolizione opere edilizie abusive


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Sperlonga;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 novembre 2021 il Cons. Davide Ponte e uditi per le parti gli avvocati Gessica Quatrale in sostituzione dell'avvocato Alfredo Zaza D'Aulisio;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con l’appello in esame l’odierna parte appellante impugnava la sentenza n. 259 del 2015 del Tar Latina, recante rigetto dell’originario gravame, proposto dalla stessa parte al fine di ottenere l’annullamento dell'ordinanza n. 122 del 11 dicembre 2007 di demolizione opere edilizie abusive.

In particolare le opere oggetto di contestazione avevano ad oggetto l’ampliamento (stimato in mq. 18,97) di una preesistente piazzola in cemento armato, sull’intera superficie della quale (mq. 113,97) è stata installata una tettoia in pali di ferro ancorati al cemento con copertura in materiale ombreggiante, e di un box in lamiera di circa mq. 2,60 * 5,12 * h. 2,00/2,30 ad uso deposito agricolo.

All’esito del giudizio di prime cure il Tar rigettava le censure dedotte in termini di pendenza di istanza di condono, in quanto relativa ad altre opere, nonché di precarietà e di difetto di motivazione.

Nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda, parte appellante formulava i seguenti motivi di appello sull’erroneità della sentenza:

- erroneità dei presupposti per identità con l’opera soggetta a istanza di condono;

- erroneità sulla prova del carattere pertinenziale dell’opera, la cui consistenza esclude la sanzione demolitoria;

- difetto di motivazione sull’interesse pubblico alla demolizione.

L’amministrazione appellata si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello.

Alla pubblica udienza del 4 novembre 2021 la causa passava in decisione.

DIRITTO

1. L’appello è destituito di fondamento.

2. In relazione alla presunta identità del manufatto oggetto di sanzione, rispetto a quello posto a base nell’istanza di condono, lo stesso confronto evidenzia la distinzione rilevata dal Comune e condivisa dal Tar. La domanda di condono, datata 10 dicembre 2004, aveva ad oggetto una piazzola in cemento armato avente superficie di mq.95 delimitata da un cordolo di cemento da cm. 25 x 25. 2.1 Il provvedimento sanziona invece un ampliamento della piazzola e la realizzazione di una tettoia che la ricopre interamente e di un box adibito a deposito agricolo;
il provvedimento individua precisamente sia le opere che le relative dimensioni. Si tratta di manufatti che risalgono sicuramente ad epoca successiva al rapporto del 4 dicembre 2004 avente a oggetto l’accertamento della piazzola avente superficie di mq. 95 oggetto della evocata domanda di condono.

2.2 Va quindi condivisa anche la considerazione unitaria degli abusi, commessi in pendenza di una istanza di condono sulla medesima area vincolata anche paesaggisticamente.

3. Parimenti destituiti di fondamento sono i motivi di appello concernenti la consistenza e la natura delle opere in contestazione.

3.1 In linea di fatto appaiono pacifici i seguenti elementi: la consistenza degli abusi, l’assenza di titolo edilizio e la relativa collocazione in area sottoposta a vincolo paesaggistico.

3.2 In linea di diritto, va ribadito che, il divieto di incremento dei volumi esistenti, imposto ai fini di tutela del paesaggio, preclude qualsiasi nuova edificazione comportante creazione di volume, senza che sia possibile distinguere tra volume tecnico ed altro tipo di volume (cfr. Consiglio di Stato, sez.VI 19 settembre 2018 n. 5466, sez. IV, 5 agosto 2013, n. 4079, e 12 febbraio 1997, n. 102).

Al riguardo, mentre ai fini edilizi un nuovo volume può non essere considerato rilevante e non essere oggetto di computo fra le volumetrie assentibili (ad esempio, perché ritenuto volume tecnico), ai fini paesaggistici invece può assumere comunque una rilevanza e determinare una possibile alterazione dello stato dei luoghi. Questo vale dunque per i volumi non considerati normalmente rilevanti per l'attività edilizia, perciò anche la realizzazione di volumi sotterranei, della rampa di accesso e del correlativo muro di contenimento laterale, come la posa in opera di rilevanti superfici e delle griglie di aerazione dei sottostanti locali, possono essere considerate rilevanti dal punto di vista paesaggistico e come tali essere in contrasto con le previsioni intese ad impedire l'alterazione dello stato dei luoghi attraverso la realizzazione di nuove strutture (cfr. ad es. Consiglio di Stato sez. VI 02 settembre 2013 n. 4348 ).

3.3 Ciò non può che valere a maggior ragione nel caso di specie, a fronte di una pluralità di nuovi volumi (tettoia e box) i quali, peraltro, appaiono solo affermati quali presunti volumi tecnici, senza parte appellante fornisca alcun elemento specifico diverso dal riferimento alle dimensioni.

Al riguardo va ribadito che, per potersi parlare di volume tecnico, occorre trovarsi dinanzi ad un'opera priva di qualsiasi autonomia funzionale, anche solo potenziale, in quanto destinata solo a contenere, senza possibilità di alternative e, comunque, per una consistenza volumetrica del tutto contenuta, impianti serventi di una costruzione principale per essenziali esigenze tecnico-funzionali della medesima;
in sostanza si tratta di impianti necessari per l'utilizzo dell'abitazione che non possono essere in alcun modo ubicati all'interno di questo come possono essere, e sempre in difetto dell'alternativa, quelli connessi alla condotta idrica, termica e all'ascensore e simili, i quali si risolvono in semplici interventi di trasformazione senza generale aumento di carico territoriale o di impatto visivo (cfr. ad es. Consiglio di Stato sez. V 11 luglio 2016 n. 3059 e sez. VI 16 giugno 2016 n. 2658). Possono considerarsi volumi tecnici solo quei volumi che sono realizzati per esigenze tecnico-funzionali della costruzione (per la realizzazione di impianti elettrici, idraulici, termici o di ascensori), che non possono essere ubicati all'interno di questa e che sono del tutto privi di propria autonoma utilizzazione funzionale, anche potenziale.

Nel caso di specie, nessun elemento viene fornito al riguardo, neppure circa la necessaria strumentalità né le esigenze tecnico funzionali della costruzione principale. Né potrebbe esserlo, trattandosi all’evidenza di autonomi e nuovi volumi destinati ad un utilizzo continuo ed autonomo.

4. Infine, in ordine ai vizi dedotti in termini di difetto di motivazione, in materia va ribadito che tutti i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia sono atti vincolati e, quindi, non richiedono una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest'ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. VI, 21 aprile 2020, n. 2537);

5. Alla luce delle considerazioni che precedono, pertanto, l’appello va respinto.

Le spese del presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi