Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2012-07-30, n. 201204313
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N. 04313/2012REG.PROV.COLL.
N. 06139/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello nr. 6139 del 2010, proposto dalla società L’ARCA S.r.l., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dagli avv.ti S S D e A Z, con domicilio eletto presso il primo in Roma, via Bocca di Leone, 78,
contro
- la REGIONE LAZIO, in persona del Presidente
pro tempore,
non costituita;
- il COMUNE DI ROMA, in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dall’avv. A M, domiciliato per legge in Roma, via del Tempio di Giove, 21;
nei confronti di
signori Zenaide TOMEI, Maria Loredana VONA e Rossella VONA, non costituiti,
per l’annullamento e/o la riforma
della sentenza nr. 3178/10, resa nelle camere di consiglio del 22 ottobre 2009 e del 17 dicembre 2009, depositata in data 1 marzo 2010, non notificata, con la quale il T.A.R. del Lazio, Sezione Seconda- bis, ha dichiarato inammissibile il ricorso nr. 9853/08, compensando tra le parti le spese di giudizio.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Roma (oggi Roma Capitale);
Viste le memorie prodotte dalla appellante (in date 8 e 19 giugno 2012) e da Roma Capitale (in data 8 giugno 2012) a sostegno delle rispettive difese;
Vista l’ordinanza di questa Sezione nr. 2534 del 14 giugno 2011, con la quale è stata respinta la domanda di sospensione dell’esecuzione della sentenza impugnata;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, all’udienza pubblica del giorno 10 luglio 2012, il Consigliere R G;
Uditi l’avv. Zito per la appellante e l’avv. Rodolfo Murra per Roma Capitale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La società L’Arca S.r.l. ha impugnato la sentenza con la quale il T.A.R. del Lazio ha dichiarato inammissibile il ricorso dalla stessa proposto avverso la delibera di approvazione del Nuovo P.R.G. del Comune di Roma, nonché avverso altri atti antecedenti, in relazione all’inserimento di suoli in sua proprietà all’interno di un Piano di Zona approvato nel 2007.
A sostegno dell’appello, è stata dedotta l’erroneità della declaratoria di inammissibilità del ricorso per omessa tempestiva impugnazione del detto Piano di Zona, atteso che quest’ultimo non risultava essere stato assoggettato alle pubblicazioni e comunicazioni di legge (e, pertanto, l’interessata ne aveva avuto notizia solo contestualmente all’approvazione del Nuovo P.R.G.).
Ciò premesso, la appellante ha riproposto come segue i motivi di impugnazione di primo grado, non esaminati dal T.A.R.:
1) eccesso di potere per intrinseca illogicità;eccesso di potere per errore nella valutazione dei presupposti di fatto;sviamento di potere (con riferimento alla carenza dei presupposti di legge per il ricorso ad un Piano di Zona);
2) violazione di legge;violazione dei principi di legalità e di buon andamento dell’azione amministrativa (ponendosi il predetto Piano di Zona quale mero completamento di un precedente intervento di pianificazione rimasto inconcluso);
3) violazione di legge;violazione dell’art. 3, comma 2, della legge 18 aprile 1962, nr. 167;eccesso di potere per sviamento dell’azione amministrativa;eccesso di potere per irragionevolezza;violazione dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990, nr. 241;difetto di motivazione;eccesso di potere per insufficienza della motivazione (per essere il Piano in questione concepito su un’area prevalentemente residenziale, e non su una zona specificamente destinata all’edilizia economica e popolare);
4) violazione di legge;violazione dell’art. 8, comma 3, della legge nr. 167 del 1962 (stante la mancata notifica dell’approvazione del Piano di Zona ai proprietari interessati);
5) violazione di legge;violazione dell’art. 9 della legge 17 agosto 1942, nr. 1150;difetto di istruttoria;eccesso di potere (stante la mancata ripubblicazione del P.R.G. dopo la modifica allo stesso apportata, consistente appunto nel recepimento del precedente Piano di Zona);
6) violazione di legge;violazione dell’art. 11 del d.P.R. 8 giugno 2001, nr. 327 (stante l’omissione della comunicazione di avvio del procedimento ai proprietari interessati);
7) violazione di legge;violazione dell’art. 1- bis del d.l. 22 dicembre 1984, nr. 901, convertito, con modificazioni, dalla legge 1 marzo 1985, nr. 42 (stante l’assenza di qualsiasi atto a rilevanza esterna in epoca successiva a quelli impugnati).
