Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2012-09-20, n. 201204992

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2012-09-20, n. 201204992
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201204992
Data del deposito : 20 settembre 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 06786/2009 REG.RIC.

N. 04992/2012REG.PROV.COLL.

N. 06786/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6786 del 2009, proposto da:
Besso Limited, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati R V e A D E, con domicilio eletto presso R V in Roma, via L. Bissolati, 76;

contro

Isvap - Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni Private e di Interesse Collettivo, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati G L C e M B, domiciliato in Roma, via del Quirinale, 21;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio – Roma, 25 marzo 2009, n, 3121


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Isvap - Istituto per a Vigilanza sulle Assicurazioni Private e di Interesse Collettivo;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 aprile 2012 il Cons. C C e uditi per le parti gli avvocati Villata e Binda;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La società Besso ltd. con il ricorso in appello afferma di essere un broker assicurativo operante nell’ambito del sistema dei Lloyd’s di Londra. Espone che nel novembre del 2000 ebbe a verificare la disponibilità di massima delle parti (soggetti sottoscrittori, co-assicuratori e soggetto assicurato) alla definizione di un contratto assicurativo a copertura dei viaggi organizzati dall’operatore di diritto italiano ‘Viaggi del Ventaglio’. Quindi, sottopose al sottoscrittore Wellington Underwriting Agencies ltd. (società assicuratrice inglese, anch’essa operante nell’ambito del sistema Lloyd’s) la bozza di testo contrattuale.

Secondo l’appellante, il sottoscrittore inglese Wellington Underwriting Agencies ltd. provvedeva ad apportare al testo proposto alcune modifiche e, solo dopo che il testo era stato autonomamente modificato da tale società, era stato negoziato con un broker italiano (la M B s.r.l.) e successivamente sottoposto in formato c.d. ‘ slip’ ad altre compagnie assicuratrici inglesi, le quali avevano – ciascuna per quanto di ragione – accettato una determinata percentuale di rischio, fino a una copertura complessiva pari al 130 per cento (le società interessate erano: a) la Wellington Underwriting Agencies ltd. – sottoscrittore -, per un rischio pari al 17,31 per cento del totale;
la Goshhawk ltd. – sottoscrittore -, per un rischio pari al 15,38 per cento del totale, la CNA ltd. – co-assicuratore -, per un rischio pari al 48,08 per cento del totale e la Great Lakes ltd. – co-assicuratore -, per un rischio pari al 19,23 per cento del totale).

Nell’ambito della versione c.d. ‘ slip’ del contratto era stata inserita una clausola (d’ora innanzi: ‘ la clausola 7 ’), il cui contenuto in lingua inglese – secondo una traduzione che il Collegio reputa attendibile e sul cui contenuto sostanziale non sono sorte contestazioni – può essere così tradotto: “ nel caso in cui il rapporto premi incassati / perdite subite per un periodo di rinnovo di due mesi superi il 100% del premio netto, il premio per passeggero sarà modificato per ripristinare il margine voluto del 20%, ma escludendo, tuttavia, i danni catastrofali coinvolgenti due o più vittime ”.

Risulta agli atti che la clausola in parola sia stata infine inserita nel contratto stipulato e divenuto efficace fra le parti.

Secondo quanto riferito dall’appellante, la clausola era stata inserita nell’ambito del testo ‘ slip’ da un rappresentante della Wellington Underwriting Agencies ltd., e il testo di tale clausola era stato ulteriormente modificato su richiesta della M Bs.r.l., la quale aveva chiesto e ottenuto due modifiche: a) in primo luogo, la sostituzione delle parole “ margine minimo ” (presenti nella versione iniziale) con le parole “ margine voluto ” (presenti nel testo finale);
b) in secondo luogo, l’inserimento della clausola eccettuale finale (ossia, delle parole “ ma escludendo, tuttavia, i danni catastrofali coinvolgenti due o più vittime ”).

L’appellante riferisce, poi, che un volta ottenuto il consenso delle parti (in particolare: fra i sottoscrittori e co-assicuratori inglesi e la società italiana assicurata) la stessa appellante aveva provveduto a predisporre la c.d. ‘ cover note ’ (ossia, una nota di copertura la quale ha la funzione di recepire il testo finale e di rappresentare in modo puntuale i termini dell’accordo in attesa della stipula della polizza finale), materialmente redatta in un documento composto sulla propria carta intestata.

Il contratto così concluso (la cui durata iniziale era fissata in un anno a decorrere dal 31 ottobre 2000) era stato in seguito prorogato per mutuo consenso fra le parti fino al 31 dicembre 2001, ma in seguito non era più ulteriormente prorogato anche a causa di alcune divergenze interpretative sorte fra le parti in relazione all’effettiva portata della ‘clausola 7’ e all’eccezione alla sua operatività rappresentata dagli eventi catastrofici.