Si è costituito il Comune di Roma (oggi Roma Capitale), replicando analiticamente a tutti i motivi di gravame e concludendo per la conferma della sentenza di inammissibilità, ovvero per l’infondatezza nel merito delle censure articolate dalla ricorrente in primo grado.
Con istanza successivamente depositata, la società appellante ha chiesto in via incidentale la sospensione dell’esecuzione della sentenza impugnata;all’esito della camera di consiglio del 14 giugno 2011, questa Sezione ha respinto l’istanza.
All’udienza del 10 luglio 2012, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. L’odierna appellante, società L’Arca S.r.l., è proprietaria di suoli siti in località Acilia del Comune di Roma, acquistati con rogito del 12 dicembre 2007, ricompresi in base al Nuovo P.R.G. capitolino quale adottato con delibera consiliare nr. 33 del 2003 nell’ambito delle zone “ sistemi e regole – sistema insediativo – città da ristrutturare all’interno del programma integrato nr. 1 ‘tessuti prevalentemente residenziali’”.
Con deliberazione della Giunta Regionale nr. 930 del 23 novembre 2007, è stato approvato il Piano di Zona denominato “ A9 Casette Pater 4 ” in variante al P.R.G. adottato, nell’ambito del quale ricadevano le aree in questione.
Conseguentemente, in sede di approvazione definitiva del Nuovo P.R.G. di Roma i suoli in proprietà della appellante mutavano destinazione, venendo inseriti negli “ ambiti a pianificazione particolareggiata definita ”, per i quali, giusta l’art. 62 delle N.T.A., continuava ad applicarsi la disciplina imposta dai pregressi piani attuativi o programmi urbanistici (per quel che qui rileva, la disciplina posta dal suindicato Piano di Zona).
La delibera consiliare di approvazione del Nuovo P.R.G. (nr. 18 del 12 febbraio 2008) è stata impugnata dalla società istante con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, poi oggetto di trasposizione giurisdizionale dinanzi al T.A.R. del Lazio, unitamente agli atti antecedenti, fra i quali anche la delibera regionale di approvazione del Piano di Zona de quo.
Con la sentenza oggetto dell’appello oggi all’esame della Sezione, il T.A.R. adito ha dichiarato inammissibile il ricorso, rilevando che le censure articolate dalla istante, più che il Nuovo P.R.G., investivano il precedente Piano di Zona, e che quest’ultimo non era stato impugnato nel termine di sessanta giorni dalla sua approvazione.
2. Tanto premesso, l’appello risulta fondato nella parte in cui lamenta l’erroneità della declaratoria di inammissibilità del ricorso introduttivo.
Ed invero, come più volte affermato dalla Sezione, il termine per l’impugnazione del piano di zona per l’edilizia economica e popolare decorre, nei confronti dei proprietari di aree inserite nel piano medesimo, dalla data di notificazione dell’avviso dell’avvenuta sua approvazione, di cui all’art. 8, comma 5, della legge 18 aprile 1962, nr. 167, indipendentemente dalla circostanza che detti privati siano venuti a conoscenza del precedente atto di adozione (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 1 aprile 1999, nr. 493;id., 18 marzo 1999, nr. 308).
Nel caso di specie, parte appellante assume che, non essendosi proceduto né alle pubblicazioni di cui al comma 4 né agli avvisi di cui al comma 5 del citato art. 8, essa avrebbe avuto conoscenza dell’esistenza del Piano di Zona solo a seguito dell’approvazione del Nuovo P.R.G. romano, nel quale il predetto Piano è sostanzialmente confluito.