La gestione dei rapporti contrattuali era stata così impostata:

- il broker italiano M B e un'altra società italiana (la Waycall Assistance s.p.a.) curavano la gestione dei sinistri, rimettendo periodicamente al broker appellante i resoconti relativi ai premi incassati dai passeggeri assicurati e il dettaglio dei sinistri;

- il broker appellante riceveva ed elaborava i documenti dei broker italiani e li sottoponeva all’approvazione dei sottoscrittori e alla validazione dei competenti uffici del sistema dei Lloyd’s.

E’ comunque pacifico in atti che il contratto non sia stato più rinnovato a decorrere dal 2002.

In data 14 dicembre 2004, il rappresentante legale per l’Italia dei Lloyd’s di Londra segnalava all’Isvap che, nell’ambito delle brochures pubblicitarie dell’operatore italiano ‘I Viaggi del Ventaglio’ continuava ad essere fatta menzione di una copertura assicurativa da parte dei Lloyd’s, nonostante il fatto che il rapporto contrattuale si fosse interrotto ormai dal dicembre del 2001.

A seguito di tale segnalazione, l’Isvap avviava un’istruttoria in relazione ai rapporti intercorsi fra le parti dapprima presso il broker italiano M B e, successivamente, nei confronti dei diversi attori coinvolti nell’ambito del contratto di assicurazione all’origine dei fatti di causa.

Nell’ambito di tale istruttoria, l’Istituto formulava alcune richieste di chiarimenti, cui la società Besso ltd. forniva risposta, articolando proprie controdeduzioni.

Tuttavia, l’Isvap non riteneva convincenti le spiegazioni fornite e, con atto in data 6 luglio 2006, contestava alla Besso ltd. la violazione, in concorso con la Wellington Underwriting Agencies ltd. E la M BBrokers s.r.l., dell’articolo 1 della l. 28 novembre 1984, n. 792 ( Istituzione e funzionamento dell’albo dei mediatori di assicurazione ). In particolare, la violazione veniva contestata “ nella misura in cui Besso ltd. Limited ha mediato un rapporto in cui la compagnia assicuratrice ed il broker si associavano, sostanzialmente, nello stesso affare, conseguendo, la prima, un guadagno certo e, il secondo, un profitto solo a lui noto e frutto dell’autonoma gestione dell’affare stesso ”.

In tale occasione, l’Istituto prefigurava l’applicazione nei confronti dell’appellante di una sanzione pecuniaria il cui importo poteva variare da un minimo di euro 311.383,10 a un massimo di euro 1.250.532,40.

All’esito di un’ulteriore fase di interlocuzione (nel cui ambito era anche avvenuta un’audizione in contraddittorio con rappresentanti dell’appellante), l’Istituto adottava in data 22 marzo 2007 un’ordinanza-ingiunzione con la quale, ritenendo violata la previsione di cui all’articolo 1 della legge 792 del 1984, condannava l’odierna appellante al pagamento di una sanzione pecuniaria quantificata in complessivi euro 417.068,16.

Il provvedimento veniva adottato per avere l’Istituto ritenuto che la compagnia assicuratrice (Wellington Underwriting Agencies ltd.) e il broker (Besso ltd.) si fossero, di fatto, associati nel medesimo affare (quello relativo alla stipula della polizza in favore della società ‘I Viaggi del Ventaglio’), conseguendo la prima un guadagno certo, pari al 20 per cento di tutti i premi corrisposti dal contraente (salvo il caso in cui si fossero verificati eventi catastrofali) e il secondo un profitto solo a lui noto e frutto dell’autonoma gestione dell’affare, con conseguente lesione del principio di autonomia del mediatori di assicurazione rispetto alle imprese, nei cui confronti non devono risultare vincolati da legami di sorta.

Al riguardo, l’Istituto osservava:

- che l’apporto di Besso ltd. era stato determinante al fine della conclusione del contratto (e dell’inserzione, nell’ambito di tale contratto, della contestata ‘clausola 7’);

- che l’appellante aveva emesso su propria carta intestata il testo finale del contratto di assicurazione (l’unico di cui il rappresentante in Italia dei Lloyd’s, la compagnia assicuratrice Wellington Underwriting Agencies ltd. e la stessa Besso ltd. avevano riconosciuto la validità);

- che mancavano in atti estratti conto e altri documenti dai quali fosse possibile comprendere a quale titolo M Bavesse corrisposto a Besso ltd. la cifra di circa 280 milioni di lire;

- che, in base all’opinione espressa da una società di consulenza, il contenuto della ‘clausola 7’ poteva essere considerato “ una condizione non contenente requisiti validi da un punto di vista legale ”;

- che erano emerse discrasie non giustificate fra quanto riferito da Besso ltd. e da Wellington Underwriting Agencies ltd. in relazione ai premi ricevuti e ai sinistri liquidati nel corso del periodo settembre - dicembre 2001.

Il provvedimento veniva impugnato dalla società Besso ltd. dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio il quale, con la sentenza oggetto del presente appello, respingeva il ricorso ritenendolo infondato.

La sentenza è stata impugnata in appello dalla Besso ltd., la quale ne ha chiesto la riforma articolando i seguenti motivi:

1) Incompetenza dell’Isvap ad irrogare il provvedimento sanzionatorio, violazione e falsa applicazione dell’articolo 112, c.p.c.

Erroneamente il Tribunale amministrativo ha respinto l’eccezione con cui Besso ltd. aveva contestato l’incompetenza dell’Isvap a sanzionare un broker inglese abilitato all’esercizio dell’attività nel proprio Paese e iscritto nei pertinenti registri tenuti dalle autorità inglesi.

Oltretutto, nell’ambito della vicenda di causa, Besso ltd. non ha operato in territorio italiano, avendo agito unicamente come Lloyd’s broker sul mercato inglese. Il giudice ha erroneamente fondato le proprie valutazioni sulla prevalenza del principio di territorialità rispetto al principio del c.d. ‘ home Country control ’. In particolare, ha omesso di considerare: a ) che l’esercizio del potere sanzionatorio non poteva essere fondato sulle previsioni di cui alla direttiva 77/92/CEE (che, al tempo dei fatti, risultava recepita nell’ordinamento italiano); b ) che l’esercizio di un siffatto potere neppure poteva dirsi fondato sulla previsione di cui all’articolo 8, paragrafo 4 della direttiva 92/2002/CE, trattandosi di direttiva di carattere non autoesecutivo e che, all’epoca dei fatti, non era stata ancora recepita nell’ordinamento italiano.

2) Violazione dell’articolo 9 della l. 792 del 1984 e violazione dell’articolo 5 della l. 689 del 1981 – Insussistenza della condotta stigmatizzata, eccesso di potere per travisamento dei fatti e carenza dei presupposti.

Erroneamente la sentenza ha sanzionato l’appellante per violazione dell’articolo 9 della l. 792 del 1984, trattandosi – al contrario – di disposizione non applicabile nei suoi confronti (in particolare, la Besso ltd. non è iscritta all’Albo italiano dei mediatori di assicurazione e non ha svolto abusivamente tale attività senza essere iscritta all’Albo).

Ancora, la sentenza ha erroneamente ritenuto che l’odierna appellante avesse concorso nella commissione dell’illecito contestato a Wellington Underwriting Agencies ltd. e a M B, difettando – al contrario – i presupposti e le condizioni per fare applicazione delle previsione di cui all’articolo 5 della l. 24 novembre 1981, n. 689.

In particolare, la Besso ltd. ha dimostrato di essere stata sostanzialmente estranea alle vicende che avevano condotto alla predisposizione e successiva sottoscrizione della ‘clausola 7’, avendo limitato la propria attività alla mediazione finalizzata alla conclusione del contratto, senza aver in alcun modo prestato un contributo causale diretto alla determinazione dell’illecito.

Ancora, la sentenza ha omesso di dare atto del fatto che Besso ltd. aveva spiegato la reale natura della somma di 280 milioni di lire circa trasmessale da M B: si tratta delle somme dovute a titolo di compensazione fra premi incassati e sinistri liquidati per il periodo nel corso del quale il contratto aveva presentato un saldo attivo.

Allo stesso modo, il primo giudice ha erroneamente ritenuto che il fatto di aver contribuito alla conclusione dell’affare comportasse ex se l’esistenza di un contributo materiale e psicologico alla determinazione dell’illecito.

In particolare, la sentenza ha omesso di considerare che l’appellante era rimasta estranea alla predisposizione e all’inserimento della ‘clausola 7’ nell’ambito del contratto (avendo dimostrato che tale clausola era stata inserita da Wellington Underwriting Agencies ltd. nella prima bozza di ‘slip’).

3) Eccesso di potere per difetto di istruttoria, violazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa, violazione dell’articolo 112 del c.p.c.

La sentenza ha erroneamente omesso di rilevare la violazione del diritto di difesa perpetrata in danno dell’appellante per avere l’Isvap omesso di renderle note le risultanze degli accertamenti ispettivi svolti anche nei confronti degli altri soggetti sanzionati (Wellington Underwriting Agencies ltd. e M B), nonché di altri soggetti a pieno titolo coinvolti nella vicenda, ma non sanzionati (si tratta degli ulteriori sottoscrittori e co-assicuratori del contratto).

Sotto tale aspetto, la sentenza si è limitata a contestare il comportamento dell’appellante, la quale non aveva ritenuto – nel corso del procedimento conclusosi con l’adozione del provvedimento sanzionatorio – di ricorrere all’accesso agli atti amministrativi di cui agli articoli 22 e seguenti della l. 7 agosto 1990, n. 241.

4) Infondatezza della contestazione e violazione dell’articolo 1 della l. 792 del 1984 – Eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto, contraddittorietà e insufficienza della motivazione, nonché erroneità e carenza della fase istruttoria – Violazione dell’art. 112, c.p.c.

La sentenza è erronea per la parte in cui ha confermato la correttezza del provvedimento impugnato, il quale aveva affermato che, per effetto della condotta illecita posta in essere dai concorrenti:

- l’assicuratore (Wellington Underwriting Agencies ltd.) avrebbe tratto un guadagno certo, pari al 20 per cento di tutti i premi corrisposti dal contraente, mentre

- il broker appellante (Besso ltd.) avrebbe ritratto “ un profitto solo a lui noto e frutto dell’autonoma gestione dell’affare ”.