A fronte di ciò l’Amministrazione comunale, senza minimamente contestare né smentire le affermazioni di controparte, si limita a riproporre pedissequamente le argomentazioni spese in primo grado (e condivise dal T.A.R.) circa la pretesa tardività dell’impugnazione del Piano di Zona.
Così stando le cose, deve ritenersi che la parte odierna appellata non abbia assolto a quell’onere di provare rigorosamente la piena conoscenza dell’atto impugnato che – come noto – incombe a chi eccepisce la tardività dell’impugnazione.
3. Occorre dunque scendere all’esame nel merito delle doglianze articolate dalla ricorrente in primo grado, le quali peraltro sono tutte infondate e quindi meritevoli di reiezione.
4. Con le prime due censure, che possono essere esaminate congiuntamente, la società istante assume la carenza, nella specie, dei presupposti legali per il ricorso al Piano di Zona, atteso che l’intervento de quo ricade su quattro aree autonome e distinte, tra loro non contigue, situate in contesto residenziale già fortemente urbanizzato;in realtà, si soggiunge, l’intervento contestato solo pretestuosamente sarebbe inteso a realizzare finalità di estensione e urbanizzazione dell’area in questione, essendo in realtà finalizzato a completare una pregressa pianificazione non conclusa nei termini.
Tuttavia, l’Amministrazione appellata ha fornito ampi ed esaustivi elementi, anche documentali, a sostegno delle proprie scelte pianificatorie, dai quali emerge con chiarezza come nella specie potesse dirsi ben sussistente lo scopo tipico di realizzare la piena urbanizzazione di un’area degradata, già oggetto di precedenti interventi di riqualificazione.
In particolare, è stato rilevato:
- che già nel previgente strumento urbanistico i suoli in questione erano soggetti a destinazione F1 (“ ristrutturazione urbanistica ”);
- che l’area denominata “Casette Pater” era già ricompresa nel secondo Piano per l’edilizia economica e popolare, approvato nel 1987 e oggetto in seguito di una molteplicità di varianti integrative, man mano che l’Amministrazione adeguava e perfezionava la propria programmazione urbanistica sulla scorta dell’evoluzione delle esigenze insediative del territorio;
- che, in particolare, il Piano di Zona inerente ai suoli per cui è causa (poi recepito in sede di approvazione nel Nuovo P.R.G.) faceva parte di una più generale “ variante integrativa-sostitutiva ” rientrante nel descritto processo di pianificazione.
Così stando le cose, risulta del tutto motivata e ragionevole, e per nulla estemporanea o pretestuosa, la scelta dell’Amministrazione comunale di procedere con Piano di Zona, mentre gli elementi addotti dalla parte appellante (e, in particolare, la peculiare conformazione fisica dei suoli de quibus e il loro ricadere in contesto già urbanizzato) non appaiono di per sé idonei a dimostrare la sussistenza dei lamentati vizi di legittimità.
5. Gli elementi richiamati al punto che precede valgono anche a disvelare l’infondatezza del terzo motivo d’impugnazione, con il quale si assume la violazione dell’art. 3 della citata legge nr. 167 del 1962 e comunque la carenza di una valida motivazione a sostegno dell’individuazione per il contestato Piano di Zona di aree non già destinate a edilizia economica e popolare.
Al riguardo, come correttamente evidenziato da Roma Capitale, il comma 2 del ridetto art. 3 non stabilisce un obbligo assoluto di impiego delle aree avente la suddetta destinazione per il ricorso ai Piani di Zona, limitandosi a prevedere che “ di norma ” così debba essere;ciò che, secondo un indirizzo giurisprudenziale che la stessa odierna appellante mostra di conoscere, comporta solo un rinforzato onere motivazionale a sostegno della scelta di ricorrere ad aree aventi una diversa destinazione urbanistica pregressa (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 14 ottobre 1997, nr. 1199).