Quanto al primo aspetto, la sentenza ha omesso di considerare: i) che la ‘clausola 7’ non comportava in modo automatico l’incremento dei premi di assicurazione, ma si limitava a fissare un meccanismo di rinegoziazione;
ii) che l’applicazione della clausola non aveva determinato, in concreto, alcun incremento del premio applicato ai consumatori/viaggiatori;
iii) che alle stesse conclusioni conduceva una prova empirica di carattere comparativo fondata su alcuni preventivi richiesti nel corso del 2007 per la copertura assicurativa di rischi similari a quelli all’origine dei fatti di causa;
iv) che l’analisi in concreto circa i flussi finanziari derivanti dal contratto dimostrerebbero che esso era stato comunque caratterizzato da un alto tasso di aleatorietà e non aveva procurato all’assicuratore l’incondizionato vantaggio contestato dall’Isvap.

Quanto al secondo aspetto la sentenza ha erroneamente affermato che Besso ltd. non avesse fornito nella sede procedimentale informazioni precise circa i rapporti intercorsi con M B in relazione ai premi e ai sinistri relativi al contratto di assicurazione all’origine dei fatti di causa.

Al contrario, l’appellante osserva che tali informazioni erano state debitamente fornite nel corso del procedimento istruttorio e che il primo giudice ha erroneamente omesso di tenerne conto.

5) (in via subordinata): Violazione dell’art. 9 della l. 794 del 1982 in relazione alla quantificazione della sanzione – Violazione dell’articolo 112 del c.p.c. – Violazione e falsa applicazione dell’articolo 11 della l. 689 del 1981.

La sentenza ha erroneamente respinto i motivi di ricorso avverso la quantificazione della sanzione.

In particolare, il primo giudice ha erroneamente omesso di considerare:

- che l’ammontare effettivo dei premi incassati era di gran lunga inferiore a quello posto dall’Isvap a fondamento della sanzione;

- che non vi era alcuna ragione effettiva per moltiplicare per due l’importo del 5 per cento dei premi;

- che risultava del tutto ingiustificato l’ulteriore incremento della sanzione di un terzo.

Si è costituita in giudizio l’Isvap, la quale ha concluso nel senso della reiezione dell’appello.

Alla pubblica udienza del 17 aprile 2012, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto dall’inglese Besso Limited, (broker assicurativo operante nell’ambito del sistema dei Lloyd’s di Londra) avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio con cui è stato respinto il ricorso avverso il provvedimento con cui l’Isvap ha ritenuto che essa avesse violato, in concorso con altri soggetti, l’articolo 1 della legge 28 novembre 1984, n. 782 ( Istituzione e funzionamento dell’albo dei mediatori di assicurazione ) e le ha ingiunto il pagamento di una sanzione determinata in complessivi euro 417.042,96.

2. Il ricorso è infondato.

3. Il primo motivo di appello (con cui si è chiesta la riforma della sentenza per la parte in cui ha omesso di rilevare l’incompetenza dell’Isvap ad irrogare l’impugnato provvedimento sanzionatorio, sulla base della pertinente normativa comunitaria) è infondato.

3.1. Al riguardo, il primo giudice (nel confermare le tesi sostenute dall’Istituto) ha condivisibilmente osservato che, in tema di illeciti amministrativi, la disciplina volta a determinare qualificare di illecito un comportamento va individuata sulla base del generale principio tempus regit actum , ed è irrilevante la sopravvenienza di disposizioni sul medesimo oggetto (in particolare: la direttiva 92/2002/CE e la conseguente normativa interna di recepimento in tema di intermediazione assicurativa, le quali hanno fissato in via generale la vigenza del principio del c.d. ‘ home Country control ’).

Si tratta di un corollario del più generale e consolidato principio secondo cui in tema di illeciti amministrativi i canoni di legalità, irretroattività e divieto di analogia, di cui all'art. 1 della legge 24 novembre 1981, n. 689, comportano l'assoggettamento del fatto alla legge del tempo del fatto commesso, con conseguente inapplicabilità della disciplina posteriore anche se più favorevole .

Pertanto, la presente controversia (e, segnatamente, la questione dei poteri di accertamento e sanzione spettanti alle Autorità nazionali in relazione a comportamenti posti in essere da operatori stranieri, ma con effetti sul territorio nazionale) deve essere valutata alla luce delle disposizioni comunitarie e nazionali vigenti al tempo del fatto commesso (ossia, al tempo di vigenza del contratto in contestazione: ottobre 2000 - dicembre 2001).