Orbene, alla luce della complessa e articolata vicenda amministrativa e pianificatoria che si è più sopra sintetizzata, deve ritenersi certamente assolto l’onere dell’Amministrazione di specificare le ragioni alla base della scelta di approvare un Piano di Zona relativo ad aree non precedentemente soggette a destinazione residenziale (essendo pacifico che tale motivazione ben può ricavarsi per relationem dagli atti, anche istruttori, che hanno preceduto la delibera di approvazione del Piano).
6. Privo di pregio è anche il quarto motivo di impugnazione, col quale si torna a lamentare l’omessa notifica della delibera di approvazione del Piano di Zona ai proprietari interessati (con violazione dell’art. 8, comma 5, della legge nr. 167 del 1962).
Infatti, è evidente che l’inosservanza delle disposizioni in tema di pubblicità e comunicazioni, se certamente ha effetti sulla conoscenza legale degli atti e sulla tempestività delle relative impugnazioni (come sopra chiarito al punto 2), non si riverbera però sulla validità degli atti stessi, che non ne risultano viziati nella loro legittimità.
7. Da respingere è anche la doglianza con la quale si lamenta la mancata nuova pubblicazione del P.R.G. adottato, che sarebbe stata doverosa ai sensi dell’art. 9 della legge 17 agosto 1942, nr. 1150, dopo che in sede di approvazione allo strumento urbanistico erano state apportate rilevanti modifiche, nella specie consistenti appunto nel recepimento del Piano di Zona de quo.
Sul punto, è a dirsi che risulta smentita per tabulas l’affermazione dell’Amministrazione appellata secondo cui il detto Piano di Zona era confluito nell’emanando P.R.G. di Roma già in sede di adozione di quest’ultimo: infatti, è la stessa Amministrazione a precisare che il recepimento avvenne in sede di conferenza di copianificazione ai sensi dell’art. 66- bis della legge regionale del Lazio 22 dicembre 1999, nr. 38, e quindi in una fase che, ai sensi della speciale procedura introdotta da tale disposizione per la formazione del P.R.G. capitolino, si poneva certamente a valle dell’adozione del Piano, delle osservazioni e delle relative controdeduzioni (le quali, invece, restavano soggette alla disciplina ordinaria).
Tuttavia, in proposito può richiamarsi quanto la Sezione ha avuto modo di ritenere in occasione di distinta vicenda (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 28 settembre 2009, nr. 5818) nella quale, essendo censurata la carenza di una nuova deliberazione del Consiglio Comunale, asseritamente doverosa ai sensi del comma 5 del precitato art. 66- bis, proprio muovendo dalla “specialità” dell’ iter introdotto dal legislatore regionale per la pianificazione della città di Roma, è stato affrontato il tema della natura sostanziale o meno delle modifiche apportate in sede di conferenza di copianificazione al P.R.G. adottato.
In tale circostanza, si è ritenuto “ ...che l’opinione (...) secondo cui le modifiche apportate dalla Conferenza rivestirebbero rilevanza sostanziale, non trovi riscontro nella documentazione in atti.
Ed invero, (...) appare evidente che le affermazioni di quest’ultima [cioè, della società appellata] sono ancorate a una logica pressoché esclusivamente “quantitativa”, intesa a valorizzare il mero dato numerico (numero degli articoli e dei commi delle N.T.A. oggetto di intervento della Conferenza etc.), piuttosto che la concreta incidenza delle modifiche sulle scelte pianificatorie del Comune, sulla destinazione impressa ai suoli, sulla loro suddivisione e su tutti gli altri dati qualificanti uno strumento urbanistico generale.
In tale prospettiva, da un esame comparativo delle N.T.A. del P.R.G. quali si presentavano a seguito delle controdeduzioni comunali alle osservazioni dei privati e quali risultanti dal lavoro della Conferenza, nonché della relazione tecnica predisposta da quest’ultima, emerge che sono rimaste manifestamente inalterate non solo tutte le scelte di fondo operate in sede di adozione, ma anche quelle relative alla destinazione generale dei suoli ed al rapporto quantitativo fra le varie zone individuate dal piano;in sostanza, malgrado l’elevato numero delle modifiche apportate, le stesse hanno per lo più carattere formale, consistendo – come riconosciuto dalla stessa Conferenza – in semplici “errata corrige”, ovvero in riformulazioni di prescrizioni non mutate nella sostanza o in modifiche marginali intese a rendere coerenti le singole previsioni con altre norme tecniche, con quanto controdedotto a eventuali osservazioni o anche solo con l’impianto generale del P.R.G.