3.2. Sotto tale aspetto, la vicenda deve essere qualificata alla luce delle previsioni, al tempo vigenti, di cui alla direttiva 92/49/CEE ( Direttiva del Consiglio che coordina le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative riguardanti l'assicurazione diretta diversa dall'assicurazione sulla vita e che modifica le direttive 73/239/CEE e 88/357/CEE - terza direttiva assicurazione non vita -). Tale direttiva istituiva un quadro armonizzato al livello europeo per ciò che riguarda l’attività degli intermediari assicurativi e nulla disponeva in ordine alla ripartizione del potere di controllo e sanzione relativo all’esercizio di tale tipo di attività in regime di libera prestazione transnazionale. Conseguentemente, nella vigenza della direttiva 77/92/CE non può ritenersi vietato dall’ordinamento comunitario, in forza del generale principio di territorialità delle norme punitive, l’esercizio da parte delle autorità nazionali degli ordinari poteri di accertamento e sanzione relativi agli illeciti commessi sul proprio territorio.

3.3. Del pari, sono infondati gli argomenti della società appellante basati sulle previsioni di cui alla direttiva 92/2002/CE (‘ Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla intermediazione assicurativa ’) e, in particolare, sulla previsione di cui all’articolo 8, paragrafo 4, secondo cui “ la presente direttiva lascia impregiudicato il potere degli Stati membri ospitanti di adottare misure idonee a prevenire o a reprimere i comportamenti tenuti nel loro territorio contrari alle disposizioni legislative o regolamentari da essi adottate per motivi di interesse generale ”.

Come si è esposto in narrativa, l’appellante afferma che solo con l’adozione di tale direttiva ( rectius : delle disposizioni nazionali di recepimento della disposizione da ultimo richiamata, recante un istituto a recepimento facoltativo), e non nel periodo precedente, si sarebbe affermata la possibilità per le autorità nazionali di sanzionare il comportamento degli operatori comunitari operanti in regime transnazionale di libera prestazione di servizi.

L’argomento non può essere condiviso, in quanto:

- per le ragioni dinanzi esposte, le previsioni di cui alla direttiva 92/2002/CE sono irrilevanti sulla vicenda di causa;

- neppure in una logica comparativa di carattere diacronico si può affermare che il principio della sanzionabilità dei comportamenti illeciti posti in essere dagli operatori comunitari in libera prestazione si sia affermato solo nel 2002. Al contrario, per le ragioni richiamate, durante la vigenza della direttiva 77/92/CEE l’assenza di disposizioni armonizzate in tema di controllo sull’attività degli intermediari assicurativi e la presenza di un quadro normativo di mero riavvicinamento delle legislazioni lasciava impregiudicata la piena esplicazione del generale principio di territorialità in relazione agli illeciti amministrativi idonei a produrre effetti pregiudizievoli sul territorio nazionale.

3.4. Per le medesime ragioni non può essere accolto l’argomento secondo cui il primo giudice avrebbe omesso di rilevare l’inapplicabilità alle vicende di causa delle previsioni di cui alla direttiva 2002/92/CE (da considerarsi quale disciplina non auto-esecutiva).

Infatti, per le ragioni esaminate, l’inapplicabilità di tale direttiva alla vicenda di causa, piuttosto che indebolire l’assunto del primo giudice, ne conferma la ricostruzione.

3.5. Concludendo, il ricorso deve essere respinto per la parte in cui ha contestato la sussistenza in capo all’Isvap, al tempo dei fatti rilevante per i presente giudizio, del potere di sanzionare un operatore inglese quale la Besso ltd..

4. Con il secondo motivo di appello, la Besso ltd. ha chiesto la riforma della sentenza per la parte in cui ha confermato la decisione dell’Isvap, che la aveva sanzionata per violazione dell’articolo 9 della legge n. 782 del 1984.

Secondo l’appellante, la disposizione non può riferirsi al suo caso, essendo rivolta unicamente: a) ai soggetti che svolgono l’attività di mediatore di assicurazione o riassicurazione senza essere iscritti all’albo dei mediatori di cui all’articolo 3, oppure b) ai soggetti che, essendo iscritti a tale albo, operano in violazione delle previsioni di cui alla medesima legge.

4.1. Il motivo è infondato.

4.2. Al riguardo, la sentenza è meritevole di conferma in quanto:

- l’applicazione nei confronti dell’odierna appellante della previsione sanzionatoria di cui all’articolo 9 della l. n. 792 del 1984 risulta correttamente fondata sulla circostanza per cui nei confronti della Besso ltd. è stata applicata la previsione di cui all’articolo 5 della l. n. 689 del 1981 (in tema di concorso di persone nell’illecito amministrativo), secondo cui, quando più persone concorrono in una violazione amministrativa, ciascuna di esse soggiace alla sanzione per questa disposta, salvo che sia diversamente stabilito dalla legge;

- il provvedimento sanzionatorio impugnato in primo grado non si fonda quindi sul fatto che la Besso ltd. abbia direttamente concretato la condotta richiamata dall’articolo 9 della l. n. 792 del 1984, bensì sul fatto che l’odierna appellante debba essere sanzionata per aver concorso con un terzo soggetto (nel caso di specie: l’operatore di diritto italiano M B s.r.l., iscritto nell’albo e nei cui confronti trovavano certamente applicazione le previsioni di cui alla l. 792 del 1984) nel realizzare un illecito amministrativo tipico, alla cui determinazione l’odierna appellante ha contribuito con un apporto decisivo;

4.3. Il fatto che l’odierna appellata abbia apportato un contributo causale determinante alla realizzazione dell’illecito è confermato da alcuni dati univoci:

a) la Besso ltd., in quanto Lloyd’s broker nel mercato londinese, era l’unico soggetto abilitato a proporre coperture assicurative di carattere facoltativo (quale quella all’origine dei fatti di causa) ai sottoscrittori dei Lloyd’s. Infatti, stanti le particolari regole che disciplinano il mercato assicurativo dei Lloyd’s, in assenza dell’intermediazione di un soggetto particolarmente qualificato quale l’appellante (che si qualifica come ‘Lloyd’s broker’), la copertura assicurativa nei confronti della società italiana I Viaggi del Ventaglio non si sarebbe mai potuta realizzare. Quindi, nell’individuare gli elementi di un illecito in concorso, è determinante che, in base alle particolari regole del settore in parola, il contratto non avrebbe potuto essere concluso se non con l’intervento dell’odierna appellante. In definitiva, non possono essere condivisi gli argomenti con cui l’appellante tenta di limitare il proprio ruolo nella vicenda affermando che avrebbe soltanto contribuito alla conclusione dell’affare e non anche alla determinazione dell’illecito. Infatti, nella particolare situazione di fatto e di diritto che caratterizza la vicenda nel complesso, i due aspetti della questione sono connessi in modo inscindibile;

b) la particolare qualificazione richiesta all’appellante nel ruolo di ‘Lloyd’s broker’ e la diligenza professionale che – in una logica di esigibilità – deve presupporsi in capo ad un tale tipo di operatore comporta che come intermediario avrebbe dovuto usare una diligenza ben qualificata nel verificare che le clausole del contratto che andava ad intermediare (e per la cui conclusione la sua assistenza era indispensabile) fossero lecite e non comportassero indebiti vantaggi nei confronti di una delle parti (vantaggi dai quali lo stesso mediatore avrebbe del tutto verosimilmente tratto a propria volta vantaggi in termini di maggiori commissioni);

c) il fatto che tanto la copia della polizza in lingua inglese (l’unica della quale l’appellante riconosce la piena validità ed efficacia), tanto quella in lingua italiana fossero state redatte su carta intestata della società appellante fornisce un ulteriore elemento di rilevante importanza – anche se, di per sé solo non risolutivo – per confermare il determinante apporto che la Besso ltd. ltd. ha fornito nella predisposizione del contratto. Sotto tale aspetto, e per la presunzione di fatto di imputazione che l’uso della carta intestata comporta, non possono condividersi i numerosi argomenti con cui l’appellante ha contestato il fatto che il solo uso della carta intestata fornisse ex se prova dell’apporto causale determinante nella determinazione dell’illecito. Allo stesso modo, non possono essere condivisi gli argomenti con cui l’appellante ha affermato che l’uso della sua carta intestata rappresentasse un elemento sostanzialmente neutro, atteso che il contenuto delle clausole ritenute illecite sarebbe stato interamente stabilito da altri soggetti.

Non si è sostenuto, infatti, che l’uso della carta intestata costituisse di per sé prova inconfutabile del contributi causale della Besso ltd., ma si è soltanto sostenuto che tale circostanza – in combinato operare con altre, di segno analogo – contribuisse a delineare un quadro gravemente indiziante e di segno del tutto univoco.

4.4. Neppure possono essere condivisi gli argomenti con cui l’appellante sottolinea che i circa 280 milioni di lire trasmessile dalla M Bs.r.l. troverebbero giustificazione a titolo di compensazione tra premi incassati e sinistri liquidati.

Al riguardo si osserva in primo luogo che la qualificazione di tali rimesse di denaro quali effetto di compensazione fra somme in dare e in avere non rinviene in atti una conferma documentale.

Ad ogni modo, anche ad ammettere che tale qualificazione sia esatta, tale circostanza – di per sé sola – non esclude il contributo causale determinante fornito dall’appellante nella determinazione dell’illecito, confermando – al contrario – che essa ha rivestito un ruolo di assoluto rilevo non solo nella fase di conclusione del contratto, ma anche nella fase della sua esecuzione. Ciò a tacere dell’oggettiva gravità del comportamento dell’operatore del comparto assicurativo il quale agisca in spregio del generale divieto di operare compensazioni fra somme ricevute a titolo di premio e altri crediti.

4.5. Concludendo sul punto, la questione della partecipazione concreta dell’odierna appellante alla determinazione dell’illecito sanzionabile va risolta in base al consolidato orientamento giurisprudenziale per cui il primo comma dell’art. 3 l. n. 689 del 1981 (secondo cui “ nelle violazioni cui è applicabile una sanzione amministrativa ciascuno è responsabile della propria azione o omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa ”) non significa l’indifferenza in ordine alla sussistenza o meno di un comportamento – quanto meno – colposo, ma pone una presunzione di colpa in ordine al fatto vietato a carico di colui che l’abbia commesso, riservando a quest’ultimo l’onere di dimostrare di aver agito senza colpa (Cass., lav., 26 agosto 2003, n. 12391).