D’altra parte, tenuto conto della specifica competenza tecnica dei componenti la Conferenza, non desta meraviglia il fatto che uno strumento urbanistico, proveniente dalla fase delle osservazioni dei privati e delle relative controdeduzioni, richiedesse una consistente attività di riscrittura formale, al fine di renderlo organico e coerente, specie a fronte di una realtà urbanistica di estrema complessità quale indubbiamente è quella del Comune di Roma (sulla quale, per vero, andrebbe anche “tarato” il giudizio correlato all’entità numerica delle modifiche stesse) ”.
In altri termini, la peculiarità del modulo procedimentale qui seguito rende a fortiori applicabile il consolidato insegnamento giurisprudenziale secondo cui le modifiche che, all’esito della fase di controdeduzioni, impongono al Comune una nuova pubblicazione del P.R.G. sono solo quelle che comportano uno stravolgimento dello strumento adottato ovvero un profondo mutamento dei suoi stessi criteri ispiratori, e non anche le modifiche, per quanto numerose sul piano quantitativo e incidenti in modo inteso sulla destinazione di singole aree o gruppi di aree, che comunque ne lascino inalterato l’impianto originario (cfr. Cons. Stato, sez. III, 24 marzo 2009, nr. 617;Cons. Stato, sez. IV, 26 aprile 2006, nr. 2297;id., 5 settembre 2003, nr. 4980;id., 4 marzo 2003, nr. 1197;id., 20 novembre 2000, nr. 6178;id., 20 febbraio 1998, nr. 301;id.,11 giugno 1996, nr. 777).
8. Con la sesta censura, parte attrice lamenta la violazione dell’art. 11 del d.P.R. 8 giugno 2001, nr. 327, non essendo stata preceduta l’approvazione del Piano di Zona dalla comunicazione ai proprietari interessati dell’avvio del relativo procedimento.
Il motivo va disatteso, avendo l’Amministrazione intimata dimostrato, attraverso le produzioni e le argomentazioni che si sono riassunte al precedente punto 4, l’assoluta inconsistenza dei rilievi di merito mossi dalla società istante alle scelte pianificatorie nella specie adottate dal Comune, e potendo dunque ritenersi l’irrilevanza dell’eventuale omissione dell’avviso ai sensi dell’art. 21- octies, comma 2, della legge 7 agosto 1990, nr. 241.
9. Infondato, infine, è l’ultimo motivo di impugnazione, con il quale si deduce la violazione dell’art. 1- bis del d.l. 22 dicembre 1984, nr. 901, convertito, con modificazioni, nella legge 1 marzo 1985, nr. 42, in quanto nei sei mesi successivi all’approvazione del Piano di Zona non sarebbe stato posto in essere alcun atto preordinato all’acquisizione delle aree.
Il richiamo normativo è manifestamente inconferente, atteso che il citato art. 1- bis è norma speciale destinata ad applicarsi ai soli Piani di Zona scadenti entro il 31 dicembre 1987, ovvero già scaduti alla data di entrata in vigore della norma medesima;laddove il Piano per cui è causa risulta approvato in epoca abbondantemente anteriore alle scadenze suindicate, e pertanto soggetto alla ordinaria efficacia decennale ex art. 9 della legge nr. 167 del 1962.
10. In conclusione, s’impone la conferma della sentenza impugnata ancorché con diversa motivazione, essendo emerso che, pur essendo ammissibile al contrario di quanto ritenuto dal T.A.R., il ricorso di primo grado è infondato nel merito.
11. In considerazione della peculiarità della vicenda che occupa, sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di lite.