Al riguardo, il Collegio rileva che l’odierna appellante non abbia superato la richiamata presunzione, atteso:

- che essa ha coscientemente e volontariamente collaborato alla realizzazione dell’illecito;

- che essa è un operatore professionale del settore assicurativo e disponeva di strumenti (contrattuali e conoscitivi) idonei a prendere cognizione ed apprezzare il carattere illecito del contratto alla cui conclusione aveva attivamente contribuito e che, cionondimeno, ha consentito che la condotta illecita si realizzasse in tutta la sua portata lesiva.

5. Con il terzo motivo di appello, la Besso ltd. contesta sotto vari aspetti la violazione da parte dell’Isvap del principio di difesa e del contraddittorio procedimentale.

5.1. Il motivo è infondato.

5.2. Al riguardo si osserva:

- che l’Isvap non avrebbe potuto, né dovuto trasmettere sua sponte alla società appellante le risultanze degli accertamenti ispettivi svolti nei confronti di diversi soggetti. Infatti, ai sensi dell’articolo 10 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 ( Codice delle assicurazioni private ), tutte le notizie, le informazioni e i dati in possesso dell'Isvap in ragione della sua attività di vigilanza sono coperti dal segreto d'ufficio anche nei confronti delle pubbliche amministrazioni. Ne consegue che, in assenza di puntuali e motivate istanze di accesso ai singoli atti, l’Istituto non aveva l’onere di rendere conoscibili i singoli atti e provvedimenti;

- che, se per un verso è vero che l’appellante aveva rivolto all’Isvap in data 16 maggio 2007 un’istanza volta a conoscere le determinazioni adottate nei confronti di M B s.r.l., è pur vero che la stessa appellante non risulta aver mai risposto alla successiva nota in data 1° giugno 2007 con cui l’Istituto chiedeva ( secundum legem ) di articolare le ragioni della richiesta di accesso. Ebbene, stante l’inerzia serbata dall’appellante a una legittima richiesta dell’amministrazione (la quale avrebbe consentito, in base ai generali princìpi in tema di accesso agli atti, di individuare gli atti davvero rilevanti ai fini della tutela e di evitare un accesso indiscriminato), non può essa lamentare nella presente sede giurisdizionale le conseguenze di tale inerzia;

- che la stessa appellante non ha esercitato nel corso dell’interlocuzione procedimentale il diritto di accesso agli atti, anche a seguito della formalizzazione delle contestazioni da parte dell’Istituto procedente;

- che, più in generale, non risultano in atti elementi dirimenti idonei a ritenere che alla società appellante sia stata negata la garanzia di una adeguata partecipazione procedimentale (essa è stata posta in grado di produrre note di rilievi e copiosa documentazione a supporto, di presentare memorie difensive e di ottenere audizioni personali, nonché di avere contezza dell’ufficio e la persona responsabile del procedimento);

- che, anche nella presente sede processuale, la società appellante si è limitata a contestare la presunta violazione di garanzie procedimentali, ma – anche a seguito della piena messa a conoscenza degli atti e delle notizie su cui l’Istituto ha fondato la propria attività – non ha addotto elementi dirimenti di carattere sostanziale volti a dimostrare che, in caso di una diversa gestione della questione sotto il versante della partecipazione procedimentale, l’esito della vicenda sarebbe stato in concreto diverso.

Pertanto, anche questo motivo non può trovare accoglimento.

6. Con il quarto motivo di appello (meglio descritto in narrativa), la società Besso ltd. ha lamentato sotto diversi profili la valutazione del primo giudice, il quale avrebbe mancato di osservare il travisamento dei fatti e il difetto di motivazione che viziava il provvedimento sanzionatorio.

6.1. Il motivo è infondato.

6.2. In primo luogo, sono infondati i motivi di ricorso con cui l’appellante tenta di dimostrare (anche in base ad argomenti di carattere ‘empirico’) la validità e correttezza del contenuto della ‘clausola 7’.

Al riguardo, devono trovare – al contrario – conferma gli argomenti dell’Istituto, secondo cui:

- la clausola mirava in modo inequivoco ad elidere del tutto l’alea che necessariamente grava sull’assicuratore e a trasferire interamente il relativo rischio su terzi soggetti, in tal modo sviando dalla causa tipica dell’istituto;

- tale clausola, infatti, mirava testualmente a garantire all’assicuratore un determinato “ margine voluto ”, determinando conseguentemente un incremento proporzionale del margine di commissione dovuta al mediatore;

- per effetto di tale clausola – come condivisibilmente affermato dall’Istituto – veniva a cessare per l’assicuratore lo stesso rischio di impresa, nonché la funzione di trasferimento oneroso del rischio, che caratterizza il contratto assicurativo e il suo indefettibile carattere di aleatorietà

- inoltre, l’incremento dei premi non era collegato a rischi futuri ( i.e. : all’ottica della conclusione di un nuovo contratto di assicurazione, nel cui ambito si sarebbe legittimamente tenuto della sinistrosità relativa alla vigenza del precedente contratto), ma era riferito a eventi compresi nel periodo di validità della polizza in corso. Anche sotto aspetto, emerge con evidenza il carattere palesemente illecito della clausola;

- non possono considerarsi rilevanti ai fini del decidere le notazioni in fatto allegate dall’odierna appellante (la quale sottolinea che, comunque, “ per quanto a conoscenza di Besso ltd. e Wellington Underwriting Agencies ltd. ” i premi sarebbero rimasti comunque invariati). Si osserva al riguardo che il fatto di aver contribuito in modo determinante alla stipula di un contratto di assicurazione caratterizzato da così gravi profili di illiceità era di per sé idoneo a giustificare l’irrogazione della sanzione, indipendentemente dalle richiamate circostanze di fatto, per l’oggettiva e grave violazione delle regole deontologiche e giuridiche che la sua sola conclusione di per sé comportava;

- nemmeno può considerarsi rilevante ai fini del decidere la notazione (anch’essa, di mero fatto) secondo cui l’eccezione contrattuale relativa ai sinistri catastrofali era idonea a limitare fortemente gli effetti della clausola, così come l’incondizionata redditività in favore dell’assicuratore;

- infine, non può essere accolto l’argomento con cui si è negata l’automatica operatività della ‘clausola 7’, la quale avrebbe rappresentato un mero meccanismo di aggiornamento dei premi sulla base dei sinistri riscontrati. Si osserva in contrario che la stessa formulazione della clausola in parola (secondo cui, al verificarsi della condizione, “ il premio per passeggero sarà modificato per ripristinare il margine voluto del 20% ”) depone nel senso che il regolamento negoziale fosse volto a far conseguire in modo necessario all’assicuratore – e, in via indiretta, al mediatore sotto forma di maggiori provvigioni – i vantaggi derivanti dall’operare della clausola.

7. Con il quinto motivo di appello, la Besso ltd. ltd. ha chiesto la riforma del capo della sentenza con cui sono stati respinti i motivi rivolti avverso il provvedimento sanzionatorio in relazione alla quantificazione della sanzione.

7.1. Il motivo è infondato.

7.1.1. Per quanto concerne la determinazione dell’ammontare complessivo dei premi intermediati nel periodo di operatività della polizza (si tratta dell’importo che, in base all’articolo 9 della l. n. 792 del 1984 deve essere assunto quale base di calcolo per la determinazione della sanzione), i motivi di censura appaiono infondati.

Ed infatti, l’appellante ha contestato la tesi dell’Istituto (secondo cui i premi intermediati nel corso del periodo in parola sarebbero stati pari a lire 12.058.435.130), obiettando che l’importo di tali premi sarebbe stato di molto inferiore (e, precisamente, di importo pari a lire 1.919.306.969).

Ai limitati fini che qui rilevano, si osserva che nel corso del primo grado, l’appellante aveva esposto importi ancora inferiori (pari a lire 693.766.245) e che non abbia compiutamente giustificato nelle presente sede di appello tale diversità di cifre.

Ad ogni modo, la contestazione degli importi assunti dall’Istituto a fondamento del suo operato non appare comunque condivisibile, dal momento che essa si è basata sulle copie dei bonifici acquisiti in loco dagli ispettori nel corso degli accertamenti.

Ebbene, in corso di causa, l’appellante non ha fornito elementi documentali o di altro genere davvero idonei a revocare in dubbio la correttezza dell’operato dell’Istituto, anche alla luce della fonte attizia su cui esso risulta fondato.

7.1.2. Allo stesso modo, risultano infondati gli argomenti con cui l’appellante ha contestato l’applicazione da parte dell’Isvap della maggiorazione dell’importo della sanzione conseguente al riconoscimento delle circostanze aggravanti.

Al riguardo deve trovare applicazione il consolidato e condiviso orientamento secondo cui l’attività determinativa del quantum della sanzione irrogata (nonché, più a monte, il giudizio di sussunzione delle peculiarità del caso di specie entro i criteri determinativi normativamente indicati) costituisce esplicazione di una lata discrezionalità, con la conseguenza che l’operazione valutativa in tal modo posta in essere non possa essere sindacata in sede di giudizio di legittimità, laddove risulti congruamente motivata e scevra da vizi logici (Cass., I, 16 aprile 2003, n. 6020).

Pertanto, gli apprezzamenti svolti dall’amministrazione in sede di adozione dell’atto sanzionatorio non sono censurabili in sede giurisdizionale se non in caso di evidenti profili di abnormità e incongruità (ravvisabili dalla motivazione in concreto fornita all’ordinanza-ingiunzione), che – tuttavia - nel caso di specie non sono ravvisabili.

Al contrario, dall’esame del provvedimento sanzionatorio (in particolare: pag. 5) emerge che l’Istituto abbia compiutamente esaminato ed esposto le ragioni per cui riteneva che il complesso delle circostanze nella specie rilevanti (e, in particolare, il carattere particolarmente insidioso della condotta illecita realizzata in danno dell’assicurato e degli utenti) palesasse un comportamento connotato di particolare gravità, tale da giustificare l’irrogazione di una sanzione di ammontare più elevato.

8. Per le ragioni sin qui esposte il ricorso in appello deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.

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